27 aprile

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00lunedì 27 aprile 2009 12:57

Beato Adelelmo (Adelermo, Adelino) di Le Mans

27 aprile



Visse nel sec. XII. Discepolo e amico diletto dell'eremita Alberto nella regione di Le Mans, lo lasciò per seguire s. Bernardo di Tiron nell'isola di Chausey. Tornato, per i disagi del clima, presso Alberto che l'abbandono dell'amico aveva ridotto alla disperazione, ne confortò la vecchiezza. Alla morte di lui, con lo aiuto del conte di Beaumont, fondò nel bosco di Charnie un monastero per uomini, di breve durata, e nel 1109 il monastero per donne di Etival-enCharnie, che fu arricchito da una donazione nel 1120 e prosperò sotto la guida di Godehild (sorella o figlia del conte di Beaumont). Non sembra che abbia preso i voti, come Roberto d'Arbrissel e Giraldo di Sales. Morì il 27 aprile 1152. Il suo culto restò puramente locale. Nella diocesi di Le Mans ebbe un Ufficio proprio fino a epoca recente; gli furono erette statue, una delle quali tuttora esistente a Etival.




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00lunedì 27 aprile 2009 12:57

Beata Caterina da Montenegro (Osanna di Cattaro) Domenicana

27 aprile

Kebeza, 1493 - Kotor, 1565

Nata nel Montenegro da genitori ortodossi, trascorse l'adolescenza pascolando il gregge della sua famiglia. Fattasi cattolica entrò nel Terz'Ordine domenicano, visse da reclusa per 51 anni offrendo la sua vita per la salvezza del mondo. Morì a Cattaro (Kotor) nella cui chiesa di s. Maria è venerato il corpo.

Martirologio Romano: A Cattaro nel Montenegro, beata Caterina, vergine, che, battezzata nella Chiesa ortodossa, entrò nell’Ordine della Penitenza di San Domenico assumendo il nome di Osanna; visse in clausura per cinquantuno anni immersa nella divina contemplazione e dedita alla preghiera di intercessione per il popolo cristiano durante l’invasione turca.


La vita di questa Beata ha un incanto tutto particolare. Nata nel 1493 da umilissimi genitori ortodossi a Kebeza, in seno allo scisma greco, al battesimo le fu imposto il nome di Caterina. Piccola pastorella, rapita dalla bellezza dei magnifici panorami del suo Montenegro, s’innamora del Creatore di tante meraviglie e, con insolito ardore, gli va chiedendo che si mostri a lei. E là, nella solitudine dei monti, Gesù le appare prima, tenero bimbo, e poi Crocifisso, imprimendo nel suo vergine cuore un sigillo indelebile. Collocata in seguito a Kotor come serva presso la famiglia di un Senatore, ottimo cattolico, ha modo d’istruirsi nella vera fede e di ricevere i Sacramenti. Conosciuti i Domenicani, a ventidue anni prende una decisione eroica: rendersi reclusa per sempre, prendendo l’Abito e la Regola del Terz’Ordine di San Domenico. Con l’Abito di Terziaria assunse anche il nome di Osanna, in memoria di un’altra illustre Terziaria, Osanna da Mantova. E così, murata in una celletta, accanto alla chiesa di S. Paolo, retta dai Domenicani, visse nella contemplazione dei dolori di Gesù e nella completa immolazione di se stessa. Fu anche maestra di santità a innumerevoli anime, ma soprattutto fu l’angelo tutelare di Kotor. Morì il 27 aprile 1565. Il suo corpo riposa nella chiesa di Santa Maria a Kotor. Papa Pio XI il 21 dicembre 1927 ha ratificato il culto, invocandone l’intercessione per l’unità dei cristiani.





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00lunedì 27 aprile 2009 12:57

Beato Giacomo da Bitetto Francescano

27 aprile

Zara, Dalmazia, 1400 ca - 1485/90

Della vita di fra Giacomo si hanno solo alcuni flash. Nato a Zara nel 1400 circa, lo lo ritroviamo giovane frate francescano nel convento di San Pietro a Bari. Visse poi a Conversano e Cassano delle Murge come cuciniere, ortolano e frate cercatore. La nobile famiglia degli Acquaviva lo prese a benvolere. Ma - gtiunto in età avanzata al convento di San Francesco di Bitetto - fu lui a salvare uno dei membri della potente famiglia, il conte Andrea. Questi, inseguito da sicari del re di Napoli, contro cui aveva congiurato, si era infatti rifugiato nel convento. Per sdebitarsi gli Acquaviva fecero costruire la strada che collega il luogo di preghiera con la città. Il frate, che aveva un'intensa vita contemplativa, si prodigò nella carità per i poveri: sia nella peste del 1483, sia nelle numerose siccità. Morto tra il 1485 e il 1490, il corpo vent'anni dopo fu trovato incorrotto. È beato dal 1700. La festa porta a Bitetto molti emigrati. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Bitetto in Puglia, beato Giacomo Varinguer da Zara, religioso dell’Ordine dei Minori.


Nato nel 1400 circa a Zara, capitale della Dalmazia da Leonardo e da Beatrice Varinguez. Venuto a Bari all'età di 18-20 anni dimorò nel convento di S. Pietro. A Bitetto arrivò negli anni 1438-39. Dimorò in Conversano e Cassano delle Murge per poi ritornare di nuovo a Bitetto.
Si narra che mentre il Beato Giacomo se ne stava in orazione dinanzi alla cappella della Vergine, una lepre, inseguita da levrieri e cacciatori corre a ripararsi sotto il suo abito, scampa il pericolo ed è dal Beato Giacomo presa in braccio, accarezzata e benedetta.
"Fai una via che dalla città porta al convento" disse il Beato Giacomo al Duca D'Atri e in una notte la strada fu bella e fatta.
Prima di morire il Beato Giacomo piantò in terra, nel piccolo giardino di agrumeti, il suo bastone di legno di ginestra, che crebbe in albero maestoso. Dopo due secoli seccò, ma se ne conserva ancora nello stesso sito il tronco.
Morì fra il 1485/90 il 27 aprile.
Il Beato Giacomo è conosciuto e venerato soprattutto dagli abitanti dei paesi di Toritto, Grumo Appula, Bitritto e la stessa Bitetto ed è assai noto fra gli emigrati, soprattutto in America del Nord, partiti assai numerosi per tutto il Novecento da questi paesi.




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00lunedì 27 aprile 2009 12:58

San Giovanni di Catari Abate

27 aprile


Martirologio Romano: Sull’isola di Afusia in Propontide, nel mare Egeo, san Giovanni, egúmeno, che lottò molto sotto l’imperatore Leone l’Armeno in favore del culto delle sacre immagini.



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00lunedì 27 aprile 2009 12:58

San Liberale

27 aprile

Patronato: Treviso

Etimologia: Liberale = signific. chiaro

Martirologio Romano: Ad Altíno in Veneto, san Liberale, eremita.


Una leggenda, che secondo R. degli Azzoni Avogari, studioso trevigiano, sarebbe stata composta nel sec. X, sfruttando anche elementi tolti da leggende d'altri santi, ed è conservata in un ms. della fine del sec. XIV e in diversi compendi, dei quali alcuni anteriori al ms., racconta che Liberale, nato ad Altino da famiglia appartenente all'ordo equester, fu educato nella fede cristiana da Eliodoro, primo vescovo della città. Allo studio della dottrina cristiana, alle preghiere prolungate e alle dure mortificazioni della carne egli univa l'assistenza ai poveri e agli ammalati e l'azione vigorosa per sostenere il coraggio dei credenti, convertire i pagani e gli ariani e opporsi alle loro prepotenze. Ogni giorno, assisteva alla s. Messa e ogni domenica si comunicava e, presso cibo solo in quel giorno, restava completamente digiuno il resto della settimana. Crescendo l'opposizione dei pagani e degli ariani, Eliodoro affidò la sua sede al vescovo Ambrogio e si ritirò nelle isole della laguna. Liberale, rimasto sulla breccia, dopo qualche fempo, preoccupato dell'incapacità di Ambrogio a tener testa a pagani ed eretici, decise d'andare alla ricerca di Eliodoro, ma volle prima chiedere lumi al Signore. Mentre pregava nella cattedrale s'addormentò e nel sonno gli apparve il suo angelo custode in forma d'uomo dall'aspetto risplendente, che lo incoraggiò e gli preannunciò vicina la morte. Liberale, visitate un'ultima volta le chiese della città e dei dintorni, andò a Castrazone ove era una chiesa dedicata a s. Lorenzo. Non trovando modo di raggiungere l'isola ov'era Eliodoro, si fermò là conducendo vita eremitica; ma colpito da grave malattia, poco dopo morí, il 27 aprile. Clero e popolo lo seppellirono in quella chiesa entro un'arca marmorea.
Attorno a queste linee essenziali e primitive della leggenda, delle quali però è pur difficile provare l'attendibilità, s'incrostarono in seguito miracoli ed episodi tolti per lo piú da leggende analoghe. Secondo R. degli Azzoni Avogari, il corpo di s. Liberale come quello dei martiri Teonisto, Tabra e Tabrata sarebbe stato portato a Treviso dagli abitanti di Altino, quando, nel 452, sotto la minaccia degli Unni di Attila o piú tardi sotto quella dei Longobardi, si rifugiarono numerosi in quella città, nella cui diocesi restarono incorporati definitivamente anche Altino e il suo territorio.
Invece, la sede vescovile nel 639, se non anche piú tardi, passò a Torcello, dove il doge Andrea Dandolo (m. 1354) e poco dopo il domenicano Pietro Calò affermarono essere stati portati anche i corpi di Liberale, Teonisto, Tabra e Tabrata, per essere collocati in quella cattedrale. Però la presenza e il culto a Treviso di quei corpi santi sono attestati, a cominciare dal 1082, da un crescendo di testimonianze monumentali ed archivistiche man mano che ci si avvicina alla fondazione, nel 1360 o nel 1365 della Confraternita di S. Liberale da parte del b. Enrico di Treviso.
Fin dal sorgere del libero comune nel sec. XII Liberale, cavaliere di Altino, era stato proclamato patrono di Treviso, pur restando gli apostoli Pietro e Paolo titolari della cattedrale. E patrono di Castelfranco Veneto lo vollero fin da principio i cittadini mandati da Treviso nel 1199 a fondare quel castello.
La sua tomba a Treviso è nella cripta della cattedrale e la sua festa è al 27 aprile.
La piú antica iconografia lo rappresenta vestito d'una lunga sottana simile al camice liturgico e d'una sopravveste più corta simile al colobion o alla tunicella o alla dalmatica. Invece nella figurina, scolpita intorno al sepolcro del b. Enrico di Treviso, è rivestito della clamide dei soldati. Giorgione nella celebre tela del duomo di Castelfranco lo rappresenta addirittura rivestito di corazza con in mano la bandiera sella città.





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00lunedì 27 aprile 2009 12:59

San Lorenzo Nguyen Van Huong Sacerdote e martire

27 aprile

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Kẻ Sài, Vietnam, 1802 circa - Ninh Bình, Vietnam, 27 aprile 1856

Martirologio Romano: Nella città di Ninh-Bình nel Tonchino, ora Viet Nam, san Lorenzo Nguy?n Van Hu?ng, sacerdote e martire, che, arrestato mentre visitava di notte un moribondo, per essersi rifiutato di calpestare la croce, fu flagellato e infine decapitato sotto l’imperatore T? Ð?c.



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00lunedì 27 aprile 2009 12:59

Beata Maria Antonia Bandrés y Elósegui Religiosa

27 aprile

Tolosa (Spagna), 6 maggio 1898 - Salamanca, 27 aprile 1919

Martirologio Romano: A Salamanca in Spagna, beata Maria Antonia Bandrés y Elósegui, vergine, della Congregazione delle Figlie di Gesù, che concluse in breve tempo la sua vita consacrata a Dio, con animo sereno anche nella desolazione.


Primo fiore di santità sbocciato nella Congregazione delle “Figlie di Gesù”, fondata dalla beata Candida Maria di Gesù Cipitria a Salamanca nel 1871.
Maria Antonia Bandrés y Elósegui nacque a Tolosa (Guipúzcoa, Spagna), il 6 maggio 1898, seconda dei 15 figli dell’avvocato Raimondo Bandrés e Teresa Elósegui, in famiglia era chiamata Antonita.
Era cagionevole di salute ma di alta sensibilità, ricevette le prime nozioni di studio dalle sorelle del suo confessore padre Ilario Oscoz. Fin da bambina frequentò il Collegio delle Figlie di Gesù, fondato a Salamanca il 6 gennaio 1874 dalla madre fondatrice Candida Maria di Gesù; fu esempio ammirevole di virtù ed esempio per i numerosi fratelli più piccoli; non mancavano in famiglia gli agi, ma lei avvertì come proprie le preoccupazioni e le necessità dei poveri e bisognosi, pertanto da giovane fece volontariato (diremmo oggi) nei suburbi di Tolosa e con le operaie del sindacato un’opera di evangelizzazione e sociale, abbastanza rara per quei tempi.
Nel 1913 a Loyola, durante gli Esercizi Spirituali, si ricordò quanto le aveva detto madre Candida un paio d’anni prima: ”Tu sarai Figlia di Gesù” e allora prese la decisione di essere tutta e solo di Gesù. Entrò nella Congregazione l’8 dicembre 1915 a 17 anni e il 31 maggio 1918 emise i voti religiosi a Salamanca; dopo pochissimo tempo la sua salute che già non era buona, cominciò ad indebolirsi ulteriormente, le varie biografie non dicono di che tipo era la malattia, ma ben presto si capì che era inesorabile.
Fu seguita nell’evolversi del male dal dottor Filiberto Villalobos, il quale confessava di essere “commosso da quella serenità di spirito e da quella fede che la rendevano così felice nelle sue ultime ore di vita”.
Il dottore confidava le sue impressioni a due amici intellettuali agnostici, esclamando: “Quanto è sbagliata la nostra vita! Questo sì che è morire…!”, provocando in questi uomini un impatto emotivo nel loro spirito, vedendo morire a soli 21 anni Maria Antonia Bandrés con la sicurezza di chi “sa dove va”, secondo la loro testimonianza.
Aveva qualche mese prima offerto la sua vita per la salvezza di uno zio suo padrino di Battesimo, avviato su una cattiva strada; questo suo zio comprendendo la spiritualità della nipote, in un giorno di grazia, ritornò sulla retta via.
Suor Maria Antonia morì il 27 aprile 1919 a Salamanca, un anno dopo la sua professione. È stata beatificata il 12 maggio 1996 da papa Giovanni Paolo II, insieme alla Madre Fondatrice Candida Maria di Gesù. La sua celebrazione liturgica è il 27 aprile.





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00lunedì 27 aprile 2009 13:00

San Mawgan (o Magaldo) Vescovo

27 aprile


Martirologio Romano: Sull’isola di Anglesey lungo la costa settentrionale del Galles, san Mawgan o Magaldo, vescovo, uomo di luminosa santità.


Figlio di Gwyndaf Hein ab Emry Llydaw e Gwenonwy, fu monaco dapprima a Cor Illtyd a Llantwit, quindi a Cor Dyfrig (Caerleon-on-Usk), dove suo padre era superiore; infine si ritirò a Bardsey. Sin dalla sua morte, nella metà del VI sec, ebbe un esteso culto nel Galles, nell'Anglesey, nel Denbighshire, nel Breconshire e soprattutto nel Pembrokeshire. Nei calendari gallesi è commemo­rato in date diverse: 14 febb., 25 apr., 25 e 26 sett., 15 nov.
Il diffondersi del suo culto in Cornovaglia (so­prattutto a Mawgan-in-Pydar e Mawgan-in-Menea-ge) ed in Armorica, può essere valutato dalla varietà di forme in cui si ritrova il suo nome: Malcan, Malcaut, Machan, Maugen, Mawan, Meugan, Meygan, Moygan, Migan, Maugand, Malgand, Magaldus.



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00lunedì 27 aprile 2009 13:00

Beato Nicola Roland Fondatore

27 aprile

Reims, Francia, 8 dicembre 1642 – 27 aprile 1678

Il beato francese Nicola Roland, sacerdote, preoccupato per la scarsa formazione cristiana della gioventù, istituì scuole per la gioventù femminile, allora esclusa da ogni tipo di istruzione, e fondò anche la Congregazione delle Suore del Santo Bambino Gesù. Giovanni Paolo II lo beatificò il 16 ottobre 1994.

Martirologio Romano: A Reims in Francia, beato Nicola Roland, sacerdote, che, impegnato nella formazione cristiana dei fanciulli, aprì scuole per le ragazze povere, allora escluse da ogni forma di istruzione, e fondò la Congregazione delle Suore del Santo Fanciullo Gesù.


È il terzo componente di quel fantastico trio di fondatori educatori, che con le loro opere, illuminarono insieme ad altri santi, la Francia nel Seicento, e ad essere elevato agli onori degli altari; essi sono s. Giovanni Battista de La Salle (1651-1719), fondatore dei “Fratelli delle Scuole Cristiane”, il beato Nicolas Barré (1621-1686), fondatore delle “Maestre di Carità”, poi Suore di Gesù Bambino e il beato Nicola Roland, fondatore delle Suore del Santo Bambino Gesù di Reims, di cui parliamo.
Il beato Nicola Roland nacque a Reims in Francia, l’8 dicembre 1642, primogenito del commerciante Jean Baptiste Roland e di Nicole Beuvelet, in famiglia vi era anche la piccola Adrienne, unica rimasta dei cinque figli del primo matrimonio del padre, vedovo di Maria Favart.
Nicola fu affidato ad una nutrice molto religiosa; dotato di grande intelligenza intorno ai cinque anni imparò a leggere; nel 1650 ad otto anni, prese a frequentare le ‘petites écoles’, poi nel 1658 compì gli studi nel Collegio dei Gesuiti di Reims.
Di aspetto gradevole, non tardò ad inserirsi nella vita mondana della borghesia, partecipando con piacere ad intrattenimenti e distrazioni; dopo una presunta delusione amorosa, prese a viaggiare in giro per la Francia, per fare esperienze di lavoro.
Al termine di quel periodo d’incertezza sul suo futuro, decise di votarsi alla vita ecclesiastica, pertanto nel 1660 si trasferì a Parigi, prendendo alloggio presso un artigiano in una zona popolare, per poter frequentare i due anni di filosofia necessari per essere ammessi al biennio di teologia.
A Parigi frequentò gli ambienti più fervorosi, entrando in contatto con Associazioni cattoliche operanti anche nel sociale, gli Amici di padre Bagot, i fondatori della Società delle Missioni Estere, praticò i Seminari di Bons- Enfant di s. Vincenzo de’ Paoli (1581-1660); di S. Sulpizio di Jean-Jacques Olier, servo di Dio (1608-1657) e di S. Nicola del Chardonnet; terminò gli studi con il dottorato in teologia.
Ricevuto il diaconato, rivestito dell’abito ecclesiastico, il 3 marzo 1665 fu nominato canonico teologo, cioè predicatore nella cattedrale di Reims, senza lasciare i contatti con Parigi dove tornò spesso.
Non esistono documenti che attestino la data della sua ordinazione sacerdotale, che non poté comunque essere prima del dicembre 1627, secondo le norme del Concilio di Trento che prescrivevano minimo 25 anni.
La frequentazione degli Istituti parigini dei Lazzaristi, Sulpiziani, Missioni Estere, fece crescere in lui la conoscenza di realtà ed iniziative sempre nuove, al cui centro era la popolazione più reietta e l’infanzia abbandonata, bisognosa di attività caritative, assistenza, educazione.
Dopo la parentesi della peste che colpì Reims nell’estate 1668, padre Nicola Roland proseguì nella sua impegnata attività di predicatore in cattedrale, organizzò conferenze per il clero, si dedicò alle missioni nelle campagne, spostandosi perlopiù a piedi, affrontando fatiche, disagi e pericoli.
Fu direttore spirituale di laici di ogni condizione sociale e di persone consacrate, fra le quali s. Giovanni Battista de La Salle; nel 1670 predicò la Quaresima a Rouen e ciò ebbe grande importanza nella sua vita, qui incontrò il curato di Saint-Amand, Antoine de La Haye, uomo di grandi virtù; il contatto con lui lo portò a penetrare maggiormente nella vita spirituale e gli fece scoprire l’importanza del ruolo della scuola nella propagazione della fede cattolica.
A Rouen incontrò anche il beato Nicolas Barré e il gruppo di uomini e donne dediti alle scuole gratuite; fu un’esperienza decisiva e padre Roland disse: “Sono risoluto a lavorare per fondare scuole gratuite per l’istruzione delle ragazze”.
Ritornato a Reims, già impegnato nell’assistenza agli infermi dell’Hôtel-Dieu e dal 1670 anche di un orfanotrofio, prese a considerare e concretizzare l’idea di una comunità simile a quella di Rouen.
Chiese ed ottenne da padre Barré l’invio di due suore da Rouen, per dirigere l’orfanotrofio da lui ampliato in un nuovo grande edificio e per istituire scuole popolari nei vari quartieri di Reims.
Il 27 dicembre 1670, arrivarono suor Francoise Duval e suor Anne Le Coeur, che misero praticamente le radici per una nuova piccola Congregazione; padre Roland celebrò l’8 gennaio 1671 una prima Messa nel nuovo orfanotrofio dedicato al “Saint-Enfant Jesus” (Santo Bambino Gesù) e in seguito furono aperte alcune classi per l’istruzione delle bambine.
Nel 1672 incontrò s. Giovanni Battista de La Salle, futuro fondatore dei “Fratelli delle Scuole Cristiane”, il quale voleva convincerlo senza riuscirci, a rinunciare al canonicato per prendere la guida di una parrocchia.
Intanto le suore crescevano di numero e padre Roland si recò a Parigi per espletare le pratiche, affinché il gruppo fosse l’inizio di una nuova Congregazione, dedita all’istruzione dell’infanzia sulla scia di quella di Rouen; rientrò a Reims il Giovedì Santo 7 aprile 1678; il 19 aprile cadde gravemente ammalato, tanto che il 23 alla presenza dei notai, stese il suo minuzioso testamento, i cui esecutori dovevano essere il diacono Nicolas Rogier ed il canonico Giovanni Battista de La Salle.
A quest’ultimo, Roland chiese di essere il successore delle sue opere e completare l’organizzazione della Congregazione delle Suore del Santo Bambino Gesù, che egli aveva fondato a Reims nella linea di quella di Rouen, ma con una caratterizzazione particolare, come è detto nei suoi scritti, soprattutto negli “Avis aux régulières”.
La Salle, benché non si sentisse attirato da questa forma di apostolato, accettò la richiesta del suo amico Roland fatta sul letto di morte; dell’orfanotrofio aveva detto: “È opera di Dio; se ne prenderà cura quando io non me ne potrò più occupare”.
Dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti, circondato dai canonici venuti ad assisterlo, Nicola Roland spirò serenamente il 27 aprile 1678 a nemmeno 36 anni, fu sepolto nella cripta della cappella delle Suore del Santo Bambino Gesù a Reims.
Giovanni Battista de La Salle, si mise subito al lavoro e già il 9 maggio 1678 ottenne l’approvazione regale e le costituzioni, preparate sommariamente da padre Roland, furono approvate il 12 novembre 1683 e le Suore, l’8 febbraio 1684 poterono pronunciare per la prima volta i voti.
Inoltre s. Giovanni Battista de La Salle, che aveva compreso le intuizioni profonde di Nicola Roland, volle creare anche per i bambini l’equivalente delle maestre di scuola delle fanciulle; fondò così i “Fratelli delle Scuole Cristiane”.
In questo contesto, Nicola Roland appare come uno dei precursori principali dell’apostolato del XVII secolo, nel campo dell’insegnamento elementare e della catechesi; stranamente però il suo nome è restato poco conosciuto fino ai nostri giorni, la sua prima ‘Vita’ di A. Hammesse è apparsa solo nel 1888; ma da allora l’interesse nei suoi confronti non è venuto mai meno.
Anche la sua causa di beatificazione, introdotta nel 1942, ha sofferto di intralci procedurali e lungo silenzio.
È stato proclamato Beato il 16 ottobre 1994 a Roma da papa Giovanni Paolo II; la sua festa liturgica è il 27 aprile.





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00lunedì 27 aprile 2009 13:01

San Pietro Armengol Mercedario

27 aprile

Guardia de Prats (Tarragona), 1238 – 27 aprile 1304

Martirologio Romano: A Tarragona nel regno di Aragona sulla costa della Spagna, san Pietro Ermengol, che, un tempo capo di predoni, convertitosi poi a Dio, entrò nell’Ordine della Beata Maria Vergine della Mercede e si dedicò con tutte le forze per il riscatto degli schiavi in Africa.


Pietro Armengol nacque nel 1238 a Guardia de Prats, vicino Montblanch (Tarragona), figlio di Arnaldo Armengol, discendente della nobile famiglia spagnola dei conti di Urgel.
Da giovane non fu un santo, tutt’altro, con la superbia e l’irrequietezza del suo carattere, menò una vita di vizio e di incontrollata avventura; attirò su di sé l’odio dei concittadini di ogni ceto, perché costretti a subire la sua prepotenza e le sue ingiurie.
Arrivò a mettersi a capo di un gruppo di banditi, dopo aver lasciato casa e famiglia, fuggì sui monti, seminando il terrore nei paesi e il pericolo sulle strade; fu un criminale della peggiore specie unitamente agli altri banditi suoi complici.
Ma la Grazia di Dio era prossima a manifestarsi, nel 1258 il re di Spagna Giacomo I, incaricò proprio Arnaldo Armengol di debellare il banditismo, che rendeva insicure le strade e faceva morire il commercio e le comunicazioni.
Arnaldo venne a trovarsi di fronte alla banda capeggiata dal figlio Pietro, che dopo questo incontro drammatico, venne colpito dalla grazia e si pentì della vita che aveva condotto fino ad allora; si recò da Guglielmo di Bas, successore del fondatore dei Mercedari, s. Pietro Nolasco, si confessò e chiese consiglio; Guglielmo si convinse della sua sincerità e lo ammise nel noviziato dell’Ordine della Mercede nel 1258.
Sin dal primo giorno della sua entrata, cambiò totalmente vita, dimostrando così la sincerità della conversione; la crudeltà si trasformò in fervida carità e i vizi in continua preghiera e dura penitenza.
Gli vennero presto assegnati diversi incarichi, missioni e viaggi tra i musulmani, allo scopo di riscattare schiavi e prigionieri, secondo il primario compito per cui era sorto l’Ordine della Mercede; operò prima nei regni di Granada e di Murcia governati dai musulmani e poi direttamente ad Algeri, con una missione più difficile e impegnativa.
Riuscì in due mesi a riscattare ben 346 schiavi che fece rimpatriare; a Bugia riscattò 119 cristiani con alcuni suoi confratelli anch’essi prigionieri; trattò infine la liberazione di 18 ragazzi cristiani che stavano per essere avviati all’islamismo, per trentamila ducati; ma mancando di tale somma, riuscì a farsi accettare al loro posto, così come prescriveva il quarto voto speciale del suo Ordine.
Durante la sua prigionia, fu di conforto agli altri reclusi, operando molte conversioni anche fra i musulmani; le Autorità si indispettirono per questo e visto il ritardo del pagamento dei 30.000 ducati, lo considerarono una spia e lo condannarono all’impiccagione.
La sentenza fu subito eseguita e il corpo lasciato agli avvoltoi; poco dopo arrivò con i soldi del riscatto il padre Guglielmo Fiorentino, il quale saputo dell’impiccagione, si recò sul posto per dargli sepoltura, erano trascorsi sei giorni, ma Pietro Armengol viveva ancora e raccontò di essere stato miracolosamente sollevato dalla Madonna.
Liberati, con il denaro portato, altri prigionieri, i due mercedari tornarono in patria, ma Pietro portò per sempre sul suo corpo, i segni di quella tragica e bella vicenda: un pallore sul viso e le vertebre del collo distorte.
I superiori lo inviarono al convento dell’Ordine sito nel suo paese natale, Guardia de Prats; così i concittadini testimoni della sua efferatezza, poterono ammirarlo per la sua santità e penitenza.
Si ammalò gravemente, predicendo la data della sua morte, che avvenne il 27 aprile 1304; prima dei solenni funerali, furono guariti dalle loro malattie, tre uomini e quattro donne.
La sua biografia fu scritta e presentata come documento notarile, pochi giorni dopo la sua morte e avallata dalla firma di cinque confratelli, fra i quali il padre Guglielmo Fiorentino.
Papa Innocenzo XI, il 28 marzo 1686 approvò il suo culto ‘immemorabile’ e la festa fu fissata al 27 aprile, data della sua morte.



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00lunedì 27 aprile 2009 13:01

San Pollione di Cibali Martire

27 aprile


Martirologio Romano: A Vinkoveze in Pannonia, nell’odierna Croazia, san Pollione, lettore e martire, che, arrestato durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano e interrogato dal prefetto Probo, per aver confessato con grande costanza la fede in Cristo ed essersi rifiutato di sacrificare agli idoli, fu messo al rogo fuori delle mura della città.



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00lunedì 27 aprile 2009 13:02

San Simeone di Gerusalemme Vescovo e martire

27 aprile

sec. I

È il secondo capo della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme. Il secondo vescovo, come lo chiama nella sua «Storia ecclesiastica» Eusebio di Cesarea. Il primo è stato l'apostolo Giacomo di Alfeo, detto il Minore, ucciso nell'anno 63. L'elezione di Simeone è stata riferita da Egesippo, uno dei primissimi scrittori cristiani, forse palestinese, giunto a Roma verso la metà del II secolo. Secondo Eusebio Simeone è uno dei due discepoli che sulla strada di Emmaus incontrarono il Risorto. Simeone guida l'unica comunità cristiana formata interamente da ebrei, e costretta alla migrazione dopo la distruzione di Gerusalemme. La sua terra di rifugio è Petra di Perea, oltre il Giordano, dove una parte dei profughi fisserà la sua dimora. Poco sappiamo però della sua opera. Per lui il tempo della prova arriva con uno degli imperatori romani più illuminati, lo spagnolo Ulpio Traiano, che regna dal 98 al 116. Come i predecessori, considera i cristiani un pericolo per lo Stato, ma vieta le persecuzioni generali. Simeone però viene denunciato da un gruppo di eretici e per questo viene crocifisso. (Avvenire)

Etimologia: Simeone = Dio ha esaudito, dall'ebraico

Emblema: Bastone pastorale, Palma

Martirologio Romano: A Gerusalemme, commemorazione di san Simeone, vescovo e martire, che, secondo la tradizione, fu figlio di Cleofa e parente del Salvatore secondo la carne e, ordinato vescovo a Gerusalemme dopo Giacomo, fratello del Signore, durante la persecuzione dell’imperatore Traiano patì molti supplizi e ormai anziano ottenne la gloriosa corona con il martirio della crocifissione.


E' il secondo capo della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme. Il secondo vescovo, come lo chiama nella sua Storia ecclesiastica Eusebio di Cesarea. Il primo è stato l’apostolo Giacomo di Alfeo, detto il Minore, ucciso nell’anno 63. Tuttavia non sembra che Simeone sia stato chiamato subito a succedergli. L’epoca, infatti, è quella del travaglio all’interno delmondo ebraico, che precede la rivolta armata contro il dominio romano. Segue poi la spietata repressione militare, sotto il comando del futuro imperatore Tito, con la devastazione della Città Santa, e col Tempio saccheggiato e distrutto.
L’elezione di Simeone è stata riferita da Egesippo, uno dei primissimi scrittori cristiani, forse palestinese, giunto a Roma verso la metà del II secolo. E sulle sue informazioni lo storico Eusebio scrive: «Dopo il martirio di Giacomo e la caduta di Gerusalemme che subito seguì, narra la tradizione che gli apostoli e i discepoli del Signore che erano ancora in vita [...] si unirono ai parenti del Signore (la maggior parte dei quali era ancora in vita a quel tempo) e tennero consiglio tutti insieme per decidere chi giudicare degno di succedere a Giacomo. All’unanimità tutti designarono vescovo Simeone, figlio di Cleofa che è menzionato nel Vangelo » (Storia ecclesiastica, III,11). Simeone è dunque figlio di Cleofa; è uno dei due discepoli che sulla strada di Emmaus incontrarono il Risorto, senza dapprima riconoscerlo, come scrive san Luca. È ritenuto parente di Gesù attraverso la moglie, forse cugina di Maria di Nazareth.
Simeone è dunque chiamato a guidare l’unica comunità cristiana formata interamente da ebrei, e costretta alla migrazione dopo la distruzione di Gerusalemme. La sua terra di rifugio è Petra di Perea, oltre il Giordano, dove una parte dei profughi fisserà la sua dimora. Lunghissima è la vita di Simeone (si parla di 120 anni), ma della sua opera sappiamo poco. Al tempo di Vespasiano e Domiziano (padre e fratello di Tito), Roma ordina ricerche sui parenti di Gesù: ma solo perché, insieme ad altri, sono discendenti dalla stirpe di Davide, e per ciò stesso sospetti a chi ora ne occupa il regno. Ci sono denunce e arresti, ma nulla si dice di Simeone. Per lui il tempo della prova arriva con uno degli imperatori più illuminati, lo spagnolo Ulpio Traiano, che regna dal 98 al 116. Come i predecessori, considera i cristiani un pericolo per lo Stato, ma vieta le persecuzioni generali: dovranno essere colpiti solo su regolare denuncia.
E per Simeone la denuncia arriva, forse per opera di eretici, dice Eusebio di Cesarea: «Accusarono Simeone, figlio di Cleofa, di essere discendente di Davide e cristiano: egli subì così il martirio, all’età di 120 anni, sotto Traiano Cesare e il console Attico»: quest’ultimo governava la Giudea e seguì di persona il giudizio e l’esecuzione, meravigliandosi per il coraggio di Simeone nei “molti giorni” delle torture, alle quali seguì la crocifissione.





scri30
00lunedì 27 aprile 2009 13:02

San Teodoro Abate

27 aprile

Sec. IV

Martirologio Romano: A Tabennési nella Tebaide in Egitto, san Teodoro, abate, che fu discepolo di san Pacomio e padre della comunità monastica.



scri30
00lunedì 27 aprile 2009 13:03

Beato Umberto di Miribel Vescovo di Valence

27 aprile

m. 27 aprile 1220


Non sappiamo nulla circa la sua origine e giovinezza. Era priore della Certosa di Silve-Bénite (presso Voiron, dipartimento dell'Isère) allorché, nel 1200, fu nominato vescovo di Valenza. Dovette subito sostenere una viva opposizione, poiché l'imperatore Federico I, con decreto del 24 novembre 1157, aveva fatto del vescovo di Valence il signore temporale della città, provocando in tal modo le ire dei signori laici che sollevarono gli abitanti contro il nuovo vescovo. Dopo lunga lotta Umberto finì per imporre la propria giurisdizione, ed ottenne dall'imperatore Federico II un decreto a conferma del precedente. Il suo episcopato tuttavia fu sempre turbato da conflitti politici. Morì il 27 aprile 1220. Gli antichi cataloghi dei vescovi di Valence gli danno il titolo di beato. Sembra che in passato abbia avuto culto, oggi però la sua festa non viene più celebrata.




scri30
00lunedì 27 aprile 2009 13:03

Santa Zita (Cita) Vergine

27 aprile - Comune

Monsagrati, Lucca, 1218 - 27 aprile 1278

Nacque da una famiglia molto umile. A 12 anni dovette andare come domestica presso la nobile casa dei Fatinelli, a Lucca. Attenta e puntigliosa nell'attività lavorativa, sopportava angherie e rimproveri dei padroni, che la trattavano come una «serva». Inoltre, spesso doveva coprire con il suo impegno le manchevolezze degli altri domestici. La sua gentilezza d'animo finì per conquistare l'affetto della famiglia che le affidò la direzione della casa. Ne approfittò per aiutare le persone più povere senza mai sottrarre nulla agli altri. Metteva da parte quanto riusciva a risparmiare per soccorrere le persone bisognose. Morì il 27 aprile 1272. La sua fama si diffuse in breve tempo, tanto che i cittadini di Lucca chiesero che venisse sepolta nella Basilica di San Frediano dov'è tuttora custodita. Il suo culto fu approvato nel 1696 da Papa Innocenzo XII. Venne proclamata patrona delle domestiche da Pio XII. (Avvenire)

Patronato: Casalinghe, Serve, Fornai

Etimologia: Zita = (forse) vergine, dal persiano

Emblema: Chiavi, Giglio

Martirologio Romano: A Lucca, santa Zita, vergine, che, di umili natali, fu per dodici anni domestica in casa della famiglia Fatinelli e in questo servizio perseverò con straordinaria pazienza fino alla morte.


Lucca, dove Zita esercitò per quasi cinquant'anni l'umile mestiere di domestica, l'ha eletta sua patrona, e già al tempo di Dante, che la cita nella sua Commedia trent'anni dopo la morte, il suo nome era tutt'uno con la città toscana: parlando di un magistrato di Lucca, Dante, o meglio un diavolo nero, si limita a identificarlo come un "anzian di santa Zita". Zita, nata nel 1218 a Monsagrati, un paese nei pressi di Lucca, proveniva da povera gente di campagna, le cui fanciulle, per farsi la dote e più spesso per non essere di peso alla famiglia, venivano collocate a servizio presso una famiglia di città.
Prima delle attuali conquiste sociali la professione di domestica equivaleva a una servitù. Zita, posta a soli dodici anni di età a servizio della famiglia lucchese dei Fatinelli, accettò serenamente la sua condizione sociale, ben consapevole che servendo la famiglia ospitante serviva Dio, per il cui amore agiva, e tollerava ogni sgarbo, sia da parte dei padroni, che dapprima la trattarono con ingiustificata severità, come da parte dei suoi compagni di lavoro, gelosi per il suo zelo e il suo totale disinteresse.
Largheggiava nelle elemosine ai poveri che bussavano alla porta della ricca dimora dei Fatinelli, ma donava del suo, perché viveva con molta parsimonia e il gruzzolo che metteva da parte si riversava come tanti rigagnoli a irrorare le aride plaghe dell'abbandono e dell'ingiustizia. Si racconta che una compagna di lavoro, invidiosa della stima che Zita aveva saputo accaparrarsi (superate le prime umilianti prove, le fu affidata la direzione della casa), l'aveva accusata presso il padrone di dare via troppa roba ai poveri. Infatti un giorno Zita venne sorpresa mentre usciva di casa con il grembiule gonfio per recarsi a visitare una famiglia bisognosa. Alla domanda del padrone rispose che portava fiori e fronde. E lasciati liberi i lembi del grembiule, una pioggia di fiori cadde ai suoi piedi.
La sua vita fu tutta un simbolico florilegio di virtù cristiane a riprova che in ogni condizione sociale c'è lo spazio per l'attuazione dei consigli evangelici. Le sue virtù la imposero mentr'era in vita all'ammirazione di quanti l'avvicinavano e dopo la morte, avvenuta il 27 aprile 1278, impressero un moto inarrestabile alla devozione popolare. La sua tomba nella basilica di S. Frediano, che custodisce tuttora il suo corpo, rimasto incorrotto fino all'ultima ricognizione effettuata nel 1652, è sempre stata meta di pellegrinaggi. Il suo culto fu solennemente approvato il 5 settembre 1696, da Innocenzo XII. Pio XII l'ha proclamata patrona delle domestiche.





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