28 ottobre

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Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:03

Beato Bononato de Prexano

28 ottobre

Insigne mercedario per pietà e scienza, il Beato Bononato de Prexano, religioso dei convento di Sant'Eulalia in Barcellona (Spagna), ne fu anche il priore per ben 41 anni. Nel 1343 riunì il capitolo dove fu nominato Maestro Generale il Venerabile Vincenzo Riera suo compatriota.La sua vita non fu altro che un seguito di azioni sante e meritorie fino alla morte che giunse in età avanzata sotto il generalato di Nicola Perez, il quale gli testimoniò sempre una grande venerazione per tutti i buoni esempi che ne ebbe.Inoltre negli antichi codici dell'Ordine si legge che non si é mai trovato nessuno come lui che conservasse la legge dell'Altissimo.
L'Ordine lo festeggia il 28 ottobre.




Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:03

Santa Cirilla di Roma Vergine e martire

28 ottobre

Sec. III

Emblema: Palma


Il nome di Cirillo appartiene ad un gruppo di derivati dal nome di Ciro: Ciriaco, Ciriano, Cirino e Cirillo. E il nome di Ciro, d'origine, sembra, persiana, sarebbe il corrispondente del greco Kyros, che significa " comando " e di Kyrios, che significa " signore ". Non per nulla era il nome preferito dai sovrani persiani, e tutti ricorderanno quel Ciro, fondatore d'uno dei più grandi Imperi orientali e che restituì agli Israeliti la libertà perduta durante la cosiddetta " schiavitù di Babilonia ".
" Mortale, - fu scritto sulla sua tomba - io sono Ciro, che assicurai ai Persiani la dominazione e governai l'Asia; non m'invidiare la tomba ".
Dal suo nome, certamente invidiato, derivarono quelli che abbiamo elencato, fra i quali Cirillo è un diminutivo, che parrebbe più adatto ad una donna che ad un uomo. Infatti, il nome di Cirilla fu diffuso nell'antichità, e portato con femminile grazia.
Quello di Cirillo venne illustrato da uomini di grande statura intellettuale e morale, e altrove abbiamo avuto occasione di parlare di due Santi, veri luminari della Chiesa orientale. Il primo, San Cirillo d'Alessandria, fu l'avversario di Nestorio, e venne chiamato " l'invitto difensore della divina maternità della Vergine ".
Il secondo, col fratello Metodio, fu l'evangelizzatore della Moravia e dei popoli slavi. Il suo nome è restato a quella particolare scrittura che egli inventò per tradurre in segni la difficilissima lingua slava, e quei caratteri alfabetici sono ancora detti " cirillici ".
A questi due luminosi personaggi corrispondono, nel Calendario cristiano, due quasi oscure donne dello stesso nome. Oscure come fama, ma luminosissime come santità, perché tutt'e due Martiri e degne d'appartenere al Regno immortale di Cristo.
La prima Santa Cirilla del Calendario è una vedova, commemorata il 5 giugno. Era una cristiana di Cirene, nella Libia, e durante la persecuzione di Massimino, verso il 300, fu invitata a sacrificare dinanzi agli idoli pagani. Poiché ella rifiutò, le furono messi in mano alcuni carboni ardenti e dell'incenso, nella speranza ch'ella gettasse tutto nel braciere, per non scottarsi. Con quel gesto, ella avrebbe, almeno formalmente, consumato il sacrificio pagano.
Ma la donna fu più forte di quello che i suoi martirizzatori credevano. Chiuse il pugno della mano, facendosi cuocere la carne, piuttosto che sacrificare.
Questo non fu che l'inizio della sua tortura, che terminò sotto i raffi, coi quali la carne di Santa Cirilla venne strappata a brandelli, finché la donna non rese l'anima, avvolta nel rosso mantello del Re dei Re.
La seconda è quella commemorata oggi, una Santa Cirilla romana, dei III secolo, battezzata con la madre Trifonia e con la madre martirizzata perché cristiana. Una leggenda che ebbe una certa diffusione, narrava come i parenti pagani avessero voluto darle uno sposo. Ella avrebbe risposto, come tante altre Vergini, che il suo sposo era troppo più nobile e più ricco. Si trattava di quel Gesù Cristo che molti pagani ancora dileggiavano, ma che nell'anima di Cirilla già splendeva in tutta la magnificenza della sua universale regalità.


Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:04

San Cirillo Venerato a Cellio

28 ottobre

 

Nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo di Cellio, amena località montana della bassa Valsesia, sono venerate le reliquie di San Cirillo, presunto martire romano divenuto compatrono del paese. Il Ravelli, storico valsesiano degli anni venti del novecento, afferma che esso giunse nella località valsesiana come dono del conte Giuseppe Gere su interessamento di padre Michelangelo, un religioso cappuccino originario del posto, ma tali indicazioni risultano soltanto parzialmente esatte, infatti, da un confronto con i documenti esistenti presso l’archivio parrocchiale, in cui non compare mai la figura del frate cappuccino, la vicenda può essere ricostruita diversamente e con più esattezza. Il conte Giuseppe Leopoldo Gera di Milano donò i resti di Cirillo a don Giovanni Antonio Rosario, uno dei due sacerdoti del paese, egli li aveva ottenuti da monsignor Giuseppe Cesare Aquilano, prefetto della Sacrestia Apostolica, che ne autenticò la provenienza dal cimitero di Ciriaca il 2 settembre 1675. Il 23 marzo dell’anno seguente 1676 presso la curia di Novara, venne compiuto il riconoscimento del contenuto della cassetta giunta da Roma, alla presenza del vicario generale don Leonardo Sirturo e dei canonici penitenzieri don Giuseppe Carelli e don Giorgio Bussi, convocati in qualità di testimoni. Un ultima ricognizione venne eseguita il 26 luglio successivo nella chiesa parrocchiale di Cellio, davanti al parroco di Castagnola don Carlo Antonio Giuliani, allora vicario foraneo di Valduggia, al viceparroco di Arlezze don Giovanni Antonio Milone, al cappellano di Tairano don Giacomo Galloni e a quello di Valmonfredo don Francesco Resegotti. Della composizione delle ossa nell’urna venne incaricato padre Marco da Lomazzo, religioso cappuccino, unico personaggio di tale ordine che compare nelle fonti d’archivio. Anche per quanto riguarda la data del trasporto del corpo santo da Roma esistono delle discordanze: non è esatta quella del 1680, riportata nell’opera del Lana, storico valsesiano dell’ottocento, l’arrivo avvenne già nel 1676, come riferito sia dal Ravelli, che stranamente differisce dal Lana, sia dal Manni. Inoltre, il resoconto della visita pastorale del vescovo Visconti, compiuta il 18 ottobre di quell’anno, testimonia che già vi era nella chiesa la reliquia: è riportata, infatti, l’indicazione di far indorare la cornice dell’altare di San Cirillo. Una tale specifica dedicazione non può essere giustificata se non già dalla presenza del corpo santo, che viene ulteriormente confermata l’anno successivo in un inventario. La sistemazione della reliquia risulta essere da subito quella attuale nell’omonima cappella, all’interno di un altare che presenta una ricca ancona di legno dorato e dipinto, organizzata i due spazi: quello inferiore, in cui è collocata l’urna che custodisce il corpo di Cirillo e quello superiore con una tela che ne rappresenta il presunto martirio. Manca una diretta documentazione circa gli autori dell’opera, tuttavia, almeno per l’esecuzione degli intagli lignei, è possibile indicare il nome di Giovanni Giacomo Fantino, il cui lavoro è documentato per l’altare di San Bonifacio nella parrocchiale di Zuccaro che presenta molte analogie, sia strutturali sia decorative, con questo di Cirillo di poco anteriore. Nel 1677 i resti di quello che è creduto il sangue versato dal presunto martire vengono sistemati in un reliquiario di legno, poi sostituito nel 1741 con quello di rame argentato che ancora si può vedere; l’urna originale è stata sostituita nel 1904 con quella attuale, eseguita però sul modello della precedente, riutilizzandone anche i fregi in argento ed i vetri. Recentemente, nel 1995, grazie alla sensibilità del parroco locale, il cranio di Cirillo è stato ricoperto da un’artistica maschera in argento, opera della scuola artistica milanese “Beato Angelico”, in tale occasione si è anche provveduto alla pulizia dell’abito da soldato romano che riveste il resto del corpo santo. Circa l’identificazione delle reliquie di Cirillo è stato compiuto un errore agiografico molto grave, segno di una superficiale indagine delle fonti, sia documentarie sia iconografiche: in uno studio recente avente per oggetto la chiesa parrocchiale di Cellio, esse vengono attribuite addirittura all’omonimo santo vescovo e patriarca di Alessandria d’Egitto (370 – 444), del quale vengono anche riportate delle note biografiche. E’ impossibile determinare su quali basi si sia potuta formulare una simile ipotesi, tanto originale quanto errata, nessuna fonte, infatti, riporta indicazioni che potrebbero contribuire ad avvalorarla. Nei documenti relativi, il corpo santo viene detto appartenere piuttosto al San Cirillo di cui si fa memoria nel martirologio al 28 ottobre. Anche questa indicazione non può essere accettata senza riserve: riguardo a questo personaggio, ucciso con la vergine Anastasia per averle offerto dell’acqua da bere durante il suo martirio, si posseggono solamente fonti leggendarie, di cui è impossibile verificare l’autenticità, inoltre mancano indicazioni che possano collegare la sua eventuale sepoltura con il cimitero del Verano. Attualmente, nella catacomba di Ciriaca, cui si accede dal chiostro del convento annesso alla basilica di San Lorenzo, è murata, tra le tante, anche una lastra che reca inciso il nome di Cirillo, impossibile però determinare se fosse quella che chiudeva il loculo del corpo santo in questione, definito di nome proprio nell’autentica che accompagnò il suo trasporto fino a Cellio. Sulla base dell’identificazione di cui si è detto, la festa in onore di Cirillo venne fissata all’ultima domenica di ottobre, come ancora avviene; tale celebrazione riveste maggior importanza ogni cinque anni, quando l’urna viene portata in processione per le vie del paese. Trasporti eccezionali delle reliquie sono stati compiuti anche il 12 agosto 1945 in ringraziamento per la fine della guerra e, precedentemente, nel 1905 per inaugurare il rifacimento dell’urna; di quest’ultimo avvenimento sono testimonianza due lapidi conservate nella chiesa: in una sono state riportate le parole della prima strofa dell’inno latino dedicato ai martiri, nell’altra si garantisce al “santo” che Cellio gli tributerà gli onori non ricevuti a Roma: DIVO CIRILLO – VICTORI INCLITO – QUOS CAPITOLIUM RENUIT – CELLIUM AGIT TRIUMPHOS. La devozione nei confronti del compatrono della comunità celliese è testimoniata anche dalla frequenza dei nomi Cirillo e Cirilla, che fino a tutto l’ottocento venivano imposti ai nati del luogo.



Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:05

San Diomede il Giovane

28 ottobre

Sec. IV


Nato a Leucopoli (Cipro). Vissuto nel IV sec., fu educato dal vescovo san Trifillio.Crebbe virtuoso e dotato del dono dei miracoli.Si narra che essendo Cipro assalita dai Saraceni,con un segno di croce non dominò quei predoni ma li convertì al cristianesimo.
Morì il 28 ottobre ed è festeggiato in tale giorno. Ben presto sorse in suo onore una chiesa tuttora meta di pellegrinaggi.


Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:06

Sant' Elio di Lione Vescovo

28 ottobre

Etimologia: Elio = come il sole, splendente, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Nelle antiche liste episcopali di Lione occupa il quarto posto, dopo Fotino o Potino, morto per fede nel 177, Ireneo, morto verso il 195, e Zaccaria, successore di Ireneo, e prima di Faustino, che viveva nel 254. San Gregorio di Tours, che visitò il suo sepolcro, dice che "tempore paganorum in hac civitate fuit episcopus". E' ricordato il 28 ottobre.


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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:07

San Francesco Diaz del Rincón Domenicano, martire

28 ottobre

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Ecíja (Andalusia), 2 ottobre 1713 – Fuchen (Cina), 28 ottobre 1748

Martirologio Romano: Nel Fujian in Cina, santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.


La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano san Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.

Padre Francesco Diaz del Rincón nacque a Ecíja nell’Andalusia, il 2 ottobre 1713 e a 17 anni entrò fra i figli di s. Domenico nel convento dei Ss. Paolo e Domenico della sua città natale.
Fece la sua professione il 12 settembre 1731, quattro anni dopo nel 1735, spinto dalla sua fervente vocazione missionaria era già nelle Filippine, da dove poco tempo dopo raggiunse la Cina e più specificamente il Fukien, dove lavorò nelle Missioni locali.
A causa della persecuzione in atto contro i missionari e i cristiani, fu arrestato e processato a Fuchen e condannato a morte insieme ai quattro confratelli conterranei sopra elencati.
La sentenza mediante strangolamento, fu eseguita la sera del 28 ottobre 1748 dopo circa due anni di carcere, aveva 35 anni ed era il più giovane del gruppo dei domenicani martiri.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da papa Leone XIII e canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio.



Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:08

San Francesco Serrano Vescovo e martire

28 ottobre

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Guenejea (Granada), 3 dicembre 1695 – Fuchen (Cina), 28 ottobre 1748

Martirologio Romano: Nel Fujian in Cina, santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.


La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano san Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.

Il vescovo domenicano Francesco Serrano, nacque a Guenejea (Granada) il 3 dicembre del 1695. A 18 anni entrò nel convento di Santa Croce dell’Ordine dei Predicatori in Granada, dove fece la sua professione religiosa il 22 aprile 1714.
Acceso dell’ardente desiderio di essere missionario, fece richiesta di essere assegnato alle missioni della Cina; nell’immenso impero asiatico, che tanta attrattiva aveva sugli europei e soprattutto sui missionari, padre Francesco Serrano trascorse oltre 20 anni di intenso apostolato.
Nel 1746 fu nominato vescovo titolare di Tipasa e coadiutore del vicario apostolico del Fukien, mons. Pietro Sanz; purtroppo la sua opera di pastore di anime nella fervente e cristiana provincia cinese durò poco, perché verso la fine del 1746 fu arrestato dai fautori della persecuzione anticristiana e antimissionaria in atto, insieme ad altri quattro domenicani sopra citati, fra i quali il vescovo Sanz.
Processato, venne condannato con loro alla pena capitale il 18 dicembre 1746; dopo un periodo di detenzione di circa due anni, insieme ai tre confratelli rimasti, il vescovo Sanz era stato giustiziato un anno prima, subì il martirio mediante soffocamento, la sera del 28 ottobre 1748.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da papa Leone XIII e canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio.



Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:08

San Genesio di Thiers

28 ottobre

Martirologio Romano: A Thiers in Aquitania, ora in Francia, san Genesio, che si tramanda abbia lasciato questo mondo da martire, avvolto in bianche vesti.


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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:09

San Germano di Talloires Abate

28 ottobre

+ Talloires, Francia, 1018

Martirologio Romano: Ad Annecy nella Savoia, commemorazione di san Germano, abate, che, insigne per amore di solitudine, fondò e resse il priorato di Talloires.


Lo splendido panorama del lago di Annecy, nell’odierno dipartimento francese dell’Alta Savoia, fu il teatro in cui si svolse gran parte della vita terrena di San Germano. Originario forse di Montfort, fu inviato per alcuni anni a studiare a Parigi.
Venne poi invitato a divenire il precettore del futuro San Bernardo di Menthon, cioè il fondatore dei due celebri valichi alpini che portano ancora oggi il suo nome. Quest’ultimo era nato e viveva nel castello di famiglia, sulla sponda orientale del lago suddetto. Con lui Germano tornò a Parigi per guidare gli studi del giovane allievo.
Fece infine ritorno in Savoia e si ritirò nei pressi di Talloires per condurre vita solitaria. Il Martyrologium Romanum, che lo commemora in data odierna, lo qualifica quale abate, forse perchè guidò una comunità di discepoli raccoltisi sotto la sua guida. La località di Saint-Germain-de-Joux tramanda ancora oggi la memoria del nome del santo.
Il Lectionnaire Emmaüs riporta un breve testo attribuito a San Germano: “Quand tu as accomplis ce que le Seigneur te proposait de faire, ne cherche ni la gloire, ni même la satisfaction. Ce qu’il te propose encore, c’est de le rejoindre là où il est, dans le silence de sa prière, le soir, seul dans la montagne. Sur le chemin qui mène à sa Résurrection, en assumant la croix qu’il nous faut prendre avec lui”.


Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:10

San Gioacchino Royo Perez Martire in Cina

28 ottobre

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Hinojosa (Teruel, Aragona), 4 ottobre 1691 – Fuchen (Cina), 28 ottobre 1748

Padre Gioacchino Royo Perez nacque a Hinojosa, diocesi di Teruel in Aragona, il 4 ottobre 1691 e a 18 anni, entrò fra i domenicani del convento di Nostra Signora del Pilar di Valenza, facendovi la professione un anno dopo. Prima ancora di ricevere l'ordinazione sacerdotale, a ventun anni il domenicano Royo venne destinato come missionario alle missioni cinesi. Qui lavorò alacremente, evangelizzando la popolazione del Fukien per trentatré anni, finché a seguito della persecuzione anticristiana in atto, fu arrestato e processato insieme a quattro confratelli. Furono condannati alla pena capitale il 18 dicembre 1746; restarono in carcere circa due anni, perché la sentenza fu eseguita nell'ottobre 1748 mediante soffocamento. Le reliquie dei martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di San Domenico. (Avvenire)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nel Fujian in Cina, santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.


La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano san Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.

Padre Gioacchino Royo Perez nacque a Hinojosa, diocesi di Teruel in Aragona, il 4 ottobre 1691 e a 18 anni il 24 marzo 1709, entrò fra i domenicani del convento di Nostra Signora del Pilar di Valenza, facendovi la professione un anno dopo, il 25 marzo 1710 e prima ancora di ricevere l’ordinazione sacerdotale, il domenicano Royo venne destinato come missionario appena ventunenne, alle missioni cinesi.
Qui lavorò alacremente, evangelizzando la popolazione del Fukien per trentatré anni, finché a seguito della persecuzione anticristiana in atto, fu arrestato e processato a Fuchen, la capitale del Fukien, insieme ai quattro confratelli e conterranei sopra citati.
Essi furono condannati alla pena capitale il 18 dicembre 1746; quattro di loro, escludendo mons. Sanz, ucciso un anno prima, restarono in carcere circa due anni, perché la sentenza fu eseguita la sera del 28 ottobre 1748 mediante soffocamento.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da papa Leone XIII e canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio, 28 ottobre.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:10

San Giovanni Alcober Domenicano, martire

28 ottobre

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Granada, 25 dicembre 1694 – Fuchen, 28 ottobre 1748

Martirologio Romano: Nel Fujian in Cina, santi martiri Francesco Serrano, vescovo, e Gioacchino Royo, Giovanni Alcober e Francesco Díaz del Rincón, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori, che confermarono la stessa fede affrontando lo stesso martirio.


La presenza del Cristianesimo e segnatamente del Cattolicesimo, ha avuto sin dal XII secolo, nel quale cominciò ad affacciarsi in Cina, degli alti e bassi e purtroppo anche ricorrenti sanguinose persecuzioni, con centinaia di missionari e migliaia di fedeli uccisi in odio alla fede cristiana.
Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano san Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.

Il domenicano Giovanni Alcober nacque il 25 dicembre 1694 a Granada e a 15 anni entrò nel convento domenicano di Santa Croce, facendo la sua professione religiosa giovanissimo il 26 dicembre 1710.
Passò poi al convento dei Predicatori di S. Domenico a Lorca, dove restò fino ai 31 anni, quando nel 1725 s’imbarcò per le Filippine.
Dopo tre anni di apostolato nelle già cristiane terre dell’arcipelago, volle partire nel 1728 per le missioni cinesi, dove superando enormi difficoltà, restò ad evangelizzare le generose popolazioni dei villaggi per quasi 20 anni.
Finché nel 1746 venne arrestato in seguito alla persecuzione anticristiana, ostile ai missionari; fu rinchiuso in carcere con altri quattro confratelli, fra cui il vescovo del Fukien mons. Sanz e il suo coadiutore il vescovo mons. Serrano.
Processati a Fuchen la capitale, vennero condannati a morte il 18 dicembre 1746. La sentenza per quattro di loro, escludendo il vescovo Sanz, già ucciso un anno prima, fu eseguita il 28 ottobre 1748, padre Alcober, vittima del suo eroismo missionario, fu strangolato.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da papa Leone XIII e canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:11

San Giovanni Dat Martire

28 ottobre

Martirologio Romano: Nel territorio di Chợ-Rạ nel Tonchino, ora Viet Nam, san Giovanni Đạt, sacerdote e martire, che fu decapitato per Cristo.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:12

San Giuda Taddeo Apostolo

28 ottobre

sec. I

Il santo che si festeggia oggi assieme a Simone «il cananeo», pur appartenendo al gruppo dei 12 apostoli, non va confuso con l'omonimo apostolo traditore di Gesù, l'Iscariota. Si tratta infatti di Giuda fratello di Giacomo, detto Taddeo, che significa «magnanimo». Un nome ben conosciuto dalla tradizione ebraica quello di Giuda: era stato, infatti, di uno dei figli di Giacobbe e dalla tribù di Giuda sarebbe uscita la stirpe dello stesso Messia. Inoltre, nel secondo secolo avanti Cristo, Giuda Maccabeo era stato un eroe della rivolta giudaica contro Antioco IV. Secondo il racconto dell'evangelista Giovanni al capitolo 14 durante l'ultima cena Giuda Taddeo domanda a Gesù: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui», è la risposta di Gesù. Dopo l'Ascensione, anche Giuda Taddeo, secondo la tradizione, andò a portare nel mondo l'annuncio di Cristo. Secondo qualcuno, egli avrebbe evangelizzato la Mesopotamia; secondo altri la Libia. Forse anch'egli è morto martire e sarebbe stato sepolto in Persia. (Avvenire)

Patronato: Casi disperati

Etimologia: Giuda = zelatore di Dio, lodata, dall'ebraico

Emblema: Barca, Bastone, Lancia

Martirologio Romano: Festa dei santi Simone e Giuda, Apostoli: il primo era soprannominato Cananeo o “Zelota”, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo, nell’ultima Cena interrogò il Signore sulla sua manifestazione ed egli gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

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San Giuda non va confuso con l'omonimo Apostolo traditore, Giuda Iscariota, il " figlio della perdizione ". Quello di oggi è Giuda fratello di Giacomo, detto Taddeo, cioè " dal petto largo ", che vuol dire poi " magnanimo ".
Il nome di Giuda, prima che l'infelice traditore lo rendesse odioso, era uno dei più belli nella storia ebrea. Era stato portato da uno dei figli di Giacobbe, o Israele, e a Giuda si intitolò una delle dodici Tribù, quella dalla quale sarebbe fiorito, in Betlemme, terra di Giuda, il virgulto del Messia.
Giuda Maccabeo, eroe della rivolta giudaica contro Antioco IV, e Giuda detto il Santo, maestro per eccellenza, avevano reso onore a quel nome, come gli rese onore l'Apostolo San Giuda, detto Taddeo, che possiamo immaginare alla mensa dei Redentore, proprio accanto al suo omonimo Giuda Iscariota. Egli domanda a Gesù: " Signore, che cosa è avvenuto, che tu debba manifestarti a noi e non al mondo? ". E Gesù gli risponde: " Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio l'amerà e verremo a lui, e faremo una cosa sola ".
E’ la lezione dell'amore mistico, che Giuda Taddeo provoca con la sua domanda. L'amore di Dio unisce, mentre l'amore di se stessi divide.
Per questo, San Giuda scrisse una breve lettera, nella quale rimprovera i fomentatori di discordie, che chiama " nuvole senza acqua, portate qua e là dai venti; alberi d'autunno, senza frutto, onde furiose del mare, che spumano le proprie turpitudini. astri erranti, ai quali sono serbate in eterno le tenebre più profonde ".
" Costoro - egli dice - sono mormoratori queruli che vivono secondo i loro appetiti, e la loro bocca parla di cose superbe, e se lodano qualcuno, lo fanno per fini interessati ".
La breve lettera di Giuda, che fu giudicata " piena della forza e della grazia dei cielo ", ci fa intravedere la figura di San Giuda come maestro fermo e sapiente, che esercitò con zelo e con amore quella missione affidata da Gesù ai suoi Apostoli, prima di lasciare la terra per il cielo.
Infatti, dopo l'Ascensione, anche Giuda Taddeo andò a portare nel mondo la Buona Novella. Secondo qualcuno, egli avrebbe evangelizzato la Mesopotamia; secondo altri la Libia. Si crede che morisse anch'egli Martire, e il suo corpo sarebbe stato sepolto in Persia.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:14

Beato Giuseppe Ruiz Bruixola Sacerdote e martire

28 ottobre

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Martirologio Romano: Nel villaggio di Gilet nello stesso territorio in Spagna, beato Giuseppe Ruiz Bruixola, sacerdote e martire, che nella stessa circostanza meritò di portare davanti a Dio onnipotente la palma della vittoria.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:15

San Leodardo

28 ottobre

 

Visse a Soissons certamente prima del sec. IX, poiché le litanie dei santi, composte indubbiamentein quella città al tempo di Carlomagno, recano ilsuo nome insieme a quello di altri santi locali.
Chi era? Su questo argomento possediamo solo la tradizione tardiva dei breviari della diocesi. Ci ' è presentato come fornaio addetto al servizio del monastero di Notre-Dame di Soissons che nell'VIII e IX sec. doveva essere doppio, accogliere cioè una comunità di uomini e una comunità di donne. Egli, tuttavia, non era monaco, e questo è provato dal fatto che fu sepolto fuori della città, nella chiesa di S. Martino e non nella chiesa-santuario del monastero, dedicata alla Croce. Leodardo era dunque un semplice famiglio del monastero (famu-lus, familiaris), forse un sainteur (uomo libero che si è dato in servitù ad un santo).
La sua festa si celebra il 28 ott.; le reliquie furono più tardi trasferite nel monastero di Notre-Dame di Soissons.


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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:16

San Rodrigo Aguilar Aleman Martire Messicano

28 ottobre

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Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nel villaggio di Ejutla in Messico, san Roderico Aguilar, sacerdote e martire, che, impiccato dai soldati a un albero nel corso della persecuzione, portò gloriosamente a compimento il martirio che tanto aveva desiderato.

Nacque a Sayula, Jalisco (Diocesi di Ciudad Guzman) il 13 marzo 1875. Parroco di Unión de Tula, Jalisco (Diocesi di Autlán). Sacerdote poeta molto sensibile sia di cuore che di fede. All`alba del 28 ottobre 1927 lo condussero sulla piazza di Ejutla. Agganciarono un cappio ad un grosso ramo di albero di mango e lo posero al collo del sacerdote. Poi vollero provare la sua forza e con arroganza gli chiesero: "Chi vive?". La valorosa risposta fu: "Cristo Re e la Santa Maria di Guadalupe!". Allora la corda venne tirata con forza ed il signor parroco Aguilar restò appeso. Si fece nuovamente scendere e di nuovo gli chiesero: "Chi vive?". E per la seconda volta, con voce sicura rispose: "Cristo Re e Santa Maria di Guadalupe!". Un nuovo identico supplizio e quindi, per la terza volta la stessa domanda: "Chi vive?". Il martire agonizzante, sussurrandole rispose: "Cristo Re e Santa Maria di Guadalupe!".



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:17

Beato Salvatore Damiano (Salvador Damian) Enguix Garès Martire

28 ottobre

Alcira, Spagna, 27 settembre 1862 – 28 ottobre 1936

Fedele laico dell'arcidiocesi di Valencia, in Spagna, Salvador Damian Engiux Garès, nacque il 27 settembre 1862 ad Alcira e fu battezzato il giorno seguente nella chiesa parrocchiale di santa Caterina. Fu un uomo di grande fede, generoso nel lavoro e buono di carattere. Membro dell'Azione Cattolica, fondò l'adorazione notturna nella sua città. Vedovo con cinque figli, ex-veterinario ormai in pensione, allo scoppio della guerra civile e della feroce persecuzione religiosa che attraversò la Spagna, il 6 agosto 1936 venne incarcerato. Fu poi liberato per un breve periodo prima di essere nuovamente bloccato e imprigionato. Ha vissuto i giorni di prigionia nella fede e nella preghiera. Il 28 ottobre 1936 venne assassinato. Il papa Giovanni Paolo, II l'11 marzo 2001, ha elevato agli onori degli altari 233 vittime della stessa persecuzione, tra cui il beato Salvador Damian Engiux Garès, che viene festeggiato nell'anniversario del suo martirio. (Avvenire)

Martirologio Romano: Ad Alzira nel territorio di Valencia in Spagna, beato Salvatore Damiano Enguix Garés, martire, che, padre di famiglia, durante la persecuzione, portò a termine il combattimento per la fede.


Salvador Damian Engiux Garés, fedele laico dell’arcidiocesi di Valencia, nacque il 27 settembre 1862 ad Alcira in Spagna e fu battezzato il giorno seguente nella chiesa parrocchiale di Santa Caterina. Fu un uomo di grande fede, generoso nel lavoro e pacifico di carattere. Membro dell’Azione Cattolica, fondò l’Adorazione Notturna nella sua città.
Vedovo con cinque figli, ex-veterinario ormai in pensione, allo scoppio della guerra civile e della feroce persecuzione religiosa che attraversò la Spagna il 6 agosto 1936 fu incarcerato, poi liberato ed infine incarcerato definitivamente alla fine di ottobre. Dopo una prigionia vissuta nella fede e nella preghiera, il 28 ottobre 1936 fu assassinato.
Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001 elevò agli onori degli altari ben 233 vittime della medesima persecuzione, tra le quali il Beato Salvador Damian Engiux Garés, che viene festeggiato nell’anniversario del suo martirio.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:17

San Salvio di Amiens Vescovo

28 ottobre

Martirologio Romano: Ad Amiens in Neustria, sempre in Francia, san Salvio, vescovo, dedito fin dalla giovinezza agli studi teologici e insigne per integrità di costumi.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:18

San Simone Apostolo

28 ottobre

Cana di Galilea? – Pella (Armenia) o Suanir (Persia), 107

Simone, da Luca soprannominato Zelote, forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti, da Matteo e Marco è chiamato Cananeo (Mt 10, 4; Mc 3,18). (Mess. Rom.)

Patronato: Pescatori

Etimologia: Simone = Dio ha esaudito, dall'ebraico

Emblema: Barca

Martirologio Romano: Festa dei santi Simone e Giuda, Apostoli: il primo era soprannominato Cananeo o “Zelota”, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo, nell’ultima Cena interrogò il Signore sulla sua manifestazione ed egli gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

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Nonostante sia il più sconosciuto degli Apostoli, nella cui lista è solo nominato all’undicesimo posto, numerosissime opere d’arte lo raffigurano, sparse in tutta Italia ed in Europa, a testimonianza di un culto molto diffuso nella cristianità.
Stranamente a differenza degli altri apostoli, le notizie pervenutaci sulle sue origini, sulla sua presenza in seno al collegio apostolico, sulla sua attività evangelizzatrice, sulla sua morte, sono tutte incerte e sempre state controverse negli studi dei vari esperti lungo tutti i secoli.
Quindi siamo obbligati a considerare le varie ipotesi, mancando la certezza per una sola. Prima di tutto Gesù scelse i suoi apostoli guardando solo al cuore degli uomini e li volle appartenenti alle varie correnti del giudaismo di allora, dai farisei ai discepoli di s. Giovanni Battista, dagli zeloti a personaggi diciamo appartenenti alla gente comune, come pure un pubblicano.
Simone, per distinguerlo da Simon Pietro, gli evangelisti Matteo e Marco gli danno il soprannome di “Zelota” o “Cananeo”, forse l’appellativo può indicare la sua appartenenza al partito degli Zeloti, i ‘conservatori’ delle tradizioni ebraiche e fautori della libertà dallo straniero anche con le armi, oppure dalla città d’origine cioè Cana di Galilea.
Molti identificano Simone con l’omonimo cugino di Gesù, più noto come Simone fratello dell’apostolo Giacomo il Minore, al quale secondo la tradizione riportata da Egesippo del II secolo, sarebbe succeduto come vescovo di Gerusalemme dal 62 al 107, anno in cui subì il martirio sotto Traiano (53-117) a Pella, dove si era rifugiato con la sua comunità, per sfuggire alla seconda guerra giudaica.
I Bizantini lo identificano con Natanaele di Cana e con il direttore di mensa alle nozze di Cana; i Latini e gli Armeni lo fanno operare e morire in Armenia.
S. Fortunato vescovo di Poitiers, dice che Simone insieme a s. Giuda Taddeo apostolo, furono sepolti in Persia, dove secondo le storie apocrife degli Apostoli, sarebbero stati martirizzati a Suanir.
Un monaco del IX secolo affermava che una tomba di s. Simone esisteva a Nicopsis (Caucaso) dove era anche una chiesa a lui dedicata, fondata dai Greci nel secolo VII.
Altri ancora affermano che Simone visitò l’Egitto e insieme a s. Giuda Taddeo, la Mesopotamia, dove entrambi subirono il martirio, segati in due parti, da qui il loro patrocinio su quanti lavorano al taglio della legna, del marmo e della pietra in genere.
Ma al di là di tutte le incertezze, Simone lo ‘Zelota’ o il ‘Cananeo’, è senz’altro un Apostolo di Cristo e come tutti i discepoli del Signore, prese il suo bastone e percorse a piedi regioni vicine e lontane, per portare la luce della Verità e propagare la nuova religione fra i pagani.
Lo si può paragonare ai tanti discepoli di Cristo, che in ogni tempo hanno lavorato e lavorano nel silenzio e nascondimento per il trionfo del Regno di Dio, senza riconoscimenti eclatanti e ufficiali, in piena umiltà, perseveranza e sacrificio anche cruento della vita.
Simone comunque è sempre rappresentato con gli altri Apostoli, nell’iconografia di Cristo e della Vergine, quindi nelle raffigurazioni del Cenacolo e negli altri momenti comuni degli Apostoli, la Pentecoste e la ‘Dormitio Verginis’.
Nella ‘Leggenda Aurea’ e nel Martirologio Romano egli è accomunato all’altro apostolo s. Giuda Taddeo, con il quale si ritiene predicò il Vangelo in Egitto e Mesopotamia e subendo insieme il martirio secondo alcuni scrittori.
La loro festa ricorre il 28 ottobre, a Venezia è a loro dedicata la chiesa di “S. Simone Piccolo”.



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00mercoledì 27 ottobre 2010 09:19

Santi Simone e Giuda Apostoli

28 ottobre

I secolo dopo Cristo

Il primo era soprannominato Cananeo o Zelota, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo.

Martirologio Romano: Festa dei santi Simone e Giuda, Apostoli: il primo era soprannominato Cananeo o “Zelota”, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo, nell’ultima Cena interrogò il Signore sulla sua manifestazione ed egli gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Ascolta da RadioRai:
  

Il 28 di ottobre la Chiesa commemora la festa liturgica degli Apostoli:

San SIMONE
Simone, da Luca soprannominato Zelota (Lc 6, 15; At 1, 13), forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti, da Matteo e Marco è chiamato Cananeo (Mt 10, 4; Mc 3, 18).

San GIUDA TADDEO
Giuda è detto Taddeo (Mt 10, 3; Mc 3, 18) o Giuda di Giacomo (Lc 16, 16; At 1, 13). Nell’ultima cena rivolse a Gesù la domanda: «Signore come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». Gesù gli rispose che l’autentica manifestazione di Dio è riservata a chi lo ama e osserva la sua parola (Gv 14, 22-24). Una lettera del Nuovo Testamento porta il suo nome.

La loro festa il 28 ottobre è ricordata dal calendario geronimiano (sec. VI). In questo stesso giorno si celebra a Roma fin dal sec. IX.



Stellina788
00mercoledì 27 ottobre 2010 09:20

Santi Vincenzo, Sabina e Cristeta Martiri

28 ottobre

Martirologio Romano: Ad Ávila in Spagna, passione dei santi Vincenzo, Sabina e Cristeta, martiri, che furono crudelmente uccisi mentre fuggivano da Talavera de la Reina in questa città.



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