29 aprile

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:12

Santa Caterina da Siena Vergine e dottore della Chiesa, patrona d'Italia

29 aprile

Siena, 25 marzo 1347 - Roma, 29 aprile 1380

«Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia»: queste alcune delle parole che hanno reso questa santa, patrona d'Italia, celebre. Nata nel 1347 Caterina non va a scuola, non ha maestri. I suoi avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre. E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua ""cella"" di terziaria domenicana (o Mantellata, per l'abito bianco e il mantello nero). La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. Li chiameranno ""Caterinati"". Lei impara a leggere e a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi lei parla a papi e re, a donne di casa e a regine, e pure ai detenuti. Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente. Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d'Italia con Francesco d'Assisi. (Avvenire)

Patronato: Italia, Europa (Giovanni Paolo II, 1/10/99)

Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco

Emblema: Anello, Giglio

Martirologio Romano: Festa di Santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, che, preso l’abito delle Suore della Penitenza di San Domenico, si sforzò di conoscere Dio in se stessa e se stessa in Dio e di rendersi conforme a Cristo crocifisso; lottò con forza e senza sosta per la pace, per il ritorno del Romano Pontefice nell’Urbe e per il ripristino dell’unità della Chiesa, lasciando pure celebri scritti della sua straordinaria dottrina spirituale.


Lo si dice oggi come una scoperta: "Se è in crisi la giustizia, è in crisi lo Stato". Ma lo diceva già nel Trecento una ragazza: "Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia". Eccola, Caterina da Siena. Ultima dei 25 figli (con una gemella morta quasi subito) del rispettato tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piacenti, figlia di un poeta. Caterina non va a scuola, non ha maestri. Accasarla bene e presto, ecco il pensiero dei suoi, che secondo l’uso avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre, anche davanti alle rappresaglie. E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana (o Mantellata, per l’abito bianco e il mantello nero).
La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. E tutti amabilmente pilotati da lei. Li chiameranno “Caterinati”. Lei impara faticosamente a leggere, e più tardi anche a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi lei parla a papi e re, a cuoiai e generali, a donne di casa e a regine. Anche ai "prigioni di Siena", cioè ai detenuti, che da lei non sentono una parola di biasimo per il male commesso. No, Caterina è quella della gioia e della fiducia: accosta le loro sofferenze a quelle di Gesù innocente e li vuole come lui: "Vedete come è dolcemente armato questo cavaliero!". Nel vitalissimo e drammatico Trecento, tra guerra e peste, l’Italia e Siena possono contare su Caterina, come ci contano i colpiti da tutte le sventure, e i condannati a morte: ad esempio, quel perugino, Nicolò di Tuldo, selvaggiamente disperato, che lei trasforma prima del supplizio: "Egli giunse come uno agnello mansueto, e vedendomi, cominciò a ridere; e volse ch’io gli facessi il segno della croce".
Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Parla chiaro ai vertici della Chiesa. A Pietro, cardinale di Ostia, scrive: "Vi dissi che desideravo vedervi uomo virile e non timoroso (...) e fate vedere al Santo Padre più la perdizione dell’anime che quella delle città; perocché Dio chiede l’anime più che le città". C’è pure chi la cerca per ammazzarla, a Firenze, trovandola con un gruppo di amici. E lei precipitosamente si presenta: "Caterina sono io! Uccidi me, e lascia in pace loro!". Porge il collo, e quello va via sconfitto. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente. Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d’Italia con Francesco d’Assisi. E nel 1970 avrà da Paolo VI il titolo di dottore della Chiesa.
La festa delle stigmate di S. Caterina è, per il solo ordine domenicano, il 1° aprile.



Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:13

Sant' Acardo Abate

29 aprile

m. 1172

Martirologio Romano: Nell’abbazia di La Lucerne-d’Outremer nella Normandia, in Francia, sant’Acardo, vescovo di Avranches, che, un tempo abate di San Vittore a Parigi, scrisse molti trattati di vita spirituale al fine di condurre l’anima cristiana alle vette della perfezione e alla sua morte fu sepolto in questa abbazia premostratense da lui spesso frequentata.


Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:14

Sant' Antonio Kim Song-u Catechista e martire

29 aprile

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Gusan, Corea del Sud, 1795 - Tangkogae, Corea del Sud, 29 aprile 1841

Martirologio Romano: A Seul in Corea, sant’Antonio Kim Song-u, martire, che era solito radunare in casa sua molti fedeli e fu strangolato in carcere per Cristo.



Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:15

San Cristino Martire

29 aprile

Patronato: Portoferraio


San Cristino martire è il patrono della città di Portoferraio, le cui reliquie - "corpo santo" - sono conservate e venerate nella chiesa appartenete alla Confraternita della Misericordia.
Nel 1661 il "corpo santo" fu scoperto nella catacomba di Priscilla. Il portoferraiese Antonio Vai, appartenente alla Confraternita della Misericordia, recatosi casualmente a Roma, fece richiesta al Papa Alessandro VII perché gli concedesse un 'corpo santo'.
Il Pontefice appagò il pio desiderio e donò la preziosa reliquia di S. Cristino alla comunità di Portoferraio.
Il sacro deposito giunse a Portoferrario il 29 aprile, giorno che divenne festa patronale per la comunità portoferraiese. Nel 1764 Papa Clemente XIII accolse la richiesta di elezione di san Cristino a patrono di Portoferrario; infatti la S. Congregazione dei Riti il 7 aprile 1764 concesse alla festa di S. Cristino, il 29 aprile, tutti i privilegi riguardanti le feste dei principali Protettori. In data 9 agosto 1764, il decreto ebbe il benestare dell'Imperatore Francesco I.



Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:17

Beato Giovanni Vargas Mercedario, martire

29 aprile

XVI secolo

Dalla Spagna, il mercedario Beato Giovanni Vargas, passò in America a Santa Marta nel 1533 e poco dopo nel 1537 in Perù. Fu colui che convocò un’assemblea nel convento del Cusco nel novembre 1556, alla quale parteciparono i commendatori di Cusco, Lima, Trujillo, Panama, Quito, Chachapayas e Arequipa e fu il promotore per creare la prima provincia mercedaria in America. Egli ottenne una bolla da Papa Pio IV°, datata in Roma il 30 dicembre 1560, mediante la quale veniva approvato e confermato quanto richiesto e dopo molte discussioni e controversie finalmente il provinciale dei mercedari di Castiglia, Venerabile Gaspare de Torres, emanò un documento in data 13 gennaio 1563 con cui divideva l’Ordine della Mercede in America in quattro province: Guatemala, Cusco, Lima e Cile. Insigne evangelizzatore fra i popoli del Perù, instancabilmente predicò il vangelo agli indios ma da questi fu preso, legato ad un albero e trafitto da frecce, professando la fede morì gloriosamente sul monte vallano presso Panama.
L’Ordine lo festeggia il 29 aprile.



Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:18

San Severo di Napoli Vescovo

29 aprile

Napoli, † 29 aprile 409

Della sua vita antecedente al ministero episcopale non sappiamo quasi nulla. Guidò la Chiesa campana dal febbraio 363 al 29 aprile 409. La sua opera si svolse in un periodo di ritorni al paganesimo e di eresie. Riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo, che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana. Fu amico di sant'Ambrogio (340-397) che conobbe durante il Concilio plenario campano del 392 a Capua. A Severo viene attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, il più antico dell'Occidente. Una «Vita» di Severo scritta nell'XI secolo, riporta un suo miracolo operato in vita: non potendo aiutare in altro modo una vedova, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato per un debito del defunto marito, Severo condusse l'uomo al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui lo fece sbugiardare. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Napoli, san Severo, vescovo, amato da sant’Ambrogio come fratello e dalla sua Chiesa come padre.


Nel catalogo dei vescovi napoletani è al dodicesimo posto; della sua vita anteriore al suo ministero vescovile, non si sa praticamente nulla.
San Severo espletò il suo episcopato dal febbraio 363 al 29 aprile 409, quindi qualche decennio dopo la libertà di culto decretata da Costantino ai cristiani (313); fu certamente un periodo in cui le due religioni, pagana e cristiana, furono costrette a convivere, ed i rigurgiti del paganesimo erano frequenti.
La sua opera si svolse dopo questi ritorni pagani ed i violenti attacchi degli eretici ariani; i seguaci dell’eretico Ario di Alessandria (280-336) affermavano che il Verbo, incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature; l’eresia condannata dai Concili di Alessandria del 321 e Nicea del 325, provocò una lotta a volte anche violenta, fra le due posizioni esistenti nella Chiesa di allora.
La Chiesa di Napoli, con la sua guida illuminata, rifiorì nella fede genuina del cristianesimo; riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo (sec. IV), che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana.
Bisogna dire che s. Massimo fu il decimo vescovo di Napoli e s. Severo il dodicesimo, quindi fra i due ci fu l’usurpatore ariano Zosimo, che probabilmente ritornò, durante i suoi sei anni di episcopato, alla fede originale e quindi venne considerato l’11° vescovo legittimo.
Svariati antichi documenti confermano che si conquistò stima ed affetto non solo dei cristiani, ma anche dei pagani. Fu amico di s. Ambrogio (340-397) vescovo di Milano, che ebbe occasione di conoscerlo durante il Concilio plenario campano, tenutasi nel 392 a Capua.
Gli vengono attribuite le fondazioni di quattro basiliche, di cui una adorna di marmi e preziosi mosaici era dedicata al Salvatore, di questa antica basilica chiamata poi S. Giorgio Maggiore, è rimasto solo l’abside.
A Severo viene concordemente attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, anteriore di circa trenta anni a quello eretto al Laterano da Sisto III (432-440) e pertanto è il più antico dell’Occidente. Il Battistero è attualmente addossato alla basilica di Santa Restituta nel Duomo di Napoli; chiamato anche “San Giovanni in fonte”, si ispira a canoni orientali, con mosaici ritenuti i più preziosi fra quelli pervenutaci da altri battisteri.
Fuori delle mura della città, Severo fece costruire a poca distanza dalla Basilica di S. Fortunato, una basilica cimiteriale, dove fece deporre le reliquie del vescovo s. Massimo e che pare sia stata pure la sua prima sepoltura.
Da questa basilica, le sue reliquie furono trasferite verso la metà del IX secolo, in un oratorio della Basilica urbana di S. Severo nel Rione Sanità, tenuta da una Congregazione sacerdotale detta “della feria sesta”.
Nel 1310 l’arcivescovo Umberto d’Ormont, che era stato in precedenza insignito del titolo di abate della Basilica di S. Severo, collocò le reliquie sotto l’altare maggiore, innalzandovi sopra un magnifico ciborio di marmo, che alcuni studiosi attribuirono a Tino da Camaino o alla sua scuola.
Questo trasferimento di reliquie, risvegliò il culto per il santo vescovo, che si era alquanto sopito, dopo il 1294, per la sopravvenuta devozione verso il martire domenicano s. Pietro da Verona.
Il celebre Calendario Marmoreo di Napoli, scolpito nel IX secolo e conservato negli ambienti conglobati nel Duomo, riporta la sua festa al 29 aprile e con questa data è passato nel ‘Martirologio Romano’.
Una ‘Vita’ leggendaria di s. Severo scritta nell’XI secolo, riporta un miracolo operato in vita dal santo vescovo: non potendo aiutare in altro modo una povera vedova con piccoli figli, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato un debito del defunto marito; allora Severo lo condusse con sé, insieme al clero e molto popolo, al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui pubblicamente fece sbugiardare il pretendente, perché non gli doveva niente.
È un tipo di miracolo che si trova anche nei racconti delle ‘Vite’ di altri celebri santi antichi, quindi è molto probabile che sia una leggenda aggiunta dall’anonimo agiografo di s. Severo.
Il santo è anche patrono della città e diocesi di S. Severo, in provincia di Foggia.



Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:20

San Tichico

29 aprile


Martirologio Romano: Commemorazione di san Tíchico, discepolo di san Paolo Apostolo, che lo chiama nelle sue Lettere caro fratello, ministro fedele e compagno nel servizio del Signore.


_______________________
Aggiunto il 13-Mar-2000
Letto da 695 persone


San Tichico

29 aprile


Martirologio Romano: Commemorazione di san Tíchico, discepolo di san Paolo Apostolo, che lo chiama nelle sue Lettere caro fratello, ministro fedele e compagno nel servizio del Signore.


Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:21

San Torpete (Torpes, Torpè) Martire

29 aprile

Sec. I

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Pisa, san Torpeto, martire.


Secondo la tradizione, Pietro, prima di raggiungere Roma, giunse ad una cittadina poco lontana dalla futura Repubblica Marinara di Pisa. A ricordo del soggiorno di Pietro è la bellissima Chiesa di S. Piero a Grado, che ancora oggi testimonia le origini della presenza cristiana nella provincia pisana. Le scarse notizie su Torpete ci informano che fu contemporaneo a questi avvenimenti. Gli Atti del martirio di S. Torpete, che attestano la devozione per il santo pisano già dal IX secolo, ad opera dei Bollandisti e il Martirologio Romano, che contiene l’Elogio del santo martire, costituiscono le uniche scarse fonti, che sebbene debbano essere lette con molta prudenza, offrono un quadro generale plausibile sulla figura di Torpete.

Torpete visse in tempo di persecuzioni. L’impero romano, che ebbe spesso nei confronti della Chiesa Cristiana un rapporto conflittuale e talvolta di aperto contrasto, ricorse anche a pratiche intimidatorie ed eliminazioni fisiche dei seguaci di Gesù. Divenuto anch’egli cristiano, Torpete praticava di nascosto la nuova fede religiosa, il che non gli impediva di svolgere un ruolo importante presso l’amministrazione romana, come troviamo scritto in Filippesi 4, 22.

Tornato a Pisa, fu riconosciuto cristiano dal prefetto della città, Satellico, il quale tentò di riportarlo alla religione pagana. A nulla valsero i suoi sforzi: né le false promesse, né le prove fisiche convinsero Torpete a rinnegare Gesù Cristo, che raggiunse in cielo il 29 aprile, giorno del suo martirio. Dopo la morte, il suo corpo fu abbandonato sopra una imbarcazione, che si arenò presso Sino, un porto talvolta riconosciuto in Francia, in altre occasioni in Spagna o anche in Portogallo. Ciascuna di queste nazioni rivendicano infatti il corpo del martire, testimonianza del fatto che il culto del santo pisano è effettivamente molto antico, come dimostrano le Chiese dell’XI secolo dedicate in suo onore. Sempre nello stesso secolo, intorno al 1084, si trova traccia della Chiesa pisana di San Torpete.

L’importanza del santo pisano crebbe nei secoli anche in virtù dei numerosi miracoli riconosciuti a Torpete. Monsignor Federigo Visconti, vescovo di Pisa dal 1254 al 1278, riporta nel Sermone 36, recitato il giorno dell’Ascensione, che la chiesa di S. Piero ad Gradus era meta di molti pellegrini, non solo toscani, che concurrunt cum devozione maxima ad Ecclesiam istam beati Petri Apostoli. Il Codice Civile della Repubblica del 1284 stabiliva che il giorno 29 aprile si celebrasse la sua festa. Tra i segni prodigiosi compiuti dal santo pisano merita di essere ricordato quello del 29 aprile 1633: colpita da una gravissima peste, la città di Pisa ricorse alle preghiere ed alla intercessione di Torpete, e ne fu immediatamente liberata.



Stellina788
00mercoledì 29 aprile 2009 11:22

Sant' Ugo di Cluny Abate

29 aprile

Brionnais (Autun), 1024 - Cluny (Francia), 29 aprile 1109

Ugo il Grande fu il quarto abate della celebre abbazia benedettina di Cluny, centro della rinascita religiosa, e non solo, che investì l'Europa dell'XI secolo. Nato nel 1024, eletto a venticinque anni alla guida della comunità monastica francese, governò numerosi monasteri. Fu consigliere di re e papi, tra i quali Gregorio VII (Ildebrando di Soana) che prima di accedere al soglio pontificio era stato un suo monaco. Morì nel 1109. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Cluny in Burgundia, nell’odierna Francia, sant’Ugo, abate, che per sessantuno anni resse santamente il monastero di questo luogo, sempre dedito alle elemosine e alla preghiera, custode e instancabile promotore della disciplina monastica, fervido amministratore e propagatore della santa Chiesa.


Le notizie su questo santo abate dell’abbazia benedettina di Cluny in Francia, fondata nel 910 da Guglielmo il Pio, duca di Aquitania, ci pervengono da ben quattro ‘Vite’ tutte scritte dal 1120 al 1125, praticamente quasi contemporanee, essendo s. Ugo morto nel 1109.
Egli nacque nel 1024 a Brionnais nella diocesi di Autun, primo degli otto figli del conte Dalmazio di Semur e imparentato con i duchi di Aquitania e con i conti di Poitou.
Contrariamente ai desideri paterni di farlo diventare un cavaliere, Ugo appoggiato dalla madre, si indirizzò verso gli studi, insistendo riuscì ad entrare nel convento di S. Marcello di Chalon nel 1037, per ricevere un’adeguata educazione.
Questo convento era stato donato a Cluny da un suo parente, il vescovo di Auxerre, Ugo conte di Chalon. Nel 1039, vincendo ancora l’opposizione del padre, entrò a 15 anni, come novizio nell’abbazia di Cluny e qui nel 1044 a venti anni fece la sua professione e ordinato sacerdote; tre o quattro anni dopo a soli 24 anni, divenne priore maggiore nella celebre abbazia.
Nel 1048 venne inviato in Germania in missione presso l’imperatore Enrico IV, era ancora in viaggio, quando il 1° gennaio 1049 morì l’abate di Cluny, s. Odilone, Ugo fu eletto come successore il 20 febbraio, insediandosi due giorni dopo.
Il suo abbaziato durò moltissimo, circa 61 anni e fu diviso tra i periodi trascorsi a Cluny ed i numerosi viaggi nelle varie Case dell’Ordine benedettino, dipendenti dall’abbazia cluniacense e in vari Paesi stranieri; come è noto i viaggi di allora erano fatti a piedi o a dorso di mulo o cavallo, quindi i tempi erano lunghi ed i percorsi pieni di pericoli e difficoltà.
I suoi viaggi e le date sono state accuratamente tracciate in tutti i particolari, da studiosi della materia; nel 1049 fu a Reims per il Concilio là svoltasi; poi accompagnò fino a Roma il papa Leone IX dove prese parte al Sinodo del 1050; nella Pasqua del 1051 si trovava a Colonia per il battesimo del figlio dell’imperatore Enrico III.
Ancora lo si trova in Ungheria per fare opera di riconciliazione fra l’imperatore suddetto ed il re Andrea I, durante il viaggio di ritorno, fu catturato dai banditi e liberato poi dopo il pagamento di un riscatto. Nel 1055 e 1056 partecipò a dei Concili in Italia e in Francia; negli anni successivi fu di nuovo a Roma ad un Sinodo e a Firenze per la morte di papa Stefano IX; partecipò al Concilio Lateranense del 1059, presiedette in Francia alcuni Concili Provinciali, tornò a Roma per il Sinodo del 1063, poi è di nuovo in Francia con s. Pier Damiani, che partecipa al Concilio di Chalon, per dirimere una controversia instauratasi tra Cluny e il vescovo di Mâcon.
Continuando in questa incredibile missione itinerante, tanto faticosa per quell’epoca, Ugo prosegue nella sua opera di legato pontificio nel Mezzogiorno della Francia; nel 1072 è alla Dieta di Worms in Germania, e nel 1073 è in Spagna. Negli anni successivi farà da mediatore tra il papa e l’imperatore a Canossa, incontrerà nei loro luoghi di residenza Guglielmo il Conquistatore, papa Gregorio VII, l’imperatore Enrico IV, il re di Spagna Alfonso VI; nel 1093-94 è al monastero di S. Biagio nella Foresta Nera.
Quando risiede a Cluny, accoglie papa Urbano II nel 1095, s. Anselmo d’Aosta nel 1097, papa Pasquale II nel 1106. Concluse la sua laboriosissima vita ad 85 anni, il 29 aprile 1109 a Cluny.
Durante il periodo della sua carica di abate, Cluny raggiunse il suo massimo splendore, nonostante che la stessa abbazia risentì per altri versi, delle sue continue e prolungate assenze; Ugo non era incline ad allargare ulteriormente le fondazioni monastiche, che si ricollegavano all’abbazia madre di Cluny, specie se lontane come in Inghilterra; ad ogni modo se splendore vi fu, dopo la sua morte cominciò un periodo di decadenza di Cluny, che gli studiosi fanno risalire già ad alcune iniziative di Ugo.
Infatti l’Abbazia fu ridimensionata nel numero di monaci, perché molti furono mandati a popolare le nuove fondazioni; una conseguenza fu che si abbreviò il tempo del noviziato e il tempo della formazione e già nel 1075-1086 la Comunità del monastero dava segni di stanchezza; il progredire della prosperità materiale, provocò fra i monaci una diminuzione dello spirito di povertà e di austerità e un interesse maggiore verso le costruzioni; si mendicava, più che lavorare.
La provvisoria decadenza dell’Istituzione, com’è nella logica delle cose terrene e che accadde dopo un periodo di splendore, fu certamente ritardata dalla forte personalità del santo abate, durante i sessanta lunghi anni del suo governo.
Per quanto riguarda il culto, per s. Ugo c’è una particolarità; quando all’inizio del 1120, papa Callisto II visitò Cluny, gli venne chiesto, in base ad alcuni documenti, di riconoscere la santità del grande abate, santità che fino a pochissimo tempo prima, veniva perlopiù dichiarata a grande richiesta popolare.
Il papa non ritenne sufficienti i documenti presentati e chiese allora un interrogatorio di testimoni; questo è uno dei più antichi casi di una ricerca storica preliminare ad una canonizzazione. Soddisfatto ciò il papa il 6 gennaio dello stesso anno 1120, dichiarò santo Ugo di Cluny, fissandone la festa al 29 aprile.
Successivamente in parecchi monasteri benedettini, la festa fu unificata nello stesso giorno, per i quattro santi abati di Cluny, Oddone, Maiolo, Odilone e Ugo. La grande reputazione del santo abate, fu associata a quella di altri due grandi personaggi della Chiesa, suoi contemporanei, papa s. Gregorio VII (1020-1085) e s. Anselmo d’Aosta (1033-1109).
Le sue reliquie furono nel 1220 deposte in una cassa per la venerazione dei fedeli, su autorizzazione di papa Onorio III. Nel 1562 gli Ugonotti (in Francia, i protestanti seguaci di Calvino) saccheggiarono l’abbazia di Cluny e il corpo del santo, dopo un tentativo di salvataggio portandolo nel castello di Lourdon, fu bruciato e disperso al vento con altre reliquie; si salvò solo un frammento del femore.



Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:26.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com