29 novembre

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Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:49

Beato Anselmo Simon Colomina Sacerdote gesuita, martire

29 novembre

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Valencia, Spagna, 18 marzo 1877 – El Saler, Spagna, 29 novembre 1936

Padre Anselmo Simón Colomina nacque a Valencia il 18 marzo 1877 ed entrò nella Compagnia di Gesù nel 1895, ove divenne sacerdote. Fu Rettore del Collegio di San José. Venne assassinato ad El Saler il 29 novembre del 1936, all’età di 59 anni.

Martirologio Romano: In località detta El Saler vicino a Valencia in Spagna, beato Alfredo Simón Colomina, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che durante la persecuzione contro la Chiesa confermò con il suo sangue la sua fedeltà al Signore.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:50

San Bernardo di Nazareth Vescovo

29 novembre

Emblema: Bastone pastorale

Si tratta di uno dei numerosi vescovi che si trasferirono in Palestina durante o subito dopo lo svolgimento della prima Crociata. Nel 1120 partecipò ad un sinodo in Nablus di Samaria, presieduto dal vescovo di Gerusalemme e indetto per ovviare ad alcuni problemi di origine morale. Nel 1123 sottoscrisse ad Acri un patto tra i diversi principati crociati palestinesi e i veneziani. E' probabile che, essendo Tancredi principe della Galilea, Bernardo fosse originario di Barletta e avesse seguito i crociati venuti dalla Puglia.
Festa il 29 novembre.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:51

Santi Demetrio e Biagio di Veroli Martire

29 novembre

Palestina, I sec. – Veroli (Frosinone), I sec.

Etimologia: Demetrio = sacro alla dea Demetra, dal greco

Emblema: Palma


Santi BIAGIO E DEMETRIO, martiri di Veroli

Tutte le notizie che si possono dare sui santi martiri Demetrio e Biagio, che si venerano a Veroli (Frosinone),
riguardano più che altro le loro reliquie.
Essi sarebbero venuti a Veroli insieme a s. Maria Salome, madre degli apostoli Giovanni e Giacomo, collaborando con lei nell’annunziare il Vangelo agli abitanti della zona e avrebbero poi qui subito il martirio, mentre s. Maria di Salome morì in tarda età pacificamente, divenendo poi la santa patrona principale del paese ciociaro.
I due martiri, erano evidentemente originari come Salome, della Palestina e seguaci del cristianesimo dei primi tempi, essendo Maria Salome contemporanea di Gesù e presente fra le pie donne, che ignare della Resurrezione, si erano recate di buon mattino al sepolcro di Cristo, per ungerne il corpo con aromi.
I corpi di Demetrio e Biagio furono sepolti nell’area su cui poi sorse il Duomo, e furono rinvenuti nella cripta nel 1196; furono allora riposti in due loculi formati da una stessa pietra e poi rimessi nella cripta. Solo nel 1478, quando si prelevarono alcune reliquie di Biagio, i due loculi vennero contrassegnati con due iscrizioni lapidee.
I fedeli già nel marzo 1288, potevano ricevere delle indulgenze, se avessero visitato la cattedrale di Veroli in alcune festività, indulgenze concesse da quattro arcivescovi e una decina di vescovi. Lo stesso papa Niccolò IV, il 6 novembre 1289, concedeva un’indulgenza a chi avesse visitato la cattedrale dedicata a s. Andrea, nella festa dell’Apostolo e in quelle dei martiri Biagio e Demetrio e della beata Maria madre di Giacomo.
Nel 1322 un fedele di Veroli di nome Andrea, fece costruire una cappella e un altare, sul luogo dove secondo la tradizione, i due santi palestinesi avrebbero subito il martirio e lì ritrovati i loro corpi.
Ancora il 12 giugno 1743, i suddetti corpi furono traslati dalla cattedrale alla chiesa di S. Salome e sistemati poi nel 1742 nella ‘confessione’, cioè nell’incrocio fra navata e transetto, dal vescovo Lorenzo Tartagni. Nei secoli qualche studioso ha ipotizzato che le reliquie rinvenute nel 1196, attribuite ai santi Biagio e Demetrio, compagni di s. Maria Salome, fossero in realtà quelle di s. Biagio di Sebaste e di s. Demetrio di Tessalonica e che la leggenda, ha fatto diventare due santi locali; ma è solo un’ipotesi.
Verso il 1478 il vescovo Ponziano, fece fare un reliquiario d’argento a forma di busto, per contenere le reliquie del capo di Biagio e un altro sempre d’argento per rinchiudere un’anca di Demetrio; in seguito il busto di Biagio fu adattato per contenere anche il capo di Demetrio.
Nella cattedrale invece è rimasta una tela del 1604, posta nella Cappella del S.mo Sacramento, che raffigura i due santi martiri, vestiti da pellegrini a lato di s. Salome.
La loro festa liturgica ricorre il 29 novembre, mentre quella di s. Salome è al 24 aprile.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:51

Beati Dionigi (Dionisio) della Natività (Pietro Berthelot) e Redento della Croce (Tommaso Rodriguez) Martiri

29 novembre

Dionisio nacque a Honfleur in Francia il 12 dicembre 1600. Cosmografo e capitano di navi dei re di Francia e Portogallo, nel 1635 si fece Carmelitano Scalzo a Goa, dove nel 1615 aveva professato come "converso" anche Thomas Rodriguez de Cuhna (nato nel 1598), portoghese, assumendo il nome di Redento della Croce. Mandati nell'isola di Sumatra, in Indonesia, il 29 novembre 1638 coronarono col martirio, presso la città di Achen, la loro fede in Cristo, testimoniata con fermezza fino alla fine. Furono beatificati da Leone XIII il 10 giugno 1900.

Etimologia: Dionigi = consacrato a Dioniso (è il dio Bacco)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Ad Aceh nell’isola di Sumatra, beati martiri Dionigi della Natività (Pietro) Berthelot, sacerdote, e Redento della Croce (Tommaso) Rodríguez, religiosi dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, che furono dapprima ridotti in schiavitù dai maomettani e infine uccisi sulla riva del mare a colpi di frecce e di scure.


DIONIGI della natività (Pietro Berthelot) e REDENTO DELLA CROCE (Tommaso Rodriguez), beati, martiri.

Pietro Berthelot nacque a Honfleur (Calvados, Francia) il 12 dicembre 1600 e giovanissimo si diede alla navigazione, viaggiando per la Spagna, l'Inghilterra, l'America. Nel 1619 si recò in India, dove, cosmografo e primo pilota dei re di Francia e di Portogallo, si distinse per valore e ingegno, come provano ancora le sue Tabulae maritimae) delineate con somma perizia, conservate al British Museum (Ms. Sloan 197). Nel 1635, trovandosi a Goa, dietro consiglio del direttore spirituale, il p. Filippo della S.ma Trinità, entrava tra i Carmelitani Scalzi, dove professava il 25 dicembre 1636 col nome di Dionigi della Natività e riceveva il sacerdozio il 24 agosto 1638. Sia nel noviziato sia dopo la professione, secondo la testimonianza dello stesso p. Filippo, fu esempio di virtù a tutti i religiosi; venne elevato alla divina contemplazione e non raramente, durante l'orazione, apparve circondato da splendori celesti. Nel 1638, il viceré Pietro da Silva inviò al sultano di Achén (Sumatra), l'ambasciatore Francesco de Souza de Castro che volle con sé Dionigi come guida spirituale e come esperto del mare e della lingua malese. Questi prese come compagno Tommaso Rodriguez, che, nato verso il 1598 in Portogallo, era entrato come converso nello stesso Ordine, col nome di R. della Croce.
I due lasciarono con la legazione Goa il 25 settembre 1638, e, dopo fortunosa navigazione, il 25 ottobre giunsero ad Achén, dove, acco]ti con segni di simulata letizia, tosto vennero fatti prigionieri. Dionigi, col fratello converso, più degli altri fu tormentato e tentato perché lasciasse la fede cattolica e passasse alla musulmana. In carcere si privava del necessario per carità verso gli altri che sosteneva con la parola, l'aiuto e l'esempio. Dopo la condanna a morte, Redento mori tra i primi, mentre Dionigi sostenne il martirio per ultimo, per suo desiderio, al fine di poter confortare gli altri: fu ucciso con un colpo di spada, che gli divise in due il capo, il 29 novembre 1638. Beatificati da Leone XIII il 10 giugno 1900, la loro festa è celebrata nell'Ordine dei Carmelitani Scalzi il 29 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:52

Beato Edoardo Burden Martire

29 novembre

m. 1588

Sacerdote inglese che, dotato di estrema bontà, sapeva guarire le infermità spirituali e consolare i penitenti. Fu ucciso a York, Inghilterra, durante la persecuzione della regina Isabella I.

Martirologio Romano: A York in Inghilterra, beato Edoardo Burden, sacerdote e martire, che, compiuti gli studi nel Collegio Inglese di Reims, rientrò da sacerdote nei domini della regina Elisabetta I e coronò, così, sul patibolo il proprio martirio davanti ad una folla inferocita.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:53

San Fedele di Merida Vescovo

29 novembre

Grecia ? – Mérida (Spagna), novembre 572 ca.

Etimologia: Fedele = fidato, devoto, dal latino


Con il titolo di Santi Emeritensi, sono conosciuti cinque vescovi dei secoli VI-VII della città di Mérida (prov. Badajoz) nell’Estremadura, la cui vita fu descritta verso il 640 da un diacono della stessa diocesi in un opera dal titolo “Vita SS. Patrum Emeritensium”; i loro nomi sono Pablo, Fedele, Masona, Innocenzo, Renovato.
I loro corpi erano sepolti tutti in una sola tomba nella chiesa di S. Eulalia, vicino al sepolcro della santa, ed erano invocati da molti fedeli che riacquistavano la salute.
Non c’è un culto ufficiale, anche se più tardi i loro nomi compaiono in messali, calendari, elenchi di reliquie, breviari, orazioni, ecc. dei monasteri di S. Millán de la Cogolla e S. Domingo de Silos, dove venivano celebrati insieme o a gruppi.
San Fedele o Fidel, nipote del primo vescovo del gruppo Paolo o Pablo, era figlio di una sua sorella e come Paolo arrivò a Mérida in Spagna ancora giovane, al seguito di una comitiva di commercianti greci; in seguito ricevé la tonsura ecclesiastica e l’ordinazione sacerdotale.
Lo zio Paolo ormai in età avanzata, lo consacrò vescovo eleggendolo suo successore a Mérida, ricevendo però la resistenza del clero locale, indignato per quello che sembrava uno dei primi casi di nepotismo.
Ma quando Fedele assegnò i beni ricevuti dallo zio alla Chiesa, la resistenza cessò. Restaurò la basilica di S. Eulalia e il palazzo episcopale crollato improvvisamente dopo che il vescovo e il clero erano usciti per recarsi in chiesa.
Fu grande nell’attività assistenziale e caritatevole e alcune persone ebbero la visione di vederlo insieme a molti santi; la sua morte avvenuta nel novembre 572 ca. fu preannunziata in sogno ad un religioso.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:53

San Filomeno di Ancira Martire

29 novembre

Martirologio Romano: Ad Ankara in Galazia, nell’odierna Turchia, san Filomeno, martire, che si dice abbia portato a termine il suo martirio durante la persecuzione dell’imperatore Aureliano, sotto il governatore Felice, gettato nel fuoco e poi trafitto da chiodi alle mani, ai piedi e al capo.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:54

San Francesco Antonio Fasani

29 novembre

Lucera, 6 agosto 1681 - Lucera, 29 novembre 1742

Nacque da umile famiglia il 6 agosto 1681 a Lucera, antica città della Daunia nelle Puglie. Entrò da giovane tra i Minori conventuali del suo paese natale per poi completare il Noviziato a Monte Sant'Angelo sul Gargano dove emise la professione il 23 agosto 1696. Quindi, nel 1703 fu mandato nel convento di Assisi dove fu ordinato sacerdote l'11 settembre 1705. Passato a Roma, nel collegio di San Bonaventura, tornò ad Assisi fino al 1707 quando rientrò a Lucera. Eletto ministro provinciale fu protagonista di un'intensa attività apostolica percorrendo tutti paesi della Capitanata e località limitrofe. Sempre attento ai bisogni dei poveri e dei sofferenti, devotissimo alla Vergine, fu particolarmente vicino ai carcerati e ai condannati che accompagnava fino al luogo del supplizio. Morì il 29 novembre 1742. Ancora oggi la sua tomba, nella chiesa di San Francesco a Lucera è meta di frequenti pellegrinaggi. Proclamato beato il 15 aprile 1951 da Pio XII è stato canonizzato da Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Lucera in Puglia, san Francesco Antonio Fasani, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, che, uomo di raffinata cultura pervaso da un grande amore per la predicazione e la penitenza, si adoperò al tal punto per i poveri e i bisognosi da non esitare mai a privarsi della veste per coprire un mendicante e offrire a tutti il suo cristiano sostegno.


Nacque a Lucera, antica città della Daunia nelle Puglie, il 6 agosto 1681, da umili e modesti lavoratori, Giuseppe e Isabella Della Monaca. Battezzato con i nomi di Donato Antonio Giovanni, fu chiamato familiarmente Giovanniello.
Entrò giovinetto nell'Ordine di s. Francesco, tra i Minori Conventuali del convento di Lucera e vi rifulse per innocenza di vita, spirito di penitenza e povertà, ardore serafico e zelo apostolico, sì da sembrare un "s. Francesco redivivo".
Compiuto il noviziato a Monte S. Angelo sul Gargano ed emessavi la professione il 23 agosto 1696, fu mandato, nel 1703, a completare la sua formazione nel sacro convento di Assisi dove ebbe come direttore spirituale il servo di Dio Giuseppe A. Marcheselli, e fu ordinato sacerdote l'll settembre 1705.
Passato a Roma nel collegio di S. Bonaventura, vi fu creato maestro in teologia, per cui, in seguito, sarà da tutti chiamato a Lucera "Padre Maestro". Ritornato ad Assisi, vi rimase dedicandosi alla predicazione nelle campagne fino al 1707, quando rientrerà definitivamentc a Lucera.
Dalla scuola, dal pulpito e dal confessionale esplicò un intenso e fecondo apostolato, percorrendo tutti i paesi della Capitanata e località limitrofe, sì da meritarsi l'appellativo di apostolo della sua terra. "Profondo in filosofia e dotto in teologia", come attesta il ven. Antonio Lucci, suo confratello e vescovo di Bovino (v.), fu dapprima lettore e reggente di studi nel collegio filosofico di Lucera, e poi guardiano del convento e maestro dei novizi, modello ai confratelli di osservanza regolare, per cui fu nominato nel 1721, con speciale Breve di Clemente XI, ministro provinciale della provincia religiosa conventuale di S. Angelo, che in quel tempo si estendeva dalla Capitanata al Molise.
Scrisse alcune operette predicabili, tra cui un Quaresimale, un Mariale, una esposizione al Pater e al Magnificat, e vari Sermoni, alcuni in lingua latina. Suo principale intendimento nel predicare era quello di "farsi capire da tutti", come nella sua modestia era solito dire, e la sua catechesi, tipicamente francescana, era rivolta di preferenza all'umile popolo verso cui sentivasi particolarmente attratto. Inesauribile fu la sua carità verso i poveri e sofferenti; fra le varie iniziative, promosse la simpatica usanza di raccogliere e distribuire pacchi-dono ai poveri in occasione del S. Natale. Ma il suo zelo e la sua carità sacerdotale rifulsero in modo singolarissimo nell'assistenza ai carcerati e ai condannati che accompagnava personalmente fino al luogo del supplizio per confortarne gli estremi momenti, precorrendo in ciò l'ammirabile esempio di carità di s. Giuseppe Cafasso (v.). Fece restaurare decorosamente il bel tempio di S. Francesco in Lucera, centro per quasi trentacinque anni continui della sua indefessa attività sacerdotale. Fu devotissimo dell'Immacolata Concezione, e alle anime che egli dirigeva era solito inculcare gli atti di ossequio alla Madonna e la meditazione delle sue virtù. Anche oggi è oggetto di particolare venerazione nella chiesa di S. Francesco la bella statua dell'Immacolata, che il beato fece venire da Napoli, ed il popolo canta tuttora la canzone mariana da lui composta.
Morì a Lucera il 29 novembre 1742, il primo giorno della novena dell'immacolata ed il suo corpo è venerato nella chiesa di S.Francesco. Fu beatificato da Pio XII il 15 aprile 1951.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:55

San Francesco Antonio Fasani

29 novembre

Lucera, 6 agosto 1681 - Lucera, 29 novembre 1742

Nacque da umile famiglia il 6 agosto 1681 a Lucera, antica città della Daunia nelle Puglie. Entrò da giovane tra i Minori conventuali del suo paese natale per poi completare il Noviziato a Monte Sant'Angelo sul Gargano dove emise la professione il 23 agosto 1696. Quindi, nel 1703 fu mandato nel convento di Assisi dove fu ordinato sacerdote l'11 settembre 1705. Passato a Roma, nel collegio di San Bonaventura, tornò ad Assisi fino al 1707 quando rientrò a Lucera. Eletto ministro provinciale fu protagonista di un'intensa attività apostolica percorrendo tutti paesi della Capitanata e località limitrofe. Sempre attento ai bisogni dei poveri e dei sofferenti, devotissimo alla Vergine, fu particolarmente vicino ai carcerati e ai condannati che accompagnava fino al luogo del supplizio. Morì il 29 novembre 1742. Ancora oggi la sua tomba, nella chiesa di San Francesco a Lucera è meta di frequenti pellegrinaggi. Proclamato beato il 15 aprile 1951 da Pio XII è stato canonizzato da Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Lucera in Puglia, san Francesco Antonio Fasani, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, che, uomo di raffinata cultura pervaso da un grande amore per la predicazione e la penitenza, si adoperò al tal punto per i poveri e i bisognosi da non esitare mai a privarsi della veste per coprire un mendicante e offrire a tutti il suo cristiano sostegno.


Nacque a Lucera, antica città della Daunia nelle Puglie, il 6 agosto 1681, da umili e modesti lavoratori, Giuseppe e Isabella Della Monaca. Battezzato con i nomi di Donato Antonio Giovanni, fu chiamato familiarmente Giovanniello.
Entrò giovinetto nell'Ordine di s. Francesco, tra i Minori Conventuali del convento di Lucera e vi rifulse per innocenza di vita, spirito di penitenza e povertà, ardore serafico e zelo apostolico, sì da sembrare un "s. Francesco redivivo".
Compiuto il noviziato a Monte S. Angelo sul Gargano ed emessavi la professione il 23 agosto 1696, fu mandato, nel 1703, a completare la sua formazione nel sacro convento di Assisi dove ebbe come direttore spirituale il servo di Dio Giuseppe A. Marcheselli, e fu ordinato sacerdote l'll settembre 1705.
Passato a Roma nel collegio di S. Bonaventura, vi fu creato maestro in teologia, per cui, in seguito, sarà da tutti chiamato a Lucera "Padre Maestro". Ritornato ad Assisi, vi rimase dedicandosi alla predicazione nelle campagne fino al 1707, quando rientrerà definitivamentc a Lucera.
Dalla scuola, dal pulpito e dal confessionale esplicò un intenso e fecondo apostolato, percorrendo tutti i paesi della Capitanata e località limitrofe, sì da meritarsi l'appellativo di apostolo della sua terra. "Profondo in filosofia e dotto in teologia", come attesta il ven. Antonio Lucci, suo confratello e vescovo di Bovino (v.), fu dapprima lettore e reggente di studi nel collegio filosofico di Lucera, e poi guardiano del convento e maestro dei novizi, modello ai confratelli di osservanza regolare, per cui fu nominato nel 1721, con speciale Breve di Clemente XI, ministro provinciale della provincia religiosa conventuale di S. Angelo, che in quel tempo si estendeva dalla Capitanata al Molise.
Scrisse alcune operette predicabili, tra cui un Quaresimale, un Mariale, una esposizione al Pater e al Magnificat, e vari Sermoni, alcuni in lingua latina. Suo principale intendimento nel predicare era quello di "farsi capire da tutti", come nella sua modestia era solito dire, e la sua catechesi, tipicamente francescana, era rivolta di preferenza all'umile popolo verso cui sentivasi particolarmente attratto. Inesauribile fu la sua carità verso i poveri e sofferenti; fra le varie iniziative, promosse la simpatica usanza di raccogliere e distribuire pacchi-dono ai poveri in occasione del S. Natale. Ma il suo zelo e la sua carità sacerdotale rifulsero in modo singolarissimo nell'assistenza ai carcerati e ai condannati che accompagnava personalmente fino al luogo del supplizio per confortarne gli estremi momenti, precorrendo in ciò l'ammirabile esempio di carità di s. Giuseppe Cafasso (v.). Fece restaurare decorosamente il bel tempio di S. Francesco in Lucera, centro per quasi trentacinque anni continui della sua indefessa attività sacerdotale. Fu devotissimo dell'Immacolata Concezione, e alle anime che egli dirigeva era solito inculcare gli atti di ossequio alla Madonna e la meditazione delle sue virtù. Anche oggi è oggetto di particolare venerazione nella chiesa di S. Francesco la bella statua dell'Immacolata, che il beato fece venire da Napoli, ed il popolo canta tuttora la canzone mariana da lui composta.
Morì a Lucera il 29 novembre 1742, il primo giorno della novena dell'immacolata ed il suo corpo è venerato nella chiesa di S.Francesco. Fu beatificato da Pio XII il 15 aprile 1951.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:56

San Giacomo di Osroena

29 novembre

Martirologio Romano: A Batnan nella provincia dell’Osroene, nell’odierna Turchia, san Giacomo, vescovo di Sarug, che illuminò di purissima fede questa Chiesa con discorsi, omelie e traduzioni ed è venerato tra i Siri insieme a sant’Efrem come dottore e colonna della Chiesa.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:56

Beati Giorgio Errington, Guglielmo Gibson e Guglielmo Knight Martiri

29 novembre

Martirologio Romano: Nello stesso luogo, otto anni più tardi, beati Giorgio Errington, Guglielmo Gibson e Guglielmo Knight, martiri, i quali patirono dopo vari supplizi il martirio per aver protetto dei sacerdoti condannati in quanto tali all’espulsione.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:57

Sant' Illuminata Venerata a Todi

29 novembre

Martirologio Romano: A Todi in Umbria, santa Illuminata, vergine.


La più antica notizia su questa santa è del sec. XI: nel 1037, infatti, l'imperatore Cor­rado II concesse a Lamberto, abate del monastero di S. Apollinare in Classe, presso Ravenna, « in territorio tudertino monasterium unum cui voca-bulum est Sancta Illuminata ».
Alla stessa epoca, o poco prima, risale una leggendaria biografia della santa, in cui si narra che Illuminata nacque a Palazzolo presso Ravenna da genitori pagani e si chiamava Cesarea; convertitasi al Cristianesimo prese il nome di Illuminata. Accusata dal padre al prefetto di Ravenna, fu messa in carcere, ma un angelo la liberò e la condusse sulla via Salaria; di là proseguì verso Bettona e Martana (Umbria), dove operò molti miracoli e fu raggiunta dai genitori che nel frattempo si erano anch'essi convertiti. Il prefetto di Martana la fece arrestare ancora una volta, e mentre era in carcere ottenne di morire insieme con i genitori il 29 nov. 303. I loro corpi furono sepolti in un luogo detto Papiniano o Bagno di Papinio, a due miglia dalla città, mentre un braccio di Illuminata fu portato a Todi e posto nel monastero delle Milizie.
Di questa biografia esistono diverse redazioni più o meno uguali e leggendarie ed il Maturo credette che l'autore avesse adattato alla nostra santa la storia greca di s. Fotina (in lat. Illuminata), ma il Lanzoni propendeva per il plagio di quella di Firmina di Amelia e poiché, secondo lui, questa santa è da identificarsi con Felicissima venerata a Todi il 26 magg. e a Perugia il 24 nov., si tratterebbe della stessa persona venerata con tre nomi diversi.
In realtà tutte le fonti più antiche, sia umbre, sia ravennati, ignorano Illuminata, ma l'ipotesi del Lanzoni non ci sembra dimostrata: anche se le notizie biografiche delle tre sante sono simili, da ciò si può soltanto dedurre che i biografi si sono copiati a vicenda, ma non che abbiano voluto celebrare la stessa persona; del resto la diversità del luogo e del dies natalis delle tre sante è un buon argo­mento per concludere per la diversità delle persone.
Ad Illuminata, oltre che la chiesa di Todi, erano dedica­te chiese anche a Montefalco, ad Alviano e nel­l'Abruzzo, quest'ultima donata al monastero di Montecassino nel 1109. Illuminata figura nel Martirologio Romano al 29 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:58

Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione (Caterina Sordini) Fondatrice

29 novembre

Porto Santo Stefano, Grosseto, 17 aprile 1770 - Roma, 29 novembre 1824

Nasce a Porto Santo Stefano, nel Grossetano, il 17 aprile 1779. A sedici anni Caterina Sordini, promessa in sposa ad un marittimo di Sorrento, si oppone al matrimonio ed entra nelle Terziarie Francescane di Ischia di Castro, nel Viterbese e riceve l'abito religioso il 26 ottobre 1799. Cambia il nome in Maria Maddalena dell'Incarnazione e nel Capitolo del 20 aprile 1802 viene eletta badessa a soli 32 anni. Si dedica al riordino economico della Casa e ad una restaurazione della vita regolare delle Terziarie. L'8 luglio 1807 lascia Isola di Castro e le Terziarie e con l'incoraggiamento di Pio VII inaugura a Roma la prima Casa delle Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento. Durante l'occupazione napoleonica di Roma, la congregazione viene sciolta e Maria Maddalena mandata in esilio in Toscana. Qui incontra alcune giovani che tornano con lei a Roma nel marzo del 1814. E proprio a Roma muore il 29 novembre 1824. È stata beatificata il 3 maggio scorso in San Giovanni Laterano a Roma. (Avvenire)


Bella, giovane, ricca: un buon partito per molti. E lei nel 1787, poco più che sedicenne, dice di sì ad un facoltoso padrone di bastimenti, che le promette una vita serena e avventurosa. Prima di partire per un viaggio a Costantinopoli le fa anche dono di un cofanetto di gioielli, quasi una promessa di matrimonio, e la ragazza è ben contenta di farne sfoggio ad una messa domenicale. Peccato che in chiesa, prima che da altri, venga notata da papà, che senza tanti complimenti la rispedisce a casa con l’ordine di togliersi di dosso tutto quel ben di Dio. Il papà, ricco commerciante che sa fare buon uso delle sue ricchezze e che è specialista in beneficenza, l’ha allevata ad una fede salda, senza bigottismi e senza smancerie, e lei, da irrequieta e turbolenta bambina, con il passare degli anni è diventata riflessiva, devota e pia, anche se con una punta di civetteria, propria dell’età. Arrivata a casa e, specchiandosi per vedersi un’ultima volta con tutti i gioielli di cui è agghindata, invece della sua vede riflessa l’immagine del Cristo nello strazio della passione. E’ una vista che la folgora e che le fa capire, meglio ancora dei rimbrotti di papà, tutta la vanità e l’inutilità della ricchezza, del lusso, dei miraggi che il mondo le sta offrendo. Conseguenza logica di quella “visione” è posare i gioielli, rompere il fidanzamento e, pochi mesi dopo, entrare nel Monastero delle Terziarie Francescane di Ischia di Castro. Sembra un “colpo di testa”, perché in monastero vi entra con un balzo, il giorno in cui papà lì l’accompagna per una visita che, lui crede, dovrebbe essere di piacere. Invece papà deve tornare a casa da solo, perché la figlia è passata al di là della grata, lasciandolo di stucco. Con il nuovo nome di suor Maria Maddalena dell’Incarnazione, per 19 anni è una religiosa modello e, ad appena 32 anni, badessa di un monastero che vive in povertà estrema e che lei riesce a far rifiorire. Il fatto è che comincia anche a far miracoli, come quello del pugno di farina, moltiplicatasi al punto da poter preparare pane per l’intera comunità e per più di 20 giorni. Mentre cresce la fama della sua santità, lei sempre più chiaramente sente che diversi sono i disegni di Dio su di lei. L’amore per l’Eucaristia, che le hanno instillato in famiglia e che è cresciuto negli anni, la sta orientando a fondare una nuova congregazione che abbia come carisma specifico l’adorazione eucaristica in forma perpetua, come un lungo ininterrotto sostare davanti a Gesù anche a nome di tutta l’ umanità. Questa volta, prima di concretizzarsi, l’idea di suor Maria Maddalena ha una gestazione lunga, durante la quale lei si preoccupa di raccogliere autorevoli consensi, “in primis” quello di papa Pio VII e, ovviamente quello del suo illuminato direttore spirituale, che riesce a trovare anche i benefattori necessari per la nuova istituzione. E con queste indispensabili “firme” di Dio su quella che lei è convinta essere la sua vera vocazione, il 31 maggio 1807 varca la soglia di una chiesa, posta praticamente all’ombra del Quirinale, dove a quel tempo abitava il Papa. Comincia così l’adorazione perpetua dell’Eucaristia di un paio di suore, che presto crescono di numero e che oggi sono presenti in 90 monasteri diffusi in Europa, America e Africa. Non solo: in questa turnazione davanti all’Eucaristia solennemente esposta per tutto il giorno suor Maria Maddalena vuole coinvolti anche i laici, che si moltiplicano dando continuità a questa perenne lode a Gesù Eucaristia. I tempi sono politicamente torbidi, perquisiscono a più riprese il monastero, addirittura la esiliano come soggetto pericoloso e disperdono le sue suore, ma tutto viene arginato dalla sua fede e dal suo amore illimitato a Gesù Eucaristia. Fino al 29 novembre 1824, quando la sua adorazione da perpetua diventa eterna, nella festa senza fine del paradiso. Suor Maria Maddalena dell’Incarnazione (Caterina Sordini) è stata beatificata a Roma lo scorso 3 maggio.

Autore: Gianpiero Pettiti





Caterina Sordini nacque a Porto Santo Stefano (Grosseto) il 17 aprile 1770; a 16 anni sembra che fosse stata promessa in sposa ad un marittimo di Sorrento, Alfonso Capece, ma lei declinò la scelta e dando seguito al suo desiderio, entrò fra le Terziarie Francescane di Ischia di Castro (Viterbo), ricevendo l’abito religioso il 26 ottobre 1799.
Ebbe come guida e padre spirituale don Giovanni Baldeschi e come spesso accade, da questo profondo legame spirituale, Caterina ricavò l’ideale di fondare un nuovo Istituto religioso dedito all’adorazione perpetua dell’Eucaristia, centro e culmine di ogni vita cristiana.
Nel frattempo nel Capitolo del 20 aprile 1802 delle Terziarie Francescane, fu eletta badessa a soli 32 anni; aveva cambiato il nome in Maria Maddalena dell’Incarnazione, si dedicò ad un deciso riordinamento economico della casa e ad una restaurazione della vita regolare delle Terziarie.
Il periodo del suo governo fu accompagnato da una serie di fenomeni straordinari e da un crescente fervore di vita spirituale, per cui in tutta la zona si diffuse la fama della giovane badessa, la quale comunque non aveva mai abbandonato l’ideale delle suore adoratici.
Con l’accordo del padre Baldeschi e del vescovo di Acquapendente, mons. Pierleone, iniziò la stesura delle regole del nuovo Istituto. L’8 luglio 1807, lasciò Isola di Castro e le Terziarie Francescane e con l’incoraggiamento di Pio VII, inaugurò a Roma la prima casa delle “Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento” in un ex convento carmelitano alle Quattro Fontane.
Durante l’occupazione francese di Roma, la Congregazione fu sciolta forzatamente in base alle leggi napoleoniche e Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione, fu mandata in esilio, prima a Porto Santo Stefano e poi a Firenze.
Ma in Toscana ebbe l’opportunità di conoscere alcune giovani, che costituirono il gruppo iniziale delle nuove Adoratrici, quando queste poterono ritornare a Roma in S. Anna al Quirinale, il 19 marzo 1814.
Quattro anno dopo, il 13 febbraio 1818, il papa Pio VII approvò definitivamente l’Istituto, che ormai era dedito alla solenne e pubblica esposizione del SS. Sacramento, con la continua adorazione.
La Madre Fondatrice, morì a Roma il 29 novembre 1824, lasciando una fama di santità e di fenomeni straordinari che l’avevano accompagnata in vita. Fu sepolta in S. Anna al Quirinale, con il permesso del papa, che allora aveva la sua residenza nel palazzo del Quirinale, ma nel 1839 le sue spoglie furono traslate nella chiesa di S. Maria Maddalena a Monte Cavallo, nuova sede di Roma delle Adoratrici Perpetue e contemporaneamente furono avviati i processi canonici per la sua beatificazione, che ad oggi sono in fase avanzata.
La presenza delle suore è attualmente in Europa, America, Africa; solo in Italia dopo Napoli e Roma che furono le prime, sono presenti in dodici case (anno 2001).
Papa Giovanni Paolo II l'ha dichiarata "Venerabile" in data 24 aprile 2001. Benedetto XVI il 17 dicembre 2007 ha riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione.
Il 3 Maggio 2008 è avvenuta la celebrazione della beatificazione a Roma presso la Basilica di San Giovanni in Laterano.


Autore:
Antonio Borrelli




Spunti bibliografici a cura di LibreriadelSanto.it

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Aggiunto il 2008-12-27
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Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione (Caterina Sordini) Fondatrice

29 novembre

Porto Santo Stefano, Grosseto, 17 aprile 1770 - Roma, 29 novembre 1824

Nasce a Porto Santo Stefano, nel Grossetano, il 17 aprile 1779. A sedici anni Caterina Sordini, promessa in sposa ad un marittimo di Sorrento, si oppone al matrimonio ed entra nelle Terziarie Francescane di Ischia di Castro, nel Viterbese e riceve l'abito religioso il 26 ottobre 1799. Cambia il nome in Maria Maddalena dell'Incarnazione e nel Capitolo del 20 aprile 1802 viene eletta badessa a soli 32 anni. Si dedica al riordino economico della Casa e ad una restaurazione della vita regolare delle Terziarie. L'8 luglio 1807 lascia Isola di Castro e le Terziarie e con l'incoraggiamento di Pio VII inaugura a Roma la prima Casa delle Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento. Durante l'occupazione napoleonica di Roma, la congregazione viene sciolta e Maria Maddalena mandata in esilio in Toscana. Qui incontra alcune giovani che tornano con lei a Roma nel marzo del 1814. E proprio a Roma muore il 29 novembre 1824. È stata beatificata il 3 maggio scorso in San Giovanni Laterano a Roma. (Avvenire)


Bella, giovane, ricca: un buon partito per molti. E lei nel 1787, poco più che sedicenne, dice di sì ad un facoltoso padrone di bastimenti, che le promette una vita serena e avventurosa. Prima di partire per un viaggio a Costantinopoli le fa anche dono di un cofanetto di gioielli, quasi una promessa di matrimonio, e la ragazza è ben contenta di farne sfoggio ad una messa domenicale. Peccato che in chiesa, prima che da altri, venga notata da papà, che senza tanti complimenti la rispedisce a casa con l’ordine di togliersi di dosso tutto quel ben di Dio. Il papà, ricco commerciante che sa fare buon uso delle sue ricchezze e che è specialista in beneficenza, l’ha allevata ad una fede salda, senza bigottismi e senza smancerie, e lei, da irrequieta e turbolenta bambina, con il passare degli anni è diventata riflessiva, devota e pia, anche se con una punta di civetteria, propria dell’età. Arrivata a casa e, specchiandosi per vedersi un’ultima volta con tutti i gioielli di cui è agghindata, invece della sua vede riflessa l’immagine del Cristo nello strazio della passione. E’ una vista che la folgora e che le fa capire, meglio ancora dei rimbrotti di papà, tutta la vanità e l’inutilità della ricchezza, del lusso, dei miraggi che il mondo le sta offrendo. Conseguenza logica di quella “visione” è posare i gioielli, rompere il fidanzamento e, pochi mesi dopo, entrare nel Monastero delle Terziarie Francescane di Ischia di Castro. Sembra un “colpo di testa”, perché in monastero vi entra con un balzo, il giorno in cui papà lì l’accompagna per una visita che, lui crede, dovrebbe essere di piacere. Invece papà deve tornare a casa da solo, perché la figlia è passata al di là della grata, lasciandolo di stucco. Con il nuovo nome di suor Maria Maddalena dell’Incarnazione, per 19 anni è una religiosa modello e, ad appena 32 anni, badessa di un monastero che vive in povertà estrema e che lei riesce a far rifiorire. Il fatto è che comincia anche a far miracoli, come quello del pugno di farina, moltiplicatasi al punto da poter preparare pane per l’intera comunità e per più di 20 giorni. Mentre cresce la fama della sua santità, lei sempre più chiaramente sente che diversi sono i disegni di Dio su di lei. L’amore per l’Eucaristia, che le hanno instillato in famiglia e che è cresciuto negli anni, la sta orientando a fondare una nuova congregazione che abbia come carisma specifico l’adorazione eucaristica in forma perpetua, come un lungo ininterrotto sostare davanti a Gesù anche a nome di tutta l’ umanità. Questa volta, prima di concretizzarsi, l’idea di suor Maria Maddalena ha una gestazione lunga, durante la quale lei si preoccupa di raccogliere autorevoli consensi, “in primis” quello di papa Pio VII e, ovviamente quello del suo illuminato direttore spirituale, che riesce a trovare anche i benefattori necessari per la nuova istituzione. E con queste indispensabili “firme” di Dio su quella che lei è convinta essere la sua vera vocazione, il 31 maggio 1807 varca la soglia di una chiesa, posta praticamente all’ombra del Quirinale, dove a quel tempo abitava il Papa. Comincia così l’adorazione perpetua dell’Eucaristia di un paio di suore, che presto crescono di numero e che oggi sono presenti in 90 monasteri diffusi in Europa, America e Africa. Non solo: in questa turnazione davanti all’Eucaristia solennemente esposta per tutto il giorno suor Maria Maddalena vuole coinvolti anche i laici, che si moltiplicano dando continuità a questa perenne lode a Gesù Eucaristia. I tempi sono politicamente torbidi, perquisiscono a più riprese il monastero, addirittura la esiliano come soggetto pericoloso e disperdono le sue suore, ma tutto viene arginato dalla sua fede e dal suo amore illimitato a Gesù Eucaristia. Fino al 29 novembre 1824, quando la sua adorazione da perpetua diventa eterna, nella festa senza fine del paradiso. Suor Maria Maddalena dell’Incarnazione (Caterina Sordini) è stata beatificata a Roma lo scorso 3 maggio.

Autore: Gianpiero Pettiti





Caterina Sordini nacque a Porto Santo Stefano (Grosseto) il 17 aprile 1770; a 16 anni sembra che fosse stata promessa in sposa ad un marittimo di Sorrento, Alfonso Capece, ma lei declinò la scelta e dando seguito al suo desiderio, entrò fra le Terziarie Francescane di Ischia di Castro (Viterbo), ricevendo l’abito religioso il 26 ottobre 1799.
Ebbe come guida e padre spirituale don Giovanni Baldeschi e come spesso accade, da questo profondo legame spirituale, Caterina ricavò l’ideale di fondare un nuovo Istituto religioso dedito all’adorazione perpetua dell’Eucaristia, centro e culmine di ogni vita cristiana.
Nel frattempo nel Capitolo del 20 aprile 1802 delle Terziarie Francescane, fu eletta badessa a soli 32 anni; aveva cambiato il nome in Maria Maddalena dell’Incarnazione, si dedicò ad un deciso riordinamento economico della casa e ad una restaurazione della vita regolare delle Terziarie.
Il periodo del suo governo fu accompagnato da una serie di fenomeni straordinari e da un crescente fervore di vita spirituale, per cui in tutta la zona si diffuse la fama della giovane badessa, la quale comunque non aveva mai abbandonato l’ideale delle suore adoratici.
Con l’accordo del padre Baldeschi e del vescovo di Acquapendente, mons. Pierleone, iniziò la stesura delle regole del nuovo Istituto. L’8 luglio 1807, lasciò Isola di Castro e le Terziarie Francescane e con l’incoraggiamento di Pio VII, inaugurò a Roma la prima casa delle “Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento” in un ex convento carmelitano alle Quattro Fontane.
Durante l’occupazione francese di Roma, la Congregazione fu sciolta forzatamente in base alle leggi napoleoniche e Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione, fu mandata in esilio, prima a Porto Santo Stefano e poi a Firenze.
Ma in Toscana ebbe l’opportunità di conoscere alcune giovani, che costituirono il gruppo iniziale delle nuove Adoratrici, quando queste poterono ritornare a Roma in S. Anna al Quirinale, il 19 marzo 1814.
Quattro anno dopo, il 13 febbraio 1818, il papa Pio VII approvò definitivamente l’Istituto, che ormai era dedito alla solenne e pubblica esposizione del SS. Sacramento, con la continua adorazione.
La Madre Fondatrice, morì a Roma il 29 novembre 1824, lasciando una fama di santità e di fenomeni straordinari che l’avevano accompagnata in vita. Fu sepolta in S. Anna al Quirinale, con il permesso del papa, che allora aveva la sua residenza nel palazzo del Quirinale, ma nel 1839 le sue spoglie furono traslate nella chiesa di S. Maria Maddalena a Monte Cavallo, nuova sede di Roma delle Adoratrici Perpetue e contemporaneamente furono avviati i processi canonici per la sua beatificazione, che ad oggi sono in fase avanzata.
La presenza delle suore è attualmente in Europa, America, Africa; solo in Italia dopo Napoli e Roma che furono le prime, sono presenti in dodici case (anno 2001).
Papa Giovanni Paolo II l'ha dichiarata "Venerabile" in data 24 aprile 2001. Benedetto XVI il 17 dicembre 2007 ha riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione.
Il 3 Maggio 2008 è avvenuta la celebrazione della beatificazione a Roma presso la Basilica di San Giovanni in Laterano.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:58

Beato Pietro Andador Mercedario

29 novembre

Contemporaneo di San Pietro Nolasco, il Beato Pietro Andador, prese parte alla riconquista di Valenza (Spagna), alla corte del Beato Giacomo 1°, Re d'Aragona. Dopo la vittoria sui mori, il Re Aragonese lo nominò Barone d'Arguines, ma qualche anno più tardi donò tutti i suoi beni all'Ordine Mercedario ricevendo l'abito come cavaliere laico per servire solo Gesù Cristo e l'opera di riscatto degli schiavi. Nobilitò l'Ordine con l'esercizio delle virtù in una vita di rinunce e sacrifici, finché in età avanzata si addormentò nel Signore. Il suo corpo fu inumato nella chiesa del convento di El Puig.
L'Ordine lo festeggia il 29 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 11:59

San Radbodo di Utrecht Vescovo

29 novembre

Martirologio Romano: A Deventer in Frisia, nell’odierna Olanda, traslazione di san Radbodo, vescovo di Utrecht, che, dotto e prudente pastore, morì mentre era in visita tra i contadini.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:00

San Saturnino di Cartagine Martire

29 novembre

m. 304

Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Trasóne sulla via Salaria nuova, san Saturnino di Cartagine, martire, che, come riferisce il papa san Damaso, sotto l’imperatore Decio fu torturato sul cavalletto in patria per la sua fede in Cristo e poi mandato esule a Roma, dove, superati altri atroci supplizi, convertì alla fede il tiranno Graziano e infine, decapitato, ottenne la corona del martirio.


Saturnino, martire di Roma, il 29 novembre del 304 venne decapitato con Sisinio sulla Via Nomentana a due miglia dall’Urbe.
Oggi non lontano da questo luogo sorge una chiesa parrocchiale a lui intitolata ed edificata nel pontificato di Pio XI (1929-1939). Le reliquie in epoca imprecisata furono portate, dalla basilica a lui dedicata "in Trasone" (Via Salaria con via Yser), ai SS. Giovanni e Paolo al Celio. Dopo vari trasferimenti nell’ambito della chiesa, il cardinale Filippo Paolucci sistemò le spoglie, dopo averne fatto la ricognizione il 22 aprile 1726, nel primo altare a destra. In tale occasione un frammento di reliquia fu donato a Benedetto XIII (1724-1730).
Una seconda ricognizione fu effettuata il 7 gennaio 1949 dal cardinale Marchetti Selvaggiani. A Roma sono ricordate alcune reliquie di S. Saturnino: ai SS. Silvestro e Martino ai Monti e a S. Maria in Via Lata parte di un braccio e parte della testa ai SS. Vincenzo e Anastasio alla Regola. Gregorio XIII il 20 giugno del 1581 concesse l’indulgenza plenaria in perpetuo ai visitatori della basilica del Celio nel giorno del suo dies natalis e Giovanni XXIII (1958-1963) ha autorizzato i Passionisti, che officiano la chiesa dal 1773, la celebrazione della Messa di III classe nello stesso giorno.
Il M.R. così ci parla di questi Santi: “A Roma, sulla via Salaria, il natale dei santi Martiri Saturnino il vecchio, e Sisinio Diacono, sotto il Principe Massimiano i quali, lungamente straziati in prigione, per ordine del Prefetto della città furono sospesi sull'eculeo e stirati con nervi, percossi con bastoni e scorpioni, quindi bruciati con fiamme, e finalmente, deposti dall'eculeo, furono decapitati. I corpi dei due martiri furono poi sepolti da Trasone nella sua proprietà sulla Salaria nova”.
Secondo una leggenda il corpo di San Saturnino è stato portato a Toffia (Rieti) insieme a quello di San Sisinio nel 558: entrambi i corpi furono trasportati dalla vicina Cures, dalla chiesa di Sant’Antimo distrutta dai saraceni. Si racconta che quando il carro che portava le due bare arrivò a Toffia, all’altezza delle Ripe di San’Antonio sulla strada originale di Toffia (vicino al lavatoio comunale), i cavalli si inginocchiarono e non vollero più proseguire e le campane della chiesa di San Lorenzo si misero a suonare da sole, per cui i preziosi corpi furono tumulati in questa chiesa. La storia dei cavalli o buoi che trasportando statue o corpi di santi si inginocchiano in un paese e non vogliono più proseguire si trova anche in altri racconti di Santi della Sabina.
All’interno della chiesa di San Lorenzo Martire a Toffia ci sono 2 cappelle: una dedicata a San Sisinio ed una a San Saturnino. La cappella di San Sisinio fu eretta nel 1665 per oblazioni popolari. Il Santo nel quadro sopra l’altare è raffigurato con una palma in mano benedicente il paese. Nella destra della cappella il Santo è raffigurato negli affreschi mentre viene scarnificato con uncini infuocati. Sulla sinistra della cappella l’affresco rappresenta il rifiuto all’adorazione degli dei. La cappella di San Saturnino fu invece costruita nel 1776. In precedenza vi erano tre altari ed uno di essi era dedicato proprio a San Saturnino (il vecchio che nei duri lavoro delle terme di Diocleziano veniva aiutato dal forte braccio di San Sisinio). Sopra l’altare c’è un quadro dipinto nel 1780 che lo rappresenta. Nella tela il Santo si presenta genuflesso con lo sguardo rivolto al cielo, nell’attesa che si abbatta sul suo capo la spada del boia che pende dalle labbra del tiranno. Sullo sfondo curvi sotto il peso di vecchi macigni e sotto al sfera degli aguzzini, alcuni vecchi e giovani si avviano verso un sorgente edificio delle terme mentre in alto due angeli si librano con palme e corona del martirio.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:00

Santi Tiridate III, Askhen e Khosrovidukht Famiglia reale armena

29 novembre

III-IV secolo

Tiridate III, re di Armenia, ebbe il trono da Diocleziano (294), ne fu cacciato da Narsete e lo riottenne nel 298. Convertitosi al cristianesimo, ne appoggiò la diffusione in Armenia collaborando con San Gregorio l’Illuminatore. Rimase ucciso nel corso di una rivolta.


“Quando, attraverso la predicazione di san Gregorio, il re Tiridate III si convertì, una nuova luce albeggiò nella lunga storia del popolo armeno. L’universalità della fede si unì in maniera inseparabile con la vostra identità nazionale. La fede cristiana si radicò in modo permanente in questa terra, raccolta attorno al monte Ararat, e la parola del Vangelo influenzò profondamente la lingua, la vita familiare, la cultura e l’arte del popolo armeno”. Con queste brevi parole, nell’omelia tenuta presso la Cattedrale di San Gregorio l’Illuminatore in Yerevan il 26 settembre 2001 in occasione della sua visita apostolica in Armenia, papa Giovanni Paolo II sintetizzò al meglio le origini del primo stato cristiano della storia umana, del quale si celebrava il 1700° anniversario del battesimo, ben prima che il cristianesimo fosse riconosciuto come propria religione dall’impero romano sotto San Teodosio I il Grande, nonché dieci anni prima dell’editto di tolleranza promulgato da San Costantino I il Grande.
Secondo un’antichissima tradizione il cristianesimo penetrò in Armenia direttamente per opera degli apostoli Taddeo e Bartolomeo e per tale motivo ancora oggi la Chiesa indigena è definita “apostolica”. L’impero romano, nella sua espansione ad Oriente, aveva soggiogato anche la regione dell’Armenia. La conversione dell’Armenia, realizzatasi agli albori del IV secolo e tradizionalmente collocata nell’anno 301, è narrata dallo storico Agatangelo in un racconto ricco di simbolismo. Il racconto prende le mosse dall’incontro provvidenziale e drammatico dei due eroi che stanno alla base degli eventi: Gregorio, figlio del parto Anak, allevato a Cesarea di Cappadocia, ed il re armeno Tiridate III. Questo sovrano verso la fine del terzo secolo, approssimativamente nel 294, aveva appena riconquistato il trono, alleandosi con l’imperatore Diocleziano, e conformemente agli usi dell’epoca volle rendere omaggio alla dea Anahite (Diana), che gli era stata propizia nella difficile impresa. Con lui offrirono doni tutti i cortigiani tranne Gregorio che, giunto il suo turno, rifiutò in quanto cristiano, spiegando al sovrano che uno solo è il creatore del cielo e della terra, il Padre del Signore Gesù Cristo. Allora il re lo fece torturare per ben venticinque giorni e lo rinchiuse nella fossa di “Khor Virap” nella fortezza di Artashat, piena di rettili velenosi, il cui solo nome terrorizzava i criminali più incalliti. Gregorio vi sopravvive invece miracolosamente per tredici anni, nutrito dalla Provvidenza attraverso la mano pietosa di una vedova.
Il racconto prosegue poi riferendo i tentativi messi in opera nel frattempo dall’imperatore Diocleziano per sedurre la santa vergine Hripsime, la quale, per sottrarsi al pericolo, fuggì da Roma con una quarantina di compagne, cercando rifugio in Armenia al seguito della badessa Santa Gayane. La bellezza della giovane attrasse l’attenzione del re Tiridate, che s’invaghì di lei e volle farla sua. Di fronte all’ostinato rifiuto di Hripsime, il re s’infuriò e fece perire lei e le compagne tra crudeli supplizi. Secondo la leggenda, in pena dell’orrendo delitto Tiridate fu tramutato in un cinghiale selvatico e non poté ricuperare le sembianze umane, se non quando, ubbidendo a un sogno fatto da sua sorella Santa Khosrovitoukhd, liberò Gregorio dal pozzo. Ottenuto il prodigio del ritorno a sembianze umane per le preghiere del santo, Tiridate comprese che il Dio di Gregorio era veritiero e decise finalmente di convertirsi, insieme con sua moglie Santa Ashkhen, l’intera famiglia e l’esercito, e di adoperarsi per l’evangelizzazione dell’intera nazione. Gregorio e Tiridate percorsero l’intero paese animati di zelo per Cristo, distruggendo i luoghi di culto pagani e costruendo al loro posto templi cristiani. Gregorio ricevette a Cesarea la consacrazione episcopale, divenendo così il primo Catholicos della Chiesa Armena, e fu soprannominato “Illuminatore” per aver portato in dono al popolo armeno la luce di Cristo. Edificò la cattedrale metropolitana di Etchmiadzine, formò un clero indigeno armeno ed evangelizzò la Georgia, dopodiché si ritirò a vita eremitica sino alla sua morte presso una grotta sul monte Sepouh.
Tiridate, per espiare la colpa dell’uccisione di Santa Hripsime, grazie alla sua immane forza trasportò numerosi massi sul monte Ararat per costruire una chiesa sulla sua tomba. Infine nel 324 cadde anch’egli martire, vittima di una rivolta istigata da alcuni nobili armeni che non gli avevano perdonato l’abbandono delle divinità pagane. Dopo la sua morte l’Armenia conobbe purtroppo un secolo di guerra e di anarchia. La Chiesa Armena lo venerò subito come santo, mentre il Martyrologium Romanum al momento non ne riporta la memoria. Secondo invece l’autorevole Bibliotheca Sanctorum è festeggiato al 29 novembre.



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