29 settembre

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00martedì 29 settembre 2009 11:14

San Gabriele Arcangelo

29 settembre

Gabriele (forza di Dio) è uno degli spiriti che stanno davanti a Dio, rivela a Daniele i segreti del piano di Dio, annunzia a Zaccaria la nascita di Giovanni e a Maria quella di Dio. Il nuovo calendario ha riunito in una sola celebrazione i tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, la cui festa cadeva rispettivamente il 29 settembre, il 24 marzo e il 24 ottobre. Dell'esistenza di questi angeli parla esplicitamente la Sacra Scrittura, che dà loro un nome e ne determina la funzione. San Michele, l'antico patrono della Sinagoga, è ora patrono della Chiesa universale; San Gabriele è l'angelo dell'Incarnazione e forse dell'agonia nel giardino degli ulivi; San Raffaele è la guida dei viandanti. San Gabriele, «colui che sta.al cospetto di Dio» (si presenta così quando annuncia a Maria la sua scelta come madre del Redentore). È lui che spiega al profeta Daniele come avverrà la piena restaurazione, dal ritorno dall'esilio all'avvento del Messia. A lui è affìdato l'incarico di annunciare la nascita del precursore, Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta. Egli gode di una particolare venerazione anche presso i maomettani. (Avvenire)

Patronato: Diplomazia e comunicazione, Telecomunicazioni, Lavoratori delle poste e dei tele

Etimologia: Gabriele (come Gabrio e Gabriella) = uomo di Dio, dall'assiro o forza, fortezza

Martirologio Romano: Festa dei santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli. Nel giorno della dedicazione della basilica intitolata a San Michele anticamente edificata a Roma al sesto miglio della via Salaria, si celebrano insieme i tre arcangeli, di cui la Sacra Scrittura rivela le particolari missioni: giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente.

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Gabriele (Forza di Dio) è uno degli spiriti che stanno davanti a Dio (Lc 1, 19), rivela a Daniele i segreti del piano di Dio (Dn 8, 16; 9, 21-22), annunzia a Zaccaria la nascita di Giovanni (Lc 1, 11-20) e a Maria quella di Dio (Lc 1, 26-38). Il nuovo calendario ha riunito in una sola celebrazione i tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, la cui festa cadeva rispettivamente il 29 settembre, il 24 marzo e il 24 ottobre. Dell'esistenza di questi Angeli parla esplicitamente la Sacra Scrittura, che dà loro un nome e ne determina la funzione. S. Michele, l'antico patrono della Sinagoga, è ora patrono della Chiesa universale; S. Gabriele è l'angelo dell'Incarnazione e forse dell'agonia nel giardino degli ulivi; S. Raffaele è la guida dei viandanti.
S. Gabriele, "colui che sta al cospetto di Dio" (è il suo "biglietto di presentazione " quando si reca ad annunciare a Maria la sua scelta come madre del Redentore), è l'annunciatore per eccellenza delle divine rivelazioni. E’ lui che spiega al profeta Daniele come avverrà la piena restaurazione, dal ritorno dall'esilio all'avvento del Messia. A lui è affìdato l'incarico di annunciare la nascita del precursore, Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta. La missione più alta che mai sia stata affìdata ad una creatura è : l'annuncio dell'Incarnazione del Figlio di Dio. Egli gode per questo di una particolare venerazione anche presso i maomettani.


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00martedì 29 settembre 2009 11:14

San Michele Arcangelo

29 settembre

Nel Nuovo Testamento il termine "arcangelo" è attribuito a Michele. Solo in seguito venne esteso a Gabriele e Raffaele, gli unici tre arcangeli riconosciuti dalla Chiesa, il cui nome è documentato nella Bibbia. San Michele, "chi come Dio?", è capo supremo dell'esercito celeste, degli angeli fedeli a Dio. Antico patrono della Sinagoga oggi è patrono della Chiesa Universale, che lo ha considerato sempre di aiuto nella lotta contro le forze del male.

Patronato: Polizia, Radiologi, Droghieri

Etimologia: Michele = chi come Dio?, dall'ebraico

Martirologio Romano: Festa dei santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli. Nel giorno della dedicazione della basilica intitolata a San Michele anticamente edificata a Roma al sesto miglio della via Salaria, si celebrano insieme i tre arcangeli, di cui la Sacra Scrittura rivela le particolari missioni: giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente.

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Il nome dell’arcangelo Michele, che significa “chi è come Dio ?”, è citato cinque volte nella Sacra Scrittura; tre volte nel libro di Daniele, una volta nel libro di Giuda e nell'Apocalisse di s. Giovanni Evangelista e in tutte le cinque volte egli è considerato “capo supremo dell’esercito celeste”, cioè degli angeli in guerra contro il male, che nell’Apocalisse è rappresentato da un dragone con i suoi angeli; esso sconfitto nella lotta, fu scacciato dai cieli e precipitato sulla terra.
In altre scritture, il dragone è un angelo che aveva voluto farsi grande quanto Dio e che Dio fece scacciare, facendolo precipitare dall’alto verso il basso, insieme ai suoi angeli che lo seguivano.
Michele è stato sempre rappresentato e venerato come l’angelo-guerriero di Dio, rivestito di armatura dorata in perenne lotta contro il Demonio, che continua nel mondo a spargere il male e la ribellione contro Dio.
Egli è considerato allo stesso modo nella Chiesa di Cristo, che gli ha sempre riservato fin dai tempi antichissimi, un culto e devozione particolare, considerandolo sempre presente nella lotta che si combatte e si combatterà fino alla fine del mondo, contro le forze del male che operano nel genere umano.
Dante nella sua ‘Divina Commedia’ pone il demonio (l’angelo Lucifero) in fondo all’inferno, conficcato a testa in giù al centro della terra, che si era ritirata al suo cadere, provocando il grande cratere dell’inferno dantesco. Dopo l’affermazione del cristianesimo, il culto per san Michele, che già nel mondo pagano equivaleva ad una divinità, ebbe in Oriente una diffusione enorme, ne sono testimonianza le innumerevoli chiese, santuari, monasteri a lui dedicati; nel secolo IX solo a Costantinopoli, capitale del mondo bizantino, si contavano ben 15 fra santuari e monasteri; più altri 15 nei sobborghi.
Tutto l’Oriente era costellato da famosi santuari, a cui si recavano migliaia di pellegrini da ogni regione del vasto impero bizantino e come vi erano tanti luoghi di culto, così anche la sua celebrazione avveniva in tanti giorni diversi del calendario.
Perfino il grande fiume Nilo fu posto sotto la sua protezione, si pensi che la chiesa funeraria del Cremlino a Mosca in Russia, è dedicata a S. Michele. Per dirla in breve non c’è Stato orientale e nord africano, che non possegga oggetti, stele, documenti, edifici sacri, che testimoniano la grande venerazione per il santo condottiero degli angeli, che specie nei primi secoli della Chiesa, gli venne tributata.
In Occidente si hanno testimonianze di un culto, con le numerosissime chiese intitolate a volte a S. Angelo, a volte a S. Michele, come pure località e monti vennero chiamati Monte Sant’Angelo o Monte San Michele, come il celebre santuario e monastero in Normandia in Francia, il cui culto fu portato forse dai Celti sulla costa della Normandia; certo è che esso si diffuse rapidamente nel mondo Longobardo, nello Stato Carolingio e nell’Impero Romano.
In Italia sano tanti i posti dove sorgevano cappelle, oratori, grotte, chiese, colline e monti tutti intitolati all’arcangelo Michele, non si può accennarli tutti, ci fermiamo solo a due: Tancia e il Gargano.
Sul Monte Tancia, nella Sabina, vi era una grotta già usata per un culto pagano, che verso il VII secolo, fu dedicata dai Longobardi a S. Michele; in breve fu costruito un santuario che raggiunse gran fama, parallela a quella del Monte Gargano, che comunque era più antico.
La celebrazione religiosa era all’8 maggio, data praticata poi nella Sabina, nel Reatino, nel Ducato Romano e ovunque fosse estesa l’influenza della badia benedettina di Farfa, a cui i Longobardi di Spoleto, avevano donato quel santuario.
Ma il più celebre santuario italiano dedicato a S. Michele, è quello in Puglia sul Monte Gargano; esso ha una storia che inizia nel 490, quando era papa Gelasio I; la leggenda racconta che casualmente un certo Elvio Emanuele, signore del Monte Gargano (Foggia) aveva smarrito il più bel toro della sua mandria, ritrovandolo dentro una caverna inaccessibile.
Visto l’impossibilità di recuperarlo, decise di ucciderlo con una freccia del suo arco; ma la freccia inspiegabilmente invece di colpire il toro, girò su sé stessa colpendo il tiratore ad un occhio. Meravigliato e ferito, il signorotto si recò dal suo vescovo s. Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto (odierna Manfredonia) e raccontò il fatto prodigioso.
Il presule indisse tre giorni di preghiere e di penitenza; dopodiché s. Michele apparve all’ingresso della grotta e rivelò al vescovo: “Io sono l’arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta, io stesso ne sono vigile custode. Là dove si spalanca la roccia, possono essere perdonati i peccati degli uomini…Quel che sarà chiesto nella preghiera, sarà esaudito. Quindi dedica la grotta al culto cristiano”.
Ma il santo vescovo non diede seguito alla richiesta dell’arcangelo, perché sul monte persisteva il culto pagano; due anni dopo, nel 492 Siponto era assediata dalle orde del re barbaro Odoacre (434-493); ormai allo stremo, il vescovo e il popolo si riunirono in preghiera, durante una tregua, e qui riapparve l’arcangelo al vescovo s. Lorenzo, promettendo loro la vittoria, infatti durante la battaglia si alzò una tempesta di sabbia e grandine che si rovesciò sui barbari invasori, che spaventati fuggirono.
Tutta la città con il vescovo, salì sul monte in processione di ringraziamento; ma ancora una volta il vescovo non volle entrare nella grotta. Per questa sua esitazione che non si spiegava, s. Lorenzo Maiorano si recò a Roma dal papa Gelasio I (490-496), il quale gli ordinò di entrare nella grotta insieme ai vescovi della Puglia, dopo un digiuno di penitenza.
Recatosi i tre vescovi alla grotta per la dedicazione, riapparve loro per la terza volta l’arcangelo, annunziando che la cerimonia non era più necessaria, perché la consacrazione era già avvenuta con la sua presenza. La leggenda racconta che quando i vescovi entrarono nella grotta, trovarono un altare coperto da un panno rosso con sopra una croce di cristallo e impressa su un masso l’impronta di un piede infantile, che la tradizione popolare attribuisce a s. Michele.
Il vescovo san Lorenzo fece costruire all’ingresso della grotta, una chiesa dedicata a s. Michele e inaugurata il 29 settembre 493; la Sacra Grotta è invece rimasta sempre come un luogo di culto mai consacrato da vescovi e nei secoli divenne celebre con il titolo di “Celeste Basilica”.
Attorno alla chiesa e alla grotta è cresciuta nel tempo la cittadina di Monte Sant’Angelo nel Gargano. I Longobardi che avevano fondato nel secolo VI il Ducato di Benevento, vinsero i feroci nemici delle coste italiane, i saraceni, proprio nei pressi di Siponto, l’8 maggio 663, avendo attribuito la vittoria alla protezione celeste di s. Michele, essi presero a diffondere come prima accennato, il culto per l’arcangelo in tutta Italia, erigendogli chiese, effigiandolo su stendardi e monete e instaurando la festa dell’8 maggio dappertutto.
Intanto la Sacra Grotta diventò per tutti i secoli successivi, una delle mete più frequentate dai pellegrini cristiani, diventando insieme a Gerusalemme, Roma, Loreto e S. Giacomo di Compostella, i poli sacri dall’Alto Medioevo in poi.
Sul Gargano giunsero in pellegrinaggio papi, sovrani, futuri santi. Sul portale dell’atrio superiore della basilica, che non è possibile descrivere qui, vi è un’iscrizione latina che ammonisce: “che questo è un luogo impressionante. Qui è la casa di Dio e la porta del Cielo”.
Il santuario e la Sacra Grotta sono pieni di opere d’arte, di devozione e di voto, che testimoniano lo scorrere millenario dei pellegrini e su tutto campeggia nell’oscurità la statua in marmo bianco di S. Michele, opera del Sansovino, datata 1507.
L’arcangelo è comparso lungo i secoli altre volte, sia pure non come sul Gargano, che rimane il centro del suo culto, ed il popolo cristiano lo celebra ovunque con sagre, fiere, processioni, pellegrinaggi e non c’è Paese europeo che non abbia un’abbazia, chiesa, cattedrale, ecc. che lo ricordi alla venerazione dei fedeli.
Apparendo ad una devota portoghese Antonia de Astonac, l’arcangelo promise la sua continua assistenza, sia in vita che in purgatorio e inoltre l’accompagnamento alla S. Comunione da parte di un angelo di ciascuno dei nove cori celesti, se avessero recitato prima della Messa la corona angelica che gli rivelò.
I cori sono: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Potestà, Virtù, Principati, Arcangeli ed Angeli. La sua festa liturgica principale in Occidente è iscritta nel Martirologio Romano al 29 settembre e nella riforma del calendario liturgico del 1970, è accomunato agli altri due arcangeli più conosciuti, Gabriele e Raffaele nello stesso giorno, mentre l’altro arcangelo a volte nominato nei sacri testi, Uriele non gode di un culto proprio.
Per la sua caratteristica di “guerriero celeste” s. Michele è patrono degli spadaccini, dei maestri d’armi; poi dei doratori, dei commercianti, di tutti i mestieri che usano la bilancia, i farmacisti, pasticcieri, droghieri, merciai; fabbricanti di tinozze, inoltre è patrono dei radiologi e della Polizia.
È patrono principale delle città italiane di Cuneo, Caltanissetta, Monte Sant’Angelo, Sant’Angelo dei Lombardi, compatrono di Caserta.
Difensore della Chiesa, la sua statua compare sulla sommità di Castel S. Angelo a Roma, che come è noto era diventata una fortezza in difesa del Pontefice; protettore del popolo cristiano, così come un tempo lo era dei pellegrini medievali, che lo invocavano nei santuari ed oratori a lui dedicati, disseminati lungo le strade che conducevano alle mete dei pellegrinaggi, per avere protezione contro le malattie, lo scoraggiamento e le imboscate dei banditi.
Per quanto riguarda la sua raffigurazione nell’arte in generale, è delle più vaste; ogni scuola pittorica in Oriente e in Occidente, lo ha quasi sempre raffigurato armato in atto di combattere il demonio.
Sul Monte Athos nel convento di Dionisio del 1547, i tre principale arcangeli sono così raffigurati, Raffaele in abito ecclesiastico, Michele da guerriero e Gabriele in pacifica posa e rappresentano i poteri religioso, militare e civile.





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00martedì 29 settembre 2009 11:15

Santi Michele, Gabriele e Raffaele Arcangeli

29 settembre

Il Martirologio commemora insieme i santi arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. La Bibbia li ricorda con specifiche missioni: Michele avversario di Satana, Gabriele annunciatore e Raffaele soccorritore.
Prima della riforma del 1969 si ricordava in questo giorno solamente san Michele arcangelo in memoria della consacrazione del celebre santuario sul monte Gargano a lui dedicato.

Martirologio Romano: Festa dei santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli. Nel giorno della dedicazione della basilica intitolata a San Michele anticamente edificata a Roma al sesto miglio della via Salaria, si celebrano insieme i tre arcangeli, di cui la Sacra Scrittura rivela le particolari missioni: giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente.

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Il 29 di settembre la Chiesa commemora la festa liturgica dei santi Arcangeli:

>
San MICHELE
> San GABRIELE
> San RAFFAELE

Michele (Chi è come Dio?) è l’arcangelo che insorge contro Satana e i suoi satelliti (Gd 9; Ap 12, 7; cfr Zc 13, 1-2), difensore degli amici di Dio (Dn 10, 13.21), pretettore del suo popolo (Dn 12, 1).
Gabriele (Forza di Dio) è uno degli spiriti che stanno davanti a Dio (Lc 1, 19), rivela a Daniele i segreti del piano di Dio (Dn 8, 16; 9, 21-22), annunzia a Zaccaria la nascita di Giovanni Battista (Lc 1, 11-20) e a Maria quella di Gesù (Lc 1, 26-38).
Raffaele (Dio ha guarito), anch’egli fra i sette angeli che stanno davanti al trono di Dio (Tb 12, 15; cfr Ap 8, 2), accompagna e custodisce Tobia nelle peripezie del suo viaggio e gli guarisce il padre cieco.
La Chiesa pellegrina sulla terra, specialmente nella liturgia eucaristica, è associata alle schiere degli angeli che nella Gerusalemme celeste cantano la gloria di Dio (cfr Ap 5, 11-14; Conc. Vat. II, Costituzione sulla sacra liturgia, «Sacrosanctum Concilium», 8).
Il 29 settembre il martirologio geronimiano (sec. VI) ricorda la dedicazione della basilica di san Michele (sec. V) sulla via Salaria a Roma.



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00martedì 29 settembre 2009 11:15

San Raffaele Arcangelo

29 settembre

Nel Nuovo Testamento il termine "arcangelo" è attribuito a Michele. Solo in seguito venne esteso a Gabriele e Raffaele, gli unici tre arcangeli riconosciuti dalla Chiesa, il cui nome è documentato nella Bibbia. San Raffaele, "Dio guarisce", è nominato ampliamente nel libro di Tobia ed in molti apocrifi ed è invocato come guaritore.

Patronato: Ciechi

Etimologia: Raffaele (come Raffaella e Raffaello) = Dio guarisce, dall'ebraico

Martirologio Romano: Festa dei santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli. Nel giorno della dedicazione della basilica intitolata a San Michele anticamente edificata a Roma al sesto miglio della via Salaria, si celebrano insieme i tre arcangeli, di cui la Sacra Scrittura rivela le particolari missioni: giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente.

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Raffaele (Dio ha guarito), anch'egli fra i sette angeli che stanno davanti al trono di Dio (Tb 12, 15; cfr Ap 8,2), accompagna e custodisce Tobia nelle peripezie del suo viaggio e gli guarisce il padre cieco. Il nuovo calendario ha riunito in una sola celebrazione i tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, la cui festa cadeva rispettivamente il 29 settembre, il 24 marzo e il 24 ottobre. Dell'esistenza di questi Angeli parla esplicitamente la Sacra Scrittura, che dà loro un nome e ne determina la funzione. S. Michele, l'antico patrono della Sinagoga, è ora patrono della Chiesa universale; S. Gabriele è l'angelo dell'Incarnazione e forse dell'agonia nel giardino degli ulivi; S. Raffaele è la guida dei viandanti.
Il nome di Raffaele significa in ebraico " Dio risana ". La Scrittura lo dice " uno (lei sette Angioli che stanno dinanzi al Signore ". Più tardi, la tradizione ha esteso anche a lui il titolo di Arcangiolo, che nella Bibbia viene dato soltanto a Michele, Principe delle milizie celesti.
Dei tre, Raffaele è il meno noto, e meno diffuso è il suo culto tra i fedeli. Forse ciò dipende dal fatto che egli appare soltanto nell'Antico Testamento, ma non nel Nuovo, dove figura invece Gabriele, l'Angiolo dell'Annunciazione, e Michele, l'Angiolo guerriero dell'Apocalisse.
Anche nell'arte Raffaele ha avuto minore abbondanza di raffigurazioni. I suoi attributi iconografici non sono precisi, ma lo si riconosce perché, di solito, appare accanto al giovanetto Tobiolo, come attento compagno di viaggio, specialmente nell'episodio del pesce catturato nel Tigri.
Eppure la Bibbia ci dà, sul suo aspetto, un particolare assai interessante. "Tobiolo - dice - incontrò un giovane bellissimo, con le vesti succinte". Questa delle vesti corte non è una nota di leggiadria, né un richiamo alla moda del tempo. Per tutti i popoli che vestivano lunghe tuniche - per gli Israeliti, come per i Romani - la prima necessità del viaggio era quella di rialzarsi le vesti, lasciando libero il passo alla gamba. E chi camminava con passo più spedito, più alto sollevava l'orlo della veste, rimboccandola attorno alla cintura.
Raffaele è dunque l'Angiolo viaggiatore, il celestiale compagno di cammino. Ed è a lui che il vecchio Tobia, cieco e giusto, affida il figlio Tobiolo, mandato a riscuotere un credito di dieci talenti d'argento. Raffaele segue così Tobiolo dall'Assiria alla Media, fino a Rages. Lo salva da ogni male; lo libera da ogni pericolo, come quello del pesce del Tigri.
Non solo. Egli stesso porta a buon fine l'incarico di Tobia, riscuotendo i talenti. Per di più fa sposare a Tobiolo la virtuosa figlia di Raguel Sara, dopo averla liberata da un demonio che la perseguitava.
Finalmente, celebrate le nozze, Raffaele guida i due sposi sulla strada del ritorno verso la casa paterna. E dopo il felice ritorno, sempre per il consiglio di Raffaele, Tobiolo restituisce prodigiosamente la vista al padre, ponendo sopra i suoi occhi il fiele del pesce del Tigri. Così appare nella Bibbia San Raffaele, l'Angelo viatore, dalle vesti sollevate sugli svelti malleoli. Poiché è lui a presentare al Signore, che le esaudirà, le preghiere di Tobia afflitto dalla cecità, e quelle di Sara tormentata dal demonio, viene - o veniva - invocato come protettore dei mali della carne e delle infermità del corpo. Ma più giustamente, il protettore nei viaggi viene considerato come esemplare Custode: colui al quale ogni padre, come Tobia, vorrebbe affidare il proprio figlio che affronta, solo, il lungo e sconosciuto viaggio della vita.




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00martedì 29 settembre 2009 11:17

Sant' Alarico (Adelrico) Eremita

29 settembre

Etimologia: Alarico = re di tutti, dal sassone

Martirologio Romano: Nell’isola di Ufnau sul lago di Zurigo nell’odierna Svizzera, sant’Adelríco, sacerdote ed eremita.



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00martedì 29 settembre 2009 11:17

Beato Carlo di Blois Duca di Bretagna

29 settembre


Martirologio Romano: Presso Vannes sulla costa della Bretagna, beato Carlo da Blois, uomo pio, mite e umile: duca di Bretagna, avrebbe desiderato entrare tra i Frati Minori, ma, costretto a difendere la propria sovranità contro un nemico, forte nelle difficoltà, subì una lunga carcerazione e fu ucciso in combattimento presso Auray.



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00martedì 29 settembre 2009 11:18

San Ciriaco (Quiriaco) Eremita in Palestina

29 settembre

m. 557

Visse circa 90 anni in grotte nei dintorni di Betlemme e fu un grande difensore dell'ortodossia contro gli errori origenisti.

Martirologio Romano: In Palestina, san Ciriaco, anacoreta, che per circa novant’anni condusse una vita di grande austerità in spelonche e fu modello degli anacoreti e difensore della verità della fede contro gli errori degli origenisti.


Nacque a Corinto il 9 gennaio 449. Desideroso di perfezione, si recò in Palestina e ricevette l'abito di sant'Eutimio,uno dei padri del monachesimo palestinese. Questi però,giudicandolo troppo giovane d'età, non volle trattenerlo. Ciriaco allora decise di entrare tra i discepoli di san Gerasimo che vivevano presso il Giordano. Qui trascorse nove anni di duro noviziato. Alla morte dei suoi due maestri, tornò alla laura di Eutimio rimanendovi altri nove anni. Nel corso della sua lunga esistenza cambiò sede diverse altre volte.
Al suo tempo la vita dei monasteri era spesso turbata da divisioni e contrasti sulle dottrine teologiche non ancora chiarite dai Concili. Ciriaco fu chiamato a fronteggiare con la sua autorità i monaci che sostenevano le teorie origeniste. Il suo biografo, il poc'anzi citato Cirillo di Scitopoli, recatosi nel monastero di Susakim per fargli visita, lo trovò in compagnia di un grosso leone che viveva con lui come un cane da guardia.
Morì nella grotta di san Caritone all'età di 108 anni, al principio del 557.


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00martedì 29 settembre 2009 11:18

Beato Dario Hernandez Morato Sacerdote gesuita, martire

29 settembre

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Buñol, Spagna, 25 ottobre 1880 - Picadero de Paterna, Spagna, 29 settembre 1936

Padre Dario Hernández Morato nacque a Buñol (Valencia) il 25 ottobre 1880e fu ammesso nella Compagnia di Gesù nel 1896. Rettore della casa professa di Valencia, fu assassinato in località “Picadero de Paterna”, presso Valencia, il 29 settembre del 1936 a 55 anni di età.

Martirologio Romano: Nel villaggio di Picadero de Paterna nel territorio di Valencia sempre in Spagna, beati Dario Hernández Morató, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che nella medesima persecuzione rese l’anima a Dio.



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00martedì 29 settembre 2009 11:19

Sant' Eutichio Vescovo e martire

29 settembre


Martirologio Romano: A Marmara Ereğlisi in Tracia, nell’odierna Turchia, sant’Eutichio, vescovo e martire.



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00martedì 29 settembre 2009 11:20

Beato Francisco de Paula Castello y Aleu Martire

29 settembre

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Alicante (Spagna), 19 aprile 1914 - Lèrida (Spagna), 29 settembre 1936

Francisco de Paula Castelló y Aleu subì il martirio in occasione della persecuzione anti-cattolica infuriata con la Guerra Civile Spagnola. Giovane laico, fidanzato, allievo dei maristi e dei gesuiti, militò nell’Azione Cattolica Spagnola. Giovanni Paolo II lo ha beatificato l’11 marzo 2001 con altri 232 compagni, uccisi in luoghi e date diversi.

Martirologio Romano: A Lérida ancora in Spagna, beato Francesco da Paola Castelló y Aleu, martire, che, condannato in quella stessa persecuzione contro la fede, non esitò ad affrontare con animo sereno e somma fermezza la morte per Cristo.


Ben 233 martiri, vittime della feroce persecuzione religiosa che contraddistinse la Guerra Civile Spagnola (1936-1939) furono beatificati l’11 marzo 2001 dal sommo pontefice Giovanni Paolo II. In questa sanguinosa strage che attraversò la Spagna, il numero delle vittime superò il milione, colpendo persone di ogni età e classe sociale.
E’ stato ormai appurato da parte degli storici che, all’interno di questo terribile massacro, gli anarchici ed i social-comunisti perpetrarono una vera e propria persecuzione volta ad annientare la chiesa cattolica in Spagna.
I fedeli laici uccisi, solo perché cristiani, furono decine di migliaia e tra di loro spicca un nutrito gruppo di appartenenti all’Azione Cattolica.
Tra di essi spicca il giovane Francisco de Paula Castelló y Aleu, nato ad Alicante il 19 aprile 1914. Qui la sua famiglia, catalana di origine, si trovava a motivo del lavoro del padre. Morto quest’ultimo, la madre con i tre bambini, tra cui Francisco appena neonato, fece ritorno a Lleida, in Catalogna. Francisco studiò alla scuola dei Fratelli Maristi e portò a termine i suoi studi superiori tecnici presso l’istituto chimico tenuto a Barcellona dai padri gesuiti.
Studente universitario a Oviedo (Sturias), partecipò alle attività politiche dei gesuiti ed in particolar modo alla “Federazione dei giovani cristiani della Catalogna”, ramo dell’Azione Cattolica Spagnola. Conclusi gli studi in Scienze Chimiche, lavorò nel complesso Chimico “Cross” di Lleida, dove si fidanzò con Maria Pelegrí. Chiamato al servizio militare come soldato di leva, si trovò nel mezzo dei tragici avvenimenti della guerra civile appena scoppiata. Incarcerato la notte tra il 21 ed il 22 luglio 1936 dai miliziani repubblicani, il 29 settembre successivo fu sottoposto al giudizio del Tribunale popolare, ove ribadì a voce chiara e ferma la sua fede: “Se è un delitto essere cattolico sono certamente un delinquente e se avessi mille vite da dare a Dio Gli darei mille vite così come non manca chi mi difenda”.
Nel leggere le sue lettere dal carcere, il pontefice Pio XI sostenne che Francisco avrebbe potuto sicuramente costituire un valido modello per i giovani di Azione Cattolica di tutto il mondo.
Purtroppo la sua tomba non può che essere identificata con la "Fosa Común de los Martires" a Lèrida.
Giovanni Paolo II lo ha dunque beatificato l’11 marzo 2001 con altre 232 della medesima persecuzione.
Il nuovo Martyrologium Romanum lo ricorda così nel giorno del suo martirio: “Ad Illerda in Spagna, ricordo del Beato Francisco de Paula Castelló y Aleu, martire, che, condannato alla pena capitale durante la medesima persecuzione, con animo giusto e somma fermezza non dubitò di offrire la sua morte per Cristo”.





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00martedì 29 settembre 2009 11:21

San Fraterno di Auxerre Vescovo

29 settembre


Martirologio Romano: A Auxerre nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Fraterno, vescovo.



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00martedì 29 settembre 2009 11:21

Beato Giacomo da Rafelbunol (Santiago Mestre Iborra) Sacerdote e martire

29 settembre

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1909 - 1936

Martirologio Romano: Nel villaggio di Gilet vicino a Valencia in Spagna, beato Giacomo Mestre Iborra, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martire, che, durante la persecuzione contro la fede, versò il sangue per Cristo.


Nacque a Rafelbuñol (Valencia) il 10 aprile 1909. Fu battezzato il 12 aprile seguente nella parrocchia di san Antonio Abad di Rafelbuñol. Ebbe come genitori D. Onofre Mestre e Donna Mercedes Iborra, sposi dai quali nacquero nove figli. Santiago era il settimo. Tutti morirono insieme vittime della stessa persecuzione religiosa.
`` Santiago si distinse fin da bambino per la sua vita di pietà. I suoi vicini raccontano di lui che era un ragazzo modello ed esemplare in tutto. Entrò nell’Ordine cappuccino a dodici anni; vestì l’abito il 6 giugno 1924 a Ollería (Valencia); fece la professione temporanea il 7 giugno 1925 e quella perpetua a Roma il 21 aprile 1930 nelle mani di P. Melchor de Benisa, Ministro generale dell’Ordine. Fu ordinato sacerdote a Roma il 26 marzo 1932.
``Conseguito il dottorato in teologia all’Università Gregoriana, rientrò in Spagna e fu nominato vicedirettore del Seminario serafico di Massamagrell. Nella sua breve vita religiosa si distinse per la sua devozione alla Vergine, per la sua semplicità, obbedienza e umiltà e come uomo di profonda vita interiore. “Era di carattere buono e di temperamento vivace...Dai fedeli era considerato religioso esemplare...Nonostante le sue doti di scienza e la sua virtù, si mostrava sempre umile e semplice...Si impegnò sempre nei lavori apostolici propri della sua condizione di religioso”, dicono di lui i suoi fratelli in religione.
``Allo scoppio del Movimento Nazionale P. Santiago cercò di mettere in salvo i seminaristi affidati alle sue cure, poi cercò rifugio nel suo paese di Rafelbuñol. Qui il Comitato locale lo pose a lavorare come manovale nei lavori che allora si facevano nella casa Abadía, prendendo rottami dalla chiesa parrocchiale, e poté condurre una vita normale. Un giorno ricevé notizia che i suoi fratelli erano stati detenuti dal Comitato e che correvano grave pericolo di vita. Si disse: “Vado al Comitato a vedere se, prendendo me prigioniero, liberano i miei fratelli”. Quando si presentò al Comitato fu preso insieme ai fratelli e fatto prigioniero il 26 settembre 1936. In carcere ascoltò la confessione di tutti i prigionieri. La notte dal 28 al 29 settembre i prigionieri furono condotti al cimitero di Massamagrell; passando davanti alla chiesa della patrona, la Vergine del Miracolo, acclamarono la Vergine e, giunti al cimitero, al grido di “Viva Cristo Re!” furono fucilati.
``Ucciso insieme ai suoi fratelli, P. Santiago fu sepolto in una fossa comune nel cimitero di Massamagrell. I suoi resti furono esumati e identificati e poi trasferiti al panteon dei caduti di Rafelbuñol. Oggi riposano nella cappella dei Martiri cappuccini del convento della Maddalena a Massamagrell.



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00martedì 29 settembre 2009 11:22

San Giovanni da Dukla Francescano polacco

29 settembre

Dukla, Polonia, 1414 - Leopoli, 29 settembre 1484

Nacque a Dukla, città fra i monti Carpazi in Polonia, nel 1414. Da giovane Giovanni entrò fra i Frati minori conventuali. Completati gli studi, fu ordinato sacerdote, divenendo superiore a Krosno e poi a Leopoli, custode di tutti i monasteri di quella provincia, che comprendeva in quel tempo anche quelli cechi. Portato alla vita contemplativa, chiese e ottenne dai superiori, il permesso di passare tra i padri Bernardini, uno dei tanti rami che partirono dall'Ordine francescano. Spese la sua vita nella ricerca della perfezione, nella cura delle anime e nel lavoro missionario. Fu un apostolo del confessionale e del pulpito. Sopportò senza mai lamentarsi la cecità che lo aveva colpito. Morì il 29 settembre 1484 a Leopoli. Molte grazie furono ottenute per sua intercessione. Nel 1615 iniziò il processo di beatificazione che si concluse nel 1733, con il decreto di conferma da parte della Santa Sede. Nel 1739 Papa Clemente XII lo dichiarò protettore della Polonia e Lituania. È stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II a Krosno in Polonia il 10 giugno 1997. (Avvenire)

Patronato: Polonia, Lituania.

Martirologio Romano: A Leopoli nel territorio dell’odierna Ucraina, san Giovanni da Dukla, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che condusse vita nascosta e ascetica secondo le consuetudini degli Osservanti, si adoperò con fervido zelo nella cura pastorale delle anime e promosse l’unità di cristiani.


Il 10 giugno 1997 papa Giovanni Paolo II ha canonizzato a Krosno in Polonia s. Giovanni da Dukla, il cui culto era stato confermato come beato il 21 gennaio 1733.
Giovanni nacque a Dukla, città presso i Monti Carpazi in Polonia, nel 1414. Da giovane entrò fra i Frati Minori Conventuali, qui completati gli studi, fu ordinato sacerdote, espletò i suoi compiti con zelo e prudenza, tanto che gli furono assegnati posti di responsabilità, come superiore a Krosno e poi a Leopoli; custode di tutti i monasteri di quella provincia, che comprendeva in quel tempo anche i monasteri cechi oltre che quelli polacchi; provincia importante per la vicinanza dei territori ortodossi.
Portato alla vita contemplativa, chiese ed ottenne dai superiori, il permesso di passare tra i padri Bernardini, uno dei tanti rami che partirono dall’Ordine Francescano, chiamati così, perché le loro chiese erano dedicate a s. Bernardo.
Spese la sua vita nella ricerca della perfezione, nella cura delle anime e nel lavoro missionario, fu un apostolo del confessionale e del pulpito.
Sopportò senza mai lamentarsi, i molti malanni che lo affiggevano, specie la cecità che l’aveva colpito; per le sue prediche si faceva aiutare a scriverle da un novizio. Fu pieno di una serenità francescana che conservò fino alla morte, avvenuta il 29 settembre 1484 a Leopoli.
Molte grazie furono ottenute per sua intercessione, ciò portò a tributargli un culto che andò sempre più crescendo; nel 1615 iniziò il processo di beatificazione che si concluse nel 1733, con il decreto di conferma da parte della Santa Sede.
Nel 1739 papa Clemente XII lo dichiarò protettore della Polonia e Lituania.
E' stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 1997.





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00martedì 29 settembre 2009 11:23

Beato Giovanni di Montmirail

29 settembre


Martirologio Romano: Nel monastero cistercense di Longpont in Francia, beato Giovanni di Montmirail, che da illustrissimo cavaliere si fece umile monaco.



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00martedì 29 settembre 2009 11:23

Beato Giuseppe Casas Ros Seminarista, martire

29 settembre

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Ordal, Spagna, 19 agosto 1916 - Moja, Spagna, 29 settembre 1936

José Casas Ros, seminarista appena ventenne dell’arcidiocesi di Barcellona, cadde in odio alla fede durante la sanguinosa Guerra Civile Spagnola. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto il suo martirio il 22 giugno 2004 ed è stato beatificato il 28 ottobre 2007 con altre 497 vittime della medesima persecuzione.



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00martedì 29 settembre 2009 11:24

Beato Giuseppe Villanova Tormo Sacerdote salesiano, martire

29 settembre

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Turís, Spagna, 20 gennaio 1902 - Madrid, Spagna, 29 settembre 1936


José Villanova Tormo nacque a Turís (Valenza) il 20 gennaio 1902 e fu battezzato due giorni dopo. Emise i voti a Carabanchel Alto (Madrid) il 25 luglio 1920, e nel 1929 fu ordinato sacerdote e destinato all'insegnamento. Ebbe un apostolato non lungo ma fecondo, sia a Salamanca che a Madrid.
``Nei primi mesi della rivoluzione visse nascosto a Madrid, continuando come poté l'esercizio dell'apostolato. Venne scoperto il 29 settembre 1936, arrestato e fucilato.
Beatificato il 28 ottobre 2007.



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00martedì 29 settembre 2009 11:24

San Grimoaldo di Pontecorvo Sacerdote

29 settembre

Sec. XIII


Poche sono le notizie sicure su questo santo. Agiografi, otiosi bomines, ne hanno fatto un fratello di s. Eleuterio venerato ad Arce il 29 maggio e di s. Fulco venerato a Santopadre (Frosinone) il 22 maggio. Secondo la leggenda, Grimoaldo fu un sacerdote inglese, che, dopo essersi recato come pellegrino a Roma, si portò prima ad Aquino e poi a Pontecorvo, dove, fatti alcuni miracoli, morì il 29 settembre.
``Il Baronio lo ha introdotto a Martirologio Romano, « ex auctoritate monumen torum ecclesiae aquinatis » che aveva ricevuto, ma che ora sono introvabili.
``In un opuscolo Apparitiones et miracula—Iohannis Baptistae—in Pontiscorvi Oppido Campaniae facta saec. XII , è ricordato un Grimoaldo arciprete della stessa città. col quale comunemente viene identificato; un vescovo anonimo di Aquino è l'autore della narrazione. Secondo questo racconto, un certo Giovanni Mele tentato dal demonio e sul punto di perdere la vita, ebbe un'apparizione di s. Giovanni Battista, il quale gli disse di recarsi da Grimoaldo arciprete di Pontecorvo e di esortarlo a continuare la sua vita di digiuno, di preghiera e di elemosina. Doveva poi anche esortare i1 popolo a costruire un'edicola in suo onore. Giovanni Mele, temendo di essere preso per visionario, non eseguí l'ordine; il santo gli mandò allora un altro messo per spingerlo ad adempiere l'incarico. Ambedue si portarono da Grimoaldo e riferirono l'ambasciata da parte del santo. Il popolo accorse sul luogo dell'apparizione e nel 1137 cominciò ad edificare l'oratorio, le cui fondazioni furono benedette dal vescovo di Aquino, Guarino, che l'anonimo scrittore chiama suo antecessore.
``Delle reliquie di Grimoaldo furono fatte ricognizioni nel 1760, 1862, 1952.





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00martedì 29 settembre 2009 11:25

San Lotario I Imperatore e monaco

29 settembre

795 – 29 settembre 855

Sacro Romano Imperatore, re d'Italia dal 818 al 839, era il figlio maggiore dell'imperatore Ludovico il Pio e di sua moglie Irmengarda. Si sa poco dei primi anni della sua vita, che trascorse probabilmente alla corte di suo nonno Carlomagno, fino al 815 quando fu inviato a governare la Baviera. Quando Ludovico divise l'Impero tra i suoi figli nel 817, Lotario fu incoronato imperatore aggiunto ad Aquisgrana ed ebbe una certa superiorità sui fratelli. Nell'821 sposò Irmengarda (che morirà nel 851), ed il 5 aprile 823, fu incoronato imperatore da Papa Pasquale I a Roma. Nell'855 si ammalò seriamente, e disperando della guarigione, rinunciò al trono, divise la sua terre tra i suoi tre figli e il 23 settembre entrò nel monastero di Prüm, dove morì giorni dopo. Fu seppellito a Prüm, dove le sue spoglie furono trovate nel 1860. Il suo culto, prettamente locale, non fu mai confermato ufficialmente dalla Chiesa.



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00martedì 29 settembre 2009 11:25

San Ludwino (Liudvino) di Treviri Vescovo

29 settembre


Martirologio Romano: A Mettlach sul fiume Saar nella Renania, in Germania, deposizione di san Liudvino, vescovo di Treviri, che, fondatore del monastero del luogo, morì piamente a Reims.



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00martedì 29 settembre 2009 11:26

San Maurizio di Langonnet Abate

29 settembre


Martirologio Romano: Nella Bretagna in Francia, san Maurizio, abate dapprima del monastero cistercense di Langonnet e poi di quello di Carnoët da lui fondato, dove riposò in fama di santità.



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00martedì 29 settembre 2009 11:26

Beato Nicola da Forca Palena

29 settembre

10 settembre 1349 - 1 ottobre 1449

Martirologio Romano: A Roma, beato Nicola da Forca Palena, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di San Girolamo, che sul colle Gianicolo fondò il monastero di sant’Onofrio, dove centenario riposò nel Signore.


Nel cuore di Roma, poco distante dalla Basilica di S. Pietro, sorge la chiesa di S. Onofrio al Gianicolo, il gioiello rinascimentale in cui è sepolto Torquato Tasso che qui visse l'ultimo periodo della sua vita e morì il 25 aprile 1595. Sotto la mensa dell'altare maggiore riposano invece le spoglie di Nicolò da Forca Palena, fondatore nel secolo XV del monastero e della chiesa.
La lunga vita del Beato ebbe inizio in una modesta casa di Forca (Chieti), tra le montagne abruzzesi, il 10 settembre 1349. Il giorno precedente un devastante terremoto aveva sconvolto l'Italia centro meridionale, complicando una situazione resa già difficile dalle ataviche lotte per il controllo delle terre, dall'asprezza del territorio e del clima, rigido per buona parte dell'anno. Forca, sebbene piccolo, sorgeva in una posizione strategica ed era spesso saccheggiato dalle compagnie di ventura.
Poco conosciamo dell'adolescenza di Nicolò. A circa trenta anni, con i suoi compaesani, fu costretto a trasferirsi nella vicina Palena che era difesa da possenti mura e dal castello del Conte Giovanni di Manoppello. Così, in una situazione più tranquilla, intraprese la vita religiosa. Nominato vicecurato della chiesa di Sant'Antonio, conquistò, per la grande bontà d'animo, la benevolenza del clero e del popolo e il suo ministero sacerdotale fu, per circa venti anni, molto intenso. La bellezza delle montagne e le verdi foreste circostanti ben si addicevano al suo spirito contemplativo.
Dopo un pellegrinaggio a Roma, sulle tombe degli apostoli e dei martiri, sentì il desiderio di una vita più raccolta e austera. Trasferitosi nella città eterna entrò in una comunità di eremiti guidata da Rinaldo di Piedimonte che non aveva una regola particolare, ma era aggregata al Terz'Ordine Francescano. Il cenobio sorgeva in una torre vicino alle terme di Nerone, presso la chiesa di S. Salvatore. Doti intellettuali e virtù morali eccellenti gli procurarono la fiducia dei confratelli e fu dunque naturale che, su indicazione dello stesso Rinaldo, venisse eletto, dopo la sua morte, successore nella carica di priore.
Nel 1400 era stato indetto il Giubileo. Ad alcune alte gerarchie ecclesiastiche in lotta per il potere, condizionate dalle potenze europee perennemente attente a controllare l'elezione e l'operato del papa, rispondeva il popolo con la nascita di movimenti ascetici collettivi come le compagnie dei flagellanti. Per molti anni, inoltre, al pontefice si contrapposero persino due antipapi e Roma, vivendo in condizioni di miseria, era provata da frequenti disordini che costringevano persino il papa a risiedere altrove. Questo fu il contesto in cui visse Nicolò.
Successivamente il nostro Beato, visto il numero crescente degli aspiranti compagni, fondò a Napoli un cenobio per gli eremiti di Sperlonga che prese il nome di S. Maria delle Grazie e un ospizio sulla piazza di Sant'Agnello.
Nel 1419 tornò a Roma e diede vita, sul Gianicolo, ad un romitorio con patrono Sant'Onofrio (l'anacoreta del IV secolo della Tebaide) per la cui costruzione ricevette aiuti da vari benefattori tra cui i Cardinali Condulmer (poi Papa Eugenio IV) e De Cupis. Conobbe il B. Pietro Gambacorta da Pisa, il nobile divenuto fondatore dei Poveri Eremiti di S. Girolamo e tra i due nacque un'amicizia fraterna.
Papa Eugenio IV, stimandolo moltissimo, lo volle nel 1434 e nel 1437 a Firenze (dove temporaneamente risiedeva), riformatore e fondatore di due monasteri. L'amore di Dio portò dunque più volte l'umile montanaro abruzzese ad abbandonare la vita contemplativa per operare in monasteri di grandi città.
Tornato definitivamente sul Gianicolo, da cui vedeva tutta la città, visse serenamente gli ultimi anni. Novantenne, diede ancora inizio alla costruzione della chiesa annessa al romitorio mentre, con i suoi compagni, confluiva nella congregazione del B. Pietro Gambacorta, i Girolamini, approvati dal papa nel 1446.
Nicolò morì centenario il 1° ottobre 1449. La salma, esposta tre giorni alla venerazione dei fedeli, fu tumulata sotto il pavimento della chiesa, come era allora consuetudine. Papa Nicolò V, il pontefice umanista suo amico, ne dettò la scritta sepolcrale: “…Tu elimini i mali senza alcuna scienza medica, perché in te l'amore, in te la fede, in te i doni di Cristo”.
Nel 1712 il corpo fu solennemente trasferito sotto la mensa dell'altare maggiore, dove è tuttora venerato. La costante devozione e i miracoli presso la sua tomba fecero istruire il processo di beatificazione che si concluse con l'approvazione del culto da parte di Papa Clemente XIV il 27 agosto 1771. Palena lo aveva già scelto compatrono il 14 marzo 1638 e ancora oggi gli dedica solenni festeggiamenti nel mese di agosto.
I Girolamini vennero ufficialmente sciolti nel 1933 mentre dal 1945 la chiesa di Sant'Onofrio è sede dell'Ordine Equestre del S. Sepolcro di Gerusalemme.





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00martedì 29 settembre 2009 11:27

Beati Paolo Bori Puig e Vincenzo Sales Genovés Gesuiti, martiri

29 settembre

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+ Valencia, Spagna, 29 settembre 1936

Padre Pablo Bori Puig nacque a Vilet de Maldá (Tarragona) il 12 novembre 1864 ed entrò nella Compagnia di Gesù nel 1891, ove divenne sacerdote. Fu tesoriere del lebbrosario di Fontilles e direttore spirituale dei gesuiti in dispersione.
Fratel Vicente Sales Genovés nacque a Valencia il 15 ottobre 1881 ed entrò nella Compagnia di Gesù nel 1915. Dopo aver svolto l’incarico di portiere nel Noviziato di Gandía, fu destinato a Valencia.
Durante la guerra civile spagnola furono uccisi insieme presso Valencia il 29 settembre 1936.

Martirologio Romano: A Valencia sempre in Spagna, beati martiri Paolo Bori Puig, sacerdote, e Vincenzo Sales Genovés, religioso, della Compagnia di Gesù, che sostennero il glorioso combattimento per Cristo.




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00martedì 29 settembre 2009 11:28

San Renato Goupil Martire

29 settembre

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Saint-Martin-du-Bois, Francia, 15 maggio 1608 - Ossenon, U.S.A., 29 settembre 1642

Martirologio Romano: Nel villaggio di Ossernenon in territorio canadese, passione di san Renato Goupil, martire, che, medico e collaboratore di sant’Isacco Jogues, fu ucciso da un pagano con un colpo di scure.


René Goupil nacque il 15 maggio 1608 a Saint-Martin-du-Bois, nella diocesi francese di Angers. Studiò a Chantilly, nei pressi di Parigi, ma dovette interrompere il suo noviziato dai Gesuiti a causa della sua sordità. Entrò allora tra i coadiutori, laici che si ponevano gratuitamente al servizio dei Gesuiti in cambio del loro sostentamento, ed essendo medico chirurgo si offrì volontario per andare a lavorare negli ospedali che la congregazione tra le altre cose aveva fondato in Canada. Nel 1640 René Goupil giunse così alla missione di Saint-Joseph de Sillery.
``Due anni dopo, intraprese un viaggio in canoa con Padre Isaac Jogues ed una quarantina di Uroni verso le missioni nelle terre di questo popolo, ma caddero in un imboscata tesa sul lago Saint-Pierre dagli Irochesi, acerrimi nemici degli Uroni. Furono torturati ferocemente e mutilati, vedendosi strappare prima le loro unghie e poi anche le dita. Nella notte li posero sdraiati a terra, nudi ed incatenati, e versarono loro addosso carboni ardenti e ceneri.
``Durante la prigionia il Goupil fu visto insegnare il segno della croce ad alcuni bambini ed allora venne ucciso con il tomahawk presso Ossenon il 29 Settembre 1642. Spirò pronunciando il nome di Gesù. Si trovava nei pressi dell’odierna Auriesville, nello stato di New York. Il suo decesso fu registrato nelle Relations des Jésuites.
``René Goupil non fu che il primo gesuita ad effondere con il suo sangue la terra del Nord America, seguito quattro anni dopo dal suddetto Isacco Jogues ed altri sei loro confratelli. Questi otto martiri furono beatificati nel 1925 e canonizzati nel 1930 da Papa Pio XI. Mentre la commemorazione del singolo San Renato Goupil ricorre nel Martyrologium Romanum in data odierna nell’anniversario del suo martirio, la festa collettiva di questo gruppo di martiri è fissata dal calendario liturgico al 19 ottobre.
``San Renato Goupil è talvolta considerato quale celeste patrono degli anestesisti. Una parrocchia è a lui dedicata nel quartiere Saint-Michel a Montréal, nei cui pressi si trova anche un parco omonimo. Altre parrocchie di Saint René Goupil si trovano nella diocesi di Gatineau-Hull e nello stato di Minnesota.





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00martedì 29 settembre 2009 11:28

Sante Ripsima, Gaiana e compagne Martiri in Armenia

29 settembre

Roma, III-IV secolo – Valeroctiste (Armenia), † 4 e 5 novembre 313

Martirologio Romano: A Ečmiadzin in Armenia, sante Ripsime, Gaiana e compagne, martiri.


La ‘Vita’ delle sante e la ‘Vita di s. Gregorio l’Illuminatore detto anche s. Gregorio Armeno, sono le fonti della tradizione armena che le ricorda.
In questa scheda, necessariamente succinta, si evita di riportare i racconti delle ‘Vite’ singole, come quelli delle tradizioni locali, preferendo dare un riassunto che comprenda tutte quelle parti comuni e convergenti delle singole fonti, storicamente accettate dagli studiosi agiografi.
Nel 306 a Roma, l’imperatore Massenzio (278-312) s’impadronì del potere e, secondo lo storico Eusebio, in principio lo usò con moderazione, ordinando la fine delle persecuzioni contro i cristiani; però col trascorrere del tempo, seguì la sua indole perversa e prese a sottrarre con il potere, le mogli ai loro mariti, specialmente quelle dei patrizi e dei senatori.
Le nobildonne di Roma passarono momenti difficili e quindi Hripsime, che apparteneva alla nobiltà imperiale, ma viveva vita monastica con altre compagne, sotto la guida di Gaiana nelle vicinanze di Roma, decise di lasciare la città per sfuggire a tale infamia; è da sottolineare che era dotata di una bellezza straordinaria, a tutti nota nell’ambiente della nobiltà.
Il gruppo di donne decise di spostarsi verso l’Oriente e l’itinerario della fuga fu determinato da altre circostanze; nel succedersi e avvicendarsi degli imperatori, chi a Roma chi in Oriente, nel 311 con Massimino Daia († 313) ricominciarono le persecuzioni contro i cristiani, che termineranno come è noto, con Costantino il Grande e l’editto di Milano del 313.
Per cui molti cristiani preferirono andare in esilio volontario nei paesi limitrofi, non assoggettati direttamente a Roma; così Hripsime e le compagne, furono prima in Egitto, poi in Palestina, Siria e infine in Armenia.
L’origine romana delle sante, appare molto probabile esaminando i loro nomi armeni, Gaiana è certamente il diminutivo di Gaia; Nune una delle compagne, reca il nome latino di Nona e il nome armeno di Hripsime sembra che sia l’alterazione del nome latino Crispina.
In Armenia le vicende terrene di Hripsime, Gaiana (priora) e delle altre 35 compagne, si intrecciano con quelle di s. Gregorio l’Illuminatore, apostolo dell’Armenia e alla cui scheda presente nel sito, si rimanda per un approfondimento e con la storia del re dell’epoca l’armeno Tiridate III († 330), che prima nemico del cristianesimo poi una volta convertito, ne appoggiò la diffusione in Armenia, collaborando con s. Gregorio l’Illuminatore.
La bellezza della giovane Hripsime non sfuggì all’attenzione del sovrano, il quale fattala venire al palazzo, la invitò a diventare sua moglie, ma la giovane, essendo consacrata a Dio, rifiutò resistendo per oltre due ore a tutte le offerte; secondo la leggenda fu ingaggiata fra i due una lotta accanita, ma Tiridate, pur essendo noto per la sua straordinaria forza, si dovette arrendere.
Fu chiamata quindi Gaiana, perché persuadesse la sua discepola ad accettare l’invito del re, perché ciò avrebbe salvato da sicura morte lei e tutte le altre compagne.
Gaiana invece esortò Hripsime a rimanere fedele a Cristo, che presto sarebbe venuto a coronarla di gloria; fra i presenti c’erano persone che comprendevano la lingua romana, per cui la schiaffeggiarono, la percossero e la misero in carcere con due delle sue discepole.
Hripsime lasciò il palazzo e si ricongiunse con il resto delle compagne; intanto il re Tiridate irritato per il rifiuto, ordinò di uccidere Gaiana, come principale responsabile di quanto avvenuto; ma l’esecutore dell’ordine per confusione e ignorando che Gaiana si trovava nelle carceri del palazzo, uccise invece Hripsime e le 33 compagne che erano con lei a Valeroctiste vicino alla capitale.
Il re Tiridate, il giorno dopo, ancora speranzoso, ordinò che gli fosse condotta davanti Hripsime, ma quando seppe che era stata uccisa, cadde in una profonda tristezza e comandò di decapitare anche Gaiana e le altre due discepole incarcerate.
Secondo l’agiografo, Hripsime e le 33 compagne, furono decapitate il giorno 26 Hori (corrispondente al 4 novembre del 313) e Gaiana e le due vergini il 27 Hori (5 novembre 313).
Pochi giorni dopo il martirio delle sante vergini, s. Gregorio l’Illuminatore fu liberato dal carcere, dove era stato gettato anni prima dal pagano Tiridate III, per ordine della sorella del re santa Khosrovidukht, perché guarisse il sovrano dalla licantropia, malattia in cui era caduto a causa della tristezza per la morte di Hripsime; la sorella del re aveva ricevuto una visione che le aveva ordinato di liberare Gregorio.
Il vescovo raccolse le reliquie delle martiri e dopo la guarigione del re e la sua successiva conversione, fece costruire tre cappelle sul luogo del martirio, che custodivano le tombe delle martiri.
Dette cappelle furono restaurate completamente nel VII secolo e in tale occasione furono riscoperte le reliquie; nel XVII secolo alcuni missionari tentarono inutilmente di trasferire le reliquie in Occidente, ma esse sono rimaste in Armenia e le tre cappelle godono di una speciale cura del governo, come gioielli dell’architettura armena.
La Chiesa Armena festeggia le martiri in due giorni successivi, il lunedì e martedì dopo la festa della SS. Trinità; la popolarità di Hripsime, Gaiana e compagne martiri, è dovuta al fatto, che esse con il loro martirio, furono all’origine della conversione di tutta l’Armenia.
Il martirologio Romano le celebra il 29 settembre, mentre la Chiesa Greca le ricorda il 30 settembre.





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