3 agosto

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Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:06

Beato Agostino Kazotic Domenicano

3 agosto

Trau, 1260 c. - Lucera, 1323

Agostino Kazotic nacque da famiglia patrizia a Traù, in Dalmazia. Entrò nell'Ordine Domenicano a 15 anni. Nel 1286 fu mandato a Parigi per perfezionare i suoi studi. Al ritorno combatté energicamente l'eresia dilagante in Bosnia. Papa Benedetto XI, nel 1303, nominò e consacrò personalmente Agostino vescovo di Zagabria, dove prestò servizio sollecito durante le lotte interne per la successione al trono che ricadevano sulla gente comune. Nel 1322 il re Caroberto fece pressioni perché Agostino fosse trasferito a Lucera. La città era teatro di una sanguinosa lotta tra i saraceni e i cristiani che cercavano di insediarsi dopo quasi un secolo di forzato esilio. Col fascino del suo esempio, e la forza persuasiva della sua parola, in un solo anno Agostino ridonò alla città desolata un volto cristiano e un tenore di vita sereno. Morì a Lucera il 3 agosto 1323. La cattedrale ne conserva devotamente il corpo. Papa Innocenzo XII ha confermato il culto il 17 luglio 1700. (Avvenire)

Etimologia: Agostino = piccolo venerabile, dal latino

Martirologio Romano: A Lucera in Puglia, beato Agostino Kazotic, vescovo, dell’Ordine dei Predicatori, che dapprima resse la Chiesa di Zagabria e poi, per l’ostilità del re di Dalmazia, raggiunse la sede di Lucera, dove ebbe somma cura dei poveri e dei bisognosi.


Agostino Kazotic nacque da famiglia patrizia a Traù, in Dalmazia. Entrò nell’Ordine Domenicano a 15 anni. Dopo alcuni anni di permanenza a Spalato, nel 1286 fu mandato a Parigi per perfezionare i suoi studi. Al ritorno combatté energicamente l’eresia dilagante in Bosnia e strinse cordiale amicizia con l’ex Maestro dell’Ordine, Niccolò Boccasini, Legato Pontificio in Ungheria, e futuro Papa Benedetto XI. Questi, nel 1303, nominò e consacrò personalmente Agostino, Vescovo di Zagabria. Le lotte interne per la successione al trono, e le prepotenze dei nobili, desolavano quella Diocesi e per venti anni Agostino rifulse per zelo pastorale, sollecito, fino a dimenticare se stesso, dalla rinascita spirituale e temporale dei suoi figli. Nel 1322 oscuri intrighi lo misero in cattiva luce presso il Re Caroberto, per accondiscendere al suo desiderio Papa Giovanni XXII trasferì Agostino a Lucera. La città, che da pochi anni soltanto aveva mutato il nome di Lucera Saracenorum in quello di Lucera di Santa Maria, era teatro di una sanguinosa lotta tra i Saraceni superstiti e i cristiani, che cercavano di installarvisi dopo quasi un secolo di forzato esilio. Col fascino del suo esempio, e la forza persuasiva della sua parola, in un solo anno Agostino ridonò alla città desolata un volto cristiano e un tenore di vita sereno. Mori a Lucera il 3 agosto 1323. La cattedrale ne conserva devotamente il corpo. Papa Innocenzo XII il 17 luglio 1700 ha confermato il culto.



Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:07

Beati Alfonso Lopez Lopez e Michele Remon Salvador Francescani, martiri

3 agosto

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+ Samalus, Spagna, 3 agosto 1936

Religiosi francescani fucilati a Samalùs, Spagna, durante la Guerra Civile.

Martirologio Romano: Nel villaggio di Samalús vicino a Barcellona sempre in Spagna, beati martiri Alfonso López López, sacerdote, e Michele Remòn Salvador, religioso, dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, che nella medesima persecuzione per aver testimoniato Cristo ottennero la gloriosa vittoria.


Alfonso López López sacerdote
Secorun, Spagna, 16 novembre 1878 – Samalus, Spagna, 3 agosto 1936

Federico Lopez Lopez nacque a Secorun, nei pressi di Huesca in Spagna, il 16 novembre 1878. Ricoprì diversi uffici civili ma, sentendosi chiamato alla vita religiosa, nel 1906 lasciò tutto ed entrò nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali nel convento di Granollers. Inviato in Italia, venne ricevuto nella Provincia Serafica dell’Umbria. Compì il noviziato ad Osimo, emettendo la professione temporanea nel 1908 e quella solenne nel 1911, anno in cui fu ordinato sacerdote. Come religioso aveva assunto il nome di Alfonso. Fu penitenziere nella basilica di Loreto.
Padre Alfonso tornò poi in patria a Granollers, dove svolse fino al 1935 l’incarico di maestro dei postulanti e dei novizi. Si distinse sempre come cristiano virtuoso, principalmente nell’amore a Dio ed al prossimo, nonchè nella devozione alla Vergine Maria. Fu un ottimo formatore degli aspiranti alla vita consacrata, che dirigeva soprattutto con l’esempio della sua stessa vita.
Allo scoppio della guerra civile spagnola, Padre Alfonso si rifugiò in casa di alcuni amici. Fu comunque scovato ed arrestato il 3 di agosto 1936, insieme con Fra’ Miguel Remon Salvador ed un altro confratello che però si salvò. I due furono intrepidi di fronte alla sollecitazione all’apostasia. Alla fine li condussero a Samalus e li fucilarono in serata, mentre Padre Alfonso ripeteva, con spirito di fede e di carità: “Perdonali, Signore”.

Miguel Remon Salvador religioso
Caudé, Spagna, 17 settembre 1907 – Samalus, Spagna, 3 agosto 1936

Eugenio Remon Salvador nacque a Caudé, nella diocesi spagnola di Teruel, il 17 settembre 1907. Sentendosi chiamato alla vita religiosa, nel 1927 entrò nel convento di Granollers dei Frati Minori Conventuali, ove fece il noviziato sotto la guida del maestro Padre Alfonso Lopez Lopez, poi suo compagno di martirio.
Emise i voti temporanei nel 1928 e quelli solenni nel 1933. Come religioso assunse il nome di Miguel. Si dimostrò sempre affabile e pacifico: espletava i compiti affidatigli con grande spirito di servizio. Fu inviato in Italia per due anni, per svolgere alcuni incarichi nella celebre basilica di Loreto. Fece infine ritorno in patria a Granollers nel 1935.
A causa della rivoluzione anticristiana si rifugiò in casa di alcuni amici con il suo maestro, ove furono arrestati il 3 agosto 1936. La sera dello stesso giorno entrambi vennero fucilati insieme, dopo aver detto: “Non rinnegheremo mai quelle cose che abbiamo professato”.

Alfonso Lopez Lopez, Michele Remon Salvador e quattro loro confratelli appartenenti all’Ordine dei Frati Minori Conventuali furono beatificati l’11 marzo 2001 da Papa Giovanni Paolo II con un gruppo composto complessivamente di ben 233 martiri della medesima persecuzione.



Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:08

Sant' Aspreno di Napoli Vescovo

3 agosto

Primo vescovo di Napoli, visse tra la fine del I secolo e gli inizi del II, epoca a cui si fanno risalire gli inizi della Chiesa partenopea. Vari antichi documenti, tra i quali il Calendario marmoreo di Napoli, fissano la durata del suo episcopato in 23 anni. Secondo una leggenda si sarebbe convertito dopo essere stato guarito da san Pietro, che lo consacrò poi vescovo. Fece costruire l'oratorio di Santa Maria del Principio, su cui sarebbe poi sorta la basilica di Santa Restituta e la chiesa di San Pietro ad aram. Dopo san Gennaro è il secondo dei 47 protettori di Napoli i cui busti sono custoditi nella Cappella del tesoro in Duomo, dove sarebbe anche conservato il bastone con cui san Pietro lo guarì. Nella città, in epoche diverse, furono elette due chiese in suo onore e una cappella gli è dedicata nell'antichissima basilica di Santa Restituta.È invocato contro l'emicrania e la sua festa liturgica viene ricordata nel Martirologio romano e nel Calendario marmoreo al 3 agosto. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Napoli, sant’Asprenato, primo vescovo della città.


Moltissimi napoletani, presi dalla grande devozione per il patrono principale della città s. Gennaro e dal suo periodico spettacolare miracolo della liquefazione del sangue, hanno dimenticato o addirittura ignorano che il primo vescovo della nascente comunità cristiana di Napoli fu s. Aspreno, mentre s. Gennaro fu vescovo di Benevento e morto martire a Pozzuoli vicino Napoli.
Di s. Aspreno di certo si sa che è della fine del I secolo, inizi del II, epoca in cui i più recenti studi archeologici, fissano gli inizi della Chiesa napoletana, a conferma di ciò, si sa che il nome Aspreno era molto diffuso nel periodo della repubblica e nei primi tempi dell’Impero romano, poi cadde in disuso.
Vari antichi documenti compreso il famoso Calendario Marmoreo di Napoli, ne attestano la sua esistenza al tempo degli imperatori Traiano ed Adriano e fissano in ventitré anni la durata del suo episcopato.
Della sua vita non si sa niente di certo, ma un’antichissima leggenda ripresa poi da testi successivi con rimaneggiamenti, narra che s. Pietro, fondata la Chiesa d’Antiochia, dirigendosi verso Roma con alcuni discepoli, passò per Napoli, qui incontrò una vecchietta ammalata (identificata poi con s. Candida la Vecchia) che promise di aderire alla nuova fede se fosse stata guarita.
Pietro fa un esorcismo contro la malattia e i discepoli antiocheni rispondono con un Amen! Candida guarita, gli raccomanda un suo amico di nome Aspreno da tempo ammalato e che se guarito anche lui certamente si sarebbe convertito.
A questo punto Pietro guarisce anche lui e dopo averlo catechizzato, lo battezza. Il cristianesimo ebbe subito una diffusione in Napoli e quando Pietro decise di riprendere il viaggio per Roma, consacrò lo stesso Aspreno come vescovo. Egli fece costruire l’oratorio di S. Maria del Principio su cui sorgerà la basilica di s. Restituta e fondò la chiesa di S. Pietro ad Aram ove ancora oggi è conservato l’altare su cui l’Apostolo celebrò il Sacrificio.
Il santo vescovo morì ricco di meriti, e vari miracoli furono ottenuti per sua intercessione; il suo sepolcro fu posto nell’oratorio di S. Maria del Principio, alcuni studi più recenti dicono che fu posto nelle catacombe di S. Gennaro, nella cui basilichetta superiore vi erano le immagini, non ben conservate, dei primi 14 vescovi napoletani, il vescovo Giovanni lo Scriba (842-49) fece trasportare i resti nella basilica Stefania, dedicando ad ognuno una tumulazione con immagine e s. Aspreno sotto l’altare della cappella a lui dedicata.
Dopo s. Gennaro è il secondo dei 47 santi protettori di Napoli, i cui busti d’argento sono custoditi nella cappella del tesoro di s. Gennaro nel Duomo, lì vi sarebbe conservato il bastone con cui s. Pietro lo guarì.
Nella città in epoche diverse furono elette due chiese in suo onore e una cappella gli è dedicata nell’antichissima basilica di s. Restituta.
È invocato contro l’emicrania, la sua festa liturgica viene ricordata nel Martirologio Romano e nel Calendario Marmoreo al 3 agosto.


Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:09

Sant' Eufronio di Autun Vescovo

3 agosto

Martirologio Romano: A Autun nella Gallia lugdunense, in Francia, sant’Eufronio, vescovo, che costruì la basilica di san Sinforiano martire e ornò con maggior decoro il sepolcro di san Martino di Tours.



Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:09

Beato Francesco (Francisco) Bandrés Sanchez Sacerdote salesiano e martire

3 agosto

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Hecho, Spagna, 24 aprile 1896 – Barcellona, Spagna, 2 agosto 1936

Martirologio Romano: A Barcellona ancora in Spagna, beato Francesco Bandrés Sánchez, sacerdote della Società Salesiana e martire, che sempre nella stessa persecuzione confermò con il suo sangue la propria fedeltà al Signore.


Nacque a Hecho (Huesca) il 24 aprile 1896. Fu allievo delle nostre scuole in Huesca; passò al seminano di Campello (Alicante) e poi al noviziato di Carabanchel (Madrid). Emisei suoi voti nel I9 I 3 e fu ordinato sacerdote nel 1922. Svolse la sua attività in Barcellona, Mataro e Sarria, dove lo raggiunsero le conseguenze delle giornate rivoluzionarie dell'ottobre del 1934 in piena Repubblica e, posteriormente, la guerra civile. Fu un uomo intraprendente, con una serietà gentile e un alto senso della giustiziae della comprensione. Iniziata la guerra civile, si diede da fare per salvaretutti i salesiani e mettere in buone mani gli allievi del collegio di Sarria. Quando stava per lasciareun rifugio rowisono presso un cooperatore, fu incarcerato. Si tentò in molti modi la sua liberazione, ma la risposta era sempre la stessa: "Non lo troverete né vivo né morto". Sembra che soffrì il martirio in una delle tante carceri di tortura di Barcellona.



Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:10

Beato Fulgenzio da Quesada Mercedario

3 agosto

XIII secolo

Generoso mercedario di nobili origini, il Beato Fulgenzio de Quesada, fu inviato da San Pietro de Amer per la provincia di Castiglia a redimere in Marocco. Dopo aver sofferto molti tormenti per il nome di Cristo, liberò 204 schiavi nell'anno 1282 strappandoli da una crudele schiavitù. Finché insigne per santità, glorioso per i meriti e miracoli morì in pace.
L'Ordine lo festeggia il 3 agosto.



Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:11

Sante Licinia, Leonzia, Ampelia e Flavia Vergini di Vercelli

3 agosto

Seconda metà del V secolo


Anche le sante sorelle, Licinia, Leonzia, Ampelia e Flavia, costituirono il degno corollario di santità, che circondò la figura e l’opera del grande santo protovescovo di Vercelli, s. Eusebio († 1° agosto 371); il quale con il suo celebre cenobio, formò e produsse tante figure sante, soprattutto di vescovi, che onorarono con il loro illuminato episcopato, quasi tutte le diocesi dell’Italia Settentrionale, a partire dalla stessa antica diocesi di Vercelli.
Ma sant’Eusebio fondò anche un monastero femminile a Vercelli, affidandolo alla sorella sant’Eusebia, che ne divenne la prima superiora. E in questo monastero, sin dai primi tempi, fiorirono esemplari e sante figure di monache, fra le quali le suddette quattro vergini di cui parliamo.
Il monastero sorse presso la chiesa cattedrale, il cui vescovo era s. Eusebio, notissimo per la sua austerità e dottrina spirituale, che ne dettò insieme alla sorella, le norme di vita ascetica.
Le monache dovevano praticare digiuni, vivere in rigida povertà, raccogliersi più volte al giorno e anche nella notte, a cantare in coro le lodi del Signore, osservare scrupolosamente la clausura, occupare le ore libere nel lavoro per il soddisfacimento delle necessità del monastero e provvedere anche al servizio della cattedrale con la cura delle suppellettili e dei paramenti.
All’interno della basilica cattedrale, correva sulle navate laterali e nel vestibolo un matroneo, da dove le monache assistevano ai sacri riti, associandosi alle preghiere del popolo.
Oltre il nome della prima superiora s. Eusebia, si conoscono solo otto o nove nomi di monache, conservati nelle antiche iscrizioni che ornavano i loro sepolcri; è il caso delle monache Zenobia, Costanza e delle quattro di cui parliamo; anzi Licinia, Leonzia, Ampelia e Flavia, ebbero culto nell’antica liturgia eusebiana e furono invocate con i santi di quella Chiesa nelle litanie.
Un’iscrizione metrica e acrostica ornava il sepolcro delle quattro vergini e ne esaltava le virtù con espressioni colme di ammirazione, in epoca recente il marmo andò smarrito, ma fortunatamente i trenta versi del carme erano stati in precedenza trascritti e sono attualmente l’unica fonte che fornisce notizie su di loro.
Da questa iscrizione si apprende nell’ultimo verso, che la nipote delle sante vergini che erano quattro sorelle, di nome Taurina, monaca anch’essa e forse superiora, volle collocare sul sepolcro che le custodiva tutte insieme, il carme che fu composto probabilmente dal vescovo s. Flaviano, già alunno del cenobio eusebiano e poeta celebrante i meriti dei personaggi più degni, fioriti nella Chiesa vercellese.
Caratteristica singolare del carme, è che non sono nominate le quattro sorelle ma l’autore alla fine dell’elogio, avverte i lettori che i suoi versi sono acrostici (componimento poetico in cui le iniziali dei singoli versi, lette nell’ordine, formano una o più parole, come ad esempio, il nome della persona a cui esso è dedicato); quindi i nome delle sorelle si apprendono leggendo di seguito le prime lettere dei 30 versi.
Per quando riguarda l’epoca in cui vissero, calcolando l’età della loro nipote Taurina, vissuta una generazione dopo di esse ed essendo la nipote contemporanea di s. Flaviano († 542), si può calcolare che Licinia, Leonzia, Ampelia e Flavia, siano vissute nella seconda metà del secolo precedente, cioè del V; quindi un centinaio d’anni dopo la fondazione del monastero; inoltre i loro nomi classicamente romani, indicano che vissero in periodo anteriore alle invasioni barbariche.
I versi del suddetto carme elogiano la pietà e la fede dei genitori, che avevano donato e dedicato al celeste Re, tante figlie nel monastero eusebiano; particolare estro poetico, l’autore lo dedica alla madre delle quattro sorelle, Maria, che diede alla luce le elette pecorelle e riposa nella pace eterna illuminata dalla luce dei quattro astri splendenti, così come quando accompagnò nel tempio le sue vergini figlie, che cantando si apprestavano a consacrarsi a Dio.
Il carme continua encomiando le virtù delle quattro sorelle, che nel monastero apparvero ornate di fiori e come le vergini della parabola evangelica, pregando attesero la venuta dello Sposo divino, avvolte nel loro abito monacale.
Sotto il velo imposto sul loro capo dal vescovo celebrante, trascorsero l’innocente vita ricca di opere buone. Ed ora i loro corpi, liberi da ogni sofferenza, giacciono in un unico sepolcro, tanto fu l’amore che le tenne unite in vita, che un sol tumulo le custodisce e conserva alla venerazione dei fedeli.
Lo storico M. A. Cusano, pone le quattro sante al 3 agosto nel Calendario Eusebiano da lui pubblicato. Le loro reliquie sono nella cattedrale di Vercelli e una parte anche nella Chiesa della Casa Madre della Congregazione delle Suore Figlie di S. Eusebio, fondata a Vercelli il 29 marzo 1899 da mons. Dario Bognetti e da suor Eusebia Arrigoni, la cui spiritualità si rifà al millenario monastero eusebiano.


Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:12

Beato Luigi de Ortofin Mercedario

3 agosto

Famoso per lo zelo nella fede, la santità della vita ed i miracoli, il Beato Luigi de Ortofin, spinto da un grandissimo amore verso gli schiavi, rimase per 15 anni come ostaggio in Africa servendo gli ammalati e i poveri detenuti. Liberato dalle catene, pieno di meriti e onorando l'Ordine Mercedario, migrò in cielo.
L'Ordine lo festeggia il 3 agosto.


Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:12

San Martino Eremita

3 agosto

500 - 3 agosto 580

Patronato: Carinola (CE)

Martirologio Romano: Sul monte Massico in Campania, san Martino, che condusse vita solitaria e rimase per molti anni recluso in un angustissimo speco.


Nobile romano o comunque laziale, si chiamò Marco, o Marzio, da cui venne poi il nome di Martino, datogli da S. Gregorio Magno che nei suoi Sermoni elogiò la santità e la grandezza di questo umile seguace di Cristo.
Nacque intorno all’anno 500. Si desume ciò dal fatto che quando nell’anno 529 S. Benedetto si trasferì da Subiaco a Montecassino, trovò già sul posto questo giovane eremita, che aveva dai 25 ai 30 anni. Difatti Martino aveva scelto la montagna sovrastante Cassino come luogo di preghiera e di penitenza. Solitario abitava in un anfratto di roccia quando lo raggiunse S. Benedetto. Insieme digiunarono e pregarono per un po’ di tempo, ma non concordarono sul sistema di vita: mentre S. Benedetto voleva unire alla preghiera e alla penitenza anche l’apostolato a favore dei pastori e della povera gente che abitava in quelle case sperdute, S. Martino prediligeva la vita di solitario, eremita, dedicandosi solo alla lode perenne a Dio.. Cosicché non andando d’accordo, decisero di separarsi. S. Benedetto rimase a Montacassino, S. Martino emigrò ancora e scelse come suo luogo di preghiera Monte Massico, nella terra di Falerno, tra le contee di Carinola e di Mondragone. Trovò un anfratto di roccia, che adattò come sua cella, e tutto il giorno Martino lo passava tra preghiere, penitenze e contemplazione, rimanendo in contatto con S. Benedetto. Per rendere più dura la sua penitenza S. Martino si legò una catena al piede, fissando l’altro capo ad un ceppo di pietra e visse così per quasi tre anni. Fu poi S. Benedetto a pregarlo di sciogliersi da quella catena, bastandogli essere incatenato a Cristo per amore. S. Martino obbedì, pur continuando in una vita di estrema mortificazione e penitenza.
Il Papa S. Gregorio Magno ricorda i miracoli operati in vita da S. Martino. E la fama della santità di Martino era sempre più diffusa tra la gente dei circostanti villaggi, per cui varie persone, a gruppi spesso, andavano per chiedere preghiere ed essere benedetti dal Santo eremita. Santo taumaturgico. Ma Santo eccezionale per spirito di preghiera e penitenza. Alla fascinosità di corti imperiali o di corti di ricchi e potenti, contrappone la spelonca oscura di un monte solitario, sul quale si consuma, come un olocausto, l’umanità e la santità di questo eroe cristiano, che rifulgerà nel tempo e nei secoli successivi. Ammirazione popolare e desiderio di imitazione che portarono intorno a Martino altri giovani che man mano formano con Lui una piccola comunità che cresce anno per anno e Martino li assunse quali suoi discepoli, per i quali costruì delle celle per abitazione e una Chiesa per la preghiera comune. Martino diviene Padre. Abate di questa nuova comunità che fiorisce intorno a Lui, sul Monte Massico. E sono i suoi Monaci che lo sostengono nel periodo di debolezza fisica che lo porterà all’incontro col Signore che viene.
E così quando il 3 agosto dell’anno 580 Martino chiuse gli occhi a questa terra, i Suoi Monaci seppellirono il suo corpo nella Chiesa del Monastero, dove rimase alla venerazione dei fedeli fino al 26 giugno 1094, quando S. Bernardo Vescovo di Carinola raccolse i resti del Santo per portarli nel Duomo di Carinola, da lui costruito. Ed il Signore veglia sul corpo di S. Martino che altri volevano rimuovere da Monte Massico. Vari Vescovi del circondario ed anche autorità civili avevano più volte tentato di impossessarsi del corpo di S. Martino per portarlo nelle loro Chiese. Ma ogni tentativo era sempre andato male, perché come si avvicinavano alla Chiesa avvenivano dei segni straordinari:terremoti o temporali violenti per cui dovevano desistere dall’impresa. Vi tentò invano anche il Principe di Benevento, (758-787), ma il Santo non volle e fece tremare la terra per cui tutti tornarono indietro spaventati. I Saraceni tra l’anno 840-881 si preparavano ad assalire e a saccheggiare il Monastero.Ma Martino appare ai suoi Monaci (circa 300), si unisce a loro per sconfiggere i Saraceni, che nel trambusto della battaglia, lasciarono circa 2000 morti. Bernardo, da autentico carinolese, aveva un culto speciale a S. Martino, eremita del Monte Massico. Così che appena la Cattedrale fu coperta, Bernardo volle arricchirla trasferendovi le reliquie di S. Martino, che Egli stesso proclamò Patrono della Città e Diocesi di Carinola. E così organizzò un grande pellegrinaggio ed il mattino del 26 giugno 1094, seguito dal clero, dalle autorità e dal popolo raggiunse il Cenobio di Monte Massico e con le sue mani raccolse le reliquie ossee di S. Martino, le sigillò in un’urna di marmo, e tra canti e preghiere, ridiscese il Monte Massico e translò la sacre reliquie nella nuova Cattedrale. Il Monastero, dunque, dal VI secolo fu attivo fino al X secolo e forse anche oltre.


Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:13

San Pietro di Anagni Vescovo

3 agosto

+ 1105

San Pietro de’ Principi di Salerno, monaco benedettino, fu eletto dal clero e dal popolo alla cattedra episcopale di Anagni dopo la morte del vescovo Bernardo. Fu consacrato a Roma dal Papa Alessandro II, del quale era stato cappellano. Curò la costruzione della cattedrale dal 1073 al 1104 e si impegnò nella riforma della vita del clero e di tutti i cristiani. Morto nel 1105, la sua canonizzazione avvenne a Segni nel 1110 ad opera di Papa Pasquale II.

Martirologio Romano: Ad Anagni nel Lazio, san Pietro, vescovo, che rifulse dapprima per l’osservanza monastica e in seguito per lo zelo pastorale, portando a termine la costruzione della cattedrale.


Con Bolla data da Segni il 4 giug. 1110, indirizzata ai vescovi di Anagni e della Campania romana, il papa Pasquale II annoverava Pietro, già vescovo di Anagni, nel catalogo dei santi, ne autorizzava il culto per le diocesi della Campania e ne assegnava la celebrazione al 3 ag. Per le virtù esercitate dal santo ed i fatti miracolosi con cui la divina grazia lo aveva illustrato in vita e dopo morte, la Bolla faceva riferimento alla fedele narrazione di Bruno, vescovo di Segni.
Questa narrazione non ci è pervenuta, ma per la conoscenza di Pietro ci è rimasta una leggenda com­posta poco prima del 1181. purtroppo non conser­vata nella sua integrità. Essa manca, infatti, del prologo ed ha subito qualche altro taglio quando, nel 1325, fu distribuita in parti che dovevano servire come lezioni per la celebrazione dei divini Uffici nel giorno festivo del santo e nell'ottava. L'Ufficio del santo con le dette lezioni è ripor­tato dal Lectionarium per annum ad usum ecclesiae Anagninae.
Per la composizione della leggenda l'anonimo autore, che probabilmente appartiene al clero della cattedrale, ebbe a disposizione — oltre la Vita scritta da Bruno di Segni, che forse ne costi­tuisce l'ordito — la relazione, composta tra il 1113 ed il 1117 dal vescovo Pietro II di Ana­gni. dei prodigi verificatisi durante la duplice tra­slazione del martire Magno e durante la ricogni­zione ad onera di Pietro delle reliquie e, infine, la tra­dizione orale della Chiesa anagnina. Pertanto, quan­tunque manifesti alcune incongruenze riguardanti la cronologia e le circostanze dei fatti narrati, la leggenda è da ritenere sostanzialmente attendibile.
Essa ci presenta il santo vescovo, animato dallo spirito della riforma gregoriana, tutto intento, nella sede a lui affidata da papa Alessandro II, all'opera di restauro della disciplina ecclesiastica, a ravvi­vare il culto del martire Magno, a rivendicare i beni della sua Chiesa, usurpati dai laici, e rico­struire dalle fondamenta l'edificio fatiscente della cattedrale.
Lo avevano preparato all'ufficio pastorale la vita di raccoglimento e di preghiera, cui era stato avviato fin da fanciullo, quando, discendente dalla famiglia dei principi longobardi di Salerno e rimasto orfano dei genitori, fu offerto al mona­stero di S. Benedetto, lo studio quivi perseguito dei sacri canoni e la pratica nella trattazione degli affari ecclesiastici acquisita presso Alessandro II, al cui servizio, come cappellano, lo volle addetto il cardinale Ildebrando, dopo averlo tratto dal monastero salernitano. Durante il suo episcopato Alessandro II si valse ancora di lui, inviandolo come apocrisario presso l'imperatore d'Oriente Michele VII pro concordia fidei. Mancò poi nuova­mente dalla sua sede avendo seguito, nella crociata, Boemondo di Taranto, recandosi poi ancora a Costantinopoli presso l'imperatore.
In Anagni, dovette molto soffrire a causa dei chierici nemici della riforma, ma quando, dopo quarantatre anni di episcopato, venne a morte il 3 ag. 1105, l'ardua opera era compiuta: ricostruita la cattedrale e restaurata la disciplina canonica, con la vita comune; ecclesiastici da lui formati erano pronti a succedergli degnamente nel regime della Chiesa anagnina. Il suo amico e collabora­tore, Bruno di Segni, poté allora, dopo averne celebrato le esequie, narrarne la vita edificante e preparare la sua glorificazione. Per le vicende del culto, ricordiamo che, dopo la proclamazione della santità di Pietro, avvenuta il 4 giug. 1110, il secondo successore del santo, Pietro II, come è riferito nella leggenda, curò la traslazione del corpo di lui dalla basilica superiore alla inferiore. Quivi, dopo oltre due secoli, il canonico anagnmo Jacopo de Guerra restaurava l'altare eretto in suo onore, consacrato poi il giorno 11 febb. 1324, e, in un'ampia nicchia scavata nella parete di fondo, faceva dipingere, nobilmente seduto in cattedra, il santo vescovo, tra le figure erette delle sante Aurelia e Neomisia. Infine, una costituzione capi­tolare del 15 genn. 1325 stabiliva che la celebra­zione festiva del santo fosse elevata a rito doppio con ottava, come quelle di s. Magno e di s. Secon­dina. La Chiesa anagnina celebra tuttora la sua festa il 3 ag., ma poiché egli è paironus minus principalis della città e diocesi, il suo busto di rame argentato, con reliquia, opera del 1541, viene esposto accanto al busto simile del martire Magno nelle celebrazioni patronali del 19 agosto.



Stellina788
00domenica 25 luglio 2010 17:14

Beato Salvatore Ferrandis Seguì Sacerdote e martire

3 agosto

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Martirologio Romano: Ad Alicante in Spagna, beato Salvatore Ferrandis Seguì, sacerdote e martire, che versò il sangue per Cristo durante la persecuzione contro la fede e conseguì la palma della vittoria.




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