3 maggio

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Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:08

Beato Adamo di Cantalupo in Sabina

3 maggio

Etimologia: Adamo = nato dalla terra, dall'ebraico

Sant’Adamo, così è chiamato dagli abitanti di Cantalupo.
In realtà Adamo è un Beato (in forza del decreto di Urbano VIII del 1634).
Sulla sponda destra del torrente Galantina sorgeva un vicus, già noto in epoca romana (e sicuramente anche al tempo degli antichi sabini) ed abitato fino all’alto medioevo. Dal vicus in questione e dal vicino oppidum sarebbero emigrati i fondatori del castrum Cantalupi.
Successivamente al diruto villaggio sarebbe pervenuto uno di quei tanti monaci che, secondo un genere di vita che andava fiorendo nel secolo XI, oltre a condurre un’ esistenza solitaria dedita alla preghiera ed al lavoro, attendevano anche al recupero degli edifici di culto distrutti o abbandonati a seguito della occupazione saracena. Dalla disponibilità del suo cuore verso il prossimo, all’eremita Adamo derivò fama di Santo; reputazione che non cesserà con il passare dei secoli anche per un eclatante miracolo che avrebbe compiuto.
È infatti tradizione popolare che un giorno Adamo, vedendo un carrettiere in difficoltà lungo l’erta che conduce a Cantalupo, si sarebbe premurato di aiutarlo.
Ma mentre spingeva il pesante carro il mulo lo avrebbe colpito alla fronte con un calcio. Immediata la reazione del mulattiere che, armatosi di un ferro da taglio, avrebbe reciso con un fendente la zampa scellerata.
Fu allora che Adamo, recuperato lo zoccolo, lo avrebbe miracolosamente riattaccato al moncone. Oltre a questo prodigio la tradizione attribuisce ad Adamo di aver tramutato, per ristorare alcuni mietitori, l’acqua in vino.
La popolazione di Cantalupo in Sabina (RI) è legata a questo Beato da una devozione e da un affetto particolare.
In questo centro della bassa Sabina esiste fuori paese una chiesa a Lui dedicata (l’eremo di San Adamo).
In origine era una cappella costruita sulla tomba dell’eremita. Nota sin dal 1000, nel XV secolo la cappella fu ampliata fino ad assumere le fattezze dell’attuale chiesa. La chiesa è jus patronato della famiglia Cati.
All’interno della chiesa c’era una statua che così raffigurava il Beato Adamo: un uomo abbastanza anziano, calvo, con una folta barba bianca vestito da frate. Nella statua il Santo aveva (oltre all’aureola) sulla mano destra una specie di martello, mentre in quella sinistra un attrezzo agricolo. La statua del Santo aveva anche 2 fila di cuori , legati ad uno ad uno che partivano dalle 2 braccia ed arrivavano fino ai piedi. Un cuore in metallo (più grande degli altri) si trovava anche sul petto di Sant’Adamo.
In pratica questi cuori testimoniano delle grazie ricevute.
La festività ricorre il 3 di maggio (Bollandus Acta Sanctorum -Die tertia maij-).



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:09

Sant' Alessandro I Papa e martire

3 maggio

m. 3 maggio 115/116

(Papa dal 105 al 115).
Nobile romano, ebbe al narra la tradizione al come maestri Plinio il Giovane e Plutarco. Fu eletto successore di Evaristo in giovanissima età, quando non aveva ancora compiuto trent'anni.

Patronato: Barrafranca (EN)

Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco

Emblema: Palma


Nel Liber pontificalis è detto “natione Romanus, ex patre Alexandro, de regione caput Tauri”. Tale indicazione topografica allude alla zona vicina a S. Bibiana, all'estremità della V regione Augustea, dove L. Statilius Taurus, console nel 44 d.C., eresse i suoi horti e il suo forum e nel Medioevo fu detta Taurina la porta S. Lorenzo. Il suo pontificato va dall'anno 105 al 115. Quindi è indicato il suo martirio, avendo a compagni “Eventius presbiter et Theodolus diaconus”; sepolto sulla “via Numentana, ubi decollatus est, ab urbe Roma non longe, milliario VII, nonas mai”, cioè il 3 maggio.
Il Martirologio geronimiano alla stessa data segna: “Romae via Nomentana, miliario VII, natale sanctorum Eventi, Alexandri, Theodoli”. Manca ogni indicazione di episcopi, che dà sempre ai papi, e non lo mette al primo posto; queste due circostanze fecero dubitare al Fiorentini dell'identità del papa e del martire.
Nell'itinerario del VII sec. inserito da Guglielmo di Malmesbury nei Gesta Regum Anglorum, fuori della porta Nomentana è segnato: “In septimo miliario eiusdem viae sanctus papa Alexander, cum Eventio et Theodolo pausant ”.
Questa notizia dipende dalla passio, come pure dalla passio dipende il Liber pontificalis.
La passio fa i due compagni di Alessandro ambo presbyteri. Tutti sarebbero stati sepolti da Severina, moglie del comes Aureliano che li aveva condannati, “in septimo milliario ab urbe Roma via Numentana in praedium suum, Eventium et Alexandrum in uno posuit monumento, Theodolum vero solum in loco altero sepelivit”. La passio non ha valore storico, ed è ritenuta dal Duchesne non anteriore al sec. VI; vi si parla anche dei martiri Ermete, Quirino tribuno e di sua figlia Balbina.
Ma le indicazioni topografiche e l'unione dei tre nomi che ricorrono sia nel Liber pontificalis che nel Martirologio geronimiano, nella passio e nell'itinerario detto Malmesburiense sono risultate esatte quando nel 1855 si scoprì al VII miglio della via Nomentana un cimitero e un complesso basilicale con due tombe venerate. Sulla prima era stato eretto un altare con l'iscrizione:
...ET ALEXANDRO DELICATVS VOTO POSVIT DEDICANTE AEPISCOPO VRS(0)
L'Ursus fu identificato dal Duchesne con il vescovo di Nomentum di tal nome ricordato in una lettera del papa Innocenzo I (401-417). L'iscrizione è, dunque, dell'inizio del sec. V e dimostra che Alexander è nominato per ultimo, senza alcuna dignità gerarchica, rafforzando i dubbi espressi dal Duchesne. Il cimitero e i monumenti in esso contenuti non permettono in alcun modo una datazione così remota, come l'età di Traiano, ma si tratta di un cimitero locale, iniziato non prima della seconda metà del sec. III.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:09

Sant' Ansfrido di Utrecht Vescovo e confessore

3 maggio

m. 1008 circa

Martirologio Romano: Nel monastero di Fohorst nelle Fiandre, nel territorio dell’odierno Belgio, transito di sant’Ansfrido, vescovo di Utrecht, che, colpito da cecità, si ritirò in questo luogo.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:10

Beato Arnaldo de Rossinol Mercedario

3 maggio

+ Valenza, Spagna, 3 maggio 1317

Appartenente alla famiglia spagnola dei Rossinol e degli Olivella, il Beato Arnaldo rimase orfano e lo zio, arcivescovo di Tarragona, lo prese nel suo palazzo, poi lo fece ammettere alla corte di Re Pietro III° il quale gli fece un ricco dono. Ma il giovane ben presto abbandonò la corte e staccò il cuore dalle grandezze mondane per entrare nell’Ordine Mercedario come cavaliere laico. Si distinse così grandemente per la pratica di tutte le virtù che lo inviarono in redenzione prima in Andalusia poi a Tunisi in Africa dove, donandosi anche come ostaggio, liberò molti schiavi. Per lo zelo e la prudenza dimostrata nel trattare i riscatti, al suo ritorno fu nominato commendatore del convento di Lerida ricevendo così una grande stima da tutti i cavalieri che il 12 novembre 1308 lo proclamarono Maestro Generale.
Governò l’Ordine fino alla morte avvenuta a causa di una grave malattia nel convento di Santa Maria degli Angeli in El Puig presso Valenza, il 3 maggio 1317 e santamente andò nella pace del Signore.
L’Ordine lo festeggia il 3 maggio.




Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:11

San Conlaedo Vescovo di Kildare

3 maggio

m. 520 circa

Martirologio Romano: A Kildare in Irlanda, san Conlaédo, vescovo, che fu compagno di santa Brigida nella cura spirituale del suo monastero e degli altri posti sotto la sua giurisdizione ed ebbe grande autorità presso i prelati del luogo.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:12

Beato Edoardo Giuseppe Rosaz Vescovo

3 maggio

Susa, 15 febbraio 1830 - 3 maggio 1903

Il beato Edoardo Giuseppe Rosaz fu vescovo di Susa. Era nato nella cittadina piemontese il 15 febbraio 1830, penultimo di sette figli di una famiglia benestante. Entrato in seminario quindicenne, fu ordinato sacerdote nel 1854. Canonico del Capitolo della Cattedrale, si fece presto conoscere per la sua attenzione verso i più poveri. E fu proprio questo grande attenzione per la carità che lo portò a entrare in contatto, a Torino, con san Giovanni Bosco e col canonico Anglesio, successore del Cottolengo alla Piccola Casa della Divina Provvidenza. Per dare risposte alle tante ragazze che chiedevano aiuto promosse la nascita delle Suore francescane missionarie di Susa. Nel 1877, Pio IX lo chiamò alla guida della diocesi. Morirà il 3 maggio 1903 dopo un episcopato segnato dalle sue visite, compiute anche a piedi, alle più sperdute parrocchie di montagna. Giovanni Paolo II l'ha proclamato beato a Susa il 14 luglio 1991. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Susa in Piemonte, beato Edoardo Giuseppe Rosaz, vescovo, che tenne per venticinque anni la cura apostolica del popolo a lui affidato, e soprattutto dei poveri, e fondò la Congregazione delle Suore del Terz’Ordine di San Francesco.


Edoardo Giuseppe Rosaz nacque il 15 febbraio 1830 a Susa, la città montana dalle antichissime origini, capoluogo dell'omonima valle che collega l’Italia alla Francia. La sua era una benestante famiglia savoiarda, emigrata, come altre, a causa della Rivoluzione Francese. Penultimo di sette figli, fu battezzato il giorno successivo alla nascita nella millenaria Cattedrale di San Giusto. L’ambiente in cui crebbe non poteva essere migliore: ricevette un’ottima educazione, profondamente cristiana. Unico neo la malferma salute, motivo per cui ebbe un insegnante privato in casa. Si trasferì, successivamente, con la famiglia a Torino per andare poi in collegio a Saluzzo. A Susa tornava per le vacanze. Aveva davanti a sé una promettente carriera: un fratello era già medico, un altro invece avvocato. L’indole del futuro sacerdote sbocciò presto, facendo catechismo ai ragazzi poveri di Susa e delle borgate di montagna.
Edoardo entrò in seminario quindicenne, aveva perso, in poco tempo, sia il padre che la madre. La non buona salute lo costrinse, più volte, ad interrompere gli studi. Le lunghe passeggiate in montagna ritempravano il fisico mentre contemplava le bellezze del Creatore. Mete quotidiane erano le tante cappelle, sparse nelle vallate, che la pietà popolare aveva eretto nei secoli. Tre anni di studio, sempre a motivo della salute cagionevole, li fece a Nizza Marittima. A ventitré anni, attratto dall’ideale del Santo di Assisi, si iscrisse al Terz’Ordine Francescano. Nel 1854 fu ordinato sacerdote e nominato Canonico del Capitolo della Cattedrale di Susa. Dalle lettere scritte in quegli anni apprendiamo che, giovanissimo sacerdote, già pensava alla fondazione di un istituto di terziarie francescane dedite all’assistenza dei ceti sociali meno abbienti. Questo progetto si sarebbe realizzato ben ventotto anni dopo.
Stabilitosi definitivamente a Susa iniziò il ministero sacerdotale con uno slancio ed un impegno eccezionali. Al centro di tutte le attività vi era la Santa Messa e considerava la confessione come il ministero dei ministeri: si rivolgevano a lui persone di ogni rango, anche nelle ore più impensate della notte. Tra gli altri ricordiamo lo scrittore Norberto Rosa. Mai venne meno la sua attitudine ad aiutare i poveri e chi non aveva avuto la possibilità come lui di studiare. Giovane prete conobbe il già famoso don Bosco. Motivo fu l’acquisto, da parte del Canonico Rosaz, di libri per il catechismo che Don Bosco preparava per i suoi giovani. Nacque una grande amicizia: per tutta la vita il B. Edoardo raccomandò ai Salesiani i ragazzi abbandonati di Susa. Nonostante la differenza d’età, quando nel 1856 morì Mamma Margherita, tra i primi a cui S. Giovanni Bosco chiese conforto ci fu il Canonico Rosaz. A questi, più volte, capitò di non riuscire a saldare alcuni debiti che Don Bosco tramutò in offerte per la celebrazione di Sante Messe. Una profonda amicizia e collaborazione nacque anche con il Canonico Anglesio, successore del Cottolengo nella direzione della Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, verso cui indirizzava la fanciulle bisognose. La carità del Rosaz era conosciuta in tutta Susa, da sempre città di transito per viandanti ed emigranti. Chi alla ricerca di fortuna chiedeva aiuto veniva indirizzato a lui, nessuno andava via a mani vuote. Per i giovani ebbe un cuore di padre. Un giorno un quindicenne venne sorpreso a rubare in chiesa dalla cassetta delle elemosine. Scattò automatica la denuncia. Prima del processo il Rosaz aveva provveduto a farlo accogliere a Valdocco e quando, nonostante la sua richiesta, venne condannato, ne ottenne la grazia scrivendo addirittura al Re. Le ragazze che gli chiedevano aiuto, nel frattempo, erano sempre più numerose. Prese dunque in affitto un locale per ospitarle ma le prime opposizioni arrivarono proprio dagli altri canonici, preoccupati dalla totale mancanza di fondi. L'Anglesio gli disse di perseverare confidando nella Divina Provvidenza. Nacque il Ritiro di Susa e in poco tempo le assistite erano quaranta. Tra mille difficoltà preziosa collaboratrice fu Maddalena Pesando. Nei mesi estivi, quando occorrevano spazi più grossi, la comitiva traslocava fuori città, ad esempio nell’abbandonata Abbazia della Novalesa. Nel marzo del 1862 la Pesando morì e fu un duro colpo. Il 13 marzo, festa di S. Eldrado, si fece un pellegrinaggio alla Novalesa per chiedere soccorso al santo abate lì vissuto nel IX secolo. La grazia arrivò. Messa in vendita la casa del Ritiro il Rosaz annuì all’acquisto senza avere un soldo in tasca. Venne fissata la data dell'atto e il prezzo in 12.000 lire. La somma esatta arrivò da Torino, in una busta anonima, proprio il giorno precedente; si prese possesso della casa per l’Assunta. Tra gli stenti si fecero i lavori di ristrutturazione, dal canto suo il Beato rinunciava pure alle vesti nuove e risparmia anche nel vitto. Si organizzarono laboratori di ricamo e di cucito e, nei limiti del possibile, si provvide anche all’istruzione. Dopo due dolorose defezioni, nel 1872 arrivarono alla direzione le Suore della Misericordia. Il Beato Edoardo si era recato a piedi a Savona per prendere accordi direttamente con la Fondatrice S. Maria Giuseppa Rossello. Fece prima sosta al Santuario di Mondovì per chiedere aiuto alla Vergine per il nascente suo istituto. Le prime vocazioni sbocciarono due anni dopo, dirette dalle Suore della Misericordia. In quegli anni il Rosaz fu nominato cappellano delle carceri, del Convitto Civico, delle Suore di S. Giuseppe e Direttore del Seminario.
La svolta della sua vita arrivò nel 1877 quando rimase vacante la sede vescovile. Il Beato Pio IX, dietro suggerimento, tra gli altri, di Don Bosco il 23 dicembre nominò vescovo proprio Edoardo Rosaz. Aveva quarantotto anni e ventiquattro di sacerdozio. All'annuncio rimase sconcertato e scoppiò a piangere. Scrisse subito una lettera al Cardinale Segretario di Stato in cui scongiurava il Santo Padre di sollevarlo da tale incarico. Si reputava incapace e adduceva come motivo la mancata laurea in diritto canonico e in teologia. La risposta arrivò irremovibile: doveva accettare. Le sue tasche, sempre vuote, non gli permettevano neppure di pagare le bolle alla Cancelleria Pontificia. Si sapeva bene che ciò era dovuto al sostegno delle molte opere di beneficenza e non solo le bolle vennero condonate ma da Roma giunse pure un’offerta. La consacrazione episcopale avvenne il 24 febbraio 1878 nella cattedrale di San Giusto, alla presenza festante di tutta la città. Guiderà la diocesi per venticinque anni durante i quali visiterà tutte le parrocchie per sei volte, muovendosi spesso a piedi per le strade di montagna.
L’opera incompiuta era però rappresentata da quel gruppo di giovani donne che volevano consacrarsi al Signore. Cominciò con l'aggregarle al Terz’Ordine francescano mentre col denaro di un’eredità acquistò il sito della futura Casa Madre. Nacque così la Congregazione delle Suore Terziarie Francescane di Susa (oggi Suore Francescane Missionarie di Susa) con il compito di soccorrere chiunque fosse in stato di bisogno. Per formarle scrisse alcuni libri.
Il suo impegno pastorale, nonostante il passare degli anni, continuò febbrile sia in diocesi che fuori. Sovente era invitato per tenere panegirici ed esercizi spirituali. Alla fine di gennaio 1888 fu chiamato a Valdocco, dove era di casa, per la festa di S. Francesco di Sales, il grande patrono dei Salesiani. Accolto dal Beato Michele Rua, mentre S. Giovanni Bosco morente riceveva per l’ultima volta Gesù Eucaristia, lui celebrava la Messa nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Nel 1894 partecipò al Congresso Eucaristico di Torino e poi l’anno successivo a quello di Milano. Guidò diversi pellegrinaggi diocesani a Roma e a Torino per l’Ostensione della Sindone del 1898; ad Ars conobbe il Santo Curato Giovanni Maria Vianney. Accolse inoltre nella sua diocesi diversi istituti religiosi.
Fu sempre devotissimo alla Madonna e assiduo pellegrino ai suoi santuari: a Susa le dedicò tre chiese. Fu tra i principali promotori dell’erezione di una statua mariana di bronzo sull’altissima vetta del Rocciamelone (m. 3537), dove era venerata con questo titolo fin dal 1358. Le spese furono sostenute da centoventimila bambini di tutta Italia e fu lui a benedirla il 15 giugno 1899, alla presenza di una moltitudine di popolo e delle principesse di Savoia. Tra le ultime sue istituzioni ci fu un ricovero per anziani mentre già dal 1877 aveva fondato il settimanale diocesano “Il Rocciamelone” che ancora oggi esiste col nome di “La Valsusa”.
Stremato dalle fatiche il 12 gennaio 1903 fu colpito da un malore che lo inchiodò a letto, quasi ininterrottamente, fino al 3 maggio, giorno in cui la sua anima fu accolta dal Padre Celeste. Alle esequie solenni partecipò una moltitudine di popolo, tutti pensavano che era morto un santo. Nel 1919 le venerate spoglie furono collocate nella chiesa della Casa Madre dell'Istituto mentre le sue suore già dal 1905 lavoravano anche in terra di missione.
Edoardo Giuseppe Rosaz è stato proclamato beato da Papa Giovanni Paolo II il 14 luglio 1991, durante la sua visita pastorale alla città di Susa.


PREGHIERA
O Beato Edoardo Rosaz,
eminente servitore del Vangelo e Apostolo del Dio Amore,
noi ammiriamo e veneriamo la tua memoria.
Fa che impariamo da te la fiducia nella Divina Provvidenza,
l'autentica devozione alla Vergine Maria,
l'appartenenza totale alla chiesa,
il servizio ai poveri nello spirito francescano.
Insegnaci, col tuo esempio e ottienici, con la tua intercessione,
la grazia di crescere nella fede,
la gioia di evangelizzare con la carità,
l'impegno a mettere Gesù al centro della vita,
come hai fatto Tu, nella semplicità e povertà evangelica,
per scalare, con la tua perseveranza,
la vetta della santità.
Amen.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:12

Beata Emilia Bicchieri Domenicana

3 maggio

Vercelli, 1238 – 3 maggio1314

Fondò con l’eredità paterna il monastero domenicano di Santa Margherita a Vercelli, ove sin dall’età di 18 anni volle servire il Redentore seguendo l’austero itinerario che Egli stesso le aveva indicato. La rettitudine d’intenzione che esclude dal nostro agire fini secondi mantenendoci costantemente protesi verso Dio e la filiale gratitudine per i doni ricevuti sono le due doti dominanti della sua vita spirituale.

Martirologio Romano: A Vercelli, beata Emilia Bicchieri, vergine dell’Ordine di san Domenico, che, sebbene nominata più volte priora, svolse con letizia di spirito tra le sue consorelle i più umili servizi domestici.


Nella splendida basilica cattedrale eusebiana di Vercelli tra i molti santi e beati che vi riposano sono anche gelosamente custodite le spoglie della Beata Emilia Bicchieri, personaggio con cui ebbe inizio il Terz’Ordine Regolare Domenicano. Esso consisteva in comunità di religiose, legate da voti e poste sotto la Regola del Terz’Ordine che, essendo assai più mite di quella delle monache dell’ordine, permetteva alle suore di dedicarsi anche ad opere di carità.
Emilia nacque a Vercelli nel 1238, quartogenita fra sette sorelle, figlia del patrizio ghibellino Pietro Bicchieri. Famiglia assai facoltosa, curò di educare santamente la numerosa prole. La piccola Emilia, semplice e gioiosa, mostrò presto un’assennatezza ben superiore alla sua età. Odiava i discorsi inutili ed il suo principale piacere consisteva nel ritirarsi in solitudine nella sua camera per conversare con Dio. Spesso si udiva la sua vocina squillare per la casa, modulando con grazia il canto dei salmi. Rimase presto orfana di madre, ma il papà seppe comunque nutrire nei suoi confronti un tenerissimo affetto. Proprio ciò costituì il più grande ostacolo da sormontare non appena ella decise di voler seguire la chiamata di Dio.
Alla fine il padre cedette alle pressioni della figlia e decise nel 1255di far edificare a proprie spese alla periferia di Vercelli un nuovo monastero domenicano intitolandolo a Santa Margherita. Qui la sua diletta figlia si rinchiuse con altre ragazze per intraprendere la vita religiosa sotto la Regola del Terz’Ordine di San Domenico. Dal 1273 divenne ella stessa priora del monastero, conducendo l’intera comunità ad una gran perfezione di vita cristiana. La sua parola d’ordine era: “Fare tutto per Iddio solo”. Inculcò anche insistentemente nei cuori delle consorelle una grande gratitudine per i numerosi benefici che il buon Dio aveva donato loro. Dimentica delle sue agiate origini, visse nell’umiltà più profonda, felice di potersi fare serva delle sue consorelle. Provò sempre una spiccata devozione all’Eucaristia, Alla Passione di Nostro Signore ed alla Vergine Santissima.
La preghiera e l’intima unione con Dio animarono l’intera vita di Emilia, che nella più fiduciosa preghiera spirò a Vercelli il 3 maggio 1314. Proprio in tale anniversario è ancora oggi commemorata dal Martyrologium Romanum, essendo stato riconosciuto ufficialmente il suo culto quale “beata” dal pontefice Clemente XIV il 19 luglio 1769. Le sue reliquie, inizialmente conservate nel monastero dove aveva vissuto, nel 1811 vennero traslate nella cattedrale cittadina.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:13

Santi Evenzio, Alessandro e Teodulo Martiri

3 maggio

sec. III/IV

Martirologio Romano: A Roma al settimo miglio della via Nomentana, santi Evenzio, Alessandro e Teodúlo, martiri.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:14

San Filippo Apostolo

3 maggio

Palestina, I secolo d.C.

Filippo, nato a Betsaida, fu tra i primi ad essere chiamato da Gesù. Spesso confuso con il diacono Filippo, al di là delle notizie forniteci dal quarto Vangelo, la tradizione e su di lui non è sempre concorde. Sicuramente evangelizzò, sotto Domiziano, la Frigia, dove sembra sia morto crocifisso a testa in giù.

Etimologia: Filippo = che ama i cavalli, dal greco

Emblema: Croce, Pani e pesci

Martirologio Romano: Festa dei santi Filippo e Giacomo, Apostoli. Filippo, nato a Betsaida come Pietro e Andrea e divenuto discepolo di Giovanni Battista, fu chiamato dal Signore perché lo seguisse; Giacomo, figlio di Alfeo, detto il Giusto, ritenuto dai Latini fratello del Signore, resse per primo la Chiesa di Gerusalemme e, durante la controversia sulla circoncisione, aderì alla proposta di Pietro di non imporre quell’antico giogo ai discepoli convertiti dal paganesimo, coronando, infine, il suo apostolato con il martirio.

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Due apostoli festeggiati insieme: Filippo e Giacomo. Due galilei che hanno trovato "colui del quale hanno scritto Mosè e i Profeti". E’ con queste parole che Filippo conduce a Gesù l’accigliato Natanaele (Bartolomeo) così diffidente verso quelli di Nazaret. Filippo è appena citato nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca. Giovanni lo presenta per la prima volta mentre fa il conto di quanto costerebbe sfamare la turba che è al seguito di Gesù (6,57). E, più tardi, quando accompagna da Gesù, dopo l’ingresso in Gerusalemme, alcuni “Greci” venuti per la Pasqua: quasi certamente “proseliti” dell’ebraismo, di origine pagana (12,21 ss.). Nell’ultima cena, Filippo è uno di quelli che rivolgono domande ansiose a Gesù. Gli dice: "Signore, mostraci il Padre e ci basta", attirandosi dapprima un rilievo malinconico: "Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo?". E poi arriva, a lui e a tutti, il pieno chiarimento: "Chi ha visto me, ha visto il Padre".
Dopo l’Ascensione di Gesù, troviamo Filippo con gli altri apostoli e i primi fedeli, allorché viene nominato Mattia al posto del traditore Giuda (Atti degli apostoli, cap. 1). Poi non si sa più nulla di lui.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:15

San Giacomo il Minore Apostolo

3 maggio

Palestina, I secolo d.C.

Giacomo, detto il Minore per distinguerlo dal fratello di Giovanni, divenne vescovo di Gerusalemme dopo la morte di Giacomo il Maggiore e la partenza di Pietro. Occupò una posizione di rilievo negli Atti degli Apostoli ed è autore di una lettera “ cattolica “ alle “ dodici tribù della diaspora “, che è come un’eco del “Discorso della montagna”. Il suo ascetismo gli conquistò la stima anche di ebrei ortodossi, molti dei quali si convertirono. Sembra sia stato lapidato nel 62 d.C..

Etimologia: Giacomo = che segue Dio, dall'ebraico

Martirologio Romano: Festa dei santi Filippo e Giacomo, Apostoli. Filippo, nato a Betsaida come Pietro e Andrea e divenuto discepolo di Giovanni Battista, fu chiamato dal Signore perché lo seguisse; Giacomo, figlio di Alfeo, detto il Giusto, ritenuto dai Latini fratello del Signore, resse per primo la Chiesa di Gerusalemme e, durante la controversia sulla circoncisione, aderì alla proposta di Pietro di non imporre quell’antico giogo ai discepoli convertiti dal paganesimo, coronando, infine, il suo apostolato con il martirio.

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Due apostoli festeggiati insieme: Filippo e Giacomo. Due galilei che hanno trovato "colui del quale hanno scritto Mosè e i Profeti". E’ con queste parole che Filippo conduce a Gesù l’accigliato Natanaele (Bartolomeo) così diffidente verso quelli di Nazaret.
Giacomo figlio di Alfeo. E’ detto il Minore per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo (e fratello di Giovanni) detto il Maggiore e da secoli venerato come Santiago a Compostela. Da Luca sappiamo che Gesù sceglie tra i suoi seguaci dodici uomini "ai quali diede il nome di apostoli" (6,14), e tra essi c’è appunto Giacomo di Alfeo, il Minore. Nella Prima lettera ai Corinzi, Paolo dice che Gesù, dopo la risurrezione "apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli".
Lo chiamano “Giusto” per l’integrità severa della sua vita. Incontra Paolo, già duro persecutore dei cristiani e ora convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e Giovanni. Poi, al “concilio di Gerusalemme”, invita a "non importunare" i convertiti dal paganesimo con l’imposizione di tante regole tradizionali. Si mette, insomma, sulla linea di Paolo. Dopo il martirio di Giacomo il Maggiore nell’anno 42 e la partenza di Pietro, Giacomo diviene capo della comunità cristiana di Gerusalemme. Ed è l’autore della prima delle “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento. In essa, si rivolge "alle dodici tribù disperse nel mondo", ossia ai cristiani di origine ebraica viventi fuori della Palestina. E’ come un primo esempio di enciclica: sulla preghiera, sulla speranza, sulla carità e inoltre (con espressioni molto energiche) sul dovere della giustizia. Secondo lo storico Eusebio di Cesarea, Giacomo viene ucciso nell’anno 63 durante una sollevazione popolare istigata dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito.



Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:16

Santi Filippo e Giacomo il Minore Apostoli

3 maggio - Festa

L'apostolo Filippo e Giacomo il minore vengono ricordati lo stesso giorno poichè le loro reliquie furono deposte insieme nella chiesa dei Dodici Apostoli a Roma.
Filippo (primo secolo) era originario della città di Betsaida, la stessa degli apostoli Pietro e Andrea. Discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi a seguire Gesù e, secondo la tradizione, evangelizzò gli Sciti e i Parti.
Giacomo (primo secolo) era figlio di Alfeo e cugino di Gesù. Ebbe un ruolo importante nel concilio di Gerusalemme (50 circa) divenendo capo della Chiesa della città alla morte di Giacomo il Maggiore. Scrisse la prima delle Lettere Cattoliche del Nuovo Testamento. Secondo Giuseppe Flavio (37 circa - 103) fu lapidato tra il 62 e il 66. Tuttavia l'attendibilità del racconto è dubbia.

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Il 3 di maggio la Chiesa ricorda la memoria liturgica di due santi:

San FILIPPO, Apostolo - Festa
Palestina, I secolo d.C.

San GIACOMO IL MINORE, Apostolo - Festa
Palestina, I secolo d.C.


Stellina788
00martedì 3 maggio 2011 10:17

San Giovenale di Narni Vescovo

3 maggio

Pochi i dati biografici su Giovenale, mentre sicure sono quelle che riguardano il suo culto. Il codice Bernense del Martirologio Geronimiano lo ricorda il 3 maggio unito ai tre martiri della via Nomentana e nelle Homiliae in Evangelium ricorda un vescovo di Narni, di nome Giovenale, qualificandolo martire. I Martirologi di Floro e di Adone lo menzionano con questa indicazione: «Natale sancti Juvenalis episcopi et confessoris». Di Giovenale esiste inoltre una «Vita» scritta dopo il secolo VII di scarso valore storico, secondo cui, egli era di origine africana e, ordinato da papa Damaso, fu primo vescovo di Narni. Sempre secondo questa «Vita», fu sepolto alla Porta Superiore della città sulla via Flaminia. Il sepolcro di Giovenale, su cui fu costruito un oratorio attribuito al suo successore Massimo, fu molto onorato nell'antichità e si conserva tuttora nella cattedrale di Narni. L'iscrizione non è antica, forse è contemporanea alla «Vita». Nel IX secolo il corpo di Giovenale fu trafugato insieme con quello dei santi Cassio e Fausta e trasportato a Lucca, ma in seguito fu restituito a Narni. (Avvenire)

Patronato: Fossano, Narni

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Narni in Umbria, san Giovenale, venerato come primo vescovo di questa città.


Pochissime ed incerte sono le notizie su Giovenale, mentre sicure sono quelle che riguardano il suo culto.
Il cod. Bernense del Martirologio Geronimiano lo ricorda il 3 maggio unito ai tre martiri della via Nomentana, Evenzio, Alessandro e Teodulo. S. Gregorio Magno nei Dialogi (IV, 12) e nelle Homiliae in Evangelium ricorda un vescovo di Narni, di nome Giovenale, qualificandolo martire. Ma il Lanzoni osserva che questo pontefice dà il titolo di martire anche a vescovi che non morirono per la fede. Lo stesso Gregorio ricorda il sepolcro di Giovenale esistente sempre a Narni. I Martirologi di Floro e di Adone lo menzionano con questa indicazione: "Natale sancti Juvenalis episcopi et confessoris". Nel Sacramentario Gelasiano al 3 maggio vi è una preghiera in onore del santo.
Di Giovenale esiste inoltre una Vita scritta dopo il sec. VII di scarso valore storico, secondo cui, egli era di origine africana e, ordinato da papa Damaso, fu primo vescovo di Narni. Sempre secondo questa Vita, fu sepolto alla Porta Superiore della città sulla via Flaminia, il 7 agosto, pur celebrandosene come si è dettó la festa al 3 maggio. L'agiografo non gli dà il titolo di martire, ma quello di confessore.
Il sepolcro di Giovenale, su cui fu costruito un oratorio attribuito al suo successore Massimo, fu molto onorato nell'antichità e si conserva tuttora nella cattedrale di Narni. L'iscrizione non è antica, forse è contemporanea alla Vita.
L'autore della Vita di papa Vigilio (537-555) nel Liber Pontificalis ci dà notizia di un monastero che Belisario fondò presso Orte dedicandolo a Giovenale.
Nel secolo IX, il corpo di Giovenale fu trafugato insieme con quello dei santi Cassio e Fausta e trasportato a Lucca, ma in seguito fu restituito a Narni.
Fossano, diocesi appartenente alla provincia d. Cuneo, venera s. Giovenale come suo protettore, pretendendo di conservarne le reliquie che, peraltro, potrebbero essere quelle di un altro santo dello stesso nome.



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00martedì 3 maggio 2011 10:18

San Guglielmo da Firenze Mercedario, martire

3 maggio

+ Algeri, Africa, 1330

Nato a Firenze dalla famosa famiglia dei conti di Gueda, San Guglielmo Novelli, chiamato anche con il nome di Fiorentino, avendo conosciuto un religioso mercedario di Napoli, decise di entrare nell’Ordine della Mercede. Nominato redentore e inviato in Africa, fu colui che trovò San Pietro Armengol appeso ad un albero con una corda al collo ma conservato vivo dalla Vergine Maria. Fu procuratore generale dell’Ordine e riconciliò in Italia molte lotte tra Guelfi e Ghibellini tanto che il Papa Alessandro IV° per riconoscenza accordò grandi privilegi all’Ordine. Inviato nuovamente in redenzione ad Algeri fu tenuto in ostaggio per i cristiani ed infine a causa della difesa cattolica fu crocifisso nell’anno 1330. L’Ordine lo festeggia il 3 maggio.




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00martedì 3 maggio 2011 10:18

Beata Maria Leonia Paradis Fondatrice

3 maggio

Acadia, Quebec (Canada), 12 maggio 1840 – Sherbrook (Quebec), 3 maggio 1912

Martirologio Romano: Nella città di Sherbrooke nel Québec in Canada, beata Maria Leonia (Alodia) Paradis, vergine, che fondò la Congregazione delle Piccole Suore della Santa Famiglia per assistere i sacerdoti nel loro operato e nella vita ordinaria.


Una genuina figlia del cattolicesimo canadese; al battesimo fu chiamata Alodia Virginia Paradis, figlia di Giuseppe Paradis e di Emilia Grégoire; nacque il 12 maggio 1840 ad Acadia, villaggio attualmente nella provincia di Québec in Canada; tra i suoi ascendenti si potevano vantare molti vescovi, anzi uno di essi fu cardinale arcivescovo di Québec.
Fino ai nove anni ricevette i primi insegnamenti religiosi fra le pareti domestiche, poi a nove anni fu mandata dai genitori, presso le Suore della Congregazione “de Notre Dame” a Laprairie. Nel 1849 e 1850 ricevé la Cresima e la Prima Comunione e risale a quegli anni la sua devozione ai sacerdoti e l’accrescersi dell’amore per le persone umili e povere, tanto che questi sentimenti divennero i temi fondamentali di tutta la sua vita.
Quando avvertì dentro di sé la chiamata alla vita religiosa, chiese consiglio al sacerdote padre Camillo Lefebvre, il quale la incoraggiò ad entrare nella Congregazione delle Suore Marianite della Santa Croce, da poco costituitasi, per il servizio domestico nelle Case dei ‘Sacerdoti della Santa Croce’ e inoltre per l’educazione della gioventù.
Alodia entrò come postulante fra queste suore, il 21 febbraio 1854 nella città di San Lorenzo; l’anno successivo, il 19 febbraio 1855 divenne novizia con il nome di suor Maria di s. Leonia e a 17 anni, nonostante la sua precaria salute, fece la professione religiosa il 22 agosto 1857.
Avendo dimostrato di avere ottime doti per l’insegnamento, fu inviata in varie Case del Canada; nel 1862 andò negli Stati Uniti come istitutrice nell’orfanotrofio di S. Vincenzo a New York, da poco aperto e dove rimase fino al 1870.
Nel periodo che fu negli Stati Uniti, visse con la Congregazione, la penosa vicenda della separazione nel 1869, del gruppo delle suore americane, dalla Casa Madre francese delle Suore Marianite della Santa Croce; nel 1870 suor Maria Leonia entrò a far parte del gruppo delle suore americane e passò alla Casa di Notre-Dame, nell’Indiana.
Nel 1874 aderendo all’invito di padre Camillo Lefebvre, suor Maria Leonia insieme ad una consorella, si recò in Canada a Memramcook, nella provincia di Brunswick, per formare alla vita religiosa le giovani che lo stesso padre Lefebvre aveva adunate, perché potessero svolgere la loro opera nel collegio di S. Giuseppe, da lui stesso fondato.
Mentre suor Maria Leonia era molto impegnata nel suo lavoro, arrivò il suggerimento di mons. Fabre, vescovo di Montréal, di fondare una piccola Comunità per svolgere i servizi nei suoi Collegi.
E così il 26 agosto 1877, un primo gruppo di 14 consorelle, vestirono un’uniforme nel corso di una breve cerimonia, presieduta da padre Lefebvre, che era Provinciale della Congregazione della Santa Croce in Canada.
Il suo Superiore Generale, autorizzò la costituzione della nuova Comunità, denominata “Piccole Suore della Santa Famiglia”, indipendente dalle Suore di S. Croce; era il 31 maggio 1880.
L’Istituto, sotto la direzione di Madre Maria Leonia, aveva lo scopo specifico di attendere ai lavori domestici nelle Comunità religiose, nei Collegi e Seminari. Comunque il vescovo locale non volle dare la sua approvazione, nonostante il loro notevole sviluppo, allora madre Leonia nel 1895, fu costretta a trasferirsi con le altre suore, a Sherbroock, nella provincia del Québec, accolta favorevolmente dal vescovo mons. Paolo La Rocque, che donò loro una casa.
Il 26 gennaio 1896 il vescovo concesse la sua approvazione e così fiorirono nuove vocazioni e si poterono aprire nuove Case e conventi. Madre Leonia, anche se fondatrice, volle rimanere una semplice suora della Santa Croce, solo il 2 ottobre 1904, per compiacere il vescovo e le sue figlie, decise di indossare l’abito proprio del suo Istituto.
La sua raccomandazione principale alle sue figlie, era quella che bisognava aiutare il sacerdote materialmente e spiritualmente, venerando in lui la persona stessa di Cristo; questo ministero visto con gli occhi della fede, sarà da esse considerato sublime.
Con questo spirito, madre Maria Leonia, creò nelle canoniche e nei Seminari quell’atmosfera propria della Santa Famiglia di Nazareth, fatta di purezza e di pace, di ordine e di discrezione.
Pur non avendo fatto studi speciali, lasciandosi guidare dall’adorazione dell’Eucaristia e dalla lettura del Vangelo, insegnò a leggere e a scrivere ad un gran numero di giovani ragazze, indirizzandole alla vita religiosa e ad un compito così sublime e allo stesso tempo così umile.
L’Istituto ebbe un gran successo e nel suo giubileo d’oro, madre Leonia vide inaugurata, il 21 luglio 1907 la nuova Casa per le suore. Ammalata gravemente di un cancro maligno, da tempo sopportava tutto senza darlo a vedere, finché improvvisamente le sue condizioni di salute si aggravarono e dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti, morì il 3 maggio 1912 a Sherbrook, all’età di 72 anni.
Ebbe funerali veramente trionfali; fu sepolta nel cimitero parrocchiale di S. Michele di Sherbrook e riesumata il 4 ottobre 1935, per essere traslata nella Casa Madre delle ‘Piccole Suore della Santa Famiglia’, della stessa città, nel Québec.
L’Istituto già numeroso alla sua morte, si è poi diffuso oltre che in Canada, anche in Honduras, Italia e Stati Uniti. Papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata l’11 settembre 1984 a Montréal, durante il suo viaggio apostolico in Canada.



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00martedì 3 maggio 2011 10:19

San Pietro di Argo Vescovo

3 maggio

m. 922 circa

Martirologio Romano: Ad Argo in Grecia, san Pietro, vescovo, che si adoperò con somma carità per i poveri e gli schiavi e per la fede provvide incessantemente alla composizione di ogni dissidio.


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00martedì 3 maggio 2011 10:20

San Stanislao Kazimierczyk Sacerdote

3 maggio

Kazimierz, Polonia, 27 settembre 1433 – 3 maggio 1489

Il polacco San Stanislao Kazimierczyk, sacerdote professo dell’Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi, spinto dalla carità pastorale fu diligente dispensatore della parola di Dio, maestro di spirito ed assai richiesto per le confessioni. Giovanni Paolo II confermò il suo culto “ab immemorabili” il 21 dicembre 1992. Benedetto XVI lo ha canonizzato il 17 ottobre 2010.

Martirologio Romano: A Kazimierz in Polonia, beato Stanislao, sacerdote e canonico regolare, che, mosso da carità pastorale, fu solerte ministro della parola di Dio, maestro di vita spirituale e ambíto confessore.


San Stanisław Kazimierczyk, sacerdote dei Canonici Regolari Lateranensi, fu un vero apostolo dell'Eucaristia, ed educatore dei giovani religiosi, ai quali cercò sempre di inculcare l'amore per il Santissimo Sacramento.
Nacque il 27 settembre del 1433 a Cracovia da una famiglia borghese: suo padre Mattia Scholtis era tessitore e anche presidente del tribunale municipale per diversi anni; la madre Edvige, che lo diede alla luce in età avanzata, era una donna devota e impegnata nella vita religosa della parocchia del Corpus Domini, dove faceva parte dell'Arcifraternita del Santissimo Sacramento.
Battezzato nella chiesa dal Corpus Domini, è qui che, presso la scuola parrocchiale, seguì le prime lezioni, partecipando alle funzioni religiose. Studiò all'Accademia di Cracovia conseguendo il titolo di baccelliere in teologia.
A 23 anni entrò nel convento dei Canonici Regolari Lateranensi di Casimiria, dove trascorse la sua infanzia e cominciò la sua formazione. Prima di professare i voti religiosi, dovette compiere un noviziato annuale, nel corse del quale si distinse per una eccezionale modestia, umiltà ed eccellenza anche nella preghiera. Dopo l'ordinazione sacerdotale, secondo il costume proprio del convento, il sacerdote per cinque anni dovette prepararsi agli obblighi apostolici, lavorando allo scriptorium monastico.
Dopo questi ciqnue anni, venne nominato predicatore e confessore, mentre nel convento insegnava ai novizi e sostituiva il padre superiore. I giovani monaci nutrivano grande stima e fiducia in lui, poiché non solo insegnava loro la dottrina crisitana, ma cercava anche con successo di testimoniarla con la sua vita.
I biografi del Santo scrivono che con le sue omelie destava un'enorme ammirazione “perché tutto quello che usciva dalla sua bocca, zuccherava le anime e conduceva a sante virtù (…)” e senza essere “lusinghevole in sermoni (…) audacemente castigava peccati grossolani”.
Protettore della gioventù monastica, insegnava ai giovani candidati allo stato monastico la storia della Congregazione, le relative regole e il carisma.
Condusse una vita molto intensa ed attiva sottoponendosi ad estenuanti pratiche ascetiche. A 56 anni si ammalò e morì il 3 maggio 1489. Venne sepolto nel presbiterio, accanto all'altare di Santa Maria Maddalena, patrona dei tessitori. Nel 1632 don Martino Kłoczyński, abate del convento, fede edificare uno splendido altare dove furono trasfrite le spoglie del santo.
Dopo la morte di san Stanisław Kazimierczyk, i fedeli cominciarono a chiedere l'intercessione del santo attraverso le loro preghiere, nella convinzione che possedesse la grazia di ottenere i miracoli, che venivano annotati in un libro speciale. Già nel primo anno dopo la morte se ne annotarono addirittura 176.
I Canonici Regolari Lateranensi cominciarono a presentare domande ufficiali presso la Santa Sede per confermare il suo culto solo nel 1773. In seguito, negli anni Settanta del XX sec. il Cardinale Karol Wojtyla, su richiesta dei Canonici costituì una Commissione storica con la finalità di ricercare e raccogliere ogni odcumento legato alla vita di san Stanisław a conferma della continuità del suo culto. Sulla base di tali documenti iniziò il processo di beatificazione durato dal 1987 al 1992.
Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 18 aprile 1993 a Roma.
Il miracolo che gli ha spalancato le porte alla canonizzazione è stata la guarigione avvenuta intorno al 1617 di Piotr Komorowski, starosta di Oświęcim e proprietario di vaste proprietà a Sucha Beskidzka, che si era ammalato gravemente ad un occhio, tanto che si pensava potesse perdere completamente la vista, non avendo più l'altro occhio.
Il processo di canonizzazione a livello diocesano è stato aperto nel 1995. Il 19 dicembre del 2009 Benedetto XVI ha infine riconosciuto il miracolo di guarigione ottenuto per sua intercessione.



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00martedì 3 maggio 2011 10:20

San Teodosio di Pecersk

3 maggio

Vasilev, Kiev, 1029 - 3 maggio 1074

Teodosio fu, dopo Barlaam, il secondo successore di sant'Antonio Peciersckij. È ritenuto, però, il vero fondatore del più importante monastero russo, la «lavra» di Kiev, e il promotore della vita cenobitica in Russia. Nato nel 1029 nei pressi di Kiev da famiglia agiata, dopo aver tentato un pellegrinaggio in Terra Santa si fece monaco. Fu uno dei primi discepoli di Antonio e, poi, igumeno del monastero. Con lui la comunità si allargò e assunse una regola. Morì nel 1074. Riposa nella basilica dell'Assunzione, da lui fatta costruire. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Kiev nell’odierna Ucraina, san Teodosio, abate, che fondò il monastero ‘delle Grotte’, nel quale si tramanda che abbia dato inizio alla vita cenobitica in questa regione.


Dopo S. Antonio Peciersckij, il sucessore di Barlaam fu San Teodosio.
San Teodosio viene considerato come il vero fondatore del più grande monastero Russo (la detta Lavra) e come promotore della vita cenobitica nella Chiesa Russa in generale. I particolari della sua biografia si conoscono grazie alla Vita che venne composta una decina di anni dopo la sua morte, verso il 1084, dal monaco del monastero delle Grotte, il celebre cronista russo medievale San Nestor. Qualche notizia sulla vita di S. Teodosio venne inserita anche nella ben nota Cronaca dei tempi antichi, composta sempre da Nestor.
Teodosio nacque nel 1029 a Vasilev, nelle regione di Kiev, come figlio di una famiglia benestante. Già negli anni giovanili egli dimostrava la sua propensione per la vita religiosa e contemplativa. Rimasto orfano del padre, ancora giovane, egli veniva trattato con grande severità da parte della madre. Dopo un tentativo mal riuscito di intraprendere un pellegrinaggio nella Terra Santa, raggiunse la località nelle vicinanze di Kiev, ove si trovava il famoso santo Russo Antonio e così diventò uno dei suoi primi discepoli. Qui egli venne accolto benevolmente ed ebbe la tonaca monastica, verso l'anno 1055, dal sacerdote Nikon.
Ritiratosi S. Antonio a vivere in solitudine, Teodosio passò alcuni anni sotto il governo spirituale del suo successore l'egumeno Barlaam. Nel 1062 egli stesso diventò egumeno della comunità monastica. Il periodo del suo egumenato fu caratterizzato da una vera fioritura del giovane centro del monachesimo Russo. Aumentati di numero, i membri della comunità monastica non vivevano più nelle grotte. Il monastero ebbe ormai i suoi possedimenti, i suoi edifici ed anche una chiesa, costruita di pietra e dedicata all'Assunzione della Vergine Maria, facendo venire per le costruzioni anche maestri bizantini da Costantinopoli. Una delle innovazioni più decisive fu l'introduzione nella vita monastica della regola di S. Teodosio Studita secondo la redazione del patriarca costantinopolitano Alessio Studita (1025-1043).
Teodosio ricevette da un monaco studita di Costantinopoli il testo della regola, lo fece tradurre; essa ormai fu destinata a governare tutta la vita cenobitica del monachesimo Russo. La vita e la dottrina di S. Teodosio furono caratterizzate da principi di un ascetismo austero, di spirito di semplicità e di amore verso la povertà e la vita laboriosa. Nei suoi rapporti con i "potenti del mondo", Teodosio dimostrava la medesima austerità delle sue concezioni e la tendenza di osservare fedelmente l'Ortodossia Bizantina. Assai dimostrativa sotto questo aspetto è la sua seconda epistola, indirizzata al principe di Kiev, Izjaslav Iaroslavich (1024-1078) sul problema della fede cristiana e della fede dei Latini. Scrisse: "Voi Latini avete rigettato la fede degli Apostoli e dei Santi Padri e avete accolto la fede ingiusta, piena di perdizione. Perciò siete respinti da noi. Perciò non è possibile servire insieme la Liturgia e partecipare nella Comunione".
S. Teodosio morì il 3 maggio 1074. Nel 1091 le sue reliquie furono scoperte e trasportate nella basilica dedicata all'Assunzione della Vergine. Fu canonizzato nel 1108.



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00martedì 3 maggio 2011 10:21

Santi Timoteo e Maura Sposi e martiri

3 maggio

+ Antinoe, Alto Egitto, 286 circa

Martirologio Romano: Ad Antinoe nella Tebaide in Egitto, santi Timoteo e Maura, martiri.


Larga diffusione ebbe in Oriente il culto dei santi coniugi Timoteo e Maura, martiri nell’Alto Egitto durante la persecuzione del prefetto Arriano. Sono purtroppo assai scarse le notizie certe sulla loro vita terrena. Timoteo era lettore della chiesa di Panapeis nei pressi di Antinoe, mentre sua moglie Maura era un’appassionata studiosa della Sacra Scrittura. Dopo soli venti giorni di matrimonio Timoteo venne portato dinnanzi al governatore e gli fu ingiunto di consegnare i libri sacri in suo possesso, ma egli rifiutò. Anche Maura non accettò il sopruso e si dichiarò piuttosto pronta a morire con il marito. Per entrambi giunse così il momento del martirio, subito presso Antinoe in Tebaide verso l’anno 286. Gli Atti della loro passione narrano inverosimilmente che Timoteo sia stato torturato alle orecchie con attrezzi incandescenti, mentre alla moglie sarebbero stati strappati i capelli. Ambo i coniugi furono poi inchiodati ad un muro, al quale rimasero appesi per ben nove giorni. Il Martyrologium Romanum li commemora il 3 maggio.



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00martedì 3 maggio 2011 10:22

Santa Viola Vergine e martire

3 maggio

Verona, primi secoli


Per quanto sia un nome molto usato anche nelle sue varianti Violetta, Iole, della santa che porta il nome di Viola si sa ben poco.
Essa è citata da un antico studioso di agiografia Filippo Ferrari, il quale nel suo volume “Catalogus Sanctorum Italiae” edito a Milano nel 1613, dice di aver letto nelle ‘tavole’ della Chiesa veronese, questo nome di vergine e martire di quella città.
Mancano completamente altri dati, per cui è possibile dubitare anche della sua reale esistenza. È risaputo che nel corso dei secoli, il culto verso i santi martiri ebbe varie impennate, con trasferimenti delle reliquie dalle catacombe alle chiese e luoghi religiosi di tutta Europa; lì dove giunsero s’instaurò ben presto un culto locale più o meno intenso, con proclamazione del loro celeste patronato sulle località e spesso nello scrivere la ‘Vita’, mancando di notizie attendibili, si giungeva anche a riconoscere il martire o la martire come originari della zona.
Nulla toglie al valore del loro martirio, anche se per molti le notizie pervenute fino a noi sono in parte leggendarie o non comprovate, del resto l’Italia è piena di queste devozioni, che in alcune zone assumono il grado della solennità, coinvolgendo nelle celebrazioni liturgiche e patronali l’intera comunità locale.
La celebrazione di s. Viola martire di Verona è al 3 maggio, bisogna comunque dire che l’attuale ‘Martyrologium Romanum’ non ne fa menzione; nella provincia veronese c’è una annuale ‘Fiera di santa Viola’ e probabilmente qualche chiesa a lei dedicata.

Il nome Viola ha una discreta diffusione, oltre che per la devozione verso l’omonima santa veronese, anche per la sua derivazione Violetta, che Giuseppe Verdi inserì come nome della protagonista dell’opera lirica “La Traviata”, che come è noto fu ispirata al romanzo di Dumas “La signora delle camelie” e la cui protagonista porta invece il nome di Margherita.


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00martedì 3 maggio 2011 10:23

Beato Zaccaria Francescano

3 maggio

+ 1249


Secondo il Wadding, che per motivi di studio dimorò alcuni mesi nel convento di S. Caterina di Alemquer (Portogallo) dove il corpo di Zaccaria era in venerazione, questi fu ricevuto all'Ordine in Roma da s. Francesco, che lo inviò nella Spagna a predicare tra i Mori. Lo stesso annalista, lamentando di non poter precisare la cronologia della vita e la data di morte di Zaccaria, riferisce della venerazione che verso di lui nutrirono la regina Sancia e il popolo lusitano che dalla sua parola e dall'esempio delle sue virtù fu indotto a vivere in modo più morigerato; per mezzo di miracoli avrebbe pure convertito uno che dubitava della presenza reale di Cristo nell'Eucaristia e provveduto il convento del pane necessario.
Dapprima fu sepolto nel pavimento della cappella maggiore del convento di S. Caterina, e quindi composto, insieme alle reliquie di un suo pio confratello, sotto l'altare della stessa cappella, dove nel 1564 veniva esposto il Crocifisso dinanzi al quale Z. era solito pregare. Ma già verso il 1562 il p. Ambrogio Silva di Gesù, essendo ministro della provincia minoritica lusitana, aveva collocato le sue reliquie nel muro della stessa cappella, a destra dell'altare. Esse erano visibili attraverso una grata dorata. Il Martirologio Francescano lo ricorda il 3 magg. e lo dice morto verso il 1249.


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