30 gennaio

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Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 11:56

Beata Aberilla Vergine

30 gennaio

XII secolo

Fu reclusa nel monastero di Mehrerau, sul lago di Costanza, e fiorì probabilmente all'inizio del sec. XII. La leggenda secondo cui Aberilla sarebbe stata nominata badessa di Mehrerau da s. Gallo, e sarebbe quindi vissuta nel sec. VII, sembra che sia nata non prima del sec. XVI a sostegno delle pretese del monastero che vantava di esser una fondazione di s. Colombano o di s. Gallo. Che Aberilla (forma chiaramente latinizzata di un nome tedesco, forse Eberwilla) sia del Bregenzerwald sembra tra­dizione degna di fede, così come quella secondo cui Aberilla fu monaca o reclusa a Mehrerau: come in tutte le fondazioni della riforma di Hirsau, cer­tamente nelle vicinanze doveva esserci anche un monastero femminile. La tradizione del monastero di S. Giorgio, in San Gallo, indicava Aberilla come re­clusa nella Cella di S. Viborada (Wiborada). Forse ha ragione il Landolt (Die hl. Wiborade, S. Gallo 1868, pp. 60 sg.) quando afferma che Aberilla fu chia­mata a Bregenz per erigervi un monastero fem­minile.
Il culto di Aberilla, anche se solo locale, incontrò subito i favori dei popolo : immagini della beata furono diffuse tra i fedeli e il suo nome fu inserito nelle litanie, della diocesi di Costanza. Secondo Haller, a Wohlfurt, presso Bregenz, era una statua di Aberilla e, nella chiesa del paese, una delle due sta­tue barocche che ornavano l'altare di Maria, raf­figurava Aberilla.
Il corpo della beata fu sepolto a Mehrerau nella basilica dei SS. Apostoli Pietro e Paolo dinnanzi all'altare di s. Caterina (di questo sepolcro si trova memoria nel 1650), poi fu traslato dinnanzi al­l'altare di s. Giovanni, dove rimase fino alla fine del sec. XVIII, mèta di numerosi pellegrinaggi.
Nel 1781 le ossa della beata vennero trasportate nella cripta degli abati, secondo Haller per inter­rompere il culto in attesa di una conferma uffi­ciale; secondo altri questa traslazione fu dettata dal « Giuseppinismo ».
Aberilla è ricordata il 30 gennaio.


Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 11:57

Sant' Adelelmo (Elesmo) di Burgos

30 gennaio

m. 1097

Fondò e resse il monastero benedettino di San Giovanni Evangelista, a Burgos. E' uno dei patroni di questa città.

Etimologia: Adelelmo = alterato di Adelmo - nobile protettore, dall'antico tedesco

Martirologio Romano: A Burgos nella vecchia Castiglia in Spagna, sant’Adelelmo, abate, che trasformò la cappella e l’ospizio di San Giovanni in monastero.

Abate benedettino spagnolo di origine francese, nato a Loudun nel Poitou nei primi decenni del sec. XI. Dopo un periodo di vita militare, sentendosi insoddisfatto del mondo, intraprese un pellegrinaggio a Roma con l'intenzione di farsi monaco. Passando per Issoire, volle visitare Roberto, primo abate del monastero di Casa Dei (Chaise Dieu), e ne rimase così edificato che chiese di essere accolto immediatamente nel monastero. Roberto, però, preferì che egli compisse prima il pellegrinaggio a Roma. Al ritorno Adelelmo entrò a Casa Dei, dove rimase a lungo finché, verso il 1079, ne fu fatto abate.
Diffondendosi ovunque la fama delle sue virtù e dei suoi miracoli, Costanza di Borgogna, seconda moglie del re Alfonso VI di Castiglia, lo invitò a Burgos. Giunto qui, ebbe dal re in dono la cappella dell'ospedale di S. Giovanni Evangelista, alle porte di Burgos. A. fece sorgere lì presso un monastero nel quale introdusse la pura regola benedettina. La fama di taumaturgo lo accompagnò anche in Spagna. Le sue virtù e il suo potere fascinatore apparvero in piena luce durante la lotta per la riconquista di Toledo, nel 1085. L'armata castigliana non osava passare il Tago per muovere contro gli Arabi; allora Adelelmo, montato sul suo asino, si slanciò per primo in mezzo al fiume, trascinando dietro di sé tutta l'armata. Morì a Burgos, dopo aver ricevuto i sacramenti dal vescovo di Pamplona, il francese Pietro I, nel 1097, forse il 30 gennaio. Fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni.
Nel 1480 le reliquie furono trasferite nella chiesa a lui dedicata in Burgos. Questa città l'ha scelto per suo protettore e lo onora con grande devozione. Nella chiesa a lui dedicata in Burgos, sono rappresentate scene della sua vita e dei suoi miracoli. Speciale venerazione gode anche a Poitiers. La festa si celebra il 30 gennaio.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 11:58

Beato Alano Magno di Lilla

30 gennaio

Lille, Francia – 1120 circa – Citeaux, Francia, 6 luglio 1202

Filosofo e teologo, soprannominato “doctor universalis”, nacque a Lilla intorno al 1120. Fu professore di grido a Parigi e Montpellier, tanto che per la sua dottrina eccelsa venne considerato un essere superiore, alla stregua di Alberto Magno. Prese l’abito di converso a Citeaux, dove condusse vita esemplare e dove morì il 6 luglio 1202. Non si hanno tracce di una venerazione del suo sepolcro né di altra manifestazione di culto.
L’Ordine Benedettino lo festeggia il 30 gennaio.

Filosofo e teologo, soprannominato « Doctor universalis », nacque a Lilla ca. il 1120; fu professore di grido a Parigi e a Montpellier; prese quindi l'abito di converso a Citeaux, dove condusse vita esemplare; ivi morì il 6 lugl. 1202. Non è da confondere con l'omonimo vescovo di Auxerre (+ 1185). Profondo assimilatore di dottrine plato­nico-aristoteliche, in gran parte attinte a Boezio, piuttosto che pensatore originale, fu seguace di Gilberto Porretano, ma immune da contatti con l'aristotelismo spagnolo e arabo. Eclettico in filo­sofia, è apprezzato come teologo per l'esposizione delle massime teologiche in forma aforistica, che lo distingue dalle contemporanee trattazioni. Get­tò inoltre le basi della terminologia teologica del suo tempo e polemizzò con una certa foga dialet­tica, ma senza un vero rigore razionale. Condusse il suo sforzo di sistemazione del sapere anche in opere in versi, e congiunse l'erudizione e l'acume alla pietà.
Le sue opere (in PL, CCX) si possono suddivi­dere in:
- Scritti filosofico-teologici : Contra haereticos, in 4 II. (contro i catari, i valdesi, gli ebrei, i maomettani) : espone le tesi avversarie e le con­futa alla luce dell'ortodossia, con argomenti ora fideistici ora logici; Regulae de sacra theologia (anche Regulae caelestis iuris ovv. Maximae theo-logiae) : serie di massime intorno a Dio, ai doveri morali, alle cause (conobbe Io pseudo-aristotelico De causis); Distinctiones dictionum theologicarum : repertorio alfabetico di termini, con spiegazioni letterali e metaforiche; Summa de arte praedicatoria: trattato normativo con esempi; oltre a Sermoni, a un De sex alis Cherubini, a una Eluci­datio in Cantica canticorum, traboccante di de­vozione alla Vergine, a un Liber poenitentialis d'interesse canonico, e ad altri scritti isolati o frammentari.
- Scritti poetici : Anticlaudianus : poema apolo-getico-enciclopedico in discreti esametri, a imita­zione e confutazione dell'In Rufinum di Claudio Claudiano (secc. IV-V), assai fortunato nel Medio­evo, ripetutamente commentato e — sembra — non privo d'influssi su Dante; De planctu natu-rae : attacco satirico polimetro, con parti in prosa, contro alcuni vizi personificati in allegorie; Doctrinale minus (o liber parabolarum) : antologia di parabole in distici elegiaci, anch'essa fortunata nel Medioevo. Alcuni scritti attribuiti ad Alano non sono suoi : in primo luogo il Liber de arte catholicae fidei (dov'è applicato il metodo matematico-dedut­tivo), di cui è probabile autore Nicola di Amiens.
L'eccezionale dottrina di Alano lo fece considerare un essere superiore, alla stregua di Alberto Ma­gno, e favorì la nascita d'una idealizzazione leg­gendaria. Non si hanno tracce d'una venerazione del suo sepolcro né d'altre manifestazioni di culto, ma egli è compreso nella Brevis quorundam sanctorum et beatorum sacri Cisterciensis ordinis enumeratio dell'abate Jean de Cirey (Digione 1491) e nei martirologi cistercensi e benedettini al 30 genn. e poi al 16 lugl. La sua immagine, che ri­corre nell'iconografia di alcune chiese cistercensi, è in Ranbeck, Kalendarium Annuale Benedictinum, Augusta 1677, al 30 gennaio.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 11:59

Santa Alda (Aldegonda) Vergine e martire

30 gennaio (18 ottobre)

Etimologia: Alda = estremamente bella, dal celtico

Emblema: Giglio, Palma

Martirologio Romano: A Maubeuge in Neustria, nell’odierna Francia, santa Aldegonda, badessa al tempo del re Dagoberto.

Ricordata il 18 ottobre nel Proprio di Meaux (1854), come vergine e monaca, è chiaramente da identificare con s. Aldegonda di Maubeuge, la cui traslazione si commemora ivi lo stesso giorno.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:00

Sant' Armentario di Pavia Vescovo

30 gennaio

m. 731

Martirologio Romano: A Pavia, sant’Armentario, vescovo, che depose solennemente nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro il corpo di sant’Agostino, ivi traslato dal re Liutprando.

Si hanno pochissime notizie sulla sua vita. Succedette al vescovo di Pavia Gregorio e resse quella Chiesa tra il 710 ed il 722 circa. Lottò per difendere dalle pretese della Metropolia di Milano la diretta dipendenza di Pavia dalla Sede Apostolica. È ricordato per aver accolto le spoglie di S. Agostino giunte dalla Sardegna per volontà del re Liutprando, e per aver consacrato al grande santo un altare della basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro.
Morì nel 731. La sua tomba fu meta di numerosi pellegrinaggi, grazie alla fama di potente intercessore attribuitagli dal popolo dopo la morte. Le reliquie si venerano attualmente nella Cattedrale di Pavia.


Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:01

San Barsimeo (Barsamya) Vescovo di Edessa

30 gennaio

Martirologio Romano: A Edessa nell’Osroene, oggi in Turchia, san Barsimeo, vescovo: si tramanda che per la fede in Cristo sia stato battuto con verghe sotto l’imperatore Decio; terminata la persecuzione e rilasciato dal carcere, si dedicò per il resto della sua vita con sommo impegno al governo della Chiesa a lui affidata.


Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:03

Santa Batilde Regina dei Franchi

30 gennaio

m. Chelles, Parigi, 680

Di origine anglosassone, Batilde durante un viaggio fu catturata da alcuni pirati e venduta in Francia, nel 641, ad Erchinoaldo, dignitario di corte di Neustria, che, dopo essere rimasta vedovo, voleva sposarla. L'ex schiava si rifiutò, accettando poi di sposare Clodoveo II re di Neustria e di Borgogna. Ebbe tre figli, Clotario III, Tierrico III e Childerico II. Nel 657 Batilde divenne vedova e quindi reggente del regno in nome del figlio Clotario; con la guida dell'abate Genesio, si diede alle opere di carità, aiutando i poveri e i monasteri. Lottò strenuamente contro la simonia e contro la schiavitù, che fu interdetta per i cristiani, mentre con proprio denaro restituì la libertà a moltissimi schiavi. Quando il figlio Clotario III raggiunse la maggiore età, Batilde si ritirò nel monastero di Chelles, nella diocesi di Parigi, che lei stessa nel 662, aveva fatto restaurare. Vi morì nel 680. Fu sepolta a Chelles, accanto al figlio Clotario III, morto nel 670. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Chelles vicino a Parigi in Francia, santa Batilde, regina: fondò cenobi sotto la regola di san Benedetto secondo il costume di Luxeuil; dopo la morte del marito Clodoveo II, assunse il governo del regno dei Franchi e, durante il regno del figlio, visse i suoi ultimi anni nell’assoluta osservanza della regola di vita monastica.

Era di origine anglosassone, durante un viaggio fu catturata dai pirati e venduta in Francia nel 641, ad Erchinoaldo, dignitario di corte di Neustria, il quale poi rimasto vedovo, voleva sposarla.
L’ex schiava si rifiutò, accettando poi di sposare Clodoveo II re di Neustria e di Borgogna, antiche regioni della Gallia; ebbe tre figli, Clotario III poi re di Neustria e di Borgogna, Tierrico III che succedette a Clotario III e Childerico II re di Austrasia, regione orientale della Gallia.
Nel 657 Batilde divenne vedova e quindi reggente del regno in nome del figlio Clotario; con la guida dell’abate Genesio, si diede alle opere di carità, aiutando i poveri ed i vari monasteri.
Lottò strenuamente contro la simonia e contro la schiavitù, che fu interdetta per i cristiani, mentre con proprio denaro restituì la libertà a moltissimi schiavi.
Come per altre sante regine di quel lontano periodo storico, raggiunta la maggiore età il figlio Clotario III, si ritirò (prima del 673) nel monastero di Chelles, nella diocesi di Parigi, che lei stessa nel 662, aveva fatto restaurare per penitenza.
Nel monastero si mise umilmente al servizio delle religiose, lì visse per circa 7-8 anni morendo il 30 gennaio del 680; fu sepolta a Chelles, accanto al figlio Clotario III, morto prima di lei nel 670.
La sua tomba fu oggetto di pellegrinaggi di fedeli attirati dalla fama dei miracoli; nell’833 fu fatta una traslazione alla chiesa della Madonna di Chelles.
La festa religiosa della santa regina Batilde è al 26 gennaio.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:04

Beato Bronislao Bonaventura Markiewicz Sacerdote

30 gennaio

Pruchnik (Galizia, Polonia), 13 luglio 1842 - Miejsce Piastowe, Podkarpackie (Polonia), 29 gennaio 1912

Sacerdote polacco, entrò tra i salesiani a Torino ed emise i voti perpetui nelle mani di San Giovanni Bosco. Tornato in Polonia decise di fondare la Congregazione di San Michele Arcangelo. “Tutto per Maria”, motto presente nella vita di tanti santi della Chiesa, esercitò un’influenza particolare anche nell’arco di tutta la vita di Padre Bronislao Bonaventura. Dichiarato Venerabile da Giovanni Paolo II il 2 luglio 1994, il cardinale Jozef Glemp lo ha beatificato il 19 giugno 2005, dando lettura della Lettera Apostolica del papa Benedetto XVI.

Formatosi nell’ideale salesiano dei primi tempi, portò in Polonia l’opera sociale di S. Giovanni Bosco; staccatosi per incomprensioni dall’Opera Salesiana, fondò nella sua Patria due Congregazioni religiose per l’educazione della gioventù povera e abbandonata.
Bronislao Markiewicz nacque a Pruchnik (diocesi di Przemysl) in Polonia, il 13 luglio 1842, sesto degli 11 figli del borgomastro della città; cresciuto con principi religiosi, perse la fede durante gli studi liceali a Przemysl, ma la sua solida base cattolica permise di recuperarla qualche anno più tardi.
A 21 anni, nel 1863 entrò nel Seminario diocesano di Przemysl e dopo l’itinerario di studi necessari, fu ordinato sacerdote il 15 settembre 1867.
Le sue prime esperienze e i primi incarichi furono in diocesi; viceparroco a Harta e nella cattedrale cittadina, parroco di Gacz e di Blazowa. Ma dando seguito al suo desiderio di dedicarsi alla formazione della gioventù, volle perfezionarsi negli studi di pedagogia e filosofia, frequentando il biennio 1873-1875, presso le Università di Leopoli e di Cracovia; ma fu interrotto perché richiamato in diocesi dal Vicario.
In seguito il suo ministero si esplicò in vari incarichi; insegnante di teologia morale in seminario, prefetto dei chierici, confessore e cappellano delle suore benedettine e carmelitane, assessore concistoriale, giudice e censore ecclesiastico.
Nel 1885 a 43 anni ci fu la svolta della sua vita, volendo far parte di una congregazione dedita principalmente all’educazione della gioventù abbandonata e povera, decise di entrare fra i salesiani.
Si recò a Torino Valdocco, dove fu accolto dal fondatore s. Giovanni Bosco (1815-1888) e dopo il noviziato emise i voti nelle sue mani il 25 marzo 1887.
Espresse il desiderio di ritornare in Polonia con altri connazionali e con il salesiano principe Augusto Czartoryski (1858-1893) oggi Beato, per fondarvi una Casa salesiana per l’educazione dei giovani poveri, ma non fu appoggiato dai superiori.
Altri incarichi gli furono affidati nel triennio successivo; assistente dei chierici a S. Benigno Canavese; professore di storia della teologia morale a Valsalice; confessore nell’Ospizio S. Giovanni Evangelista a Torino; insegnante privato del principe Czartoryski; cappellano delle “Figlie di Maria Ausiliatrice” a Bordighera; confessore e assistente nella cartiera salesiana di Mathi (Torino).
Negli anni 1889-1890, si ammalò gravemente per il diverso clima e per la debolezza derivante dalle sue mortificazioni, ritenendolo in pericolo di vita, il successore di don Bosco, il beato Michele Rua, lo fece rientrare in Polonia, come parroco di Miejsce Piastowe, diocesi di Przemysl (1892).
L’aria natia lo fece ristabilire presto e prese ad organizzare una Casa per l’educazione della gioventù povera ed abbandonata, denominandola: “Casa don Bosco”.
Colpito dalle trasformazioni sociali nel mondo, che facevano seguito alla pubblicazione del “Manifesto” di Carlo Marx, padre Bronislao Markiewicz si convinse che il futuro della Chiesa e degli Istituti religiosi, sarebbe dipeso dall’osservanza della massima di s. Giovanni Bosco: “Il lavoro e la temperanza faranno fiorire”.
Quindi egli si pose sullo stesso piano della povera gente della parrocchia di Miejsce Piastowe con cui viveva. Da Torino gli furono inviati come aiuto due salesiani polacchi, Pietro Sikora e Francesco Trawinski e un italiano Abele Ghilardini; ma ben presto sorsero incomprensioni per il diverso modo di vivere, più mitigato e vicino alla classe media a Torino, più povero e sofferto in Polonia.
Ci furono delle tensioni nel gruppo dei salesiani e don Sikora accusò don Bronislao presso i Superiori; nel 1897 don Rua inviò in Polonia come ispettore don Mosè Veronesi, per una visita canonica, nonostante ciò don Bronislao non abbandonò le sue idee, anzi prese a chiamarsi “salesiano di stretta osservanza”.
Tutto questo fu disapprovato dal Capitolo Generale dei Salesiani, tenutosi a Torino il 19 dicembre 1897, che cancellò don Bronislao Markiewicz dai membri dell’Istituto Salesiano.
Ancora nel 1898 gli fu proibito di chiamarsi salesiano e di denominare il suo orfanotrofio “Casa don Bosco”. Allora il sacerdote fondò l’associazione “Temperanza e Lavoro”, dalla quale nasceranno poi due Congregazioni intitolate a S. Michele Arcangelo, dedite all’educazione della gioventù povera.
In pratica organizzò una nuova ramificazione salesiana, godendo dell’appoggio del vescovo di Przemysl, mons. Solecki, ma defunto questi, il successore mons. Pelczar non riconobbe l’Istituto.
Seguirono per don Bronislao anni difficili, anche i tentativi di riconciliazione promossi dal Superiore Generale dei salesiani don Rua, non ebbero esito favorevole; per ubbidienza al suo vescovo licenziò tutti i suoi collaboratori e si mise ad organizzare ritiri spirituali e a sviluppare lavori artigianali, tra cui la tipografia per la stampa diocesana; fu anche considerato un radicale e un disobbediente.
Consumato dall’intenso lavoro, addolorato dalle incomprensioni e delusioni padre Bronislao Markiewicz morì nella sua parrocchia di Miejsce Piastowe il 29 gennaio 1912.
Il Signore benedisse i suoi sforzi e intenzioni e le sue fondazioni crebbero come numero di membri, ricevendo la Congregazione maschile di S. Michele Arcangelo (Micheliti) l’approvazione ecclesiastica il 29 settembre 1921 e quella femminile il 15 agosto 1928.
Le Case sono 25 in Polonia, con missioni in Nuova Guinea, in Paraguay, nella Repubblica Dominicana, nello Zaire, in Canada, Germania, Austria, Italia, Libia, Camerun.
Negli anni 1958-61 si svolsero i primi processi informativi per la causa della sua beatificazione, e il 19 giugno 2005 è stato proclamato Beato, con Lettera Apostolica di papa Benedetto XVI, letta e pubblicata in Polonia dal cardinale primate di Varsavia Josef Glemp, secondo le nuove norme per le beatificazioni, in vigore dal maggio 2005.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:05

Beata Carmela Garcia Moyon Martire

30 gennaio

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Nantes, Francia, 13 settembre 1888 – Torrent, Spagna, 30 gennaio 1937

Carmen Marie Anne Garcia Moyon, fedele laica dell’arcidiocesi di Valencia, nacque a Nantes, in Francia, 13 settembre 1888. Trasferitasi poi in Spagna, fu convinta insegnante della dottrina cristiana.
Allo scoppio della guerra civile e della feroce persecuzione religiosa che attraversò la Spagna, Carmen fu chiamata ad effondere il suo sangue e donare la vita per difendere la sua fede in Cristo il 30 gennaio 1937 a Torrent, nei pressi di Valencia: fu violentata per la sua fede e bruciata ancora viva.
Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001 elevò agli onori degli altari ben 233 vittime della medesima persecuzione, tra le quali la Beata Carmela Garcia Moyon, che viene festeggiata nell’anniversario del suo martirio.

Martirologio Romano: Nel villaggio di Torrent in Spagna, beata Carmela García Moyón, martire: fervida insegnante di dottrina cristiana, durante la persecuzione religiosa, per la sua fede in Cristo fu violentata e bruciata mentre era ancora viva.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:07

Beato Columba Giuseppe Marmion

30 gennaio

Dublino, Irlanda, 1 aprile 1858 (giovedì santo) - Maredsous, Belgio, 30 gennaio 1923

Nasce a Dublino (Irlanda), è ordinato sacerdote nel 1881 a Roma, svolge la sua attività ministeriale in Belgio.
Nel 1886 entra nell'Abbazia di Maredsous (Belgio) dove prende il nome di Columba. Dal 1899 fa parte della fondazione di Mont-Cesar (Lovanio) iniziando una lunga serie di attività pastorali oltre che in Belgio anche in Gran Bretagna.
Nel 1909 è eletto abate di Maredsous (nota per le sue attività umanistiche con la famosta 'Revue Benedictine').
Nel 1920 crea la Congregazione belga dell'Annunciazione.

Martirologio Romano: Nel monastero di San Benedetto a Maredsous sempre in Belgio, beato Columba (Giuseppe) Marmion: nato in Irlanda, ordinato sacerdote e divenuto poi abate nell’Ordine di San Benedetto, eccelse come padre del cenobio e guida di anime, per santità di vita, dottrina spirituale ed eloquenza.


Joseph-Aloysius Marmion nacque a Dublino da padre irlandese,William Marmion, e da madre francese, Herminie Cordier, il 1°aprile 1858. Tre delle sue sorelle diventeranno religiose presso leSuore della Misericordia.

Considerato dai genitori come un dono di Dio, dopo la morteprematura di altri due fratelli, Joseph "viene promesso a Dio".

Entra nel Seminario diocesano di Dublino all'età di 16 anni(nel 1874) e finirà brillantemente i suoi studi di teologia alCollegio di Propaganda Fide a Roma.

È ordinato sacerdote nella chiesa di Sant'Agata dei Goti,il 16 giugno 1881.

Egli sognava di essere monaco-missionario in Australia, ma rimaneaffascinato dall'atmosfera liturgica della "neonata" Abbazia diMaredsous in Belgio (fondata dai fratelli Wolter, di Beuron, nel1872) dove era passato a salutare un compagno di studi, tornando daRoma nel 1881. Voleva entrare in questo monastero, ma il suo Vescovogli chiede di aspettare e lo nomina vicario a Dundrun, poi professoreal Seminario Maggiore di Clonliffe (18821886). Cappellano di unconvento di Suore Redentoriste e cappellano presso una prigionefemminile, impara a guidare le anime, a confessare, a consigliare, eperfino, ad aiutare le moribonde.

A metà novembre dell'86, ottiene dal Vescovo il permesso dipartire per farsi monaco; si stacca così volontariamente dauna carriera ecclesiastica che si annunciava promettente. A Maredsousviene accolto da Dom Placido Wolter, primo Abate di questo monasteroancora in costruzione.

Il suo noviziato, vissuto sotto la guida austera di DomBenoît D'Hondt, Maestro dei novizi severo e rigido, e con unbel gruppo di novizi giovani (mentre Marmion aveva già quasi30 anni), sarà tanto più arduo per il fatto che egli sitrova a cambiare abitudini, cultura, lingua. Ma dato che affermava diessere entrato in monastero per cercarvi l'ubbidienza, non puòfare a meno di stringere i denti e di lasciarsi formare alladisciplina monastica, alla vita fraterna e alla preghiera corale finoalla professione solenne, emessa il 10 febbraio 1891. Da allora egliaiuta il Maestro dei novizi, dà lezioni nel Collegio, esoprattutto comincia a predicare con successo quando gli èpermesso di andare in aiuto al clero nelle parrocchie vicine aMaredsous.

La sua prima grande ubbidienza, egli la riceve quando ènominato a far parte del gruppetto di monaci che devono fondarel'Abbazia del Mont-César a Lovanio. Anche se questaseparazione è uno strazio per lui, egli vi si donacompletamente, in nome dell'ubbidienza. Presto si vede affidato ilruolo di Priore, accanto al Padre Abate de Kerchove, nonché diresponsabile spirituale e di professore di tutti i giovani monaci chesi recano a Lovanio per studiare filosofia e teologia.

È lì che si dedica a una fitta predicazione diritiri, in Belgio e in Gran Bretagna, e nello stesso tempo a un grannumero di direzioni spirituali (soprattutto presso comunità diCarmelitane). Diventerà presto confessore del Vescovo Mons.Joseph Mercier, il futuro Cardinale.

Columba Marmion avrà pure un'intensa corrispondenza didirezione spirituale. Egli rappresenta anche un punto di riferimentosignificativo presso alcune facoltà ed istitutidell'Università di Lovanio, dove viene consultato per la suaautorevolezza.

In questo periodo, l'Abbazia di Maredsous è sotto ilgoverno di Dom Hildebrand de Hemptine, suo secondo Abate, chediventerà nel 1893, su domanda di Leone XIII, il primo Primatedella Confederazione benedetta. Per le frequenti permanenze a Roma sifinirà poi col richiedere la sua sostituzione come Abate. EDom Columba Marmion viene eletto terzo Abate di Maredsous il 28settembre 1909 e benedetto il 3 ottobre. Egli si trova dunque a capodi una comunità di più di 100 monaci, con una Suola diUmanesimo, una Suola di Arti applicate, una grande fattoria e unafama consolidata nelle ricerche e negli studi sulle origini dellafede, con la "Revue Bénédictine" in particolare,e con varie altre pubblicazioni.

Queste molteplici attività locali costringeranno ColumbaMarmion, nonostante il suo zelo missionario, a rinunciare all'offertaavanzata dal Governo Belga a Maredsous di aprire una missione nelKatanga.

La cura della comunità non impedisce tuttavia a Dom Marmiondi portare avanti sia il suo intenso apostolato con la predicazionedi ritiri quanto le numerose e regolari direzioni spirituali. Nonc'è da stupirsi dunque che gli si chieda di aiutare i monacianglicani di Caldey desiderosi di diventare cattolici e di assicurarespiritualmente e canonicamente questa migrazione.

La grande prova dell'Abate Marmion (che in questo periodo ha 56anni e accusa diversi problemi di salute) sarà la guerra del'14-'18. La sua decisione di mettere i giovani monaci al riparo inIrlanda, in modo che possano proseguire tranquillamente nella loroformazione, provocherà gravosi impegni, viaggi pericolosi,preoccupazioni e incomprensioni fra le due generazioni di unacomunità scossa e divisa dalla guerra. Nel 1920 fu necessariocreare la Congregazione belga dell'Annunciazione (Maredsous,Mont-César, St-Andié de Zevenkerken).

Dom Marmion è considerato inoltre come un grande Abate e unpunto di riferimento spirituale e dottrinale.

Quando muore, durante un'epidemia d'influenza, il 30 gennaio 1923alle 10 di sera, la sua fama di santità si è giàaffermata presso numerosi contemporanei. Un nuovo monastero prende ilsuo nome già nel 1933: Marmion Abbey (U.S.A.).

Per tutta una generazione di cattolici, ma piùparticolarmente di sacerdoti, religiosi e religiose, Dom ColumbaMarmion è stato un maestro di vita spirituale. Riportando icattolici alle fonti bibliche (soprattutto a s. Paolo), e liturgichedella loro fede, li ha resi coscienti realmente della loro vita difigli di Dio, animati dallo Spirito, umili e semplici nel ricorrerealla misericordia e all'amore del Padre. Questa visione si accompagnaa un grande senso della partecipazione al Corpo di Cristonell'Eucaristia e a una forte pietà mariana che chiede allaMadre di Gesù di formare Cristo in tutti coloro che a leiricorrono.

Oggi la Chiesa attira l'attenzione di tutti i fedeli sullafecondità spirituale della dottrina di Columba Marmion.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:09

San David Galvan Bermudez Martire Messicano

30 gennaio

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Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Guadalajara in Messico, san Davide Galván, sacerdote e martire, che, durante la persecuzione messicana, avendo rivendicato la santità del matrimonio, fucilato dai soldati senza processo, ottenne la corona di gloria.

Nacque a Guadalajara, Jalisco il 29 gennaio 1881. Professore nel Seminario di Guadalajara. La sua grande carità verso i poveri ed i lavoratori lo spinsero ad organizzare ed aiutare il gruppo dei calzolai, lavoro che effettuó a fianco del padre. Strenuo difensore della santità del matrimonio aiutò una ragazza perseguitata da un militare, che, già coniugato, desiderava contrarre matrimonio con lei. Questo fatto procurò al padre Galván l`inimicizia del tenente che, alla fine, divenne il suo giustiziere. Il 30 gennaio 1915 mentre cercava di aiutare spiritualmente i soldati feriti in un combattimento avvenuto a Guadalajara, fu fatto prigioniero. E, di fronte a coloro che erano incaricati di giustiziarlo, mostrò il petto per ricevere le pallottole.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:10

Beato Ferrario Mercedario

30 gennaio

Nel convento di San Lazzaro in Saragozza (Spagna), il Beato Ferrario fra i fratelli conversi mercedari, condusse una vita angelica sulla terra e famoso per i miracoli compiuti, con tanti meriti andò in cielo.
L’Ordine lo festeggia il 30 gennaio.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:11

Beato Francesco Taylor Sindaco di Dublino, martire

30 gennaio

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Dublino, Irlanda, 1550 circa – 30 gennaio 1621

Il beato Francis Taylor (Proinsias Tàilliùr), secondogenito di Robert Taylor di Swords e di Elizabeth Golding, nacque nel 1550. La sua era una famiglia di nobili proprietari terrieri della Contea a nord di Dublino e per generazioni si era distinta nella vita amministrativa e commerciale di quella città. Padre di sei figli, Francis Taylor per oltre trent'anni rimase fedele alla tradizione «di famiglia e lavorò in varie strutture cittadine. Nel 1593 venne eletto sindaco di Dublino. Per i Cattolici la situazione andò sempre più peggiorando, specialmente dopo la sconfitta della resistenza cattolica irlandese contro il potere protestante dell'Inghilterra nel 1603. Ben presto i Cattolici furono estromessi dai pubblici uffici e il governo iniziò ad organizzare un Parlamento composto in maggioranza da Protestanti. Francis Taylor venne eletto membro del Parlamento irlandese, ma un sindaco protestante invalidò l'elezione. Fu allora nel 1613 o all'inizio del 1614 che Francis Taylor fu imprigionato. Preferì soffrire piuttosto che rinnegare la propria fede. Mori in prigione il 10 gennaio 1621, dopo sette anni di sofferenza, accettate con grande pazienza. E’ stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 27 settembre 1992.

Martirologio Romano: A Dublino in Irlanda, transito del beato Francesco Taylor, martire, che, padre di famiglia, patiti sette anni di carcere per la sua fede cattolica, sfinito dalle tribolazioni e dalla vecchiaia, coronò il suo martirio sotto il re Giacomo I.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:12

Santa Giacinta Marescotti Religiosa

30 gennaio - Comune

Vignanello (VT), 1585 - Viterbo, 30 gennaio 1640

Etimologia: Giacinta = dal nome del fiore

Martirologio Romano: A Viterbo, santa Giacinta Marescotti, vergine del Terz’Ordine regolare di San Francesco, che, dopo quindici anni passati tra vani piaceri, abbracciò una vita durissima e istituì confraternite per l’assistenza degli anziani e per l’adorazione della santa Eucaristia.

Sogna un marito, non il monastero. Si chiama Clarice, è molto bella e ha sott’occhio un giovane marchese Capizucchi, ottimo partito per una figlia del principe Marcantonio Marescotti, alta aristocrazia romana. E il principe, infatti, gli dà volentieri in moglie una figlia. Ma non è Clarice. E’ Ortensia, la più giovane. Dopodiché Clarice diventa il flagello della casata, insopportabile per tutti. Una delusione simile può davvero inasprire chiunque, ma forse le accuse sono anche un po’ gonfiate per giustificare la reazione del padre, che nel 1605 la fa entrare nel monastero di San Bernardino a Viterbo, dalle Clarisse, dove c’è già sua sorella Ginevra.
Qui lei prende il nome di Giacinta, ma senza farsi monaca: sceglie lo stato di terziaria francescana, che non comporta clausura stretta. Vive in due camerette ben arredate con roba di casa sua e partecipa alle attività comuni. Ma non è come le altre. Lo sente, glielo fanno sentire: un brutto vivere. Per quindici anni si tira avanti così: una vita "di molte vanità et schiocchezze nella quale hero vissuta nella sacra religione". Parole sue di dopo.
C’è un “dopo”, infatti. C’è una profonda trasformazione interiore, dopo una grave malattia di lei e alcune morti in famiglia. Per suor Giacinta cominciano ventiquattro anni straordinari e durissimi, in povertà totale. E di continue penitenze, con asprezze oggi poco comprensibili, ma che rivelano energie nuove e sorprendenti. Dalle due camerette raffinate lei passa a una cella derelitta per vivere di privazioni: ma al tempo stesso, di lì, compie un’opera singolare di “riconquista”. Personaggi lontani dalla fede vi tornano per opera sua, e si fanno suoi collaboratori nell’aiuto ad ammalati e poveri. Un aiuto che Giacinta la penitente vuole sistematico, regolare, per opera di persone fortemente motivate. Questa mistica si fa organizzatrice di istituti assistenziali come quello detto dei “Sacconi” (dal sacco che i confratelli indossano nel loro servizio) che aiuta poveri, malati e detenuti, e che si perpetuerà fino al XX secolo. E come quello degli Oblati di Maria, chiamati a servire i vecchi.
Nel monastero che l’ha vista entrare delusa e corrucciata, Giacinta si realizza con una totalità mai sognata, anche come stimolatrice della fede e maestra: la vediamo infatti contrastare il giansenismo nelle sue terre, con incisivi stimoli all’amore e all’adorazione per il sacramento eucaristico. Non sono molti quelli che la conoscono di persona. Ma subito dopo la sua morte, tutta Viterbo corre alla chiesa dov’è esposta la salma. E tutti si portano via un pezzetto del suo abito, sicché bisognerà rivestirla tre volte. A Viterbo lei resterà per sempre, nella chiesa del monastero delle Clarisse, distrutta dalla guerra 1940-45 e ricostruita nel 1959. La sua canonizzazione sarà celebrata da Pio VII nel 1807.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:13

San Glastiano (Maglastiano) Vescovo

30 gennaio

m. 830

Patrono di Kinglassia (contea di Fife, Scozia), visse durante il regno di Achaio, in Scozia, nell'VIII secolo e si distinse come mediatore tra gli Scoti e i Pitti, adoperandosi molto per alleviare il destino di questi ultimi quando furono soggiogati dagli Scoti.
Morì nell'830 e la sua festa, secondo il Breviario di Aberdeen è celebrata il 30 gennaio.


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00sabato 30 gennaio 2010 12:15

San Khuong (Tommaso) Sacerdote, martire nel Tonchino

30 gennaio

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Tonchino, 1780 ca. - † 30 gennaio 1860

Apparteneva a una nobile famiglia Tonchinese, e forse era figlio di un mandarino. Cristiano fin da piccolo, divenne poi sacerdote e terziario domenicano. Fu incarcerato più volte a causa della sua fede. Quando ormai era già ottantenne, nel 1859, fu arrestato una seconda volta. Il giudice tentò invano di fargli calpestare il Crocifisso e lo invitò invano a persuadere i suoi cristiani ad apostatare, ma egli rispose fermamente: "Per redimere l'uomo, Gesù Cristo soffrì volontariamente la morte, anch'io voglio rendergli amore per amore, versando tutto il mio sangue per lui". Mentre si genufletteva per adorare la croce, gli fu troncata la testa: era il 30 gennaio 1860.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nel Tonchino, ora Viet Nam, san Tommaso Khuông, sacerdote e martire, che, durante la persecuzione dell’imperatore Tự Đức, avendo professato con invitto animo di essere cristiano, fu messo in prigione e, in ginocchio davanti alla croce, fu ucciso a colpi di scure.

Il 19 giugno 1988 papa Giovanni Paolo II ha canonizzato un numeroso gruppo di martiri del Tonchino (Vietnam), essi in numero di 117, fra cui 8 vescovi, 50 sacerdoti e religiosi e 59 laici, tutti martiri dal 1745 al 1862, erano stati beatificati in precedenza, in diversi gruppi negli anni 1990, 1906, 1909 e 1951.
Tra i 50 sacerdoti, vi è il terziario domenicano sacerdote del Tonchino, Khuong a cui era stato aggiunto il nome cristiano di Tommaso; nacque verso il 1780 da una nobile famiglia tonchinese, forse figlio di un mandarino.
Cristiano sin da piccolo, poi sacerdote, subì per questo il carcere durante la grande persecuzione dell’imperatore Minh-Manh, ottenendo la libertà solo per la sua nobile origine. Da allora visse in clandestinità in un luogo sicuro, espletando il suo ministero sacerdotale nello spirito domenicano; aveva quasi 80 anni, quando il 29 dicembre 1859, venne catturato a Tran-Xa, durante la nuova persecuzione anticristiana indetta da re Tu-Duc.
Egli in quei giorni aveva lasciato il suo rifugio per trasferirsi altrove, quando giunto davanti al ponte di Tran-Xa, venne riconosciuto come cristiano, tradito dalla sua esitazione ad attraversarlo per non calpestare la croce, messa lì a terra dai persecutori.
Arrestato e condotto davanti al giudice, fu sottoposto ad intenso interrogatorio, per trovare nelle sue parole qualche dichiarazione, comprovante pretese relazioni tra i cristiani locali e gli europei; fu invitato a convincere i suoi correligionari ad apostatare e calpestare la croce; a questo punto padre Tommaso Khuong, dichiarandosi cristiano sin da fanciullo e sacerdote di Cristo, rifiutò sdegnato, dicendosi pronto a morire, anche centomila volte per la sua amata religione.
Venne condannato a morte e un mese dopo, il 30 gennaio 1860, genuflesso davanti ad una piccola croce di canne, che aveva portato con sé, nell’atto di venerarla venne decapitato.
Fu beatificato insieme ad altri 24 martiri il 29 aprile 1951 da papa Pio XII. La sua festa religiosa è rimasta dopo la canonizzazione al 30 gennaio.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:16

Santa Martina Martire

30 gennaio

Martina, figlia di un nobile romano, sarebbe stata diaconessa, che per aver rifiutato di fronte al tribunale di Alessandro Severo di sacrificare ad Apollo, dopo infiniti tormenti e prodigi da parte sua, fu condannata ad essere decapitata. La più antica notizia su Martina è che papa Onorio I le dedicò una chiesa nel Foro.

Etimologia: Martina = dedicato a Marte

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di santa Martina, sotto il cui titolo il papa Dono dedicò una basilica nel foro romano.

La storia di questa giovane santa comincia a ritroso, dalla sua tomba, 1.400 anni dopo il suo martirio, quando nel 1534 l'attivissimo Urbano VIII, impegnato sul fronte spirituale nella controriforma cattolica e su quello materiale nella restaurazione di celebri chiese romane, avendo riscoperto le reliquie della martire, ripropose ai romani la devozione di S. Martina, fissandone la celebrazione al 30 gennaio. Ne compose egli stesso l'elogio, con l'inno: "Martinae celebri plaudite nomini, Cives Romulei, plaudite gloriae", che invita ad ammirare la santa nella vita immacolata, nella carità esemplare e nella coraggiosa testimonianza resa a Cristo col martirio.
Chi era in realtà S. Martina, che riemergeva improvvisamente e prepotentemente nella devozione popolare, tanto da essere considerata come una delle patrone di Roma, dopo tanti secoli di oblio? Le notizie storiche sono poche. La più antica risale al VI secolo, quando papa Onorio le dedicò una chiesa nel Foro. Cinquecento anni dopo, compiendosi degli scavi in questa chiesa, si trovarono in effetti le tombe di tre martiri. La festa della santa era già celebrata nel secolo VIII. Null'altro si conosce, per cui è necessario attingere altre notizie da una Passio leggendaria. Secondo questo racconto, S. Martina era una diaconessa, figlia di un nobile romano. Arrestata per la sua aperta professione di fede, venne condotta al tribunale dell'imperatore Alessandro Severo (222-235). Questo principe semiorientale, aperto a tutte le curiosità, al punto di includere Cristo tra gli dei venerati nella famiglia imperiale, fu estremamente tollerante verso i cristiani e il suo governo è contrassegnato da una fruttuosa parentesi di distensione nei confronti della Chiesa, che in quel periodo ebbe una grande espansione missionaria.
Tutto è ignorato dall'autore della Passio, il quale si diffonde nell'elenco delle atroci torture inflitte dall'imperatore alla santa. Martina, trascinata davanti alla statua di Apollo, la fece andare in frantumi, provocando subito dopo un terremoto che distrusse il tempio e uccise i sacerdoti del dio.
Il prodigio si ripetè con la statua e con il tempio di Artemide. Tutto ciò avrebbe dovuto indurre i suoi persecutori a riflettere; al contrario, più ostinati che mai, ingerirono sulle delicate membra della fanciulla sottoponendola a crudelissimi tormenti, dai quali ella uscì sempre illesa. Fu la spada a porre fine a tante sofferenze, troncando il capo della martire, il cui sangue andò a irrorare il fertile terreno della Chiesa romana.
Il culto di santa Martina è inoltre attestato a Martina Franca (Taranto), dove è giunto in via particolare. Nel 1730 il cardinale Tommaso Innico Caracciolo, della famiglia dei duchi di Martina, pochi mesi prima di morire, volle donare alla città natale, e in particolare alla Collegiata di San Martino, in segno di affetto alcuni frammenti ossei della Santa, in un prezioso reliquiario d'argento, provenienti dalla chiesa dei Santi Luca e Martina di cui aveva il titolo cardinalizio, accompagnando il dono con una affettuosa lettera in cui annunciava che voleva donare alla città le reliquie della Santa che ne portava lo stesso nome. Santa Martina fu dichiarata patrona secondaria di Martina Franca.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:17

San Mattia Vescovo di Gerusalemme

30 gennaio

Martirologio Romano: A Gerusalemme, san Mattia, vescovo, che, dopo aver sofferto molto per Cristo, riposò infine in pace.


Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:19

San Muziano Maria Wiaux Religioso

30 gennaio

Mellet, Belgio, 20 marzo 1841 - 30 gennaio 1917

"Prendete la regola dal primo all'ultimo capitolo e sotto ogni articolo scrivete pure: fratel Muziano l'ha osservato alla lettera". Così un confratello che lo aveva conosciuto descrisse l'obbedienza del religioso belga san Muziano Maria Wiaux al carisma dei Fratelli delle scuole cristiane. Nato come Luigi Giuseppe - nel 1841 nella famiglia di un fabbro a Mellet - era entrato nella congregazione a 15 anni. Fu catechista e maestro a Chimay, Bruxelles e Malonne, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1917. Giovane e inesperto, corse il rischio di essere allontanato dall'apostolato scolastico per incapacità. Ma lui non si diede per vinto e continuò, dando lezioni complementari di musica (suonava pianoforte e armonium). Ricordando il carisma originario di "educazione cristiana dei poveri" si fece assegnare dai superiori alla scuola gratuita per i meno abbienti. Fu maestro di vita evangelica, tanto da essere chiamato dai ragazzi "il fratello che prega sempre". (Avvenire)

Martirologio Romano: A Malonne in Belgio, san Muziano Maria (Luigi) Wiaux, fratello delle Scuole Cristiane, che con somma costanza e assidua sollecitudine dedicò quasi tutta la vita all’educazione dei giovani.

Una vita più umile, semplice ed obbediente di così è difficile anche solo immaginarla. Luigi Giuseppe Viaux nasce in Belgio nel 1841 ed il suo futuro sembra già segnato dalla nascita: essere fabbro come papà , ma per questo mestiere non ha né il fisico né la predisposizione. A 15 anni entra nella Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane, inizia il Noviziato, gli affibbiano il nome di Fratel Muziano ed a 18 anni gli affidano una classe a Malonne, in un grande collegio in cui è proibito fallire. E lui fallisce, perché giovane e inesperto. Anzi, è giudicato così fallimentare che i superiori pensano sia meglio per tutti, soprattutto per il buon nome del collegio, chiedere a Fratel Muziano di lasciare la Congregazione e tornarsene a casa. Lo salva in extremis un confratello, che lo prende sotto la sua ala protettrice perchè forse intravede le doti spirituali di quel “maestro fallito”. Così viene così “affidato” alle mani esperte di Fratel Massenzio, che da un giorno all’altro lo trasforma da insegnante in assistente di musica e disegno. Non sono materie per le quali Muziano senta particolari predisposizioni, ma in nome di santa obbedienza incomincia a disegnare e far disegnare, a schizzar paesaggi e a delineare animali. E questo per 50 anni, umilmente e docilmente come gli altri hanno deciso per lui. Ad un certo punto si decide che Muziano debba iniziare a suonare l’armonium ed anche se entrare nel mondo della musica è l’ultima delle cose a cui egli possa pensare, eccolo digitare sulla tastiera con tenacia e umiltà fino a diventar capace di insegnare musica agli alunni delle Magistrali. E questo fino alla morte. Non solo, perché gli altri così decidono, impara anche a suonare il flauto, il pianoforte, il contrabbasso; solo nell’organo non riesce a sfondare, perché l’uso della pedaliera continua ad essere per lui un ostacolo insormontabile. Gli affidano il suono della campanella alle 4 e trenta di ogni mattina e con puntualità invidiabile lo fa per 58 anni, fino a due giorni prima della morte: e solo quel giorno i confratelli si accorgono del servizio umile che egli ha svolto con assoluta fedeltà. Dove va tutte le mattine Muziano, dalle 9 alle 10, anche ora che ha 75 anni suonati? Ad esercitarsi all’armonium, secondo l’ordine ricevuto 55 anni prima: semplicemente perché nessuno si è ricordato di modificare quell’ordine. Cosa fa nel cortile tutto solo, ad ore fisse, anche sotto la tormenta o una tempesta di neve? Sorveglianza agli alunni, come gli è stato ordinato , semplicemente perché nessuno quel giorno ha modificato quell’ordine. Non è uno sprovveduto o un “semplice”: è uno che l’obbedienza la programma ogni mattina, passando ore e ore inginocchiato davanti al tabernacolo e poi davanti alla statua della Madonna. Muore il 30 gennaio 1917 e già da quel giorno si segnalano miracoli ottenuti per sua intercessione: Fratel Muziano, come al solito, continua ad “obbedire” a chi gli chiede qualcosa. Paolo VI lo beatifica nel 1977 e Giovanni Paolo II lo proclama santo nel 1989.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:20

San Paolo Ho Hyob Martire

30 gennaio

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Seoul, Corea del Sud, 1796 – 30 gennaio 1840

Canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984.

Martirologio Romano: A Seul in Corea, san Paolo Hŏ Hyŏb, martire: soldato, arrestato e torturato per aver fatto professione di fede, venendogli meno le forze, sembrò che cedesse, ma pentitosi, confermò subito davanti al giudice la sua fede in Cristo e per questo, dopo una lunga carcerazione, morì stremato dalle percosse.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:22

San Pellegrino Vescovo di Triocala

30 gennaio

 

Secondo la leggenda l'apostolo Pietro dopo avere ordinato vescovo Pellegrino, originario di Lucca di Grecia, da Roma lo manda in Sicilia insieme ad alcuni compagni allo scopo di convertire i pagani dell'isola alla fede cristiana. Pellegrino sbarcato alla foce del fiume Verdura, oppure, secondo altri, ad Eraclea Minoa (ricordata col nome di piccola Cartagine), si sofferma qualche giorno per predicare.
Malgrado le difficoltà iniziali riesce a convertire parecchi alla fede di Cristo, dopo di che decide di portare a compimento quella che sembra sia la principale impresa della sua missione e si avvia verso la città di Triocala, che era distante 16 miglia da Eraclea Minoa e si trovava nella terra di Caltabellotta. Era lì infatti che in una caverna del monte dimorava un feroce dragone aduso ad uccidere quanti incontrava, uomini e animali, e a cui gli abitanti di Triocala offrivano in pasto, per quietarne la fame, teneri fanciulli estratti a sorte tra la popolazione. Era tale flagello che Pellegrino correva a debellare, per ordine di Pietro e per volontà di Dio, mossosi finalmente a pietà degli empi idolatri.
Lasciata Eraclea, Pellegrino raggiunge così in barca la foce del Verdura e da lì prosegue a piedi guidato da un angelo. Arrivato a Triocala a delle donne egli chiede invano un tozzo di pane in elemosina, avviene qualcosa di portentoso. Dal forno esse estraggono i loro pani trasformati dopo la cottura in duri sassi e del prodigio è subito piena la città. Ricercato invano dalle autorità che vogliono conoscere l'autore della miracolosa trasformazione, Pellegrino riappare solo il giorno in cui la milizia si reca a prelevare il bimbo estratto a sorte per il pasto del drago.
Mosso così a pietà, il sant'uomo, dopo avere rassicurato l'infelice donna, le promette in nome di Dio onnipotente la salvezza del figlio e la sconfitta del Maligno. Tolto quindi di mano il fanciullo ai soldati è egli stesso che si avvia verso il covo del terribile drago, seguito a distanza dalla madre della vittima e da una moltitudine di gente incuriosita ed affascinata.
Ma non appena il drago, che discendeva baldanzoso dalle balze del monte, giunge al cospetto di Pellegrino, eccolo arrestarsi pieno di terrore e, con grande meraviglia di coloro che seguivano a distanza, emettendo terribili strepiti, retrocedere fino alla sua caverna. Pellegrino, seguito questa volta da un gruppo più sparuto di persone, insegue il mostro e raggiuntolo gli conficca nelle fauci spalancate il suo miracoloso bastone. Il terribile dragone è così sprofondato per sempre nell'abisso di una spelonca. Il fanciullo salvato viene tosto battezzato col nome di Liberato e coloro che avevano assistito al portento, istruiti da Pellegrino abbracciano subito la fede di Cristo.
Deciso a menare vita eremitica, Pellegrino scelse poi una grotta posta poco più in alto di quella del dragone e ivi si installò dedicandosi alla meditazione e alla preghiera.
La fama delle sue imprese lo costringe tuttavia a scendere ben presto in città. Richiamato a furor di popolo egli è così accolto dai governanti di Triocala i quali, non appena ebbero ascoltato dalla sua bocca la parola del Vangelo, immediatamente si convertirono. Anche le svariate guarigioni che egli opera sugli ammalati accorsi a vederlo contribuiscono ad aumentare le conversioni.
Chiese ed altari vengono quindi fatti erigere da Pellegrino per la nuova fede ed egli, da buon Vescovo, si adopera ad organizzare la Diocesi che presiederà per 30 anni, fino all'età di 70. Tra i sacerdoti che verranno da lui ordinati vi sarà Liberato il quale coronerà la sua carriera divenendo anch'egli vescovo di Triocala e infine santo.
Una tradizione lo vuole martire durante la persecuzione di Nerone. Un altro racconto vuole che egli sia rimasto illeso alle torture dei carnefici e sia tornato a vivere nella sua grotta fino al giorno in cui spirerà pacificamente attorniato dal conforto del suo popolo.
Una volta morto, Pellegrino venne sepolto nei pressi della grotta in cui aveva dimorato; pare però che in seguito le sue reliquie siano state trasferite a Lucca di Grecia dove tuttora esiste il culto.
Dopo la scomparsa della città e diocesi di Triocala, in seguito alla conquista araba della Sicilia, il culto di S. Pellegrino continuò nel nuovo centro di Caltabellotta. Accanto alla grotta dove egli dimorò era sorto anche un convento, ingranditosi notevolmente nel tempo, nel quale dimoravano parecchi eremiti che votati a Pellegrino erano addetti alla celebrazione del suo culto.
La festa di viene celebrata il 30 gennaio e il 18 agosto. Quest'ultima data dovrebbe corrispondere alla traslazione delle reliquie del Santo.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:25

San Pietro I Zar dei Bulgari

30 gennaio

+ Bulgaria, 30 gennaio 970

Pietro I (in bulgaro Петър I, Petăr I), zar dei bulgari, fu il terzo esponente della real casa bulgara ad ascendere agli onori degli altari, per dirla con un espressione tipicamente occidentale. Prima di lui infatti furono riconosciuti santi il principe Bojan, martire, ed il sovrano Boris I, che aveva dato grande impulso all’introduzione del cristianesimo in terra bulgara.
Nato verso l’inizio del X secolo dal secondo matrimonio di Simeone I con la sorella di Giorgio Sursuvul, fu proprio lo zio materno ad esercitare un notevole influsso durante il periodo iniziale del suo regno. Nel 913 Pietro ebbe modo di visitare il palazzo imperiale di Costantinopoli, insieme al suo fratello Maggiore Michele. Per motivi a noi ignoti, però, Simeone destinò il primogenito al chiostro, designando Pietro quale suo successore. Eredita dunque il trono di Bulgaria il 27 maggio 927, questi volle innaugurare il suo regno con un’offensiva militare in Tracia, regione sotto il controllo bizantino, onde ostentare in patria ed all’estero di essere degno e valoroso successore di suo padre.
Per fortuna, però, ben presto si verificò un’inversione di rotta ed iniziarono i negoziati di pace tra le due potenze balcaniche. Nell’ottobre 927 Pietro giunse nei pressi di Costantinopoli e poté incontrare l’imperatore Romano I Lecapeno: fu finalmente siglata la tregua e quale sigillò di pace fu siglata l’unione sponsare fra lo zar bulgaro e la nipote dell’imperatore Maria, al quale fu mutato il nome in Irene, che etimologicamente in greco significa proprio “pace”. Le nozze si celebrarono l’8 novembre. Questa felice conclusione non fu che il frutto della politica già intrapresa da Simeone I ed egregiamente portata a compimento dal figlio: furono confermati i confini della Bulgaria ed il titolo di “zar” al sovrano bulgaro, inoltre venne sancita l’indipendenza di tale Chiesa nazionale rispetto al Patriarcato di Costantinopoli. L’autocefalia della Chiesa nazionale bulgara era stata unilateralmente proclamata già dieci anni prima da Simeone, ma ancora infatti mancava il riconoscimento delle due maggiori sedi episcopali dell’epoca: Roma e Costantinopoli. Il Patriarcato di Bulgaria ebbe sede a Preslav, ma la sua breve esperienza si concluse nel 971 con l’invasione bizantina.
Ai successi iniziali del regno di Pietro, si contrapposero però anche alcune defezioni. Intorno al 930 infatti il sovrano dovette fronteggiare una sommossa condotta dal suo fratello minore, Ivan, e questi venne dunque esiliato a Bisanzio. Anche il fratello maggiore, Michele, uscito dal monastero intraprese una ribellione ancor più ardua, ma cadde in battaglia. Il fratello più giovane, Bojan, fu accusato di essere un licantropo in mano al vescovo italiano Liutprando di Cremona, ma effettivamente non costituì una reale minaccia per l’autorità regia di Pietro. Approfittando del clima particolarmente acceso, il principe serbo Časlav Klonimirović riuscì nel 931 a riottenere l’indipendenza per quei territori serbi caduti sotto il dominio bulgaro, con il tacito assenso bizantino. Pietro, dal canto suo, dovette affrontare anche le incursioni dei magiari, che suo padre aveva sconfitti e confinati in Pannonia nel 896. Forse dopo un’iniziale sconfitta, Pietro giunse a patti col nemico per farne un alleato contro la Serbia, concedendo loro di transitare in territorio bulgaro per raggiungere la Tracia e la Macedonia.
In definitiva, il lungo regno di Pietro fu tutto sommato relativamente pacifico e, nonostante le non poche difficoltà incontrate, la Bulgaria divenne sempre più prospera ed ben amministrata. Fu un sovrano particolarmente generoso verso la Chiesa, tanto che le sue ingenti donazioni furono talvolta maliziosamente percepite quali fattore di corruzione nei confronti del clero. In realtà l’attenzione del monarca fu rivolta anche a coloro che avevano scelto una vita lontana dalle tentazioni del mondo secolare, come il celeberrimo asceta San Giovanni di Rila. Pietro si trovò anche a dover combattere le eresie diffuse da Bogomilo, consultandosi al riguardo anche con famosi eremiti e con il patriarca di Costantinopoli Teofilatto.
I rapporti con l’impero bizantino si deteriorarono alla morte dell’amata moglie Irene, verso l’anno 960. Vittorioso contro gli arabi, nel 966 l’imperatore Niceforo II Foca rifiutò di pagare il tributo annuale alla Bulgaria, lamentandosi dell’alleanza con i magiari, ed intraprese azioni militari sul confine. L’imperatore inviò inoltre un messaggero dal principe Sviatoslav Igorevich di Kiev per organizzare un attacco contro la Bulgaria dal nord. Sviatoslav nel 968 lanciò prontamente una campagna per arginare i bulgario oltre il Danubio, ma Niceforo II, stupito dal successo del suo alleato e sospettoso delle sue reali intenzioni, volle accelerare il processo di pace con la Bulgaria, nuovamente mediante matrimoni combinati. Due figli di Pietro furono inviati a Costantinopoli quali negoziatori ed ostaggi onorari. Nel frattempo Pietrò era riuscito ad ottenere la ritirata delle forze kievane. Nonostante questo momentaneo successo, la Bulgaria dovette affrontare una nuova invasione da parte Sviatoslav nel 969: i bulgari furono sconfitti ancora ed al sovrano non restò che abdicare e ritirarsi a vita monacale. Gli succedette al trono il primogenito Boris II ed in seguito il figlio minore Romano. Pietro morì infine l’anno seguente il 30 gennaio.
A confronto con i successi militari conseguiti da suo padre, Pietro è stato tradizionalmente considerato un sovrano debole, che perse non solo le terre ma anche il prestigio, sotto il cui regno si indebolì la forza militare della nazione, cosicchè il paese cadde in mano agli invasori stranieri e divenne un satellite bizantino. Questa visione è però stata messa in discussione dalla critica più recente, che tende piuttosto a porre in risalto la pace interna goduta dalla società bulgara durante questo lungo periodo ed a rivalutare il rapporto fra la Bulgaria ed i suoi vicini ancora semi-nomadi. La Chiesa indigena, come era prassi comune a quel tempo, canonizzò lo zar Pietro I, il cui cultò fu assai popolare nel Medioevo. Il suo nome fu sovente chiamato in causa dai fautori dell’indipendenza della nazione in ambito sia politico che religioso. L’assenza del nome del santo zar Pietro I di Bulgaria nel Martyrologium Romanum non significa che questi non sia venerato dalla Chiesa Cattolica, ma semplicemente non è commemorato nel rito latino, principale ma non unico rito adottato dal cattolicesimo. Essendo infatti vissuto prima di un effettivo scisma con Roma, questo santo come l’imperatore Costantino compare talvolta nei calendari delle Chiese Cattoliche Orientali, cioè quelle talvolta impropriamente soprannominate “greco-cattoliche”. Naturalmente il culto del santo è perticolarmente vivo nella Chiesa Ortodossa Bulgara, che oggi comprende la quasi totalità dei cristiani di tale nazione.



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:26

Santa Savina Matrona

30 gennaio

Milano, 260/267 - 311/317

S. Savina nacque a Milano dalla nobile famiglia dei Valeri nel 260/267. Adulta, andò in sposa ad un patrizio lodigiano, forse della famiglia dei Trissino. Rimasta presto vedova, S. Savina si dedicò, essendo una fervente cristiana, ad opere di religione e di carità, soprattutto a favore dei perseguitati dell’ultima persecuzione di Diocleziano contro i cristiani. S.Savina fece seppellire nella propria casa, di nascosto, i corpi dei martiri Nabore e Felice, soldati della legione tebana, decapitati a Laus Pompeia (Lodi Vecchio) verso il 300-304. Cessata la persecuzione, Savina fece portare a Milano i corpi dei due martiri, trasportandoli su un carro alla presenza dei figli dell’imperatore. I corpi dei santi Nabore e Felice furono deposti nella cappella gentilizia dei Valerii. La traslazione dovette avvenire il 18 maggio del 310. Più tardi, dopo una vita spesa in veglie e preghiere, S. Savina morì (a. 311/317) e fu sepolta accanto ai “suoi” martiri.
Nel 1798, le reliquie di s. Savina e dei santi martiri Nabore e Felice furono traslate nella basilica di S. Ambrogio, dove a santa Savina è dedicata una cappella.
Secondo una tradizione, Savina traslò le reliquie dei martiri della legione tebana da Lodi a Milano, nascosti in una botte. Alle guardie delle porte di Milano, per poter passare senza problemi, santa Savina disse che la botte conteneva miele. Le guardie vollero controllare la botte e trovarono effettivamente del miele. Per questo, quel luogo fu poi chiamato Melegnano.
La liturgia ambrosiana festeggia S. Savina il 30 gennaio



Stellina788
00sabato 30 gennaio 2010 12:34

Beato Sebastiano Valfrè Sacerdote oratoriano

30 gennaio

Verduno, Cuneo, 9 marzo 1629 - Torino, 30 gennaio 1710

Il suo invito costante era «catechismo, catechismo!». E la sua opera si svolse tra i più umili, anticipando la messe ottocentesca di santi sociali piemontesi. Il beato Sebastiano Valfrè, nato a Verduno, comune di Alba, nel 1629, si trasferì a Torino per studiare filosofia. Qui si distinse per l'aiuto verso valdesi ed ebrei. Entrò nella congregazione Oratoriana (Filippini) nel 1651. Appoggiato dai Savoia, si prodigò per i più deboli, negli ospedali, nelle carceri e tra i soldati. Durante l'assedio francese di Torino nel 1706 soccorse i feriti, tra i quali Pietro Micca, di cui fu confessore. Morì nel 1710 ed è beato dal 1834. (Avvenire)

Patronato: Cappellani militari

Etimologia: Sebastiano = venerabile, dal greco

Martirologio Romano: A Torino, beato Sebastiano Valfré, sacerdote della Congregazione dell’Oratorio, che si dedicò con impegno all’assistenza dei poveri, degli infermi e dei carcerati e con la sua amicizia e la sua operosa carità condusse molti a Cristo.

Il beato Sebastiano Valfré è un’anticipatore di quella grande stagione di santità che coinvolse il Piemonte nei secoli XVIII e XIX, ove fiorirono figure di santi anche di tipo sociale che onorarono la Chiesa con la loro vita e attività; per citarne alcuni: s. Giuseppe Cafasso, s. Giovanni Bosco, s. Giuseppe Benedetto Cottolengo, santa Maria Mazzarello, ecc.
Nacque a Verduno nel comune di Alba, il 9 marzo 1629 da umile ma religiosa famiglia, a sedici anni si recò a Torino per gli studi filosofici, laureandosi in teologia nel 1650, ordinato sacerdote si trovò nel pieno della questione Valdese del 1686, orientandosi con rettitudine nella situazione che vedeva contrapposti Roma e i Valdesi, con relativi decreti di condanna da parte del Ducato governato da Vittorio Amedeo II e successivo reintegro del Movimento.
Fu un precursore dei tempi moderni riguardo la tolleranza e la comprensione del mondo spirituale ebraico, la tradizione biblica e del dramma di questi immigrati. Divenuto oratoriano della Congregazione Filippina di Torino, iniziò un’opera di mediazione e integrazione fra l’aristocrazia piemontese e la popolazione, sia cittadina sia rurale che viveva una grande povertà, mentre la ricchezza era accentrata nelle mani pochi nobili.
Si fece questuante per il popolo e i possidenti piemontesi e della Savoia accettarono quest’opera e collaborarono efficacemente con i loro beni, la sua opera d’aiuto ai bisognosi smosse anche i ricchi spagnoli e persino olandesi e francesi.
Divenne il padre dei bisognosi e i possidenti facevano a gara nell’affidargli cifre cospicue per i suoi scopi. Altro aspetto della sua carità fu quella della visita agli ammalati, svolta con la collaborazione di un gruppo di giovani oratoriani, specialmente durante l’assedio di Torino del 1706 da parte dei francesi, fra i feriti aiutati vi fu anche l’eroico Pietro Micca di cui fu il confessore. Altri campi in cui si dedicò, furono le carceri, gli ospizi, l’assistenza economica a vedove e orfani, l’aiuto ai Valdesi colpiti dagli editti restrittivi.
Fu in ottimi rapporti con la Corte savoiarda che gli permise di attuare le sue iniziative sul campo sociale, e esplicando anche una discreta azione diplomatica, che gli procurò nei secoli successivi un ricordo annuale dai futuri diplomatici della Chiesa che frequentano la prestigiosa Accademia Ecclesiastica a Roma.
Per la sua attività di assistenza spirituale alle truppe savoiarde durante la guerra contro i francesi è stato nominato patrono dei cappellani militari.
Si spense il 30 gennaio 1710 lasciando il rimpianto unanime per l’immensa opera caritatevole svolta e un discreto numero di scritti di ascetica e di sacra predicazione.
Fu beatificato il 15 luglio 1834 da papa Gregorio XVI.

Autore: Antonio Borrelli





Verduno, piccolo borgo delle Langhe poco distante da Alba, diede i natali a Sebastiano Valfrè il 9 marzo 1629. Nacque in una numerosa famiglia contadina, ma poté ricevere un po’ di istruzione da un sacerdote e, dotato di intelligenza vivace, a dodici anni già voleva diventare prete. Studiò ad Alba, dai Minori Conventuali, poi entrò in seminario a Bra. A 16 anni, dopo aver ricevuto gli ordini minori, si trasferì a Torino per studiare al Collegio dei Gesuiti. Era una scuola prestigiosa, la frequentò da esterno, mantenendosi copiando, nottetempo, libri e lettere. A 22 anni, affascinato dal carisma di S. Filippo Neri, decise di entrare nell’Oratorio. A Torino era presente un solo padre ma, senza scoraggiarsi, pensarono ad un apostolato semplice, tra la gente del mercato. Mentre il confratello, cantando, radunava la folla, Sebastiano faceva la predica. Fu ordinato sacerdote nel 1652 dopo aver ottenuto la dispensa papale per la giovane età, tre anni dopo si laureò in teologia all’Università di Torino. Gli Oratoriani, intanto, crebbero e fu loro affidata la Chiesa del Miracolo Eucaristico, anche se poi i locali risultarono angusti. Nel 1668 ebbero la parrocchia di S. Eusebio che poterono ingrandire nel 1675 quando Madama Reale Giovanna Battista, seguendo le volontà del defunto marito Carlo Emanuele II, confortato morente dal Valfrè, donò il terreno per la costruzione dell’attuale grandiosa chiesa di S. Filippo edificata dal Guarini.
Il lungo ministero sacerdotale di p. Valfrè fu prezioso sia per la congregazione che per l’intera diocesi. Fu prefetto dell’Oratorio piccolo per diciotto anni, a partire dal 1653, rivolgendo le sue attenzioni ai laici: il venerdì teneva l’Oratorio, con una lettura spirituale, un sermone e la preghiera; la domenica mattina si visitavano gli infermi e le sette chiese. Nello spirito filippino, grande importanza avevano le “passeggiate”, che terminavano con la preghiera in un santuario. Dal 1671, fino alla morte, seguì i novizi e per oltre venti anni fu Preposito. Contribuì alla fondazione degli Oratori di Mondovì, di Carmagnola e di Asti. Sapeva bene che dall’ignoranza religiosa, anche nel clero, nasceva la superstizione e come rettore della Compagnia della Dottrina Cristiana vigilò sulle scuole di catechismo. Fu esaminatore per quaranta anni dei candidati diocesani agli ordini sacri; vescovi e cardinali gli chiesero più volte consiglio in merito ai decreti sinodali. Nel 1688 fu nominato assistente dell’inquisitore, con licenza di leggere i libri “proibiti”. Nel 1675 fu autorizzato ad operare nella diocesi di Alba, così a Mondovì nel 1692. Fu sua l’intuizione di fondare a Roma l’Accademia dei Nobili Ecclesiastici per la formazione dei diplomatici al servizio del Papa: il confratello cardinale Colloredo la presentò a Clemente XI.
Tanta era la stima di cui godeva che gli fu affidata l’educazione di Vittorio Amedeo II: l’amicizia tra i due durerà tutta la vita, nonostante la personalità complessa del sovrano. Sebastiano fu assistente spirituale di tutta la corte e in particolare delle giovani principesse Maria Adelaide e Maria Luisa Gabriella che andarono spose, rispettivamente, al Duca di Borgogna, futura madre di Luigi XV, e a Filippo V di Spagna. Con entrambe rimase in contatto epistolare, ricevendo da loro denaro da dare ai poveri. Sebastiano passava dalle stanze sfarzose di palazzo alle celle dei carcerati, sino ai tuguri dei poveri. Dalle sue mani passò un fiume di denaro. Visitava regolarmente l’ospedale di S. Giovanni Battista, di notte era facile vederlo accompagnare sorridente un povero al ricovero, alle volte portandoselo a spalla, o con pacchi di viveri e vestiti che donava anonimamente. Non mancava di aiutare le ragazze costrette a prostituirsi, che salvò in grande numero. Nel 1689, nonostante la consuetudine che l’arcivescovo fosse nobile, il sovrano propose l’incarico al Valfrè che per umiltà rifiutò.
Gli anni in cui visse il Valfrè furono funestati da guerre continue come quella del Monferrato e quella di successione spagnola in cui si colloca l’Assedio di Torino del 1706. Valfrè fu costantemente impegnato nell’assistenza spirituale dei soldati, li esortava ad essere buoni cristiani e servitori della patria. Nel Regno Sabaudo, che finalmente acquisiva il rango di stato europeo, erano anni di lotta alle dottrine protestanti, calviniste, luterane e valdesi provenienti dalla Francia e dalla Svizzera. Il 31 gennaio 1686 Vittorio Amedeo II, dietro pressione francese, dispose l’abbattimento dei templi e l’esilio dei pastori valdesi. Sebastiano visitò i prigionieri rinchiusi nella cittadella, distribuì elemosine e medicinali. Per incarico del Duca, tra il 25 agosto e il 5 settembre 1687, visitò le valli pinerolesi dove forte era la presenza valdese. Per quanto gli fu possibile fece da mediatore tra il Duca e la Santa Sede per le interferenze statali sulle immunità ecclesiastiche, sui poteri del nunzio pontificio o dell’inquisitore, sul diritto di nomina di abati e vescovi. Il beato concretizzò un impegno straordinario anche in favore degli Ebrei.
Padre Sebastiano molte volte ebbe la fortuna di meditare davanti alla Sindone la Passione del Signore. Il 26 giugno 1694, in occasione dell’inaugurazione della nuova Cappella ideata da Guarino Guarini, alla presenza del Duca e della Duchessa Anna, sostituì i teli di sostegno della sacra Reliquia. Tra le lacrime rammendò personalmente alcuni strappi.
Sebastiano fu padre spirituale di persone appartenenti ad ogni ceto sociale. Emerge tra gli altri Anna Maria Emmanueli Buonamici, una povera contadina, di cui nel 1772 fu pubblicata una biografia grazie agli appunti del beato. Grande fu il suo impegno per i monasteri di clausura, le sue “cittadelle spirituali”, in Torino o fuori città. Li aiutò anche materialmente. Come un vero padre si preoccupava delle doti di quelle giovani che non potevano prendere il velo per mancanza di mezzi. Tra le monache si distinsero in quegli anni la cappuccina Amedea Vercellone (1610-1670) e la visitandina Jean-Benigne Gojos (1615-1692) che, venuta dalla Francia nel 1638 con Santa Giovanna Francesca de Chantal, fu favorita da rivelazioni del Sacro Cuore. Era morta da due soli anni quando il Valfrè, nel 1694, celebrò privatamente, per primo in Italia, nella chiesa della Visitazione, la festa del Sacro Cuore. Privilegiato fu il rapporto con la carmelitana Beata Maria degli Angeli (Marianna Fontanella, 1661-1717). Il ruolo di p. Sebastiano fu determinante nella fondazione del Carmelo di Moncalieri e i due furono i protagonisti religiosi durante l’Assedio del 1706, quando la Francia tentò la conquista dello Stato Sabaudo. Tra maggio e agosto 60.000 soldati francesi tentarono la presa di Torino, contro le truppe piemontesi di molto inferiori. La carmelitana pregò senza soste davanti al Santissimo, Sebastiano tenne viva la speranza tra i soldati e i loro comandanti e, nonostante i suoi 77 anni, si prodigò nel confortare i soldati, soprattutto quelli feriti. In Piazza San Carlo si allestì un ospedale e un altare in onore della Consolata il cui santuario era la roccaforte religiosa. Il 7 settembre, festa della Natività di Maria, come predetto dalla Beata, i Francesi finalmente si arresero. Per riconoscenza, negli anni a venire, fu costruita la Basilica di Superga.
P. Valfrè fu un uomo di grande preghiera, prolungate erano le sue adorazioni, anche notturne, al Santissimo Sacramento che definiva “fuoco d’amore di Dio”, “ mare di fuoco troppo immenso”. Scrisse diverse operette: «Sulla perfezione cristiana», «Avvisi agli ecclesiastici», «Novena del Santo Natale», ma la maggior parte sono a tutt’oggi inedite. Nei suoi componimenti e nelle sue prediche invitava sovente a meditare sulla presenza di Dio in ogni occupazione, all’adempimento dei doveri secondo i diversi ruoli assunti nella società, ai padri di famiglia di seguire i figli fin dalla più tenera età. Compose meditazioni per i carcerati, era infatti membro dell’Arciconfraternita della Misericordia per il conforto dei condannati a morte.
Il 24 gennaio 1710, dopo aver tenuto un sermone in un monastero, nonostante il freddo, visitò un condannato che il giorno seguente doveva essere giustiziato. Poi corse alla preghiera della Comunità, ma era febbricitante. Il 29, dopo aver ricevuto l’olio Santo, volle essere benedetto con la corona di San Filippo con cui tante volte egli stesso aveva benedetto gli infermi. Spirò la mattina del 30 gennaio. Nella sua piccola camera c’erano ancora vestiti e viveri pronti per i poveri.
Padre Valfrè, beatificato il 15 luglio 1834 da Gregorio XVI, fu “maestro” per i santi che hanno reso Torino celebre nel mondo. Davanti al quadro della Madonna delle Grazie che donò alla Chiesa del Corpus Domini il Cottolengo ebbe l’ispirazione di fondare la sua opera. Il Cafasso ne seguì le orme nell’apostolato verso i carcerati e nella formazione dei sacerdoti, don Bosco pubblicò una raccolta di suoi pensieri; nel 1871 san Leonardo Murialdo fondò con il suo nome un circolo giovanile. Pregando davanti alla sua urna il beato Federico Albert, destinato all’esercito, ebbe la vocazione sacerdotale. Le spoglie mortali del B. Sebastiano riposano nella cappella che gli è dedicata nella Chiesa di S. Filippo a Torino.

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00sabato 30 gennaio 2010 12:36

Beato Sigismondo (Zygmunt) Pisarski Sacerdote e martire

30 gennaio

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Krasnystaw, Polonia, 24 aprile 1902 – Gdeszyn, Polonia, 30 gennaio 1943

Zygmunt Pisarski nacque a Krasnystaw, nei pressi di Lubelskie in Polonia, il 24 aprile 1902. Ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Lublin, fu parroco di Gdeszyn. Qui fu ucciso a fucilate, nei pressi della parrocchia, durante la persecuzione nazista per non aver abiurato la sua fede cristiana. Era il 30 gennaio 1943.
Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 elevò agli onori degli altari ben 108 vittime della medesima persecuzione nazista, tra le quali il Beato Sigismondo Pisarski, che viene dunque ora festeggiato nell’anniversario del martirio.

Martirologio Romano: Nella città di Gdeszyn in Polonia, beato Sigismondo Pisarski, sacerdote e martire, che durante la guerra, per non avere accettato di rinnegare la fede davanti ai persecutori, fu fucilato presso la parrocchia del luogo.



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00sabato 30 gennaio 2010 12:37

San Teofilo il Giovane Soldato e martire

30 gennaio

† Cipro, 30 gennaio 792

Etimologia: Teofilo = amico di Dio, dal greco

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Passione di san Teofilo, detto il Giovane, martire, che, a capo di una flotta cristiana, fu catturato dai nemici presso Cipro e condotto davanti ad ‘Arun capo supremo dei Saraceni e, non piegandosi né con doni né con minacce a rinnegare Cristo, fu trafitto con la spada.

San Teofilo detto il Giovane, è un personaggio storico, la cui esistenza è confermata dalla “Chronografia” di Teofane per l’anno 790 e da alcuni sinassari bizantini, che al 30 gennaio riportano il suo nome.
Al tempo degli imperatori d’Oriente, Costantino VI (771-797) e di Irene sua madre e reggente (780-790), Teofilo era un capo militare, preposto al comando della base bizantina di Cipro.
Durante un attacco della flotta araba contro l’isola, Teofilo fu fatto prigioniero e portato davanti al califfo Harun ar-Rasid, il quale tentò di ottenere la sua apostasia del cristianesimo.
Il giovane comandante rifiutò e quindi rimase chiuso in carcere per quattro anni, forse i Saraceni aspettavano come era uso, di ottenere un riscatto pagato dai cristiani.
Non avendo voluto partecipare alla tradizione del Ramadam musulmano, Teofilo fu decapitato certamente nel 792 il 30 gennaio, un giorno prima del 31 gennaio, data in cui quell’anno terminava il Ramadam.
Non si sa con precisione il luogo del martirio, ma si suppone che fosse nella stessa Cipro; il cardinale Cesare Baronio, compilatore del primo ‘Martirologio Romano’ nel XVI secolo, lo inserì come martire di Cipro alla data non giustificata del 22 luglio; la nuova edizione del Martirologio Romano, ha modificato la ricorrenza, portandola al 30 gennaio come nei sinassari orientali.


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