30 novembre

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Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:02

Beato Alessandro Crow Martire

30 novembre

Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco

Martirologio Romano: A York sempre in Inghilterra, beato Alessandro Crow, sacerdote e martire, che da umile calzolaio divenne sacerdote e per il suo sacerdozio terminò gloriosamente sul patibolo il suo martirio sotto la stessa regina.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:02

Sant' Andrea Apostolo

30 novembre

Bethsaida di Galilea - Patrasso (Grecia), ca. 60 dopo Cristo

Andrea, già discepolo di Giovanni Battista, fratello di Pietro, gli comunicò la scoperta del Messia. Entrambi furono chiamati dal Maestro sulle rive del lago per diventare 'pescatori di uomini'. Nel prodigio della moltiplicazione dei pani segnala a Gesù il fanciullo dei cinque pani e dei due pesci. Egli stesso insieme a Filippo riferisce che alcuni Greci vogliono vedere Gesù. Crocifisso a Patrasso secondo la tradizione, è particolarmente venerato nella Chiesa greca. (Mess. Rom.)

Patronato: Pescatori

Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco

Emblema: Croce decussata, Rete da pescatore

Martirologio Romano: Festa di sant’Andrea, Apostolo: nato a Betsaida, fratello di Simon Pietro e pescatore insieme a lui, fu il primo tra i discepoli di Giovanni Battista ad essere chiamato dal Signore Gesù presso il Giordano, lo seguì e condusse da lui anche suo fratello. Dopo la Pentecoste si dice abbia predicato il Vangelo nella regione dell’Acaia in Grecia e subíto la crocifissione a Patrasso. La Chiesa di Costantinopoli lo venera come suo insigne patrono.

Ascolta da RadioVaticana:
  

Tra gli apostoli è il primo che incontriamo nei Vangeli: il pescatore Andrea, nato a Bethsaida di Galilea, fratello di Simon Pietro. Il Vangelo di Giovanni (cap. 1) ce lo mostra con un amico mentre segue la predicazione del Battista; il quale, vedendo passare Gesù da lui battezzato il giorno prima, esclama: "Ecco l’agnello di Dio!". Parole che immediatamente spingono Andrea e il suo amico verso Gesù: lo raggiungono, gli parlano e Andrea corre poi a informare il fratello: "Abbiamo trovato il Messia!". Poco dopo, ecco pure Simone davanti a Gesù; il quale "fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa”". Questa è la presentazione. Poi viene la chiamata. I due fratelli sono tornati al loro lavoro di pescatori sul “mare di Galilea”: ma lasciano tutto di colpo quando arriva Gesù e dice: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Matteo 4,18-20).
Troviamo poi Andrea nel gruppetto – con Pietro, Giacomo e Giovanni – che sul monte degli Ulivi, “in disparte”, interroga Gesù sui segni degli ultimi tempi: e la risposta è nota come il “discorso escatologico” del Signore, che insegna come ci si deve preparare alla venuta del Figlio dell’Uomo "con grande potenza e gloria" (Marco 13). Infine, il nome di Andrea compare nel primo capitolo degli Atti con quelli degli altri apostoli diretti a Gerusalemme dopo l’Ascensione.
E poi la Scrittura non dice altro di lui, mentre ne parlano alcuni testi apocrifi, ossia non canonici. Uno di questi, del II secolo, pubblicato nel 1740 da L.A. Muratori, afferma che Andrea ha incoraggiato Giovanni a scrivere il suo Vangelo. E un testo copto contiene questa benedizione di Gesù ad Andrea: "Tu sarai una colonna di luce nel mio regno, in Gerusalemme, la mia città prediletta. Amen". Lo storico Eusebio di Cesarea (ca. 265-340) scrive che Andrea predica il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale. Poi, passato in Grecia, guida i cristiani di Patrasso. E qui subisce il martirio per crocifissione: appeso con funi a testa in giù, secondo una tradizione, a una croce in forma di X; quella detta poi “croce di Sant’Andrea”. Questo accade intorno all’anno 60, un 30 novembre.
Nel 357 i suoi resti vengono portati a Costantinopoli; ma il capo, tranne un frammento, resta a Patrasso. Nel 1206, durante l’occupazione di Costantinopoli (quarta crociata) il legato pontificio cardinale Capuano, di Amalfi, trasferisce quelle reliquie in Italia. E nel 1208 gli amalfitani le accolgono solennemente nella cripta del loro Duomo. Quando nel 1460 i Turchi invadono la Grecia, il capo dell’Apostolo viene portato da Patrasso a Roma, dove sarà custodito in San Pietro per cinque secoli. Ossia fino a quando il papa Paolo VI, nel 1964, farà restituire la reliquia alla Chiesa di Patrasso.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:03

Beato Berengario de Ostales Mercedari

30 novembre

XIV secolo

Illustre cavaliere laico del convento mercdario di San Pietro dei Greci in Teruel (Spagna), il Beato Berengario de Ostalés, seppe onorare l'Ordine e la Chiesa.Quando il 12 luglio 1317 fu eletto come Maestro Generale San Raimondo Albert e che per la prima volta era un chierico, i tradizionalisti che volevano ancora un cavaliere laico elessero Berengario, ma tale elezione non fu approvata dal Papa, non perché non ne fosse all'altezza ma perché ormai sicuramente erano di un numero superiore i frati ed era giusto cambiare. Rinomato per la santità della vita salì splendente in cielo e il suo nome rimase per sempre impresso nei luoghi dove visse.
L'Ordine lo festeggia il 30 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:04

San Cuthberto Mayne

30 novembre

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Youlston (Cornovaglia, GB), 1544 - Launceston, 30 novembre 1577

Martirologio Romano: A Lanceston in Inghilterra, san Cutberto Mayne, sacerdote e martire, che, abbracciata le fede cattolica e ordinato sacerdote, esercitò il suo ministero in Cornovaglia, finché, condannato a morte sotto la regina Elisabetta I per aver reso di pubblico dominio una Lettera Apostolica, fu consegnato al patibolo, primo fra gli studenti del Collegio Inglese di Douai.


Nasce al tempo della crisi che sottoEnrico VIII Tudor (1509-1547)stacca l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma,dando vita a una sorta di “cattolicesimoautonomo”, che ha per capo il re.Chi non gli obbedisce, anche in materiareligiosa, diventa un traditore. E infatticon questa accusa vanno al supplizio sacerdoti,frati e laici eminenticome Tommaso Moro, giàcancelliere della corona.
Morto Enrico VIII, e dopoun lustro di regno nominaledi suo figlio Edoardo VI ancoraminorenne, va sul tronola sua prima figlia Maria,detta “la Cattolica”, che capovolgela politica del padre, ristabilendola situazione diprima. Ma copia sciaguratamentela brutalità di Enrico: pensa diravvivare la fede usando i patiboli, e simerita il soprannome di “Sanguinaria”.
Cuthberto Mayne ha uno zio preteche lo ha messo molto presto a scuola,con un disegno preciso: portare anchelui al sacerdozio, e averlo poi come collaboratoree successore. Quando è sui14 anni, ecco in Inghilterra un’altrasvolta: Elisabetta I, succeduta alla sorellastraMaria nel 1558, riprende la politicadi Enrico e la porta alle estreme conseguenze:non solo il distacco dalla Sederomana, ma il ripudio del cattolicesimonella dottrina, nel culto, nell’ordinamentodel clero; severa imposizione delgiuramento di fedeltà alla Corona. Egran lavoro per il boia, come ai tempi diEnrico VIII e a quelli di Maria. Lo zio pretedi Cuthberto non ha avuto fastidi eha conservato il posto perché si è affrettatoa giurare: è diventato“anglicano”, insomma.
E sui suoi passi procedeanche il nipote. Verso ivent’anni è ordinato a suavolta ministro del culto, proseguepoi gli studi a Oxford.Ma qui entra in contatto congente nuova: cattolici clandestini.Ce n’è ancora qualchedecina di migliaia nel regnod’Inghilterra. (Ben pochi,ma attivissimi. Preti che improvvisanoattività missionaria nel loro carcere;laici che organizzano reti di nascondigliper i ricercati, e tipografie clandestine econtrabbando di messali).
In Francia, a Douai, è nato addiritturaun seminario per i giovani inglesi chein questi climi vogliono diventare sacerdoticattolici. Dalle amicizie personali,poi, gli viene una spinta crescente,un’attenzione nuova per la fede cattolica.In un giorno del 1570, proprio unalettera spedita a lui da Douai lo trasformada cappellano in ricercato: l’ha intercettatala polizia, c’è pericolo di arresto,e Cuthberto abbandona Oxford entrandoin clandestinità. Riesce a lasciare l’Inghilterra,raggiunge Douai, ed eccolo infineaccolto nel seminario.
Nel 1575 riceve l’ordinazione sacerdotale;rimane ancora per qualche meseper completare la preparazione, e nel1576 eccolo in Cornovaglia sotto copertura:ufficialmente dirige una fattoria, edi fatto è il parroco clandestino dei cattolicidel luogo. Un ministero molto breve,il suo: a metà del 1577 lo arrestano,ed è già tutto scritto: la sua opera di preteclandestino è alto tradimento e comportala morte. Lui potrebbe salvarsi segiurasse fedeltà alla Corona, secondo leleggi di Elisabetta I. Ma rifiuta. Mortecon squartamento, dunque, previa impiccagione.Ma forse lui non soffre, perchécade e sviene salendo il patibolo aLaunceston. E così, privo di sensi, vieneappeso alla forca.
Paolo VI lo canonizza nel 1970 comeuno dei quaranta martiri d’Inghilterra eGalles (la cui festa è il 25 ottobre).



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:05

Sant' Everardo di Stahleck Monaco a Chumbd

30 novembre

Etimologia: Everardo = audace, forte come il cinghiale, dal tedesco

Nato dalla famiglia dei conti di Stahleck, dopo aver servito come paggio alla corte di Heidelberg, Everardo, ancora giovanissimo, volle farsi cistercense nell'abbazia di Schoenau, non lontano da quella città. Ma, non avendo compiuto gli studi, non fu accettato. Non rinunziò tuttavia alla vita religiosa e, all'età di sedici anni, si ritirò in un eremitaggio, che costruì lui stesso a Chumbd, presso Simnern, nella diocesi di Magonza. Volle in seguito fondare un monastero di monache cistercensi. Si rivolse allora all'abate Arnoldo di Eberbach, abbazia situata nella diocesi di Magonza, il quale gli inviò un gruppo di religiose dell'abbazia di Marienhausen, presso Rudeshein nella stessa diocesi di cui aveva la cura. Fu così che nacque l'abbazia di Chumbd (o Comeda), che fu sottoposta, essa pure, all'abate di Eberbach. Solo allora Everardo ricevette l'abito dell'Ordine. Promosso e ben presto suddiacono, fu nominato padre spirituale delle religiose, fra cui si trovavano due sue sorelle. Un fratello lo raggiunse poi come frate converso a Comeda. Dopo una lunga malattia, Everardo morì in concetto di santità a ventott'anni, il 30 novembre 1191, e fu sepolto nella chiesa del monastero. I Cistercensi l'hanno iscritto nel loro Menologio. Essendo stata l'abbazia di Comeda soppressa nel 1566, i suoi resti furono trasferiti nell'abbazia di Himmerod.

Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:06

Beato Federico da Ratisbona Confessore

30 novembre

m. Ratisbona, 29 novembre 1329

Il beato Federico nacque a Ratisbona (Germania) da genitori appartenenti alla classe media. Entrato come fratello laico nel convento degli agostiniani, servì la comunità come falegname. Divenne ben presto noto per la sua religiosità, la sua umiltà e la sua ardente devozione per l'Eucaristia. Poco si sa della sua vita, conosciamo però alcune leggende. Quella più conosciuta narra che Federico un giorno, non potendo partecipare alla Messa, ricevette proprio nel luogo dove stava lavorando la comunione da un angelo. Racconti come questo rispecchiavano la devozinne eucaristica del nostro beato e provano la profonda influenza prodotta sui contemporanei e il culto incessante che gli fu tributato. Federico morì a Ratisbona il 29 novembre del 1329. Nel 1909 Pio X lo proclamò beato. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Ratisbona nella Baviera in Germania, beato Federico, religioso dell’Ordine degli Eremiti di sant’Agostino, che, solerte falegname, eccelse per fervore di preghiera, obbedienza e carità.


Il Beato Federico nacque a Ratisbona (Germania) da genitori appartenenti alla classe media. Entrato come fratello laico nel convento degli agostiniani, servì la comunità come falegname con il compito di provvedere alla legna occorrente per l’uso quotidiano. Univa il lavoro manuale ad una profonda vita di preghiera. Divenne ben presto noto per la sua religiosità, la sua umiltà e la sua ardente devozione per l’Eucaristia.
Poco si sa della sua vita, conosciamo però alcune leggende. All'inizio di questo secolo è stata rinvenuta la relazione scritta di due di esse nella biblioteca del capitolo metropolitano di Praga, pubblicate poi dal canonico Dr. Podlaha. L'autore, P Hieronymus Streitel, Priore di Ratisbona e cronista dell'Ordine nel primo decennio del sec. XVI, raccoglie tradizioni orali e in particolare quelle messe insieme per la composizione del ritratto istoriato che uno dei suoi immediati predecessori a capo della comunità ratisbonense, il P Konrad Schleier, aveva commissionato per decorare la tomba di Federico. La leggenda più conosciuta narra che Federico un giorno, non potendo partecipare alla Messa, ricevette proprio nel luogo dove stava lavorando la comunione da un angelo.
La preferenza per la coloritura dei fatti storici fa guardare oggi con sospetto, se non con un tendenziale rifiuto a simili racconti. Ma il narratore medievale non era interessato tanto alla vita dei santi, quanto alla loro testimonianza e alla conferma e al riconoscimento divino della loro santità. Egli aveva intenzione di rappresentare un esempio di virtù, un ideale religioso e entusiasmare così gli animi. Racconti come questo rispecchiavano la devozinne eucaristica del nostro beato e provano la profonda influenza prodotta sui contemporanei e il culto incessante che gli fu tributato.
Il Beato Federico morì a Ratisbona il 29 novembre del 1329.
Gli sforzi del servo di Dio Padre Pio Keller andarono a buon fine quando il papa San Pio X, il 12 maggio 1909, ratificò la venerazione ininterrotta di cui Federico aveva goduto e lo proclamò Beato.
Dal 1913 i suoi resti mortali, insieme al menzionato lavoro pittorico, che di fatto risulta la più antica “Vita” del Beato, sono esposti alla venerazione dei fedeli nella chiesa di S. Cecilia di Ratisbona.
La sua memoria liturgica ricorre il 29 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:07

San Galgano Guidotti Eremita

30 novembre

Chiusdino, Siena, 1150 (?) - Monte Siepi, Siena, 30 novembre 1181

La vita di Galgano Guidotti ricorda i romanzi cavallereschi medievali. Donnaiolo e violento, come tutti gli uomini del suo rango, il senese, nato intorno al 1148, a 30 anni ha un sogno. Sul monte Siepi l'arcangelo Michele lo presenta ai 12 apostoli riuniti in una casa rotonda. Si va a stabilire sull'altura, vi pianta la spada e vive da eremita fino alla morte, nel 1181. Papa Lucio III lo proclama santo nel 1185, dopo la prima "causa canonica" di cui si ha notizia nella storia, condotta dal cardinale Conrad di Wittelsbach. Sul luogo del romitaggio sorgono una chiesa rotonda e un'abbazia cistercense. (Avvenire)

Martirologio Romano: Presso il monte Siepi in Toscana, san Galgano Guidotti, eremita, che, convertitosi a Dio dopo una gioventù dissipata, passò il resto della sua vita in una volontaria mortificazione del corpo.


Galgano nacque a Chiusdino (attualmente in provincia di Siena), in un anno incerto collocabile intorno al 1150, da una famiglia di ceto elevato, legata da rapporti di vassallaggio ai vescovi di Volterra, signori feudali del luogo; conosciamo con certezza il nome della madre, Dionisia, mentre quello del padre, Guido o Guidotto, appare per la prima volta in una biografia del santo datata però alla prima metà del XIV secolo. In ragione di questo nome, al santo è stato attribuito il cognome “Guidotti”.
Sugli anni della fanciullezza e dell’adolescenza di Galgano o sulla sua educazione e formazione, non sappiamo niente.
È certo che Galgano sia stato cavaliere: l’accesso alla cavalleria fu la naturale conseguenza della sua appartenenza ad una famiglia che esercitava per tradizione la funzione ufficiale di tutela dell’ordine costituito, la mano armata del vescovo di Volterra per la protezione del paese e del distretto di Chiusdino. Il giovane crebbe superbo, prepotente e dissoluto ma la morte del padre produsse un cambiamento nella sua vita; la conversione fu sostenuta anche da due forti esperienze mistiche: innanzitutto l’arcangelo Michele, patrono di Chiusdino, apparso in sogno al giovane lo avrebbe convinto ad arruolarsi nella “milizia celeste”; sette giorni dopo, ancora in sogno, l’arcangelo lo avrebbe accompagnato in un tempio rotondo al cospetto della Madonna e dei Dodici Apostoli e lo avrebbe invitato a costruire una chiesa secondo quel modello.
Mosso dal desiderio di dar concretezza a questo invito celeste, Galgano dovette tuttavia affrontare l’opposizione della madre, che tentò di fidanzarlo con una fanciulla di Civitella, un castello della Maremma toscana, alla quale, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, è attribuito il nome di Polissena.
Fu proprio recandosi a Civitella, forse per conoscere la promessa sposa, che Galgano, alla vigilia di Natale del 1180, ebbe una nuova esperienza mistica. Sulla strada per la Maremma il cavallo di Galgano improvvisamente si fermò; nonostante che il giovane lo spronasse per farlo andare avanti, non riuscì a farlo muovere. Galgano ritornò allora sui suoi passi, verso una vicina pieve in cui pernottò. Il giorno seguente – solennità del Natale – come giunse al medesimo luogo, poiché di nuovo il cavallo si arrestò, il giovane lasciò le briglie e pregò devotamente il Signore perché lo conducesse al luogo in cui avrebbe trovato la sua pace spirituale. Il cavallo allora si avviò verso la vicina collina di Montesiepi, dove si fermò.
Giunto sulla collina Galgano conficcò il suo spadone di cavaliere nel terreno, un gesto che per i cavalieri del Medio Evo aveva un alto significato spirituale: la spada capovolta ricordava la croce: Galgano quindi non sembra rifiutare la “militia saeculi”, ma superarla, trascenderla; non rinuncia alla spada ma la pone al servizio di una cavalleria diversa da quella vissuta fino ad allora: il cavaliere Galgano, in un certo senso, arruolò se stesso nella milizia di un signore più grande di quello terreno: Gesù Cristo.
L’esempio di Galgano trascinò altre persone e, come molte altre esperienze eremitiche, anche questa costituì l'inizio della fondazione di una nuova comunità monastica.
Nella primavera del 1181 Galgano visitò il Papa Alessandro III e forse in tale occasione ottenne l’approvazione della sua fondazione.
Durante la sua assenza tre persone invidiose, che la tradizione a partire dal XIV secolo ha identificato con alcuni monaci della vicina abbazia di Serena, compirono un attentato contro di lui, distruggendone la capanna e spezzandone la spada. Per intervento divino tutti e tre furono castigati: due di essi morirono, al terzo un lupo strappò a morsi le braccia, ed ebbe quindi tempo per pentirsi e raccontare il prodigio. Le braccia sono tuttora conservate nell’eremo di Montesiepi.
Forse su suggerimento del Pontefice, Galgano si pose in contatto con alcuni i monaci dell’ordine guglielmita, presumibilmente quelli del monastero di San Salvatore di Giugnano, fra i castelli di Roccastrada e Montemassi (attuale provincia di Grosseto), vicino a Montesiepi.
L’esperienza eremitica di Galgano sul Montesiepi durò meno di un anno, in quanto il 30 novembre 1181 il santo morì.
Negli anni successivi la tomba di Galgano divenne mèta di pellegrinaggi e la convinzione che il cavaliere eremita fosse un efficace intercessore presso Dio, che si era manifestata quando era ancora in vita, andò consolidandosi: gli atti del processo di canonizzazione infatti riferiscono numerosi miracoli, guarigioni di persone “attratte” (Un termine generico col quale tuttavia potrebbero essere stati indicati dei paralitici), liberazione di prigionieri, guarigioni da febbri o addirittura dalla lebbra, liberazione di posseduti dal demonio.
Il vescovo di Volterra, Ugo, condusse una prima indagine conoscitiva delle virtù e dei miracoli di Galgano. L’inchiesta ebbe esiti positivi ed egli autorizzò la costruzione di una cappella intorno alla tomba del santo ed alla spada. Il vescovo successivo, Ildebrando Pannocchieschi, nel 1185 ottenne l’apertura di un processo da parte del papa Lucio III e la nomina di tre commissari con il compito di verificare la santità del giovane chiusdinese: siamo certi che fra di essi fosse Corrado di Wittelsbach, cardinale vescovo della Sabina ed arcivescovo di Magonza; per gli altri due sono stati ipotizzati i nomi di Melior, cardinale prete del titolo dei Santi Giovanni e Paolo, e dello stesso Ildebrando.
Non sappiamo se ci sia stata una vera e propria canonizzazione da parte di un papa (Quantunque alcune biografie indichino che essa fu decretata da Lucio III, altre dal successore di lui Urbano III, altre ancora da Gregorio VIII) o se la commissione avesse ricevuto la facoltà di procedere alla canonizzazione, attraverso la “iurisdictio delegata”.
Negli anni seguenti Galgano fu invocato fra i principali patroni della città e dello stato di Siena.
La festa del santo, fu inizialmente posta al 30 novembre e poi spostata al 3 dicembre, giorno in cui si presume sia avvenuta l’ “elevatio” delle sue spoglie, cioè la loro esumazione ed esposizione nell’ambito della canonizzazione. Nella prima edizione del “Martyrologium Romanum”, del 1584, la memoria di San Galgano era fissata al 3 dicembre; nell’ultima edizione, redatta nel 2004 per ordine di Papa Giovanni Paolo II, essa è stata riportata al 30 novembre, ovvero al giorno della morte; a Chiusdino però si mantiene la vecchia tradizione.
La comunità monastica fondata da Galgano si estese in varie parti della Toscana e dell’Umbria, tuttavia all’inizio del XIII secolo si divise, così che, mentre la casa madre aderì all’ordine cistercense, le comunità figlie confluirono nell’ordine agostiniano. Questo fatto e le vicende legate alla caduta della Repubblica di Siena, causarono la dispersione delle reliquie di San Galgano, inizialmente custodite nell’eremo di Montesiepi; nella chiesa di San Michele Arcangelo in Chiusdino, si conserva e si venera però la testa del santo. Nel paese natale del santo esiste ancora oggi una confraternita a lui dedicata, fondata nel 1185 è probabilmente la più antica confraternita della cristianità fra quelle ancora esistenti.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:07

Beato Giovanni Garbella da Vercelli Sacerdote domenicano

30 novembre

Mosso Santa Maria, Vercelli, 1205 circa - Montpellier, Francia, 30 novembre 1283

Nato nei primi anni del sec. XIII a Mosso Santa Maria (Vc), conseguita brillantemente la laurea in diritto romano e canonico a Parigi, insegnò a Parigi e poi a Vercelli. Qui nel 1229 entrò nell'Ordine dei Predicatori su consiglio del Beato Giordano di Sassonia e fondò un convento di cui fu anche priore. Ricoprì diversi incarichi e dal 1264 fu Maestro dell'Ordine. In questa qualità provvide alla decorosa sistemazione della tomba di San Domenico. Fu operatore di pace tra le città italiane, legato papale in Francia e in Castiglia e consigliere di papa Clemente IV. Religioso austero e paterno, attese al consolidamento dell'Ordine. Fu legato da profonda amicizia con San Tommaso d’Acquino, di cui venerò la memoria e seguì la dottrina. Fu sempre sereno nelle difficoltà della vita, convinto che Dio è onnipotente ed è nostro amico. Morì a Montpellier il 30 novembre 1283.

Martirologio Romano: A Montpellier in Provenza in Francia, beato Giovanni da Vercelli Garbella, sacerdote, che, Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori, raccomandò intensamente nella predicazione la devozione al Nome di Gesù.


Giovanni Garbella nacque a Mosso Santa Maria, nei pressi di Vercelli in Piemonte, nel 1205 circa. Conseguì brillantemente la laurea in diritto romano e canonico a Parigi, ove insegnò, prima di far ritorno a Vercelli, sempre come insegnante. Entrò nell’Ordine dei Frati Predicatori nel 1229, assumendo il nome di Giovanni da Vercelli, conquistato dalla persuasiva eloquenza del Beato Giordano di Sassonia, successore di San Domenico. Ricevette la sua formazione religiosa nel convento di Bologna, ove sulla tomba del glorioso patriarca attinse un indomabile zelo ed una robusta santità, che fecero di lui una delle più belle e caratteristiche figure di domenicano. La prudenza e la fermezza, l’energia e la più amabile moderazione, l’amore ardentissimo di Dio e delle anime, fecero sì che riuscisse ad adattarsi mirabilmente alle più delicate e difficili mansioni, dentro e fuori dell’Ordine.
Fondò un convento in Vercelli, del quale fu priore. Papa Innocenzo IV ed i suoi successori nutrirono in lui illimitata fiducia e sin nella più tarda età gli affidarono importantissimi e spinosi incarichi. Fu Ambasciatore a Venezia, Genova, Pisa, Firenze, Bologna. In quest’ultima città fu anche priore del convento domenicano. Legato Pontificio alle corti di Francia e Castiglia, fu consigliere di Papa Clemente IV. Intraprese una grande opera di pacificazione tra le repubbliche italiane ed i sovrani europei e fu uno dei più attivi organizzatori della Crociata. Non gli mancò molto per essere chiamato ad ascendere al soglio pontificio, tanta era la stima di cui godeva universalmente.
Nel 1264 Giovanni fu eletto sesto maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, ufficio in cui si distinse per diciannove anni, mantenendolo nel suo splendore e consolidando l’opera dei suoi predecessori. In questa veste provvide alla decorosa sistemazione della tomba di San Domenico. Visitò continuamente le più lontane Provincie ed i suoi interminabili viaggi a piedi sono infatti rimasti leggendari. Giovanni era abbastanza piccolo di statura, infatti nella sua prima lettera ai confratelli si descrisse come un “povero ometto”, ma pieno di energia, instancabile nelle sue visite e nelle riforme dei monasteri domenicani d’Europa. Durante i suoi viaggi rispettò comenque sempre tutti i digiuni prescritti dalla Chiesa e dal suo ordine. Monumento imperituro della sua sapienza sono le 21 Lettere encicliche conservate negli Atti dei Capitoli Generali.
Quando fu eletto papa nel 1271, il Beato Gregorio X incaricò Giovanni ed i suoi frati di farsi portatori di pace fra gli stati italiani in conflitto fra loro. Tre anni dopo gli fu commissionato uno schema per il secondo concilio di Lione, in cui conobbe Giovanni d’Ascoli, successore di San Bonaventura quale ministro generale dei francescani e poi papa con il nome di Nicola IV. Insieme scrissero una lettera indirizzata all’intero ordine dei frati. Successivamente la Santa Sede li inviò entrambi quali mediatori tra i sovrani Filippo III di Francia ed Alfonso X di Castiglia, occasione che permise a Giovanni di rivelarsi valido negoziatore e fautore di pace.
Da alcuni anni era ormai cessata l’Inquisizione seguita alla campagna di Simone di Montfort contro i catari. Papa Gregorio X scelse allora nuovamente Giovanni da Vercelli per curare la divulgazione del culto del nome di Gesù, soluzione che il concilio di Lione aveva individuato onde riparare all’eresia degli albigesi. In tal senso Giovanni indirizzò tutti i priori provinciali e si decise di erigere un altare dedicato al Santo Nome di Gesù in ogni chiesa domenicana e di attivarsi contro la blasfemia e la profanità. Nel 1278 inviò un ispettore in Inghilterra, ove alcuni frati stavano attaccando gli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino, che era stato suo amico, e due anni dopo si recò personalmente ad Oxford per tenere un capito generale e difenderne la dottrina.
Più volte Giovanni rifiutò l’episcopato ed una curia a Roma, ma avrebbe desiderato rinunciare anche al generalato del suo ordine. Fu però indotto a mantenere tale incarico sino alla morte. Spirò il 30 novembre 1283 nel convento di Montpellier, in Francia. Le sue reliquie, deposte nella locale chiesa dei domenicani, furono disperse dagli eretici nel XVI secolo. Il Sommo Pontefice San Pio X il 7 settembre 1903 confermò il culto tributato “ab immemorabili” al Beato Giovanni da Vercelli. Ancora oggi è commemorato dal Martyrologium Romanum nell’anniversario della morte, mentre l’Ordine dei Predicatori lo festeggia al 1° dicembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:08

Beato Giuseppe (Josè) Otin Aquiluè Sacerdote salesiano e martire

30 novembre

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Huesca, Spagna, 22 dicembre 1901 – Valenza, Spagna, novembre 1936

Martirologio Romano: A Valencia sempre in Spagna, beato Giuseppe Otín Aquilé, sacerdote della Società Salesiana e martire, che nella stessa persecuzione raggiunse il regno celeste invitto nella costanza della fede.


Nato a Huesca il22 dicembre 1901. Studiò nelle Scuole Salesiane. Ben presto decise di andare a Campello (Alicante), per dar risposta alla sua vocazione. Fu ordinato sacerdote nel 1928. Il suo sorriso attirava e aveva un carattere che legava facilmente con i giovani. A parte gli studi a Carabanchel (Madrid), il resto della vita lo passò nella provincia di Alicante: Villena, Campello e Alcoy. Quando scoppiò la guerra civile partì per Valenza e trovò rifugio in una locanda. Rimase lì finché non fu denunciato; poi sparì e se ne persero le tracce.



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00mercoledì 24 novembre 2010 12:09

San Giuseppe Marchand Sacerdote e martire

30 novembre

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Passavant, Francia, 17 agosto 1803 - Heu, Vietnam, 30 novembre 1835

Martirologio Romano: Presso Huê in Annamia, ora Viet Nam, san Giuseppe Marchand, sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi e martire, che fu condannato al supplizio delle cento frustate sotto l’imperatore Minh M?ng.


Nato a Passavant (dioc. di Besancon) il 17 ag. 1803 e compiuti gli studi nel seminario diocesano, passò, nel 1828, in quello delle Missioni Estere di Parigi. Ordinato sacerdote il 4 apr. dello stesso anno, il 12 magg. successivo partiva per l'Annam.
La sua prima attività si svolse soprattutto nella provincia di Binh-Tuan (Cambogia) in mezzo a più di settemila cristiani, distribuiti in venticinque villaggi. Il decreto di persecuzione del 1833 lo costrinse a riparare nella Cocincina meridionale, dove iniziò una vita randagia e nascosta, finché fu obbligato a nascondersi nel folto della foresta, nutrendosi di erbe. Scoperto dai soldati del ribelle Koi, dovette seguirli fin dentro la città di Saigon, dove costoro si asserragliarono per difendersi dalle truppe reali. L'assedio durò diciotto mesi, durante i quali il capo dei ribelli cercò, ma invano, di indurlo a scrivere alle varie cristianità per sollevarle contro il re. Caduta la città nel sett. 1835, il Marchand fu fatto prigioniero e accusato di aver partecipato alla ribellione. Vana riuscì ogni sua protesta; per cui, chiuso in una gabbia con altri cristiani, fu trascinato a Hué nella prigione Yo-Loang.
In alcuni interrogatori che seguirono, l'accusa fu rinnovata e confutata; perciò lo si volle indurre ad apostatare calpestando la croce; ma le risposte del martire furono sempre più decise, anche in mezzo alle terribili torture delle tenaglie infuocate. Il 30 nov., alle 5 del mattino, sette colpi di cannone invitarono gli abitanti ad assistere alla tortura delle cento piaghe, a cui il missionario, perdurando nel suo rifiuto di rinnegare la fede, era stato condannato. In mezzo ad insulti e ad accuse di infamia e di sortilegio, che provocavano degne risposte, ebbe inizio l'orribile supplizio in una successione paurosa di mutilazioni e lacerazioni fino a che, non reggendo ai tormenti, il martire spirò. Neanche il cadavere fu risparmiato, perché squartato, fu buttato in mare; anche la testa, che infitta a un'asta fu prima portata in giro, fu quindi frantumata e gettata in mare.
Beatificato da Leone XIII, il 27 magg. 1900, la sua festa ricorre al 30 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:10

Beato Guglielmo di Paolo Abate venerato a Maniace

30 novembre

Sec. XIV


Un austero e sapiente Abate benedettino, il siciliano Beato Angelo Sinisio, venne incaricato, nel 300, di ristabilire l'osservanza alla Regola in certi monasteri dell'isola dalle abitudini troppo libere, nei quali si era affievolito, se non smarrito, il genuino spirito benedettino.
Nonostante la santità del riformatore, la missione ebbe scarso successo, e gli sforzi del Beato Angelo gli attirarono addirittura un attentato che per poco non gli fu fatale.
Uno dei monasteri nei quali l'opera del Beato Angelo non riuscì a dar frutto, fu l'abbazia di Santa Maria di Maniace, al tempo in diocesi di Monreale.
Il risanamento spirituale di questa comunità, che non era riuscito al Sinisio, venne invece ottenuto, mezzo secolo più tardi, da un suo confratello e successore, il Beato Guglielmo. Anche Guglielmo, come Angelo, era nato a Catania, nella seconda metà del '300.Anch'egli si era fatto monaco benedettino in quella stessa abbazia di San Nicola Dell'Arena, nella quale era stato giovane monaco il Beato Angelo.
Di lui, Guglielmo ricalcò le impronte ancora fresche, e anch'egli si confermò monaco di grande virtù e saggezza, zelante e al tempo stesso comprensivo. Fu insomma meritevole di quell'incarico di revisore, o meglio di riformatore, che lo spinse verso le comunità monastiche ancora bisognose di un'opera paziente di rammendo spirituale.
Anch'egli, così, venne indirizzato a Santa Maria di Maniace, e per lui, quella volta, non ci fu la duplice spiacevole sorpresa di un insuccesso e di un tentato omicidio.
Evidentemente i tempi erano cambiati, e le coscienze si erano fatte più mature e accessibili. L'opera di rammendo fu così possibile, anche se richiese pazienza e fermezza. In quest'opera stanno quasi tutti i titoli di merito del Beato Guglielmo, la cui vita non è conosciuta con sufficiente precisione, per potergli attribuire altre benemerenze. Ma certamente queste non mancarono, prima della sua morte, verso il 1423, che sottrasse alla terra il Beato benedettino per consegnarlo alla gloria dei cieli.
L'abbazia di Santa Maria tornò ad essere, da allora, esemplare vivaio di anime consacrate a Dio e degne della sua ricompensa. E tale rimase per diversi secoli, finché un brutto giorno un terremoto la distrusse quasi completamente.
Ma ciò avvenne nel 1693, a molta distanza dal tempo del Beato Guglielmo. Le sue reliquie continuano ad avere l'omaggio di un ininterrotto culto popolare, più forte e tenace dei terremoti. Perché questi possono squassare e rovinare mura e colonne, ma sono incapaci di sopprimere il ricordo della santità.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:11

Beato Ludovico Rocco (Ludwik Roch) Gietyngier Sacerdote e martire

30 novembre

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Zarki, Polonia, 16 agosto 1904 - Dachau, Germania, 30 novembre 1941

Il beato Ludwik Roch Gietyngier, sacerdote diocesano, nacque a Zarki, Polonia, il 16 agosto 1904 e morì a Dachau, Germania, il 30 novembre 1941. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: Vicino a Monaco di Baviera in Germania nel campo di prigionia di Dachau, beato Ludovico Rocco Gientyngier, sacerdote e martire, che, durante l’occupazione della Polonia in tempo di guerra, a causa delle attività criminali perpetrate dai nemici della fede fu sottoposto a tortura e rese lo spirito a Dio.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:12

Santa Maura di Costantinopoli Martire

30 novembre

Etimologia: Maura = nativa della Mauritania oppure bruna di carnagione come un moro, dal lat

Emblema: Palma


Il Baronio l'ha introdotta nel Martirologio Romano al 30 novembre senza una spiegazione sufficiente, poiché non si conosce alcuna vergine e martire di questo nome né a Costantinopòli, né altrove.
Vi era tuttavia in questa città, almeno dal VI sec., nel quartiere chiamato Iustinianae, una chiesa in onore dei ss. martiri Timoteo lettore e Maura, sua moglie. Ma costoro avevano sofferto per la fede nella Tebaide, dove il governatore Arriano, voleva far loro consegnare i libri sacri e rinnegare Cristo. Avendo i due martiri opposto un rifiuto, il governatore inflisse loro diversi tormenti e infine li condannò alla crocifissione. I sinassari bizantini li menzionano al 10 novembre e al 3 maggio. Potrebbe però darsi che la confusione del Martirologi Romano derivi da altra fonte.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:12

Beati Michele Ruedas Mejias e sei compagni Martiri

30 novembre

Martirologio Romano: In località Paracuellos del Jarama presso Madrid in Spagna, beati Michele Ruedas Megías e sei compagni,[66] martiri, che, religiosi dell’Ordine di San Giovanni di Dio, insigni per la loro testimonianza di fede cristiana, passarono al Signore durante la persecuzione per la violenza dei nemici della Chiesa.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:13

San Mirocle (Mirocleto) Vescovo

30 novembre

Martirologio Romano: A Milano, san Miroclèto, vescovo, che sant’Ambrogio ricorda tra i fedeli vescovi suoi predecessori.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:14

San Taddeo Liu Ruiting Sacerdote e martire

30 novembre

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Qunglai, Cina, 1773 circa - Quxian, Cina, 30 novembre 1823

Sacerdote a trentacinque anni, Taddeo Liu Ruiting percorreva i distretti affidatigli per assistere i fedeli sparsi nei villaggi. Arrestato nella Pentecoste del 1821, dopo aver sopportato il supplizio di stare esposto al sole per alcune ore fu lasciato languire in prigione per tre mesi. Condotto nel capoluogo di provincia Tcheou-Tou e condannato a morte, fu inviato nel suo paese Ku-Hien in attesa che l'imperatore confermasse la condanna. Attese due anni in carcere per essere poi strangolato presso il tempio il 30 novembre 1823.
Papa Giovanni Paolo II lo ha canonizzato il 1° ottobre 2000, durante il Grange Giubileo del 2000, insieme ad una folta schiera di 120 martiri in terra cinese.

Martirologio Romano: In località Quxian nella provincia di Sichuan in Cina, san Taddeo Liu Ruiting, sacerdote e martire, strangolato in odio alla fede.


Sacerdote a trentacinque anni, percorreva i distretti affidatigli per assistere i fedeli sparsi nei villaggi. Tradito da un cristiano, per vendetta contro un altro cristiano da cui era stato rimproverato, fu arrestato nella Pentecoste del 1821. Dopo aver sopportato il supplizio di stare esposto al sole per alcune ore, fu lasciato languire in prigione per tre mesi. Condotto nel capoluogo di provincia Tcheou-Tou e condannato a morte, fu rinviato al suo paese Ku-Hien in attesa che l'imperatore confermasse la condanna. Attese due anni in carcere, per essere poi strangolato presso il tempio il 30 nov. 1823. Fu beatificato da Leone XIII il 27 magg. 1900.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 12:15

San Tutwal Abate e vescovo

30 novembre

VI secolo

Tre località della penisola di Lleyn, parte settentrionale della baia di Cardigan, portano ancora oggi il nome di Tutwal, Tugdual o Tual. Questo misterioso santo non compare negli antichi calendari del Galles, ma il suo culto è assai diffuso in Bretagna ove si narra si fosse trasferito con la madre, la sorella ed alcuni monaci a Lan Pabu ed a Léon. Fondò anche diversi altri monasteri. Suo cugino Deroc era signore del luogo, ma la leggenda vuole che Tutwal si sia recato a Parigi per ottenere dal re franco Childeberto I la conferma dei suoi titoli. Il sovrano non solo acconsentì, ma volle che il santo divenisse il primo vescovo di Treher, l'odierna Trégueir, ove poi visse sino alla morte nel monastero che vi aveva fondato. Sull'isoletta orientale disabitata di Tudwal (Ynis Tudwal), al largo di Abersoch nella penisola di Lleyn, si scorgono ancora le rovine di un'antica cappella dedicata a San Tutwal, che pare essere stata il suo eremo prediletto, menzionata anche nei documenti locali riguardanti la riscossione dei dazi del 1291. Il nome del santo compare in una litania bretone del X secolo. L'arte è solita raffigurarlo in abiti vescovili, nell'atto di tenere un drago legato con la sua stola. (Avvenire)Tre località della penisola di Lleyn, parte settentrionale della baia di Cardigan, portano ancora oggi il nome di Tutwal, Tugdual o Tual. Questo misterioso santo non compare negli antichi calendari del Galles, ma il suo culto è assai diffuso in Bretagna ove si narra si fosse trasferito con la madre, la sorella ed alcuni monaci a Lan Pabu ed a Léon. Fondò anche diversi altri monasteri. Suo cugino Deroc era signore del luogo, ma la leggenda vuole che Tutwal si sia recato a Parigi per ottenere dal re franco Childeberto I la conferma dei suoi titoli. Il sovrano non solo acconsentì, ma volle che il santo divenisse il primo vescovo di Treher, l'odierna Trégueir, ove poi visse sino alla morte nel monastero che vi aveva fondato. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nella Bretagna in Francia, san Tugdual, detto Pabu, abate e vescovo, che fondò un monastero nel territorio di Tréguier.


Ben tre località della penisola di Lleyn, parte settentrionale della baia di Cardigan, portano ancora oggi il nome di Tutwal, Tugdual o Tual. Questo misterioso santo non compare negli antichi calendari del Galles, ma il suo culto è assai diffuso in Bretagna ove si narra si fosse trasferito con la madre, la sorella ed alcuni monaci a Lan Pabu ed a Léon. Fondò anche diversi altri monasteri. Suo cugino Deroc era signore del luogo, ma la leggenda vuole che Tutwal si sia recato a Parigi per ottenere dal re franco Childeberto I la confermadei suoi titoli. Il sovrano non solo acconsentì, ma insistette anche affinché il santo divenisse il primo vescovo di Treher, l’odierna Trégueir, ove poi visse sino alla morte nel monastero che vi aveva fondato.
Sull’isoletta orientale disabitata di Tudwal (Ynis Tudwal), al largo di Abersoch nella penisola di Lleyn, si scorgono ancora le rovine di un’antica cappella dedicata a San Tutwal, che pare essere stata il suo eremo prediletto, menzionata anche nei documenti locali riguardanti la riscossione dei dazi del 1291.
Il nome del santo compare in una litania bretone del X secolo ed il nuovo Martyrologium Romanum lo commemora in data odierna 30 novembre. L’arte è solita raffigurarlo in abiti vescovili, nell’atto di tenere un drago legato con la sua stola. Le città di Tréguier, Laval e Chartres sostengono tutt’oggi di possedere parte delle sue reliquie. In Bretagna è conosciuto anche con l’appellativo “Pabu”, che significa padre.



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