31 dicembre

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Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:46

Beato Alano di Solminihac Vescovo

31 dicembre

Belet (Francia), 25 novembre 1593 – Mercués (Francia), 31 dicembre 1659

Il beato francese Alano di Solminihac, canonico regolare di Sant’Agostino e vescovo di Cahors, tentò in ogni modo di cambiare i costumi del popolo con le visite pastorali e con ammirevole costanza si sforzò di rinnovare la Chiesa a lui affidata. Giovanni Paolo II lo beatificò il 4 ottobre 1981.

Etimologia: Alano = dal latino Alanus, dal nome della popolazione degli alani

Martirologio Romano: Nella rocca di Mercuès presso Cahors nella Francia meridionale, transito del beato Alano di Solminihac, vescovo di Cahors, che con le sue visite pastorali cercò di promuovere la correzione dei costumi del popolo e di rinnovare in ogni modo con vero zelo apostolico la Chiesa a lui affidata.


Il 25 novembre 1593 da una nobile famiglia rurale della Francia meridionale nacque Alano di Solminihac, figlio di Giovanni e Margherita. La famiglia risiedeva a quel tempo presso il castello di Belet, nel circondario di Périgueux. In tale focolare, ove bruciava una profonda fede cristiana, Alano trascorse la sua giovinezza. Ad un certo punto della sua vita iniziò ad ipotizzare la sua consacrazione a Dio, da coniugare però con gli alti sentimenti cavallereschi che lo caratterizzavano, e meditando perciò di entrare a far parte dei Cavalieri di Malta. Ben presto comprese però che questa non sarebbe stata la sua vita.Suo zio Arnaldo di Solminihac, Canonico Regolare di Sant'Agostino, era abate del monastero di Chancelade. Fondato come casa autonoma nel 1128, esso aveva conosciuto un periodo di notevole fioritura. Più tardi però decadde e nel 1575, durante una delle varie guerre di religione, chiesa e monastero vennero distrutti dagli Ugonotti. Ai pochi religiosi superstiti non restò che ritirarsi nelle parrocchie dipendenti dall'abbazia. L'anziano zio Arnaldo pensò inoltre di ottenere un decreto regio atto a trasferire l'ufficio e la dignità abbaziali al nipote appena ventenne, che accettò con umiltà.
Fece dunque il suo ingresso nella decadente abbazia, che ospitava ormai appena tre canonici, il canto dell'Ufficio era cessato da tempo e la vita comune era stata di fatto disciolta. Dopo un anno di noviziato il 28 luglio 1616 Alano emise la professione religiosa. Divenuto un autentico canonico regolare, era solito dire ai suoi figli spirituali: “Nulla è difficile per colui che ama la sua vocazione”.
Alano studiò filosofia e teologia in particolare a Parigi, ove ebbe occasione di conoscere San Vincenzo de' Pauli ed altri grandi religiosi francesi del suo tempo. Determinanti per la sua vita si rivelarono i colloqui intercorsi con San Francesco di Sales, dai quali derivò una nuova chiamata, consistente nella vocazione alla santità. Da allora egli cominciò a tendere con energia e fedeltà a questo nuovo grande obbiettivo.Alano ricevette l'ordinazione presbiterale il 22 settembre 1618 e dopo altri quattro anni ricevette la benedizione abbaziale, possedendo ormai ogni requisito necessario per affrontare la grande impresa di una vita dedicata al suo ordine. Con tenacia si cimentò nella ricostruzione della chiesa e del monastero. La prima comunità sottoposta alla sua autorità era formata da tre novizi ed un sacerdote religioso. Riprese la vita comune e nella chiesa abbaziale riprese il canto dell'Ufficio corale.
Nel 1623 l'abate Alano pubblicò le Costituzioni, prescriventi un ritorno alla vita regolare austera: a mezzanotte il mattutino, un'ora quotidiana di meditazione ed il giuramento di non cercare né accettare benefici ecclesiastici in virtù del voto di povertà. Rivolse inoltre particolare attenzione alla formazione dei giovani religiosi, fungendo talvolta egli stesso da maestro dei novizi.
Nel giro di soli cinque anni a Chancelade si riprese a vivere autenticamente la vita religiosa e proprio di qui partì la spinta per la riforma di altre case dell'Ordine e per novelle fondazioni. Alano ricevette la nomina a “visitatore” non solo di monasteri appartenenti al suo ordine, ma anche di altri istituti religiosi. Il fuoco da lui acceso a Chancelade fece dell'abbazia il centro di una congregazione nell'ambito dei Canonici Regolari. L'eredità spirituale del grande abate si conservò anche dopo la sua morte e solo la rivoluzione francese riuscì fatalmente a distruggere il tutto.Alano si oppose fermamente al progetto di fusione con la cosiddetta “Congregazione di Francia”, dalle osservanze più miti, ed in tal senso ottenne in parte anche l'appoggio della Santa Sede.Nel frattempo l'attività e la fama del grande abate erano ormai ben note anche alla corte parigina. Ripetutamente gli venne offerto il governo di una diocesi, ma egli declinò sempre l'invito, preferendo dedicarsi al completamento della riforma della sua Congregazione ed a collaborare per il rinnovamento dell'intero ordine canonicale. Nel 1636 fu infine nominato vescovo di Cahors, tra Périgueux e Tolosa, e questa volta non poté sottrarsi all'impegno e dovette suo malgrado accettare. Il cardinale Richelieu prese provvidenzialmente Chancelade sotto la sua personale protezione, garantendone la stabilità della riforma, ed Alano si riservò di poter continuare a svolgere le funzioni di abate sino a quando avesse ritenuto necessario.Il vescovo neoeletto dedicò parecchio tempo alla preparazione per l'alto ministero pastorale affidatogli. Restò comunque religioso e continuò a vestire l'abito bianco dei Canonici Regolari, irrigidendo invece lo stile di vita austero e mortificato. Studiò diligentemente i decreti del Concilio di Trento relativi alle incombenze dei vescovi e si prefissò di seguire il metodo pastorale di San Carlo Borromeo. Decidette di governare la sua diocesi da santo ed a tal scopo compose per sé un regolamento di vita assai dettagliato. Come Sant'Agostino, anch'egli volle “avere con sé, nell'episcopio, un monastero di chierici”, richiedendo perciò da Chancelade otto Canonici Regolari che riunì in comunità dotata di un ordinamento claustrale.La diocesi di Cahors, a quel tempo molto più estesa, si trovava purtroppo in condizioni miserevoli, in quanto lunghe guerre di religione avevano contribuito all'aggravarsi della decadenza spirituale e morale dei fedeli. Molti sacerdoti non erano realmente spinti da ideali cristiani e le eresie pullulavano. Alano delineò dunque urgentemente un preciso programma di riforma, conforme allo spirito del concilio tridentino, organizzando sinodi diocesani e vigilando accuratamente sull'osservanza degli statuti emanati, volti a migliorare lo stile di vita del clero e ad estirpare le superstizioni. Insistette inoltre sull'assistenza dei poveri e dei malati. Fu instancabile nelle visite pastorali, nonostante malattie, difficoltà di comunicazioni e tumulti politici, e visitò per ben nove volte le circa ottocento parrocchie della diocesi. Fondò il primo seminario diocesano, la cui direzione affidò ai Preti della Missione. Organizzò spesso missioni popolari, ricorrendo all'aiuto dei Canonici Regolari e di altri religiosi.Si dimostrò sempre fedele e profondo devoto della Sede Apostolica romana, vigilando attentamente sulla purezza della dottrina cattolica e dando il suo personale contributo per la condanna del Giansenismo e del Lassismo.La carità non conobbe in lui limiti o barriere: si dedicò infatti agli appestati, agli altri malati ed agli orfani, promuovendo l'erezione di ospedali ed asili adeguati. I suoi contemporanei poterono contemplare in lui la luminosa immagine del buon pastore. Il periodo di tempo trascorso come abate di Chancelade ed il ventennio abbondante di episcopato, svolti tra fatiche e penitenze continue, lo debilitarono grandemente. Nel 1659 dovette interrompere una visita pastorale: il suo fisico non lo reggeva ormai più ed il cumulo di impegni che si era prefissato era vistosamente sproporzionato.
Alano di Solminihac morì tra il cordoglio generale il 31 dicembre e venne sepolto nella chiesa del priorato dei Canonici Regolari di Cahors. Solo in seguito le sue reliquie vennero traslate nella cattedrale cittadina.
La causa di canonizzazione, introdotta il 6 agosto 1783, portò il 19 giugno 1927 all'attribuzione del titolo di “venerabile” ed 4 ottobre 1981 alla beatificazione da parte del papa Giovanni Paolo II, che lo iscrisse così nel Martyrologium Romanum nell'anniversario della nascita al Cielo.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:47

San Barbaziano di Ravenna

31 dicembre

Martirologio Romano: A Ravenna, san Barbaziano, sacerdote.


Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:48

Santa Caterina Labouré

31 dicembre

Fain-les-Moutiers, Borgogna, 2 maggio 1806 - Parigi, 31 dicembre 1876

Caterina Labouré visse i suoi primi 24 anni in una famiglia numerosa (10 fratelli) nella fattoria dei genitori, presso Chatillon (Francia). Nel 1830 entrò tra le Figlie della carità di Parigi. Erano le suore nate dal carisma di san Vincenzo e di santa Luisa de Marillac. Ebbe delle visioni soprannaturali riguardanti san Vincenzo e soprattutto la Madonna, che le predisse avvenimenti francesi futuri (rivoluzioni del 1830 e 1848) e le affidò dei messaggi. In particolare le chiese di coniare una «Medaglia miracolosa», dispensatrice di grazie. Caterina spese 45 anni di servizio agli anziani nell'ospizio di Enghien in un sobborgo della capitale francese, dove morì. (Avvenire)

Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco

Martirologio Romano: A Parigi in Francia, santa Caterina Labouré, vergine delle Figlie della Carità, che venerò in modo speciale la Madre di Dio Immacolata e rifulse per semplicità, carità e pazienza.


Nacque a Fain-les-Moutiers, un villaggio della Borgogna, il 2 maggio 1806. Rimasta orfana di madre a nove anni con sette fratelli e due sorelle, Caterina non poté frequentare le classi elementari, ma dovette rendersi utile in famiglia e, più tardi, prenderne le redini. All'età di ventiquattro anni fu ammessa tra le Figlie della Carità, il 21 aprile 1830, men tre Parigi onorava solennemente s. Vincenzo de' Paoli in occasione della traslazione delle sue reliquie, che per molto tempo erano state nascoste a causa dei torbidi rivoluzionari. In quella circostarza la giovane novizia per tre giorni consecutivi ebbe l'apparizione del cuore di s. Vincenzo sopra un piccolo reliquiario nella cappella delle suore in rue du Bac. Durante il suo noviziato ebbe altre visioni, come quelle di Gesù Eucaristico e di Cristo Re (giugno 1830); ma le più importanti furono le apparizioni dell'Immacolata della "Medaglia--miracolosa". Fu questo un ciclo di almeno cinque apparizioni, simili fra loro, ma delle quali due ebbero caratteristiche ben individuate: Nella notte tra il 18 e il 19 1uglio 1830, mentre la Francia era sconvolta dal presentimento di una nuova rivoluzione (infatti, il 27 luglio cadde Carlo X), Caterina, condotta da un angelo nella grande cappella della Casa Madre, ebbe un colloquio durato più di due ore con la Madonna, che le preannunziò nuovi incontri. Questi, infatti, avvennero a brevi intervalli l'uno dall'altro, nel settembre, il 27 novembre e nel dicembre di quello stesso anno. La più nota e la più singolare delle apparizioni fu quella avvenuta il 27 novembre, nella quale si possono distinguere due fasi. Nella prima fase la Madonna appare a Caterina, ritta su un globo avvolto dalle spire del serpente, nell'atto di offrire a Dio un altro piccolo globo dorato, simbolo del mondo e di ogni anima, ch'Ella tiene all'altezza del cuore: dalle mani della Madonna piovono sul globo inferiore due fasci di luce. Nella seconda fase, mentre il piccolo globo d'oro scompare, le mani della Vergine si abbassano, ancora irraggianti fasci luminosi, simbolo delle grazie ottenute da Dio per la sua intercessione e, come a formare un'aureola intorno alla testa della Madonna, appaiono a caratteri d'oro le parole della giaculatoria: "O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi". Poi il quadro sembra visto nel suo retro: la figura della Madonna scompare e al centro si staglia, luminosissima, la lettera M, al di sopra della quale appare la croce e al di sotto i ss. Cuori di Gesù e Maria, mentre dodici stelle fulgidissime fanno corona (bisogna, tuttavia, osservare che nelle sue relazioni C. non parla mai né delle stelle. né del loro numero). Contemporaneamente una voce interiore ingiunse a Caterina di far coniare una medaglia che riproducesse la visione: ma soltanto il 30 giugno 1832 furono coniati i primi millecinquecento esemplari. La medaglia fu presto detta "miracolosa" e fra i miracoli più belli da essa operati, vi fu la conversione dell'ebreo Alfonso Ratisbonne (20 gennaio 1842). Per desiderio espresso dalla Madonna nelle apparizioni di Parigi, nacque l'Associazione delle Figlie di Maria Immacolata (1836-47). Nessuno, tranne i superiori, seppe mai dei favori celesti concessi a Caterina Ella visse nella più grande umiltà e nel più assoluto silenzio e servì per quarantasei anni i poveri dell'ospizio di Enghien a Parigi. Morì il 31 dicembre 1876; quando la sua salma fu esumata, le mani che avevano toccato la Madonna e gli occhi che l'avevano veduta, apparvero straordinariamente conservati. Fu beatificata da Pio XI il 28 maggio 1933 e canonizzata da Pio XII il 27 luglio 1947: le sue reliquie riposano nella cappella in cui ebbe le apparizioni. La festa liturgica, per le Famiglie Vincenziane, è stabilita al 28 novembre.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:48

Santa Colomba di Sens Vergine e martire

31 dicembre

† Sens, Gallia, III secolo

Titolare della Chiesa Cattedrale, santa Colomba proveniva da una famiglia pagana; dopo essere stata battezzata, si trasferì a Sens in Francia. Fu martirizzata per ordine dell'Imperatore Aureliano nella seconda metà del III secolo. Il culto di santa Colomba giunse a Rimini provvidenzialmente: alcuni mercanti di Sens, che veleggiavano nell'Adriatico, portando con sè una reliquia di santa Colomba, furono costretti ad approdare a Rimini, dove la reliquia, accolta da Stemnio, Vescovo di Rimini, fu posta nella Cattedrale.

Martirologio Romano: A Sens nella Gallia lugdunense, ora in Francia, santa Colomba, vergine e martire.


Santa Colomba di Sens, è stata una delle martiri più celebri di tutto il Medioevo e il suo culto ebbe una larga diffusione. Ciò nonostante, le notizie storiche che la riguardano, sono circondate dalla leggenda; la stessa 'Passio' è piena di luoghi comini, tipici della agiografia aurea dei primi martiri.
Colomba è presentata come appartenente a nobile ma pagana famiglia di Spagna e vissuta nel III secolo; per sottrarsi al culto degli dei, lasciò la famiglia e si recò in Gallia prima a Vienne dove ricevé il Battesimo, poi a Sens. Sembra che il suo vero nome fosse Eporita e che sarebbe stata poi chiamata Colomba per la sua innocenza.
A Sens, fu arrestata come cristiana a causa della persecuzione in atto in tutto l'Impero Romano; trovandosi in città l'imperatore Aureliano Lucio Domizio (270-275), fu condotta davanti a lui, che nel tentativo di farla rinunziare alla verginità cristiana, sarebbe giunto a proporle il matrimonio con suo figlio.
Ma poi irritato per il suo rifiuto, la condannò ad essere chiusa nell'anfiteatro in una 'cella meretricia'; ma quando si presentò un giovinastro per abusare di lei, un'orsa dell'anfiteatro intervenne a proteggerla, mettendo in fuga l'uomo.
Visto che nessuno dei soldati volle più intervenire, Aureliano infuriato, ordinò che sia la vergine, sia l'orsa fossero bruciate; ma una nube proveniente dall'Africa, procurò una provvidenziale pioggia, che spense il fuoco già preparato; mentre l'orsa scappò via nei campi. L'imperatore ostinato, allora condannò Colomba alla decapitazione, dopo un ultimo tentativo di farle cambiare fede.
La giovane, appena sedicenne, subì il martirio non lontano da Sens e fu sepolta da un tale, che invocandola aveva recuperata la vista; ciò avvenne nella seconda metà del III secolo, negli anni fra il 270 e il 275, facendo riferimento all'imperatore Aureliano, trovatosi a Sens per le sue guerre in Gallia.
Veneratissima nella Francia dell'epoca, il re Lotario III nel 620 fondò sul sepolcro della santa, la celebre abbazia reale di Sainte-Colombe-les-Sens. Nel 623 il vescovo di Sens, s. Lupo († 623) volle essere sepolto ai piedi della martire; nell'853 il vescovo Wessilone nel consacrare la nuova chiesa, trovò unite le reliquie dei due santi e le fece avvolgere in un prezioso sudario in tessuto orientale, i cui pezzi ritrovati nel XIX secolo, sono conservati nel tesoro della cattedrale.
La chiesa dell'abbazia fu costruita una terza volta e consacrata nel 1164 da papa Alessandro III, poi distrutta nel 1792 al tempo della Rivoluzione Francese.
I resti del complesso dell'abbazia e della chiesa, furono acquistati nel 1842, dalle religiose della Santa Infanzia di Gesù e Maria, che vi edificarono la loro Casa Madre, salvaguardando i resti dell'antica cripta; le reliquie di s. Colomba erano comunque già stata trasferite sin dal 1803 nella cattedrale di Sens.
Numerose sono le chiese dedicate alla santa martire, in Francia, Spagna, Fiandre, Germania e in Italia, dove il culto si diffuse particolarmente a Rimini. Secondo i racconti tradizionali locali, alcuni mercanti che navigavano nell'Adriatico, avevano con sé una reliquia del capo di santa Colomba, ma furono costretti ad approdare a Rimini, dove la reliquia fu accolta dal vescovo Stennio e posta nella cattedrale.
Nel 1581 mons. Castelli vescovo di Rimini, essendo nunzio apostolico in Francia, ottenne dai monaci dell'abbazia di Sens, le reliquie di una costola e due denti della martire, che dal secolo XVIII sono conservate in un busto reliquiario ora posto nel Tempio Malatestiano, la nuova cattedrale, che sostituì l'altra demolita nel 1815 dedicata alla SS. Trinità e a S. Colomba.
Si è parlato di una traslazione del corpo di Colomba a Bari nel sec. XVII, ma senza alcun serio fondamento.
A partire dal Martirologio Geronimiano, fino a quello Romano, la festa di s. Colomba è riportata al 31 dicembre. La popolarità del culto in Francia, andò poi lentamente scemando e fallì nel secolo XIV il tentativo di riportarlo in larga diffusione. A Sens, a causa di una festa locale, concomitante con l'ultimo dell'anno, la celebrazione fu spostata al 27 luglio più altre ricorrenze, come la traslazione delle reliquie e la dedicazione della sua chiesa.
Santa Colomba è invocata per ottenere la pioggia e i suoi attributi iconografici sono un'orsa incatenata ed una penna di pavone al posto della palma dei martiri.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:49

Beato Domenico de Cubells Mercedario

31 dicembre

Grande predicatore mercedario fu, il Beato Domenico de Cubells, il quale fece onore all'Ordine ed al convento di Santa Maria di El Puig (Spagna), dove visse e morì. Portò il vangelo agli infedeli e ne convertì molti al Signore con la sua parola e santità di vita esemplare. Dopo aver accumulato tanti meriti fu ricevuto negli eterni tabernacoli.
L'Ordine lo festeggia il 31 dicembre.




Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:50

Santa Donata e compagne Martire a Roma

31 dicembre

Roma I secolo

Martirologio Romano: Sempre a Roma nel cimitero dei Giordani sulla via Salaria nuova, sante Donata, Paolina, Rogata, Dominanda, Serótina, Saturnina e Ilaria, martiri.


Santa Donata è la prima in ordine di citazione, di un gruppo di vergini martiri a Roma; esse sono Donata, Paolina, Rogata, Dominanda, Serotina, Saturnina e Ilaria.
La loro esistenza è senz’altro confermata, in quanto sono citate al 31 dicembre nel ‘Martirologio Geronimiano’; poi anche nel “Liber de locis sanctis martyrum” della prima metà del secolo VII.
Inoltre anche la recentissima edizione del ‘Martyrologium Romanum’ del 2002 le riporta tutte e sette alla stessa data.
Detto questo si può aggiungere, che dopo il ritrovamento delle loro reliquie, unitamente a quelle dei santi martiri Alessandro, Vitale e Marziale (celebrati il 10 luglio), nel cimitero dei Giordani sulla via Salaria Nuova, una loro venerazione fu promossa da papa Adriano I (772-795).
Purtroppo altro non si sa della loro vita, né come morirono, furono certamente delle martiri romane presumibilmente del primo secolo; ci colpisce la circostanza che erano sette donne.


Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:51

San Giovanni Francesco Regis

31 dicembre

Font-Couverte, Languedoc, Francia, 31 gennaio 1597 - La Louvesc, Dauphine, 31 dicembre 1640

Nacque a Font-Couverte, in Francia, il 31 gennaio 1597. Ancora ragazzo, Francesco Regis dimostrò subito grande amore per lo studio e per la religione, così venne introdotto nel collegio dei Gesuiti di Bezieres. Dopo un breve periodo si recò a Tolosa per incominciare il noviziato. Da qui fu mandato a Cahors, dove emise i primi voti e poi a Dillon. Dopo tre anni si recò a Tournon per gli studi della filosofia e di nuovo a Tolosa per la teologia. Dopo aver ricevuto gli ordini sacri, si diede alle cure gli appestati. Cessato il contagio, Francesco cominciò le sue missioni fra i poveri di campagna, che divennero poi il suo apostolato specifico. Percorse così, predicando, quasi mezza Francia. Sempre più malato, un giorno volle comunque recarsi a fare una missione; colpito dalla febbre si trascinò sino alla meta: era il 24 dicembre. Morì il 31 dicembre 1640. È stato santificato da Clemente XII il 5 aprile 1737. <I> (Avv.)</i>

Martirologio Romano: Nel territorio di La Louvesc sui monti presso Puy-en-Vélay in Francia, san Giovanni Francesco Régis, sacerdote della Compagnia di Gesù, che, predicando il Vangelo e amministrando il sacramento della penitenza, per monti e per villaggi si adoperò senza sosta per rinnovare la fede cattolica nell’animo degli abitanti.


San Francesco Regis, della diocesi di Narbona, nacque il 31 gennaio 1597 da rispettabile famiglia cattolica.
Ancora ragazzo, Francesco si dimostrò di indole molto mite e delicata, sebbene non fosse privo dei difetti che accompagnano l’adolescenza. Dimostrò da subito un grande amore per lo studio e molta propensione ed assiduità alle pratiche religiose, così venne introdotto nel collegio dei Gesuiti in Bezieres. Qui, il Signore gli fece conoscere la sua vocazione: doveva essere gesuita. Appena Francesco riconobbe quale fosse la volontà di Dio a suo riguardo, si applicò ad eseguirla con tale slancio e ardore che perfino i suoi superiori se ne stupivano.
Dopo un breve periodo passato in famiglia, si recò a Tolosa per incominciare il noviziato. Dice il padre Labrone che tante furono le grazie che il cielo profuse in quell’anima, e tanto fedele fu la sua corrispondenza, che già fin dai primi mesi di noviziato dimostrò, con la vita comune, di possedere delle doti non comuni.
Da Tolosa fu mandato a Cahors, dove emise i primi voti; poi fu a Dillon maestro di grammatica. Dopo tre anni si recò a Tournon per gli studi della filosofia, e infine di nuovo a Tolosa per la teologia. Dopo aver ricevuto gli ordini sacri, devotissimo alla Madonna e all’Angelo Custode, si diede subito con zelo instancabile a curare gli appestati, giacché era scoppiata la peste.
Appena il contagio cessò, Francesco cominciò le sue missioni fra i poveri di campagna, che divennero poi il suo apostolato specifico. Percorse così, predicando, quasi mezza Francia, raccogliendo ovunque testimonianze di gratitudine. Passava delle giornate intere nel “santo tribunale di penitenza” e per fargli prendere un po’ di cibo gli si doveva fare dolce violenza. Con la sua mansuetudine condusse molti eretici alla vera fede e trasse dalla via dell’iniquità e dal disonore molte persone, raccogliendole in case apposite.
Quando, per privilegio divino, conobbe che la sua ultima ora era vicina, sebbene già molto debole e malandato, volle ancora recarsi a fare una missione; il male però lo colpì durante il viaggio e, affranto dalla febbre e intirizzito dal freddo, dovette ritirarsi in una capanna fino all’alba. Trascinandosi fino al paese, vi arrivò il 24 dicembre 1640. Nonostante fosse così ammalato volle ancora predicare, ma ben presto dovette mettersi a letto, che non lasciò più.
Ricevuti i Sacramenti, assistito da due sacerdoti suoi confratelli, visibilmente consolato da Maria, spirò il 31 dicembre 1640. Aveva 43 anni.
Clemente XI lo dichiarò beato l’8 maggio 1716 e Clemente XII, il 5 aprile 1737, lo ascrisse al catalogo dei santi.
A La Louvesc, data la crudezza dell'inverno sui monti del Vivarese, la festa del santo non si celebra nella data di culto ufficiale (31 dicembre) ma il 16 giugno.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:52

Beata Giuseppina Nicoli Suora vincenziana

31 dicembre

Casatisma, 18 novembre 1863 – Cagliari, 31 dicembre 1924


Giuseppina Nicoli nacque a Casatisma (Pavia), in una famiglia molto religiosa, il 16 novembre 1863. Crebbe in un ambiente sereno anche se, purtroppo, la morte le portò via alcuni fratelli in tenera età. La giovane studiò a Voghera e a Pavia, conseguendo con ottimi voti il diploma di maestra e coltivando nel cuore il desiderio di dedicarsi all'istruzione dei poveri. Attratta dal carisma vincenziano, divenne una Figlia della Carità. Giunse a Torino, nella casa centrale di S. Salvario, il 24 settembre 1883. Qualche mese dopo fece la vestizione a Parigi, in Rue du Bac, dove la Madonna, cinquant'anni prima, era apparsa a s. Caterina Labouré. Aveva solo ventuno anni quando fu inviata in Sardegna che, al tempo, rientrava nella medesima provincia religiosa. Per giungere sull'isola occorrevano tre giorni di viaggio. Il suo primo incarico fu quello di insegnare al Conservatorio della Provvidenza di Cagliari. Emise i voti semplici cinque anni dopo, nella notte di Natale del 1888. Nel crocifisso che quel giorno le fu donato, mise un pezzo di carta su cui scrisse un pensiero ritrovato poi dopo la morte. Rivolgendosi al Signore promise “di volervi sempre fedelmente servire, praticando la povertà, la castità, l’obbedienza e servendo per amor vostro i poveri”. Aveva trenta anni quando le diagnosticarono la tubercolosi, malattia che minò silenziosamente la sua salute per il resto della vita, senza però mai frenare la voglia continua di lavorare per il Signore. Quando in città scoppiò il colera, suor Giuseppina fu addetta alle cucine economiche ma, passata l'emergenza, diede inizio alla missione che avrebbe contraddistinto la sua vita: istruire i giovani, diffondendo la conoscenza del Vangelo. Cominciò con gli studenti e gli operai che chiamò “Luigini” (protetti da S. Luigi). La comunità di Sassari, nel 1899, necessitava di una superiora (detta suor servente) e la scelta cadde su suor Nicoli. Qui conobbe il vincenziano, servo di Dio, Giovanni Battista Manzella. L'apostolato di suor Giuseppina fu straordinario: introdusse le suore nel carcere femminile, istituì il primo gruppo giovanile di volontariato, favorì le scuole di catechismo, anche serali o domenicali, che raggiunsero gli ottocento iscritti. Tanto terreno fertile fu lasciato nel 1910, quando tornò nella capitale sabauda, a S. Salvario, con il compito di coordinare come economa provinciale un centinaio di comunità locali e alcune migliaia di suore. Passò poi, all'altrettanto gravoso compito di “maestra” delle circa sessanta novizie. Nonostante gli ottimi risultati, il clima freddo di Torino era poco adatto alle sua salute e fu rimandata in Sardegna. I vari cambiamenti le costarono non poco, ma come leggiamo nei suoi scritti “La vera obbedienza si riconosce per quella semplicità che non cerca i motivi del comando, quella generosità che non fa distinzione tra un comando importante e un desiderio, quell'umiltà che non ha riguardo se non per Dio, quell'allegria che rallegra Dio stesso, quella perseveranza senza cui si è virtuosi solo a metà... Il Crocifisso! Ecco il più bel trattato dell'obbedienza".
Nell'isola le cose erano completamente cambiate, sia nella comunità che nell’amministrazione civica. Da Sassari fu mandata all’Asilo della Marina di Cagliari (agosto 1914). Si era all'inizio della Grande Guerra e nei locali dell’Asilo si allestì un ospedale per i feriti. Superata l'emergenza suor Nicoli diede vita ad una serie eccezionale di opere: fondò le Damine di Carità che riparavano e cucivano abiti per i poveri, curavano l'assistenza domiciliare del quartiere e la colonia estiva per i bambini rachitici. Diresse le Figlie di Maria tra cui nacquero numerose vocazioni religiose, fece conoscere in città l'opera della Propagazione della Fede e della Santa Infanzia, aprì il Circolo di S. Teresa, primo nucleo della futura Azione Cattolica femminile cittadina. Fondò i Giuseppini (protetti da S. Giuseppe), ragazzi che provenivano da quelle famiglie borghesi che per pregiudizio impedivano ai figli di frequentare il catechismo con i poveri. Si preoccupò delle giovani che dalle campagne andavano a servizio dei signori della città, le "Zitine", (protette da s. Zita); riunì per ritiri spirituali migliaia di operai che lavoravano alla Fabbrica dei Tabacchi. Si interessò delle giovani della borghesia, che chiamò Dorotee (protette da S. Dorotea), tra le quali alcune divennero ottime maestre. Un'attenzione tutta particolare fu rivolta ai ragazzi di strada, spesso orfani, che presso il porto e il mercato sbarcavano il lunario facendo i facchini. Ne accolse a centinaia senza allontanarli dal loro ambiente, li istruì, preparandoli ad un lavoro dignitoso. Erano conosciuti come i “marianelli”, i monelli di Maria. Quest'opera tanto benemerita le procurò però non poche difficoltà e incomprensioni, anche in seno alla sua comunità. In quegli anni fu anche coinvolta in una controversia riguardante le competenze e la proprietà dell’Asilo. Con l'avvento del Fascismo, mal volentieri si vedeva la gestione delle suore. Fu proprio grazie a lei che tutto si risolse.
Gli scritti della Beata sono preziosi per comprenderne la spiritualità. Leggiamo: "Noi ci chiamiamo Figlie della Carità, il che significa che noi deriviamo dal cuore di Dio. Bisogna dimostrarlo con le opere...". "Noi dobbiamo essere gli Angeli Custodi dei Poveri, e quindi ogni qualvolta essi si indirizzano a noi, dobbiamo accoglierli con bontà e nulla risparmiare per soccorrerli". "Noi apparteniamo a Dio... Per questo, se non indirizziamo a Dio i nostri pensieri, i nostri affetti, le nostre azioni, noi rubiamo ciò che gli appartiene". "La Figlia della Carità non si applica che a consultare i movimenti del cuore del suo Sposo per regolare i suoi". "Non diciamo: sono sempre la stessa! Noi navighiamo contro la corrente di un fiume. Se non riusciamo ad andare avanti, non diciamo: non faccio niente. Se non facessi niente sarei trasportata via dalla corrente. Se sono sempre qui è perché lotto contro la corrente, mi sostengo, avanzo, mi arricchisco di meriti". "Signore, nulla io sono davanti a Te! Quando si scende nel proprio nulla, si trova la luce e la Grazia. Se ne esce trasformate... La vera vita spirituale è questo vuoto che l'anima fa in sé con una totale abnegazione: vuoto che è riempito da Dio".
Si contraddistinse sempre per una santa allegria: "Benediciamo sempre il Signore, e serviamolo sempre fervorosamente e allegramente. Il fervore alimenterà l'allegria e l'allegria conserverà il fervore, e gioverà allo stesso tempo alla salute materiale. Oh, l'allegria è un gran rimedio”. "La carità ci fa volare, giubilando. Serviamo il Signore allegramente confidando in Lui".
Fu grande la sua devozione mariana: "Fa quello che puoi con gioia e tranquillità, ed il resto prega la Madonna che lo faccia Lei stessa. Oh, fanne l'esperienza e mi saprai dire quanto giova affidarsi alla Madonna Santissima. Di qualunque matassa, per quanto intricata, si trova facilmente il bandolo allorché ci si mette le mani". Suor Giuseppina fu guida per molte sue consorelle.
Aveva poco più di sessant'anni quando una broncopolmonite la costrinse a letto. Soffrì, intensificando la sua unione con Dio, senza perdere il buon umore. Anni prima aveva scritto ad una confidente: "Le croci sono sempre preziosi doni di Dio. Tu mi dici che sei un carro rotto... Anch'io sono un carro rotto, ma tu vedessi come sono contenta!". Un uomo che l'aveva a lungo osteggiata, inginocchiato al suo capezzale di morte, tra le lacrime, chiese perdono ottenendo da suor Giuseppina un sorriso di paradiso. Spirò alle 9 del mattino del 31 dicembre 1924. I funerali manifestarono in modo commovente l'affetto dell’intera città. Dichiarata beata a Cagliari il 3 febbraio 2008, le sue spoglie sono venerate presso la cappella dell'asilo della Marina.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:52

San Mario di Losanna Vescovo

31 dicembre

530 - Losanna, 31 dicembre 594

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Losanna nell’odierna Svizzera, san Mario, vescovo, che trasferì in questa città la sede di Avanches, costruì molte chiese e fu difensore dei poveri.


Recenti indagini, dovute soprattutto a Mario Besson, hanno dato notizie sicure sulla vita e sull'opera del santo.
Nato intorno al 530 divenne vescovo di Aventicum nel maggio 574. Nel 585 prese parte al concilio di Macon; il 24 giugno 587 consacrò la chiesa della Madonna di Payerne che sorgeva su una sua proprietà. Intorno al 590 trasferí, per ragioni politiche e di sicurezza, la sede vescovile da Aventicum a Losanna; qui morí il 31 dicembre 594 e fu inumato nella chiesa di S. Tirso che prese poi piú tardi il suo nome. L'epitafio che ci è stato conservato è ritenuto dal Besson opera di Venanzio Fortunato. Si può seguire il culto del santo fin nel primo millennio dell'era cristiana. Viene raffigurato quale vescovo e nel sec. XVI la sua elfigie appare su alcune monete episcopali. A volte è rappresentato con una palma e con il titolo di martire, elementi ingiustificati, in quanto non ha subito il martirio. Le diocesi di Losanna e di Basilea festeggiano s. Mario il 31 dicembre.
Mario è l'autore di una continuazione della Cronaca di Prospero, che egli porta, prima, fino all'anno 567 e poi fino al 581. E' un racconto, in genere esatto, breve e molto prezioso per gli storici, che registra gli avvenimenti dell'Italia e dell'Oriente con la stessa attenzione dedicata a quelli dei regni franco e burgundo.


Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:53

Santa Melania la Giovane Penitente

31 dicembre

Etimologia: Melania = nera, scura, dal greco

Martirologio Romano: A Gerusalemme, santa Melania la Giovane, che con suo marito san Piniano andò via da Roma e si recò nella Città Santa, dove abbracciarono la regola, lei tra le donne consacrate a Dio e lui tra i monaci, ed entrambi riposarono in una santa morte.


I nonni a volte sono determinanti nelle decisioni di una famiglia, ma nel secolo V a Roma, lo erano certamente in modo molto influente. Infatti se Melania la Giovane poté vincere tutte le opposizioni aspre dei parenti, per la sua scelta di farsi monaca, lo dovette all’intervento della nonna Melania l’anziana, che anche lei da giovane dovette affrontare e vincere le stesse resistenze.
Figlia di Valerio Publicola della gens Valeria e di Ceionia Albina della gens Ceionia, quindi discendente di gloriose famiglie di Roma; a 14 anni sposò il cugino Piniano anche lui della gens Valeria, che dopo la morte di due loro figli, Melania convinse a praticare una vita penitente e casta.
Influenzata dalla propaganda monastica che nel secolo V era assai fervorosa in Roma, la pia matrona lasciò la città per ritirarsi con tutti i servi in una villa suburbana per vivere una vita monastica.
Qui sorse l’opposizione tenace dei parenti, vinta solo con l’intervento della nonna paterna, che qualche decennio prima, aveva fatta la stessa scelta fra le resistenze della nobile famiglia.
Nel 406 si trasferì a Nola presso s. Paolino, forse suo lontano parente, dopo due anni, nel 408 vista l’invasione dei barbari, si spostò nei suoi possedimenti in Sicilia e ancora nel 410 emigrò in quelli d’Africa, dove conobbe s. Agostino, stringendo con lui una salda amicizia.
Circondata da un centinaio di servi ed ancelle e con la compagnia del marito Piniano e della madre Albina, che la seguivano in questo peregrinare, formando una specie di comunità monastica, decise di recarsi a Gerusalemme, passando prima per l’Egitto, culla del monachesimo orientale, per rendere omaggio ai monaci di cui provava grande ammirazione, cercando di imitarli.
A Gerusalemme volle tenere una vita eremitica più stretta (già la nonna Melania assieme a Rufino, aveva fondato un monastero), facendosi costruire una piccola cella sul Monte degli Ulivi, sede di altri asceti e qui condusse una vita di pesanti penitenze.
Dopo un certo tempo e dopo altri contatti con i monaci egiziani, per apprendere meglio lo spirito ascetico, fondò in una zona molto isolata un monastero femminile e dopo qualche anno, anche uno maschile, con oratori dotati di reliquie di santi martiri.
Il regolamento delle Comunità, disposto da Melania stessa, fu improntato ad una estrema severità, sul modello egiziano, anche se nella liturgia si notava una certa influenza romana ed occidentale.
Fu tanto caritatevole che il suo patrimonio e quello del marito Piniano, morto nel 432, fu lentamente esaurito a favore dei poveri; ebbe una grande fama di santità in tutto l’ambiente di Gerusalemme, dove morì nel 440.
Il culto per s. Melania la Giovane fu abbastanza sentito in Oriente, mentre in Occidente cominciò solo nel secolo IX.
La commemorazione della grande matrona romana, asceta e monaca a Gerusalemme è al 31 dicembre. Il suo culto fu approvato nel 1908.

Il nome Melania proviene dal greco Melan e significa “scura, nera”; fu un soprannome e poi nome individuale frequentemente attribuito alle donne brune, di origine greca ed orientale.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:53

Santa Paolina Vergine e martire

31 dicembre

Venerata a Borgosesia.


La Collegiata dei Santi Pietro e Paolo in Borgosesia ebbe in dono le reliquie di questa santa, estratte, in un anno non precisato, dalla catacomba di Priscilla, grazie a don Carlo Gibellini canonico a Novara, appartenente alla nobile famiglia del luogo, che lo ottenne attraverso non meglio specificate conoscenze negli ambienti della curia romana, al tempo del pontificato di papa Clemente IX. Per collocare la reliquia, donata nel 1668, venne scelta la cappella di San Francesco, di patronato della stessa famiglia Gibellini e fu realizzata un’apertura sopra la mensa dell’altare, penalizzando la pala che vi è ancora conservata. Tale sistemazione risultò presto inadeguata e, seguendo il gusto dell’epoca, si progettò la costruzione di un apposito ambiente da destinare esclusivamente al culto della santa. Lo scurolo, realizzato nella zona sottostante il presbiterio, fu portato a termine nel 1712, ma soltanto nel 1821 si trasportò il corpo di Paolina, ricomposto in una ricca urna di legno dorato e cristalli. L’attuale sistemazione, nuovamente nel loculo originario della cappella di San Francesco, risale al 1948, quando, senza una ragione precisa, si decise di rimuovere l’urna dallo scurolo; l’ambiente, decorato con affreschi che riproducono le allegoriche figure delle Virtù Cristiane e la gloria della presunta martire, venne inopportunamente destinato a ripostiglio della chiesa, funzione che svolge ancora attualmente. Questo nuovo ulteriore spostamento, poco consono, comportò la sostituzione dell’urna antica con l’attuale di più modesta fattura. Nel dicembre dello stesso anno, il teschio venne ricoperto da un leggero strato di cera e dotato di capelli veri, donati dalla bambina Giuliana Pagani, l’anello, il braccialetto d’oro e la corona d’argento, furono invece donati nel 1921; nell’urna venne sistemato anche il “vaso di sangue” racchiuso in un cilindro di vetro. Le reliquie vennero attribuite all’omonima presunta vergine e martire di Roma, ricordata con altre compagne al giorno 31 dicembre e indicata, sia dal Martirologio Geronimiano sia dall’itinerario De locis sanctis martyrum, deposta nella catacomba dei Giordani. Una tale identificazione non sembra però del tutto sostenibile in quanto, a prescindere dalla storicità del gruppo di vergini e martiri di cui Paolina farebbe parte, la reliquia conservata a Borgosesia non proviene dalla catacomba dei Giordani ma da quella di Priscilla, come indicato nei documenti: due complessi cimiteriali che, pur situati entrambi sulla Via Salaria Nova, sono distinti. Inoltre, la prima attestazione in età moderna del complesso dei Giordani risale al 1720, in un’opera del Marangoni, quando già da tempo il corpo santo era presente nel borgo valsesiano. Confusione tra le due catacombe venne compiuta anche dal Baronio nella compilazione del Martirologio Romano cui poi si attinsero le notizie per promuovere in loco il culto di Paolina. Nemmeno le indagini archeologiche, compiute negli anni sessanta del novecento all’interno del complesso dei Giordani, hanno permesso di fare maggiore chiarezza sul gruppo delle sette giovani che le fonti vorrebbero lì venerate, né di localizzare l’eventuale loro sepoltura. Nel 1683 la comunità borgosesiana fece richiesta alla curia diocesana di poter celebrare la festa in onore della santa nell’ultima domenica di settembre, anniversario della sistemazione della reliquia nella cappella di San Francesco (1682). La motivazione presentata per lo spostamento di data rispetto alla ricorrenza del 31 dicembre, giorno a cui il martirologio assegna il ricordo del gruppo di martiri cui si credeva facesse parte anche Paolina, fu che in tale data ricorreva già la memoria del pontefice San Silvestro. In realtà dietro a questa richiesta è forse possibile vedere un tentativo di slegare, almeno a livello liturgico, il legame tra questo corpo santo e la santa omonima, in conformità, come si vedrà, con la prassi che regolava il recupero dei corpi santi; non si comprende, infatti, perché il ricordo di San Silvestro, che non ha mai goduto di particolare culto a Borgosesia, fosse d’impedimento alla celebrazione della presunta martire. Avendo ricevuto il benestare della curia, da quell’anno la festa di Santa Paolina è stata celebrata nell’ultima domenica di settembre, questo fino agli anni settanta del secolo scorso, quando è cessata ogni forma pubblica di culto nei suoi confronti. Particolari festeggiamenti, che prevedevano il solenne trasporto dell’urna per le vie della città, si tennero in occasione dello spostamento della reliquia nello scurolo (29 giugno – 1 luglio 1821), nell’anno seguente al centenario di tale spostamento (1 – 3 luglio 1922) ed infine dopo venticinque anni (27 – 29 giugno 1948). A curare l’organizzazione di queste manifestazioni e per promuovere il culto della santa era attiva in parrocchia un’associazione che ne portava il nome, tra i cui membri vi erano molte ragazze e giovani non sposate della città.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:54

San Silvestro I Papa

31 dicembre - Memoria Facoltativa

m. 335

(Papa dal 31/01/314 al 31/12/335)
Silvestro è il primo Papa di una Chiesa non più minacciata dalle terribili persecuzioni dei primi secoli. Nell’anno 313, infatti, gli imperatori Costantino e Licinio hanno dato piena libertà di culto ai cristiani, essendo papa l’africano Milziade, che è morto l’anno dopo. Gli succede il prete romano Silvestro. A lui Costantino dona come residenza il palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni, e costruisce la prima basilica di San Pietro. Il lungo pontificato di Silvestro (21 anni) è però lacerato dalle controversie disciplinari e teologiche, e l’autorità della Chiesa di Roma su tutte le altre Chiese, diffuse ormai intorno all’intero Mediterraneo, non è ancora affermata. Nel Concilio di Arles (314) e di Nicea (325) papa Silvestro non ha alcun modo di intervenire: gli vengono solo comunicate, con solennità e rispetto, le decisioni prese. Fu il primo a ricevere il titolo di «Confessore della fede».

Etimologia: Silvestro = abitatore delle selve, uomo dei boschi, selvaggio, dal latino

Martirologio Romano: San Silvestro I, papa, che per molti anni resse con saggezza la Chiesa, nel tempo in cui l’imperatore Costantino costruì le venerande basiliche e il Concilio di Nicea acclamò Cristo Figlio di Dio. In questo giorno il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero di Priscilla.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Èil primo Papa di una Chiesa non piùminacciata dalle terribili persecuzionidei primi secoli. Nell’anno 313, infatti,gli imperatori Costantino e Liciniohanno dato piena libertà di culto ai cristiani,essendo Papa l’africano Milziade,che è morto l’anno dopo. Gli succede ilprete romano Silvestro. A lui Costantinodona come residenzail palazzo del Laterano,affiancato più tardidalla basilica di SanGiovanni, e costruiscela prima basilica di SanPietro.
In pace con l’autoritàcivile, ma non tra diloro: così sono i cristianidel tempo. Il lungopontificato di Silvestro(ben 21 anni) è infattitribolato dalle controversiedisciplinari e teologiche, e l’autoritàordinaria della Chiesa di Roma sututte le altre Chiese, diffuse ormai intornoall’intero Mediterraneo, non è ancoracompiutamente precisata.
Costantino, poi, interviene nelle controversiereligiose (o i vescovi e i fedelilo fanno intervenire) non tanto per “abbassare”Silvestro, ma piuttosto per dare tranquillità all’Impero. (Tanto piùche lui non è cristiano, all’epoca; e infondataè la voce secondo cui l’avrebbebattezzato Silvestro).
Costantino indice nel 314 il Conciliooccidentale di Arles, in Gallia, sulla questionedonatista (i comportamenti deicristiani durante le persecuzione di Diocleziano).E sempre lui,nel 325, indice il primoConcilio ecumenico aNicea, dove si approvail Credo che contro ledottrine di Ario riaffermala divinità di GesùCristo («Dio vero daDio vero, generato noncreato, della stessa sostanzadel Padre»).
Papa Silvestro non haalcun modo di intervenirenei dibattiti: glivengono solo comunicate, con solennitàe rispetto, le decisioni prese. E, insomma,ci appare sbiadito, non per colpasua (e nemmeno tutta di Costantino); ècome schiacciato dagli avvenimenti.Ma pure deve aver colpito i suoi contemporanei,meglio informati di noi:tant’è che, appena morto, viene subitoonorato pubblicamente come “Confessore”.Anzi, è tra i primi a ricevere questotitolo, attribuito dal IV secolo in poia chi, pur senza martirio, ha trascorsouna vita sacrificata a Cristo.
Silvestro è un Papa anche sfortunatocon la storia, e senza sua colpa: per alcunisecoli, infatti, è stato creduto autenticoun documento, detto “donazione costantiniana”,con cui l’imperatore donavaa Silvestro e ai suoi successori la cittàdi Roma e alcune province italiane;un documento già dubbio nel X secoloe riconosciuto del tutto falso nel XV.
Un anno dopo la sua morte, a papa Silvestroera già dedicata una festa al 31dicembre; mentre in Oriente lo si ricordail 2 gennaio.



Stellina788
00venerdì 17 dicembre 2010 11:55

San Zotico di Costantinopoli

31 dicembre

Martirologio Romano: A Costantinopoli, san Zótico, sacerdote, che provvide al sostentamento degli orfani.


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