31 marzo

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Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:46

Sant' Agilulfo (Agilolfo) Vescovo

31 marzo

m. 751/752

Martirologio Romano: A Colonia in Austrasia, ora in Germania, sant’Agilolfo, vescovo, illustre per la santità di vita e la predicazione.


Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:47

Santa Balbina di Roma Martire

31 marzo

Di lei non si hanno molte notizie certe. Secondo la tradizione era figlia del tribuno romano e martire Quirino con cui venne uccisa introno al 130 per poi essere seppellita sulla via Appia. Tuttavia il cimitero che vi si trova nonché la chiesa sul piccolo Aventino non avrebbe alcun legame con lei. Balbina era stata battezzata da Papa Alessandro I insieme al padre convertitosi al cristianesimo. Ammalatasi gravemente fu portata dal Pontefice che allora era imprigionato e ne venne guarita. Di estrazione nobile venne chiesta più volte in sposa ma rimase sempre fedele al suo voto di verginità. Arrestata insieme col padre per ordine dell'imperatore Adriano venne decapitata dopo lunghe torture. L'iconografia la raffigura con croce e scettro di gigli; talvolta anche con un angelo che indica il cielo. Altre immagini la rappresentano mentre tiene in mano una catena. Sarebbe infatti guarita dal mal di gola sfiorando le catene che tenevano imprigionato Papa Alessandro I. (Avvenire)

Etimologia: Balbina = balbuziente, dal latino

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di santa Balbina, la cui basilica fondata sull’Aventino reca il suo venerando nome.

E' ricordata nel Martirologio Romano al 31 marzo. La prima parte dell'elogio, che tratta del suo battesimo a Roma, è stata presa dagli atti leggendari dei ss. Alessandro, Evenzio, Teodulo, Ermete e Quirino. L'autore fa di Balbina Ia figlia del martire Quirino creando, secondo il costume degli agiogra`fi romani del secolo V, una parentela arbitraria. La seconda parte dello stesso elogio, riguardante la sepoltura sulla via Appia, è stata inventata da Adone, poiché negli atti suddetti non si trova nessuna notizia in proposito. NelI'antichità Balbina non ha avuto culto né è commemorata nel Martirologio Geronimiano. Floro, nel suo Martirologio, la ricorda il 18 gennaio, tratto in errore da una commemorazione mal compresa del Martirologio Geronimiano. Adone la ricorda al 31 marzo, aggiungendo arbitrariamente che era sepolta nel cimitero di Pretestato sulla via Appia, perché, essendo figlia del martire Quirino, doveva essere sepolta vicino a lui.
La Vita leggendaria di Balbina è pervenuta a noi tramite due passiones: la prima è una passio Alexandri, forse del VI secolo, che confonde papa Alessandro con l'omonimo martire nomentano; la seconda è una passio ss. Balbinae et Hermetis, una specie di appendice alla passio Alexandri. Secondo queste due leggende, Balbina era figlia del martire Quirino, il quale, convertitosi alla fede cristiana, fu battezzato insieme con lei da papa Alessandro. Essendosi Balbina ammalata gravemente, fu portata dal padre al papa, che allora era imprigionato, e ne fu risanata. Per le sue ricchezze e per la sua nobiltà fu domandata in sposa da molti giovani, ma ella volle rimanere fedele al suo voto. Arrestata insieme col padre per ordine dell'imperatore Adriano (117-35), dopo non pochi tormenti fu decapitata.
A Roma erano indicati col nome di B. un titolo, del quale si ha col nome di B. un titolo, del quale si ha notizia nel sinodo del 595, ed un cimitero situato tra la via Appia e l'Ardeatina. Probabilmente l'eroina della leggenda agiografica fu la fondatrice dell'uno e dell'altro, ed in seguito, secondo un costume caro agli antichi agiografi, fu elevata alla dignità di martire.



Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:47

Beato Bartolomeo Blanco Mercedario

31 marzo

Mercedario di grande santità e virtù, il Beato Bartolomeo Blanco, era tenuto in grande considerazione sia all’interno del proprio Ordine che all’esterno. Per il buon esempio e candore della sua vita, aveva grande autorità presso il Papa Eugenio IV° e i cardinali di Santa Romana Chiesa. Morììì a Roma e fu sepolto nella Basilica di San Lorenzo in Lucina.
L’Ordine lo festeggia il 31 marzo.



Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:48

San Beniamino Diacono e martire

31 marzo

† Ergol, Persia, 420

Etimologia: Beniamino = figlio prediletto, dall'ebraico

Martirologio Romano: In località Argol in Persia, san Beniamino, diacono, che non desistette dal predicare la parola di Dio e, sotto il regno di Vararane V, subì il martirio con delle canne acuminate conficcate nelle unghie.

S. Beniamino diacono di Ergol in Persia, fa parte di un gruppo di martiri, uccisi appunto in Persia durante la lunga persecuzione contro i cristiani, che iniziò sotto il regno di Iezdegerd I e finì con quello del successore Bahram-Gor.
Vi sono varie versioni che riguardano questa feroce persecuzione, discordanti fra loro, in buona parte prese dai sinassari bizantini; anche le notizie riguardanti i nomi dei martiri, la data ed il luogo del martirio sono imprecise e discordanti.
L’episodio avvenuto all’interno della lunga persecuzione contro i cristiani in Persia, racconta che verso il 420, lo sfrenato zelo di alcuni cristiani, capeggiati da un sacerdote Hasu, portò ad incendiare ad Ergol (Argul) un pireo, cioè un tempio dedicato al culto del fuoco.
Per questa distruzione venne arrestato il vescovo Abdas, il fratello Papa, i preti Hasu e Isacco, il segretario Ephrem, il suddiacono Papa, i laici Daduq e Durtan; al vescovo Abdas fu ingiunto dalle autorità civili di ricostruire il tempio, poiché egli si rifiutò, furono condannati a morte.
A loro sono associati nella celebrazione altri martiri di quella persecuzione, scaturita dall’episodio dell’incendio del ‘pireo’ e sono Ormisda (Manides), Sahin e il diacono di Ergol, Beniamino.
Su quest’ultimo, il ‘Martyrologium Romanum’ commemorandolo al 31 marzo, riporta la seguente citazione: “In Ergol (Argul) in Persia, san Beniamino diacono, che non desistette dal predicare le Verità della fede, sotto Bahrom-Gor re; consumò il suo martirio venendogli conficcati negli orifizi e sotto le unghie legni sottili ed acuminati”.
Il martirio avvenne verso il 420 cioè nei primi due anni del regno di Bahrom-Gor, perché nel 422 egli fu vinto da Teodosio II, che come condizione di pace pose la libertà di culto ai cristiani di Persia.



Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:49

Beato Bonaventura (Tornielli) da Forlì Sacerdote servita

31 marzo

Forlì, 1411 - Udine, 31 marzo 1491

Bonaventura Tornielli, o di Forlì, fu predicatore apostolico ai tempi di Papa Sisto IV. E l'annuncio della Parola divina per mezzo della parola umana fu la sua attività principale, nella quale insistette soprattutto sul tema della penitenza. Era nato nel 1411 nel capoluogo romagnolo e a 37 anni, nel 1448, entrò nell'ordine dei Servi di Maria (di cui fu poi vicario) e divenne un valente biblista. Nonostante amasse silenzio e contemplazione era un oratore eccezionale. Mise a frutto questo suo dono, animando missioni in tutta Italia. Lo fece fino alla morte, che lo colse ottantenne a Udine - dove predicava per la Quaresima - il 31 marzo del 1491. Pio X ne ha confermato il culto nel 1911. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Udine, beato Bonaventura da Forlì, sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, che in diverse regioni d’Italia con la predicazione esortò il popolo alla penitenza e morì ottuagenario mentre era intento a predicare un quaresimale.

Bonaventura nacque a Forlì nel 1410, probabilmente nella nobile famiglia Tornielli, anche se questa notizia compare nelle antiche biografie solo a partire dalla metà del secolo XVII.
Il giovane sentì la chiamata alla vita religiosa e, grande devoto della Madonna, entrò nel convento dei Servi di Maria della sua città. Le doti intellettuali erano notevoli e nel 1448 fu mandato a Venezia per approfondire gli studi. Per sei anni fu l’occupazione principale, conseguendo il titolo di maestro in teologia. “Piccolo e magro e sparuto de la persona, ma eloquentissimo di scienza”, ci dice un’antica cronaca, diede quindi inizio ad una straordinaria attività di predicatore, ispirandosi all’Apostolo Paolo. Raccoglieva nelle varie città un uditorio vastissimo, raccomandando la frequenza ai sacramenti e la carità verso gli ammalati e i bisognosi. Nonostante l’aspetto austero e il contenuto certo non leggero e a volte coraggioso delle omelie, infondeva fiducia e simpatia, tanto da essere soprannominato “fra barbetta”. Forse proprio per questo il suo messaggio risultava maggiormente incisivo, incitando alla penitenza i molti fedeli che accorrevano ad ascoltarlo. Tra le sue famose predicazioni si ricordano quella davanti al Senato della Repubblica di Venezia tenuta il 25 marzo 1468 (e nel 1482) e quella del 1488 alla Basilica di S. Marco. Inoltre furono memorabili le prediche a Firenze in cattedrale, su richiesta del Senato della città, e alla SS. Annunziata nel 1481. Importanti le missioni a Bologna e soprattutto quella a Perugia del 1476, durante una terribile pestilenza. Nel 1487 fondò in Sant’Alessandro a Brescia la Compagnia della SS. Annunziata.
Feconda fu l’attività del Beato in seno all’Ordine. Procuratore nel 1482, avrebbe acquisito il convento di Piobbico (Urbino) e quello di Forlimpopoli. Il 31 maggio 1483, mentre era priore di San Marcello a Roma, Papa Sisto IV gli diede facoltà di ritirarsi in un eremo con sei compagni, mantenendo però la carica di predicatore apostolico che gli consentiva di viaggiare in tutta Italia. Amava dunque la preghiera personale e contemplativa, per la quale si ritirò sovente a Montesenario, sui passi dei Sette Santi Fondatori, e a Montegranaro. Era però importante il compito che ricopriva nell’Ordine e vi attese sacrificando le sue aspirazioni solitarie. Partecipò, come Provinciale della Romagna, al Capitolo di Vetralla del 1485, venendo investito in quella sede dell’incarico di riportare la congregazione ad un maggior rispetto della Regola. Come Vicario Generale dei Frati detti dell’Osservanza, movimento di riforma nato in seno all’Ordine, stette sempre attento a sanare i malumori che sorgevano tra i confratelli. In quell’anno fu acquisito il convento di S. Maria di Paradiso di Clusone (Bergamo). Nel 1488 fu oratore nel celebre Capitolo di Bologna ma, oltre alla parola, era il suo esempio ad essere edificante: si asteneva solitamente dalle carni e dal vino, camminando a piedi nudi, con qualsiasi condizione atmosferica.
L’infaticabile anziano frate accusò un malessere durante la predicazione di un quaresimale a Udine, nel convento di S. Maria delle Grazie. Morì il Giovedì Santo 31 marzo 1491, a circa ottant’anni d’età. Nacque spontaneo il culto intorno alla sua persona e si verificarono alcuni miracoli che vennero registrati dai notai. I fedeli conservavano come reliquie anche i peli della barba. Per non contravvenire alle norme ecclesiastiche, non essendo ancora stato confermato il culto, fu ordinato l’abbattimento del primo sepolcro, alquanto maggiore del dovuto. Nel 1507 il luogotenente di Venezia a Udine, Andrea Loredan, venne miracolato dal beato e due anni dopo, nel suo rientro in patria volle portare con sé il corpo. Fu riposto nell’altare della sacrestia della chiesa dei Servi in cui si celebrava specialmente il giovedì santo. Durante la soppressione napoleonica, nel 1810, i frati dovettero lasciare il convento e le reliquie furono prima portate nella casa privata di un frate, poi nella chiesa dei Ss. Ermagora e Fortunato, nel 1908 nella chiesa del S. Cuore, già Abbazia della Misericordia, e infine, nel 1971, tornarono definitivamente nel Santuario delle Grazie di Udine.
Il culto “ab immemorabili” fu confermato il 6 settembre 1911 da S. Pio X con festa liturgica al 31 marzo. Tra le antiche rappresentazioni iconografiche del beato Bonaventura è da menzionare quella della chiesa dei Servi di Orvieto.



Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:50

Beato Cristoforo Robinson Martire

31 marzo

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Woodside, Inghilterra, 1568 circa - Carlisle, Inghilterra, 31 marzo 1598

Martirologio Romano: A Carlisle in Inghilterra, commemorazione del beato Cristoforo Robinson, sacerdote e martire, che fu testimone del martirio di san Giovanni Boste e infine, condotto al patibolo in un giorno imprecisato durante il regno di Elisabetta I sempre per il solo fatto di essere sacerdote, ricevette egli stesso la palma del martirio.


Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:51

Beato Daniele de Ungrispach Martire camaldolese

31 marzo

+ San Mattia di Murano, 31 marzo 1411

Il beato Daniele de Ungrispach, sposo e padre integerrimo, abbandonata leggitimamente la famiglia naturale, si aggregò alla monastica, emulando in qualità di domestico le virtù degli eremiti. Tolto ai vivi da mano sicaria presso San Mattia di Murano il 31 marzo 1411, è venerato qual martire ed il suo corpo si conserva incorrotto. Nell’anniversario della morte è commemorato dal Menologio Camaldolese. Mai la Chiesa ha confermato il culto di tale “beato”, ma secondo le indicazioni contenute nell’ultima edizione del Martyrologium Romanum egli gode comunque legittimamente di tale titolo in quanto presente nel calendario della famiglia religiosa.




Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:52

Beata Giovanna di Tolosa Contessa, terziaria carmelitana

31 marzo

Sec. XIV-XV

Martirologio Romano: A Tolosa in Francia, beata Giovanna, vergine dell’Ordine delle Carmelitane.

Tra le sante carmelitane, purtroppo poco conosciuta è la Beata Giovanna di Tolosa, oggi festeggiata. Donna di stirpe nobile, nata nel regno di Navarra, scelse di vivere reclusa presso il convento carmelitano di Tolosa, ove si contraddistinse per la sua grande austerità. Giovanna, inoltre, amava molto parlare delle cose celesti con i giovani religiosi ed era solita pregare molto per essi, che a loro volta ne traevano gran profitto spirituale. Ciò non deve destare meraviglia: la beata visse infatti prima ancora che la clausura assumesse la struttura che nei secoli ha poi assunto.
Nonostante il suo culto sia ufficiale, le nitizie sul suo conto sono veramente scarse, a tal punto da non conoscere le date esatte di nascita e di morte. La sua vita pare comunque collocabile tra i secoli XIV e XV, poiché il suo nome non compare nei cataloghi dei santi carmelitani della seconda metà del XIV secolo, né nella lista dei santi dello stesso ordine redatta da Giovanni Grossi, morto del 1437, alunno della provincia carmelitana di Tolosa. Giovanna viene spesso citata quale terziaria oppure anche come monaca; non è comunque da escludere che professasse la regola carmelitana, come d’altronde fecero altre donne “converse” sue contemporanee. Dopo la morte, i fedeli attribuirono alla sua intercessione numerosi miracoli.
In Francia si dice che Giovanna sarebbe nata nel 1220 e morta il 25 agosto 1271, figlia ed erede di Raimondo VII (IX), conte di Toulouse, e di Giovanna d’Inghilterra. Lei stessa fu poi contessa di Tolosa dal 1249 alla sua morte e dalle mani di San Simone Stock avrebbe ricevuto l’abito di terziaria, meritandosi così di essere considerata fondatrice del Terz’Ordine del Carmelo. Ella avrebbe impiegato interamente non solo il suo tempo ma anche il suo denaro per la formazione dei religiosi carmelitani.
L’arcivescovo di Tolosa, Bernardo Du Rosier, tra il 1452 ed il 1474 elevò il corpo di Giovanna ponendolo in un’urna che collocò in una cappella della chiesa carmelitana della città. Per l’occasione concesse un’indulgenza di quaranta giorni a coloro che avrebbero visitato le sue reliquie. Ulteriori ricognizioni delle stesse furono effettuate negli anni 1616, 1656 e 1688: nel 1656 fu notato che mancavano il braccio e la mano destra, traslati in Spagna dal Priore generale, Enrico Silvio, durante una visita al convento e nel 1688 mancavano anche la mano sinistra e alcuni denti. Dopo la rivoluzione francese, durante la demolizione della chiesa carmelitana a Tolosa nel 1805, i resti di Giovanna furono trovati in un muro insieme con il verbale della ricognizione del 1688 e alcune preghiere che la beata avrebbe abitualmente recitato. Portatodunque nella chiesa metropolitana di Santo Stefano, le sue spoglie furono sepolte nella cappella di San Vincenzo de’ Paoli, finchè nel 1893, in occasione della beatificazione, fu nuovamente elevato e posto in un reliquiario in forma ogivale.
Giavanna di Tolosa fu infine ufficialmente beatificata dal pontefice Leone XIII nel 1895.



Stellina788
00mercoledì 31 marzo 2010 09:53

San Guido di Pomposa Abate

31 marzo

Nativo di Casamari presso Ravenna, nella seconda metà del X secolo, da giovane si dedicò agli studi vivendo negli agi della vita di famiglia. La sua vita ebbe una svolta quando decise di donare i suoi abiti ai poveri e di ricoprirsi di un saio. Fece un pellegrinaggio a Roma dove ricevette la tonsura e da lì in Terra Santa; ma una volta tornato a Ravenna si ritirò a vita eremitica sotto la guida dell'eremita Martino, abate di Pomposa, di cui fu successore nel 998. Sotto la sua guida il monastero conobbe un periodo florido, sia nell'ingrandimento edilizio, sia per il gran numero di monaci presenti. Collaborò con l'arcivescovo Gebeardo alla riforma ecclesiastica, favorì le nuove teorie sul campo musicale liturgico, ebbe fra i suoi monaci anche Guido d'Arezzo, inventore del pentagramma. Aderendo all'invito dell'imperatore Enrico III di recarsi a Piacenza, non poté raggiungere il luogo: malato dovette fermarsi a Borgo San Donnino, dove morì il 31 marzo 1046. (Avv.)

Etimologia: Guido = istruito, dall'antico tedesco

Martirologio Romano: A Borgo San Donnino presso Parma, san Guido, abate del monastero di Pomposa, che, dopo avere radunato molti discepoli e ricostruiti edifici sacri, si dedicò con fervore alla preghiera, alla contemplazione e al culto divino e nell’eremo volle avere la mente rivolta solo a Dio.

Nato presso Ravenna, nella seconda metà del X secolo, da giovane si dedicò agli studi vivendo negli agi della vita di famiglia. La sua vita ebbe una svolta quando decise di donare i suoi abiti ai poveri e di ricoprirsi di un saio. Fece un pellegrinaggio a Roma dove ricevette la tonsura e da lì in Terra Santa; ma una volta tornato a Ravenna si ritirò a vita eremitica sotto la guida dell'eremita Martino, abate di Pomposa, di cui fu successore nel 998. Sotto la sua guida il monastero conobbe un periodo florido, sia nell'ingrandimento edilizio, sia per il gran numero di monaci presenti. Collaborò con l'arcivescovo Gebeardo alla riforma ecclesiastica, favorì le nuove teorie sul campo musicale liturgico, ebbe fra i suoi monaci anche Guido d'Arezzo, inventore del pentagramma. Aderendo all'invito dell'imperatore Enrico III di recarsi a Piacenza, non poté raggiungere il luogo: malato dovette fermarsi a Borgo San Donnino, dove morì il 31 marzo 1046.



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00mercoledì 31 marzo 2010 09:54

San Mauricillo (Maurilio) Vescovo di Milano

31 marzo

Milano, 660-670 circa

San Mauricillo, detto anche Maurilio, è il 38° vescovo di Milano; gli antichi cataloghi dei vescovi milanesi, gli attribuiscono solo quattro mesi di episcopato, ma alcuni studiosi, asseriscono che bisognerebbe leggere 4 anni, oppure 10 anni e 4 mesi; non si conosce il giorno della sua morte, né il luogo della sepoltura; il suo episcopato è da collocarsi comunque, poco dopo la metà del secolo VII (dal 660 al 670).
Bisogna dire che san Mauricillo o Maurilio, non è ricordato dal Martirologio Romano; la prima opera agiografica che gli dà il titolo di santo, è il “Beroldo Nuovo” del XIII secolo.
Nei Messali ambrosiani, a partire dal XV secolo, si trova in data 31 marzo, un’Orazione e un Prefazio in suo onore.
A causa che la sua festa cadeva nel periodo della Quaresima, l’arcivescovo san Carlo Borromeo, nel 1578, tolse il suo nome dal Calendario Ambrosiano insieme ad altri santi.
San Mauricillo, è venerato di culto locale nella Basilica milanese di San Satiro, dove nel IX secolo l’arcivescovo Ansperto (868-881) ne aveva traslato le reliquie; in questa chiesa lo si festeggiava il 31 marzo, anche con una processione per le vie della città.
L’arcivescovo Filippo Visconti nel 1793, accordò al clero di San Satiro, l’Ufficiatura di san Mauricillo con rito solenne, mentre l’arcivescovo card. Gaysruk (1818-1846), volle che la festa fosse celebrata il 23 agosto, ma la disposizione durò finché egli visse, per ritornare poi al 31 marzo.
San Carlo Borromeo, nel 1611, fece una ricognizione canonica delle reliquie di s. Mauricillo, che attualmente si trovano sotto l’altare maggiore della Chiesa di San Satiro.



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00mercoledì 31 marzo 2010 09:55

Beata Natalia Tulasiewicz Martire

31 marzo

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Rzeszów, Polonia, 9 aprile 1906 - Rawensbrück, Germania, 31 marzo 1945

Martirologio Romano: Nella cittadina di Ravensbrück in Germania, beata Natalia Tułasiewicz, martire, che, durante l’occupazione militare della Polonia, sua patria, rinchiusa in un campo di detenzione dai seguaci di una nefasta dottrina nemica alla dignità dell’uomo e della fede, in una camera a gas rese la sua anima al Signore.

Natalia Tulasiewicz nacque nel paese polacco di Rzeszów, nei pressi di Podkarpackie, il 9 aprile 1906. Insegnante laica nella città di Poznan, fu un’insolita animatrice dell’apostolato dei laici. Durante l’occupazione militare della sua patria da parte del regime nazista tedesco, questa coraggiosa donna partita liberamente per il Terzo Reich, insieme con le donne condannate ai lavori forzati, al fine di portare loro un sollievo spirituale.
Quando nell’aprile 1944 la Gestapo scoprì la sua indesiderata presenza, la arrestò. Atrocemente torturata ed umiliata in pubblico, venne infine condannata a morte nel campo di Rawensbrück, nei pressi di Brandeburgo. Il Venerdì Santo, raccogliendo le poche forze rimastele, salì sulla panca della baracca e tenne alle prigioniere una conferenza sulla passione e risurrezione del Signore. Due giorni dopo, il 31 marzo 1945, venne trasportata nella camera a gas ove morì. Era il giorno di Pasqua.
Papa Giovanni Paolo II l’13 giugno 1999 elevò agli onori degli altari ben 108 vittime della medesima persecuzione nazista, tra le quali la Beata Natalia Tulasiewicz, che viene commemorata dal Martyrologium Romanum in data 31 marzo.



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