4 agosto

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Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:15

Sant' Aristarco Discepolo di san Paolo

4 agosto

Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Aristarco di Salonicco, che fu discepolo di san Paolo Apostolo, suo fedele compagno di viaggi e compagno di prigionia a Roma.

Giudeo cristiano della diaspora macedone, nativo di Tessalonica (Salonicco). Predicatore itinerante. Nel 57-58 andò a Gerusalemme portandovi le collette chieste da Paolo per i cristiani della Città Santa.Poi accompagnò san Paolo a Roma e restò con lui durante i due anni della prima prigionia romana dell'Apostolo. Forse, dopo la liberazione di san Paolo, nel 62-63 fece ritorno a Tessalonica. Forse per questo il Martirologio Romano lo dice vescovo di Tessalonica, dove avrebbe molto sofferto per la fede.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:16

Beata Cecilia Cesarini Vergine

4 agosto

Roma, 1200 circa - Bologna, 1260

Diana degli Andalò (Bologna, 1200 circa - 10 giugno 1236) e Cecilia Cesarini (Roma, 1200 circa - Bologna, 1260) sono figure insigni di quella fioritura verginale che accompagnò la presenza di san Domenico nella città di Bologna. Diana nelle mani del Patriarca emise i voti di castità, povertà e obbedienza. Intorno a lei si raccolsero altre religiose, fra cui la beata Cecilia. Nell'epistolario di Diana con il beato Giordano di Sassonia, uno dei primi compagni del Fondatore dell'Ordine dei Predicatori, è documentato il fervore di questa prima comunità nel cuore di Bologna, mentre a Cecilia è attribuita una mirabile descrizione di san Domenico. Il culto delle due beate vergini domenicane è stato confermato da Leone XIII.

Martirologio Romano: A Bologna, beata Cecilia, vergine, che ricevette l’abito monacale da san Domenico, del cui volto e del cui spirito fu testimone fedelissima.


Nella traslazione e ricognizione delle reliquie di Diana d'Andalò, fatta nel 1510 nel monastero bolognese di S. Agnese, si trovarono nella medesima tomba tre corpi, due dei quali furono attribuiti rispettivamente a Diana e a Cecilia. Il terzo, che allora non fu identificato, nella traslazione successiva (1584) fu attribuito a suor Amata, presunta monaca venuta con altre sorelle nel 1224, su invito del b. Giordano di Sassonia, da S. Sisto a S. Agnese per stabilirvi la vita domenicana. Tale identificazione, evidentemente fondata su Galvano Fiamma, manca di qualsiasi conferma. Il culto di Diana, Cecilia e Amata fu approvato il 24 dicembre 1891 da Leone XIII e la loro festa stabilita al 9 giugno. I corpi delle beate si conservano tuttora nel monastero di S. Agnese di Bologna.
Diamo ora la biografia di Cecilia.
Nacque a Roma nei primi anni del sec. XIII e morì a Bologna verso il 1290. Non siamo certi del suo casato, benché molti la dicano della famiglia Cesarini. Dopo essere passata con altre religiose da S. Maria in Tempulo nel costituendo monastero di S. Sisto (28 febbraio 1221), verso la fine del 1223 o 1'inizio del 1224 fu da papa Onorio III inviata con altre tre consorelle a Bologna, per informare nello spirito domenicano le suore del monastero di S. Agnese, da poco fondato dalla b. Diana d'Andalò e dal b. Giordano di Sassonia. Vi fu eletta priora. Sul declinare di una vita esemplare, tra i settanta e gli ottanta anni di età, volle edificare le consorelle, ricordando le meraviglie operate da s. Domenico a Roma nella contrastata fondazione di S. Sisto: i suoi racconti furono raccolti da suor Angelica e portano il titolo di Miracula beati Dominici, ai quali la Cecilia ha legato il suo nome nella storia e nella agiografia domenicana. Non deve tuttavia far meraviglia se questi ricordi, a mezzo secolo di distanza dai fatti, non possono costituire una fonte storica assolutamente sicura, quanto a cronologia e a nomi.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:17

Santi Crescenzione e Giustino Martiri

4 agosto

Martirologio Romano: A Roma sulla via Tiburtina, santi Giustino e Crescenzione, martiri.


Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:17

Sant’ Eleuterio Martire

4 agosto

+ Tarsia, Turchia, 305/310

Eleuterio era senatore e morì a Costantinopoli decapitato per ordine dell'imperatore Massimiano Galerio tra il 305 e il 310. Di lui non si conoscono né i genitori né la patria. Sappiamo che era cubiculario dell'imperatore e da lui benvoluto. Pur non essendo ancora cristiano, praticava le virtù del cristianesimo e, poiché alla corte gli era impossibile manifestare da sua fede, decise di allontanarsi da essa. Adducendo motivi di salute si recò in Bitinia dove comprò un podere presso il fiume Sangari (attuale Sakarya in Turchia), costruì una casa e in essa un oratorio sotterraneo. Fattosi battezzare da un presbitero del luogo, Eleuterio viveva il suo cammino di fede. Il suo allontanamento dalla corte imperiale, però, suscitò i sospetti di Massimiano che, informato da un servo, volle recarsi nella villa del suo cubiculario. Scoprì l'oratorio e, sicuro ormai che Eleuterio era cristiano, tentò con lusinghe di farlo ritornare al paganesimo ma, vedendo inutile ogni tentativo, lo condannò alla decapitazione. Il corpo di Eleuterio fu sepolto nell'oratorio della sua villa. <I> (Avv.)</i>

Martirologio Romano: A Tarsia in Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Eleuterio, martire.


Secondo il Martirologio Romano, che lo ri­corda il 4 ag., era senatore e morì a Costantino­poli, decapitato per ordine dell'imperatore Mas­simiano Galerio. I sinassari greci, invece, lo com­memorano il 25 ag. Eleuterio non era però di Costanti­nopoli, ma in quella città esisteva una chiesa a lui dedicata, costruita al tempo dell'imperatore Arcadio (395-405). La fonte più antica è un di­scorso, recitato nel giorno della festa, certamente prima del sec. X, in cui l'autore raccoglie tradi­zioni- orali intorno ad Eleuterio. Secondo questo scritto non si conoscevano né i genitori né la patria del martire; si sapeva soltanto che era cubiculario del­l'imperatore Massimiano e da lui benvoluto. Pur non essendo ancora cristiano, praticava le virtù del Cristianesimo e poiché alla corte gli era impos­sibile manifestare da sua fede, decise di allonta­narsi da essa. Adducendo quindi motivi di salute si recò in Bitinia dove comprò un podere presso il fiume Sangari (attuale Sakarya), costruì una casa e in essa un oratorio sotterraneo. Fattosi poi battezzare da un presbitero del luogo, Eleuterio viveva tranquillo nella pratica della nuova religione. Il suo allontanamento dalla corte imperiale, però, su­scitò i sospetti di Massimiano il quale, informato anche da un servo di Eleuterio, volle recarsi nella villa del suo cubiculario per rendersi edotto delle cose: scoprì l'oratorio e, sicuro ormai che Eleuterio era cristia­no, tentò prima con lusinghe di farlo ritornare al paganesimo e alla corte, ma poi, vedendo inutile ogni tentativo, lo condannò alla decapitazione. Il corpo di Eleuterio fu sepolto nello stesso oratorio della sua villa, dove più tardi, quando ritornò la pace, fu costruita una grande chiesa. Se le notizie to­pografiche e cronologiche di questo discorso sono esatte, il martirio di Eleuterio avvenne presso il fiume Sakarya nella regione chiamata Tarsia, a est del lago di Sabandja, non lungi da Nicomedia, tra il 305 ed il 310.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:18

Beato Enrico Giuseppe (Henryk Jozef) Krzysztofik Sacerdote e martire

4 agosto

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Zachorzew, Polonia, 22 marzo 1908 – Dachau, Germania, 4 agosto 1942

Henryk nacque nel 1908 a Zachorzev in Polonia. Nell 1927 vestì l’abito cappuccino e prese il nome religioso di Enrico. Dopo gli studi, tornò in Polonia, a Lublino, dove fu nominato rettore del seminario. Nel 1939 scoppiò la guerra. Il 25 gennaio 1940 la Gestapo tedesca arrestò 23 cappuccini del convento di Lublino tra cui fra’ Enrico Krzysztofik. Durante la prigionia Enrico fu premuroso con tutti. Fece in modo che all’alba fosse celebrata la Messa. Il 18 giugno 1940 fu tradotto, insieme ai confratelli, al campo di concentramento di Sachsenhausen, poi a Dachau. Pur essendo di debole salute nella vita del campo non si risparmiò mai: aiutava i più deboli, soprattutto gli anziani. Nel luglio del 1941 fu consegnato all’ospedale del campo. Di là scrisse un messaggio segreto ai suoi allievi: «Cari fratelli! Sono paurosamente dimagrito perché disidratato. Peso 35 chili. Sono disteso sul letto come sulla croce insieme a Cristo. E mi è grato essere e soffrire con Lui. Prego per voi e offro a Dio queste mie sofferenze per voi». Morì il 4 agosto 1942. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Enrico Krzysztofik, sacerdote e martire, che, deportato in tempo di guerra dalla Polonia in un carcere straniero per essersi professato cristiano, portò a compimento il martirio sotto tortura.


Cosa sono due pagnotte di pane, divise in 25 porzioni, tante quanti sono i propri compagni? Cosa normale (per non dire insignificante) in tempi normali; eroismo puro se, invece, questo avviene in un campo di concentramento, dove le due pagnotte non servirebbero neppure come antipasto ad uno solo di questi uomini, resi scheletriti dalla fame. Certamente, un simile eroismo non lo si può improvvisare, ma è proprio di chi ad esso si allena nella normalità degli atti quotidiani, per diventar capace poi, al momento giusto, di offrire anche una testimonianza così significativa. Ed è per questo che, di Padre Enrico Krzysztofik, i testimoni ricordano con edificazione questo gesto di carità eroica, non come episodio isolato, ma come culmine di un itinerario di amorosa donazione. Nasce il 22 marzo di 100 anni fa in un villaggio polacco e al battesimo gli viene imposto il nome Giuseppe, che cambia in Enrico entrando tra i Cappuccini. Studia filosofia in Olanda e teologia a Roma, fino all’ordinazione sacerdotale del 1933, ma a Roma si ferma ancora altri due anni per conseguire la licenza in teologia. Torna in Polonia in veste di insegnante, ma diventa anche rettore del seminario nel convento di Lublino. Qui lo ricordano predicatore appassionato e convinto, impegnato a trasfondere nei suoi ascoltatori un po’ dell’entusiasmo spirituale che gli brucia dentro. Anche quando scoppia la seconda guerra mondiale, anche quando la Polonia è invasa dai tedeschi e professare apertamente la propria fede equivale a mettere a repentaglio la vita. I primi a doversene andare sono i confratelli olandesi, espulsi dal regime totalitario di Hitler e, tra questi, c’è anche Gesualdo Wilem, che è il padre guardiano del convento di Lublino; così il nostro Padre Enrico si trova, dalla sera alla mattina, a doverne prendere il posto. Posizione delicatissima, la sua, nella duplice veste di rettore del seminario e guardiano del convento, mentre la persecuzione si fa feroce, gli arresti si susseguono a raffica e sugli edifici religiosi si sfoga tutta la ferocia nazista. I seminaristi di padre Enrico sono tesi, preoccupati e agitati, costretti a ritardare l’inizio delle lezioni dal preoccupante clima politico che si respira ovunque. Soltanto la sua pazienza e la sua costante serenità riescono a rasserenare gli animi quel tanto che basta per cominciare a studiare ed arrivare con una certa tranquillità al 25 gennaio 1940, giorno in cui la Gestapo fa irruzione nel convento di Lublino e arresta i 23 cappuccini che vi trova. Nel carcere, strapieno in conseguenza degli arresti di massa, non c’è posto per loro e devono così essere confinati nel castello della città, guardati a vista da carcerieri senza scrupoli. Enrico è il primo, se non l’unico, tra i confratelli, ad analizzare lucidamente la situazione e a prevedere le violenze psicologiche e le vessazioni cui devono andare incontro. Per questo invita i suoi frati ad offrire a Dio tutte le sofferenze che li attendono, “fintantoché abbiamo la mente lucida”. Dio solo sa come, in quel clima di oppressione, riesca comunque a garantire alla sua comunità la messa quotidiana, celebrata clandestinamente all’alba. Il 18 giugno 1940 tutti i frati vengono tradotti nel campo di concentramento di Sachsenhausen, nei pressi di Berlino. Qui Enrico, nelle condizioni disumane in cui vive, incanta tutti per la premurosa delicatezza che dimostra nei confronti, soprattutto, di chi più fatica a sopportare quell’inferno di violenza e di morte. Qui i testimoni registrano, tra gli altri, l’episodio delle due pagnotte fraternamente divise. Di qui, ricoverato ormai nell’ospedale da campo per la sua estrema debolezza e denutrizione, scrive ai confratelli di essere “paurosamente dimagrito, perché disidratato, peso 35 chili, fanno male tutte le ossa”. Si sente “disteso sul letto come sulla croce insieme a Cristo” e qui, offrendo le sue sofferenze per tutti i cappuccini, muore il 4 agosto 1942 e il suo corpo viene bruciato nel forno crematorio del campo 12. E’ stato beatificato da papa Woityla il 13 giugno 1999.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:18

Sant' Eufronio di Tours Vescovo

4 agosto

Martirologio Romano: A Tours in Neustria, in Francia, commemorazione di sant’Eufronio, vescovo, che partecipò a numerosi concili, restaurò molte chiese in città, fondò parrocchie in tutto il territorio e promosse con cura la devozione alla santa Croce.


Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:19

Beati Giovanni della Croce ed Egidio da Siviglia Mercedari

4 agosto

+ 1327

Inviati in redenzione a Granada (Spagna), nel 1324, nel periodo che questo regno moro era in subbuglio per la morte del sultano Ismael, il quale era stato assassinato. I due mercedari Beati Giovanni della Croce ed Egidio da Siviglia, si prodigarono per soccorrere e consolare i prigionieri che giacevano sotto il peso della catene, riscattandone 267 che poi condussero a Siviglia. Il Beato Giovanni morì nel 1327 ed il Beato Egidio poco dopo e con santità raggiunsero il paradiso.
L'Ordine li festeggia il 4 agosto.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:20

San Giovanni Maria Vianney Sacerdote

4 agosto

Dardilly (Lione, Francia), 8 maggio 1786 - Ars-sur-Formans (Ain, Francia), 4 agosto 1859

Giovanni Maria Vianney nacque l'8 maggio 1786 a Dardilly, Lione, in Francia. Di famiglia contadina e privo della prima formazione, riuscì, nell'agosto 1815, ad essere ordinato sacerdote.Per farlo sacerdote, ci volle tutta la tenacia dell'abbé Charles Balley, parroco di Ecully, presso Lione: lo avviò al seminario, lo riaccolse quando venne sospeso dagli studi. Giovanni Maria Vianney, appena prete, tornò a Ecully come vicario dell'abbé Balley. Alla morte di Balley, fu mandato ad Ars-en-Dombes, un borgo con meno di trecento abitanti. Giovanni Maria Vianney, noto come il curato d'Ars, si dedicò all'evangelizzazione, attraverso l'esempio della sua bontà e carità. Ma fu sempre tormentato dal pensiero di non essere degno del suo compito.Trascorreva le giornate dedicandosi a celebrare la Messa e a confessare, senza risparmiarsi. Morì nel 1859. Papa Pio XI lo proclamerà santo nel 1925. Verrà indicato modello e patrono del clero parrocchiale. (Avvenire)

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Martirologio Romano: Memoria di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote, che per oltre quarant’anni guidò in modo mirabile la parrocchia a lui affidata nel villaggio di Ars vicino a Belley in Francia, con l’assidua predicazione, la preghiera e una vita di penitenza. Ogni giorno nella catechesi che impartiva a bambini e adulti, nella riconciliazione che amministrava ai penitenti e nelle opere pervase di quell’ardente carità, che egli attingeva dalla santa Eucaristia come da una fonte, avanzò a tal punto da diffondere in ogni dove il suo consiglio e avvicinare saggiamente tanti a Dio.

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C’è sempre qualcosa di nuovo da dire su San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), che è stato uno dei più grandi santi del XIX secolo. La sua vita presenta così tante diverse sfaccettature che c’è sempre una nuova lezione che possiamo trarne.
Nei primi decenni del XIX secolo è un seminarista povero. Povero non solo di beni ma d’intelligenza: la sua mente è piccola. Deve fare uno sforzo straordinario per seguire gli studi in seminario ed è bocciato per due volte all’esame finale. Le sue deficienze intellettuali preoccupano molto i superiori: lo si deve ordinare sacerdote? Finalmente,a trent’anni ce la fa per un pelo a passare l’esame, ed è ordinato.
Il vescovo manda questo sacerdote poco dotato in un paesino, il villaggio di Ars. Qui inizia una vita sacerdotale che, contro ogni attesa, illuminerà con la sua luce prima tutta l’Europa, poi tutto il mondo. Pio XI lo canonizzerà nel 1925 e sarà proclamato patrono di tutti i parroci cattolici.
Benché negli anni del seminario non avesse mostrato nessuna delle qualità naturali che caratterizzano un sacerdote eccezionale, diventa un magnifico prete, uno straordinario apostolo, un confessore di raro discernimento e un predicatore di profonda influenza sulle anime.
Che cos’era successo perché quel seminarista un po’ ottuso diventasse un sacerdote così straordinario ed efficiente? Risponde Santa Teresa di Lisieux (1873-1897): “Per l’amore non c’è nulla d’impossibile”. Quello che la santa vuole dire è che chi veramente ama Dio, Nostro Signore e Nostra Signora otterrà sempre i mezzi per compiere l’opera cui la Divina Provvidenza lo chiama. Questo si applica perfettamente a San Giovanni Maria Vianney. Per esempio, meditiamo sui suoi sermoni. Siamo di fronte a un predicatore straordinario. Si prepara le prediche meglio che può, poi se le studia. Ma quando le espone, parla con tanta convinzione, con tanto ardente amore per Dio, con parole così benedette che la grazia di questi sermoni si comunica e tocca tutti coloro che li ascoltano.
Non ho ancora citato un altro suo difetto: non ha una voce forte, e a quel tempo non ci sono microfoni, il che significa che le folle che si radunano ad Ars per ascoltarlo e riempiono la chiesa e anche il sagrato spesso non riescono a sentirlo. E tuttavia le cronache riferiscono di conversioni anche fra coloro che sentono qualche frase ma non la predica nella sua interezza. E perfino fra persone che non sentono una parola: basta loro vederlo.
Nella sua opera fondamentale “L’anima di ogni apostolato”, il benedettino dom Jean-Baptiste Chautard (1858-1935) riferisce questo episodio significativo. Un avvocato anticlericale va ad Ars sperando di ridere a spese di “quell’ignorante del parroco”. Ma torna a casa convertito. Agli amici che gli chiedono: “Ma dunque che cos’hai visto ad Ars?”, risponde:”Ho visto Dio in un uomo”. Cioè: la presenza di Dio si vedeva in San Giovanni Maria Vianney. Chiunque poteva accorgersi che Dio era con lui, anzi era in lui. Mi sembra che la testimonianza dell’avvocato anticlericale sul curato d’Ars – “Ho visto Dio in un uomo” – sia uno dei più gloriosi omaggi che si possano rendere a una creatura umana.
Le benedizioni che derivano dalle sue prediche e il carisma della sua parola si estendono per ogni dove, e tutta l’Europa comincia a venire pellegrina ad Ars. Questa è una delle ragioni per cui le conversioni di San Giovanni Maria Vianney sono innumerevoli.
È anche un martire del confessionale: ci passa ore e ore confessando e consigliando. Non ci rendiamo conto di quale martirio sia passare lunghe ore a sentire le sciocchezze morali che le persone commettono ogni giorno. In confessionale, segue il consiglio di sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787), il quale raccomanda ai confessori di non avere fretta, di essere pazienti, di considerare ogni penitente come se fosse l’unica persona da ascoltare quel giorno e di aiutarlo a vincere i suoi peccati uno per uno. Così San Giovanni Maria Vianney sfida in battaglia tutti i peccati, insiste sulla pratica delle virtù, consiglia il buon comportamento, e spesso nega le assoluzioni. Sì: se non percepisce una seria volontà di correggersi, nega l’assoluzione al penitente.
Sconsiglia ai suoi parrocchiani la danza. Eppure le danze del suo tempo sono meno immorali e scandalose di certe danze di oggi: le sue parrocchiane ci vanno coperte e con le gonne lunghe. Chissà che cosa direbbe di certi balli del nostro secolo! Eppure nega l’assoluzione a chi non promette di astenersi da certi balli. Alcuni gli rispondono che andranno in un’altra chiesa dove non avranno difficoltà a farsi assolvere. A questi risponde: “Se altri preti vi vogliono aiutare ad andare all’Inferno, che se ne prendano la responsabilità”.
Questo santo straordinario passa tutta la sua giornata in Chiesa: sul pulpito, in confessionale o all’altare. Si potrebbe pensare che alla sera, tornato a casa, possa almeno godersi il meritato riposo. Niente affatto: comincia una nuova lotta, questa volta contro il Diavolo. Per decenni quasi ogni notte combatte il Diavolo – che chiama Grappino – che ogni notte lo assale fisicamente e lo tormenta con rumori assordanti e ingiurie. Nelle notti precedenti alla confessione di un peccatore particolarmente dominato dal Demonio, quest’ultimo si scatena particolarmente contro il Santo. Una volta dà perfino fuoco al suo materasso. In risposta, San Giovanni Maria Vianney ricorre sempre di più alla penitenza e alla preghiera per ottenere da Dio le grazie necessarie a convertire i peccatori.
È molto bello meditare su come la Divina Provvidenza, per accrescere ancora il suo apostolato, gli conceda il dono dei miracoli. In effetti, ne compie molti. Ma si guarda bene dall’attribuirli a se stesso. Costruisce nella sua chiesa un altare dedicato a Santa Filomena vergine e martire (secondo la tradizione 291-304, ma incertezze sui dati storici hanno portato alla sua rimozione dal calendario dei santi), cui attribuisce tutti i suoi miracoli.
Citerò solo un fatto straordinario che rivela il suo dono di leggere nelle anime, quello che tecnicamente si chiama il discernimento degli spiriti. Questo fatto è riferito da una sua penitente, una giovane che apparteneva alle Figlie di Maria. Va a confessarsi dal Curato d’Ars. Appena s’inginocchia, il Santo comincia a raccontarle la storia della sua vita.
“Ti ricordi di essere andata a ballare il tal giorno?”.
“Sì, me lo ricordo”.
“Ti ricordi che a un certo punto un bel ragazzo è entrato nella sala da ballo? Era elegante, sicuro di sé e ballava con diverse ragazze…”.
“Sì, me lo ricordo”.
“Ti ricordi che avevi una gran voglia di ballare con lui?”.
“Ricordo anche questo”.
“Ti ricordi di com’eri triste perché non ti ha chiesto di ballare?”.
“Sì”.
“Ti ricordi di avere guardato per caso le sue scarpe e di aver visto una strana luce bluastra che sembrava venire dai suoi piedi?”.
“Sì”.
Fino a questo punto gli eventi che descrive alla ragazza vengono dal suo dono soprannaturale del discernimento degli spiriti, perché umanamente non li poteva conoscere. Ma a questo punto fa una stupefacente rivelazione:
“Questo ragazzo in realtà era il Diavolo, che aveva preso forma umana per tentare diverse ragazze presenti. Non ha potuto avvicinarti perché come Figlia di Maria eri protetta dalla Madonna e avevi indosso la Medaglia Miracolosa”.
Questo episodio, così lontano dalla nostra sensibilità, è in realtà ricco di lezioni. Spiega la fama straordinaria che aveva nella regione, in Francia, in Europa e nel mondo intero come confessore capace di leggere nell’anima dei penitenti che andavano da lui a confessarsi.
Ci sono molti altri fatti straordinari che possiamo leggere nelle vite di San Giovanni Maria Vianney, e che c’inducono a chiedergli aiuto perché guarisca il clero cattolico di cui è il patrono dai mali che lo insidiano in questi tempi tristi e decadenti dominati da quello che molti chiamano “spirito del Concilio Vaticano II”. E perché gli dia il discernimento per evitare ogni lassismo e liberalismo nella morale e nei costumi.

Autore: Plinio Correa de Oliveira

Traduzione di Massino Introvigne

Fonte:
www.cescor.org




Contro la sua volontà di farsi prete sembra congiurare l’universo intero: la famiglia povera, il padre ostile, la Rivoluzione che scristianizza la Francia; poi Napoleone lo chiama soldato e lui diserta per non dover servire l’uomo che ha imprigionato papa Pio VII (lo salva il fratello François, arruolandosi al posto suo). Diventa infine prete a 29 anni nell’agosto 1815, mentre gli inglesi portano Napoleone prigioniero a Sant’Elena.
Ma i suoi studi sono stati un disastro, e non solo per la Rivoluzione: è lui che non ce la fa col latino, non sa argomentare né predicare... Per farlo sacerdote c’è voluta la tenacia dell’abbé Charles Balley, parroco di Ecully, presso Lione: gli ha fatto scuola in canonica, l’ha avviato al seminario, lo ha riaccolto quando è stato sospeso dagli studi. Dopo un altro periodo di preparazione, l’ha poi fatto ordinare sacerdote a Grenoble.
E Giovanni Maria Vianney, appena prete, torna a Ecully come vicario dell’abbé Balley, che però muore nel 1817. Allora lo mandano vicino a Bourg-en-Bresse, ad Ars, un borgo con meno di trecento abitanti, che diventerà parrocchia soltanto nel 1821.
Poca gente, frastornata da 25 anni di sconquassi. E tra questa gente lui, con un suo rigorismo male accetto, con la sua impreparazione, tormentato dal sentirsi incapace. Aria di fallimento, angoscia, voglia di andarsene...
Ma dopo alcuni anni ad Ars viene gente da ogni parte. Quasi dei pellegrinaggi. Vengono per lui, conosciuto in altre parrocchie dove va ad aiutare o a supplire parroci, specie nelle confessioni. Le confessioni: ecco perché vengono. Questo curato deriso da altri preti, e anche denunciato al vescovo per le “stranezze” e i “disordini”, è costretto a stare in confessionale sempre più a lungo.
E ormai ascolta anche il professionista di città, il funzionario, la gente autorevole, chiamata ad Ars dai suoi straordinari talenti nell’orientare e confortare, attirata dalle ragioni che sa offrire alla speranza, dai mutamenti che il suo parlare tutto minuscolo sa innescare.
E qui potremmo parlare di successo, di rivincita del curato d’Ars, e di una sua trionfale realizzazione. Invece continua a credersi indegno e incapace, tenta due volte la fuga e poi deve tornare ad Ars, perché lo aspettano in chiesa, venuti anche da lontano.
Sempre la messa, sempre le confessioni, fino alla caldissima estate 1859, quando non può più andare nella chiesa piena di gente perché sta morendo. Paga il medico dicendogli di non venire più: ormai le cure sono inutili. Annunciata la sua morte, "treni e vetture private non bastano più", scrive un testimone. Dopo le esequie il suo corpo rimane ancora esposto in chiesa per dieci giorni e dieci notti. Papa Pio XI lo proclamerà santo nel 1925.


Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:20

Beati Giuseppe Batalla Parramon, Giuseppe Rabasa Betanachs ed Egidio Rodicio Rodi Salesiani, martiri

4 agosto

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+ Barcellona, Spagna, 4 agosto 1936

Martirologio Romano: A Barcellona sempre in Spagna, beati martiri Giuseppe Batalla Parramòn, sacerdote, Giuseppe Rabasa Bentanachs e Egidio Gil Rodicio, religiosi, della Società Salesiana, che nella stessa persecuzione combattendo per la fede ricevettero la vita eterna.


Josè Batalla Parramon sacerdote
Abella, Spagna, 15 gennaio 1873 - Barcellona, Spagna, 4 agosto 1936
Nacque in Abella (Lérida) il 15 gennaio 1873. Entrò già adulto nella casa salesiana di Sarrià, dove emise i voti religiosi il 7 dicembre 1894. Fu ordinato sacerdote nel 1900. Lavorò sempre in modo discreto, umile e nascosto, ma con grande generosità. Sia per i ragazzi sia per i salesiani fu un sollecito infenmiere. Con lo scoppiare della guerra, questi furono espulsi dal collegio, ma lui chiese di rimanervl per accudire i feriti. In seguito espulso, si allontanò con il Sig. José Rabasa e, dopo alcuni giorni passati dormendo per le strade, i due salesiani riuscirono ad avere un passaporto per uscire dal paese, ma furono riconosciuti e poi uccisi in mezzo alla strada.

Josè Rabasa coadiutore
Noves, Spagna, 26 luglio 1862 - Barcellona, Spagna, 4 agosto 1936
Nato a Noves (Lérida) il 26 luglio 1862. Entrò come cuoco nella casadi Sarrià (Barcellona), ma poi chiese di farsi salesiano; emise i voti come coadiutore nel 1892. Finché la salute glielo consentì fu lui a portare avanti i lavori in cucina. Fu allora mandato a Villena (Alicante), rientrando a Samà più tardi, già anziano. All'inizio della guerra civile chiese di fermarsi con Don José Batalla per aiutarlo nell'Infermeria, ma dovette fuggire e poi seguì la stessafine del suo confratello sacerdote. Aveva 74 anni.

Gil Rodicio Rodicio coadiutore
Requejo, Spagna, 20 marzo 1888 - Barcellona, Spagna, 4 agosto 1936
Nacque a Requejo (Orense) il 20 marzo 1888 in una famiglia molto cristiana. Dalla Galizia arrivò a Sarria (Barcellona) per professare come salesiano coadiutore nel 1908. Passò per diverse case dell'ispettoria, fermandosi poi a Sarria come Incaricato della panetteria. Fu un uomo generoso, sacrificato, semplice e gentile. Quando fu espulso dal Collegio, con l'inizio della guerra civile, si rifugiò presso un ex allievo. Con una certa Ingenuità mise il proprio indirizzo in una lettera inviata alla sua famiglia; l'informazione arrivò ai miliziani e fu arrestato. Fu ucciso nel primi giorni di agosto del 1936.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:21

Beato Guglielmo (William) Horne Monaco certosino, martire

4 agosto

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† Londra, 4 agosto 1540

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, beato Guglielmo Horne, martire, che, monaco nella Certosa della città, sempre fedele all’osservanza della regola, rimase a lungo incarcerato sotto il re Enrico VIII e, consegnato infine al supplizio del patibolo a Tyburn, migrò alla destra di Cristo.


La storia delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra, Scozia, Galles, parte dal 1535 e arriva al 1681; il primo a scatenarla fu come è noto il re Enrico VIII, che provocò lo scisma d’Inghilterra con il distacco della Chiesa Anglicana da Roma.
Artefici più o meno cruenti furono oltre Enrico VIII, i suoi successori Edoardo VI (1547-1553), la terribile Elisabetta I, la ‘regina vergine’ († 1603), Giacomo I Stuart, Carlo I, Oliviero Cromwell, Carlo II Stuart.
Morirono in 150 anni di persecuzioni, migliaia di cattolici inglesi appartenenti ad ogni ramo sociale, testimoniando il loro attaccamento alla fede cattolica e al papa e rifiutando i giuramenti di fedeltà al re, nuovo capo della religione di Stato.
Primi a morire come gloriosi martiri, il 4 maggio e il 15 giugno 1535, furono 19 monaci Certosini, impiccati nel tristemente famoso Tyburn di Londra, l’ultima vittima fu l’arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda Oliviero Plunkett, giustiziato a Londra l’11 luglio 1681.
L’odio dei vari nemici del cattolicesimo, dai re ai puritani, dagli avventurieri agli spregevoli ecclesiastici eretici e scismatici, ai calvinisti, portò ad inventare efferati sistemi di tortura e sofferenze per i cattolici arrestati.
In particolare per tutti quei sacerdoti e gesuiti, che dalla Francia e da Roma, arrivavano clandestinamente come missionari in Inghilterra per cercare di riconvertire gli scismatici, per lo più essi erano considerati traditori dello Stato, in quanto inglesi rifugiatosi all’estero e preparati in opportuni Seminari per il rientro.
Nel 1874 l’arcivescovo di Westminster inviò a Roma un elenco di 360 nomi con le prove per ognuno di loro.
A partire dal 1886 i martiri a gruppi più o meno numerosi, furono beatificati dai Sommi Pontefici, una quarantina sono stati anche canonizzati nel 1970.

Nella grande persecuzione contro i cattolici, decretata da Enrico VIII re d’Inghilterra, ogni Ordine religioso dell’epoca, unitamente al clero diocesano, lasciò un tributo di sangue e martirio per la difesa della Chiesa Cattolica.
Anche i certosini, per quanto benvoluti essendo monaci non dediti a nessuna attività politica, contribuirono a questo martirio; i monaci della Certosa di Londra ricevettero anch’essi la visita dei funzionari del re che in base al decreto emanato, chiedevano a tutti i maggiorenni, religiosi compresi, l’approvazione del ripudio da parte del re della regina Caterina d’Aragona e quindi l’accettazione come sovrana di Anna Bolena.
Il priore e il procuratore finirono in carcere per aver obiettato sulla legittimità del ripudio, ma dopo un mese, convinti che questo giuramento non toccava la fede, finirono per giurare e quindi liberati; ritornati alla Certosa convinsero gli altri monaci delle loro argomentazioni e così il 25 maggio 1534, essi giurarono ai funzionari che erano tornati accompagnati dai soldati.
La pace così sperata durò poco, perché a fine anno 1534 un nuovo decreto del re e del Parlamento, stabilì che tutti i sudditi dovevano disconoscere l’autorità del papa e riconoscere invece il re come capo della Chiesa anglicana anche nelle cose spirituali e chi non consentiva era reo di lesa maestà.
Avutane notizia, il priore Giovanni Houghton riunì tutti i certosini comunicando ciò e tutti questa volta si dissero pronti a morire per la Chiesa romana.
A seguito di ciò a partire dal 4 maggio 1535 i monaci della Certosa di Londra furono a più riprese arrestati, torturati e processati, singolarmente oppure a gruppetti e di essi 19 furono condannati a morte.
Le sentenze furono eseguite in periodi e data diverse fino al 1540, morirono in forme diverse perlopiù impiccati o di stenti e sofferenze in carcere; il converso William Horne, imprigionato il 28 maggio 1537 sopravvisse alle torture e al fetido carcere di Newgate, che costò la vita ad altri nove monaci reclusi con lui e fu poi impiccato più di tre anni dopo nel Tyburn di Londra il 4 novembre 1540, ultimo dei gloriosi martiri certosini, prime vittime della persecuzione di re Enrico VIII (1491-1547) e del suo vicario Tommaso Cromwell.
Il 9 dicembre 1886 i 19 Certosini di Londra furono beatificati da papa Leone XIII insieme ad altri 35 martiri inglesi. Successivamente i primi martiri del 1535 sono stati canonizzati da papa Paolo VI il 25 ottobre 1970.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:22

Beato Gundisalvo (Gonsalvo) Gonzalo Martire

4 agosto

Martirologio Romano: A Madrid in Spagna, beato Gonsalvo Gonzalo, religioso dell’Ordine di san Giovanni di Dio e martire, che in tempo di persecuzione contro la fede confermò con il sangue la sua fede in Cristo.



Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:23

Santa Ia Martire in Persia

4 agosto

Martirologio Romano: In Persia, santa Ia, martire sotto il re Sabor II.


Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:23

Sant' Onofrio Eremita

4 agosto

Martirologio Romano: Nei boschi di Panaia vicino a Catanzaro, sant’Onofrio, eremita, insigne per i digiuni e l’austerità di vita.


Stellina788
00giovedì 29 luglio 2010 16:24

San Rainerio (Raniero) di Cagli Vescovo

4 agosto

Martirologio Romano: A Spalato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, san Raniero, vescovo e martire, che, già monaco, per difendere i diritti della Chiesa dapprima molto patì nella sede di Cagli e morì poi lapidato in quella di Spalato.


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