4 maggio

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Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:38
<table border="0" cellspacing="4" width="100%"><tbody><tr><td valign="top"><font size="-2" color="#999999"><table border="0" width="100%"><tbody><tr><td bgcolor="#ff3300"><table border="0" cellspacing="0" cellpadding="6" width="100%" bgcolor="#ffffff"><tbody><tr><td bgcolor="#cccc99"><p align="center"><font face="tahoma,arial,helvetica,sans-serif"><font size="3"><font color="#ff3300"><strong>Sant&#39; Afra di Brescia</strong></font><font color="#ff3300"> Matrona, martire</font> </font></font></p><p align="center"><a href="http://www.santiebeati.it/05/04"><font color="#ff3300"><font face="tahoma,arial,helvetica,sans-serif" size="3">4 maggio</font><font face="tahoma,arial,helvetica,sans-serif" size="3"> </font></font></a><font color="#ff3300"></font></p></td></tr><tr><td bgcolor="#333399"><p align="center"><font face="tahoma,arial,helvetica,sans-serif"><font size="3"><font color="#ff3300">Brescia, 120 ca</font> </font></font></p><p><font face="tahoma,arial,helvetica,sans-serif" size="3" color="#ff3300">Etimologia: </font><font face="tahoma,arial,helvetica,sans-serif"><font size="3"><font color="#ffffff">Afra = originaria dell&#39;Africa, dal latino</font></font></font></p></td></tr><tr><td><p><font face="tahoma,arial,helvetica,sans-serif" size="3">Una santa martire di cui si sa poco, a volte secondo alcuni studiosi, viene identificata con s. Afra di Augusta, nonostante ci&ograve; &egrave; stata molte volte raffigurata nelle opere di pittura, da artisti che operarono nell&rsquo;ambiente bresciano; sempre in abiti sontuosi e con i simboli del suo martirio: la palma e la lama seghettata. <br />La &lsquo;passio&rsquo; di autore ignoto, inserita negli atti dei santi Faustino e Giovita, non fornisce alcuna notizia precisa circa l&rsquo;identit&agrave; della santa; in qualche codice &egrave; riportata come moglie di Italico il nobile bresciano, che secondo la &lsquo;passio&rsquo; avrebbe recato il simulacro di Saturno nell&rsquo;anfiteatro, perch&eacute; ai suoi piedi, i cristiani fossero sbranati dalle belve feroci. <br />La &lsquo;passio&rsquo; dipende da un racconto molto conosciuto nell&rsquo;VIII e IX secolo; Afra presente nell&rsquo;anfiteatro di Brescia alle torture e supplizi dei martiri Faustino e Giovita, tracciando un segno di croce, avrebbe fermato la furia di cinque tori, che docilmente si accosciarono ai piedi dei santi. <br />Alla vista del prodigio, circa tremila degli spettatori presenti, si convertirono al cristianesimo; Afra venne denunciata all&rsquo;imperatore Adriano (117-138) come cristiana, subendo il martirio insieme alla schiava Samaritana, dopo la decapitazione di Faustino e Giovita. <br />La chiesa, che alla fine del III secolo era dedicata ai santi Faustino e Giovita, costruita sul luogo del martirio, nell&rsquo;806 fu dedicata a s. Afra, dopo che i corpi dei due martiri, vennero traslati in un&rsquo;altra chiesa, cui in seguito si aggiunsero vari edifici ecclesiastici. <br />Tutti e tre sono patroni della citt&agrave; di Brescia, a volte s. Afra &egrave; raffigurata con il modello della citt&agrave;.</font></p></td></tr></tbody></table></td></tr></tbody></table></font></td><td width="1" bgcolor="#333399" background="/images/blu.jpg"><br /></td><td valign="top"><a href="http://www.santiebeati.it/immagini/?mode=album&amp;album=90214&amp;dispsize=Original"><img src="http://www.santiebeati.it/immagini/Thumbs/90214/90214.JPG" border="0" alt="" /></a> <br /></td></tr></tbody></table>
Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:39

Santi Agapio e Secondino Martiri di Lambesa

4 maggio

Martiri a Cirta e Lambesa (Numidia) nel 259

Martirologio Romano: A Costantine in Numidia, nell’odierna Algeria, commemorazione dei santi martiri Agapio e Secondino, vescovi, che, durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano, nella quale la ferocia dei pagani si era quanto mai scatenata mettendo alla prova la fede dei giusti, dopo un lungo esilio in questa città da esimi sacerdoti divennero gloriosi martiri. Insieme a loro subirono il martirio anche i santi Emiliano, soldato, Tertulla e Antonia, sacre vergini, e una donna con i suoi gemelli.

SANTI MARTIRI DI LAMBESA
Agapio, Secondino, Giacomo, Mariano, Tertulla, Antonia, Emiliano e compagni

Martiri a Cirta e Lambesa (Numidia) nel 259

Si tratta di un gruppo di martiri africani, che l’ultima edizione del Martirologio Romano celebra in due distinti giorni; Agapio, Secondino, Tertulla, Antonia, Emiliano il 4 maggio e Giacomo e Mariano il 6 maggio.
In effetti pur avendo subito il martirio in giorni e luoghi diversi, essi furono accomunati nel racconto dell’antica ‘Passio’ e così si è andato avanti nei successivi testi storici, fra i quali gli ‘Atti dei Martiri’ e la ‘Bibliotheca Sanctorum’.
La ‘Passio’ dei santi martiri denominati “di Lambesa”, fu scritta da un altro cristiano arrestato insieme a loro e il cui nome è rimasto sconosciuto; per questa comunanza di sofferenza, il testo in XV capitoli, riflette la reale situazione prima del martirio, fornendo particolari della massima attendibilità, cosa abbastanza rara nelle ‘Passio’ degli antichi martiri, compilate in tempi successivi ed integrate per lo più da elementi leggendari.
Nella ‘Passio’ suddetta, il ruolo di protagonisti è coperto dal diacono Giacomo e dal lettore Mariano compagni del cronista; i tre cristiani mentre erano in viaggio attraverso la Numidia (provincia romana dal I secolo), sembra provenienti dall’Africa proconsolare, si fermarono a Mugnae, sobborgo di Cirta (odierna Costantina in Algeria) prendendo alloggio in una villa.
Nello stesso luogo sopraggiunsero due vescovi Agapio e Secondino, che il preside della provincia aveva richiamato dall’esilio, inflitto loro a seguito del primo editto di Valeriano (Valeriano Publio Licinio, imperatore romano dal 253 al 260, successore di Emilio, emanò due editti contro i cristiani, nel 257 e nel 258).
A causa del secondo editto che condannava a morte, subito e senza processo, vescovi, preti e diaconi, i due vescovi, che ebbero l’opportunità di esortare al martirio i due giovani chierici e gli altri cristiani lì radunati per essere interrogati, furono trasferiti a Cirta per essere giudicati dai magistrati civili.
Dopo la loro partenza, qualche giorno dopo la villa fu circondata e Mariano, Giacomo e lo sconosciuto scrittore, furono arrestati insieme ad altri; i due chierici in effetti si erano traditi per aver esortato gli altri alla fermezza nella fede.
Portati davanti ai magistrati di Cirta e sottoposti ad interrogatorio, Giacomo confessò il suo stato di diacono, mentre Mariano fu sottoposto a tortura perché non fu creduto che fosse un semplice lettore, qualificandosi così per salvarsi la vita.
I due giovani chierici cristiani avevano già sofferto per la persecuzione precedente, la settima, ordinata nel 249 dall’imperatore romano Decio (200-251); la loro grandezza d’animo e il loro desiderio di martirio, traspariva dall’atteggiamento nobile e sereno, in occasione dell’arresto e dei tormenti cui furono sottoposti in seguito, nel capitolo V è detto che furono sospesi per le dita delle mani con due pesi ai piedi; nel capitolo XIII l’autore sottolinea l’eroico comportamento della madre di Mariano, che pur angosciata, esultò quando vide il figlio avviarsi al martirio.
Durante il periodo del carcere, il diacono Giacomo vide in sogno Agapio, che già aveva subito il martirio, il quale si mostrava lieto fra i convitati di un’agape fraterna cui partecipavano ex compagni di carcere e di tormenti già martirizzati, mentre dal gruppo si staccava un bambino per annunciare a Mariano e Giacomo, il martirio che avrebbero subito il giorno dopo.
Durante la loro permanenza in carcere, molti altri cristiani, pur non essendo vescovi, preti o diaconi, subirono il martirio, infine il 6 maggio 259 anche i due chierici Giacomo e Mariano, furono decapitati sull’alto di una rupe a strapiombo sul torrente che attraversava Lambesa, capitale della Numidia e dove risiedeva il legato imperiale; i tronchi dei loro corpi furono precipitati nelle acque.
Ai due vescovi Agapio e Secondino, secondo la ‘Passio’ scritta dal cristiano che evidentemente scampò alla morte, sono associate due fanciulle Tertulla e Antonia, che Agapio aveva in custodia.
Il vescovo ormai prossimo a lasciarle sole, pregò ripetutamente il Signore che facesse loro il dono del martirio; ebbe una rivelazione particolare nella quale udì una voce che diceva: “Perché chiedi con tanta insistenza ciò che hai già ottenuto con una sola delle tue preghiere?” (cap. XI).
Nella medesima ‘Passio’ è ricordato anche il soldato Emiliano cavaliere cinquantenne, che per tutta la vita aveva conservato una pura continenza della carne; egli aveva un fratello rimasto pagano che era solito prenderlo in giro per la sua professione cristiana.
Mentre era in carcere, Emiliano sognò il fratello che con voce canzonatoria gli domandava come si trovassero lui e gli altri nelle tenebre del carcere; essendogli stato risposto che per il cristiano splende una chiara luce anche nelle tenebre, insistette chiedendo se per tutti i martiri vi sarebbe stata un’uguale corona in cielo o, altrimenti, a chi tra i presenti sarebbe spettato un premio maggiore.
Gli fu replicato che le stelle sono tutte luminose, anche se diverse fra loro, e che tra i martiri sarebbe stato destinato a splendere di più, chi più fortemente e lungamente avesse sofferto.
Il Martirologio Romano porta al 4 maggio, la commemorazione dei santi martiri Agapio e Secondino vescovi, Emiliano soldato e Tertulla e Antonia vergini, che subirono il martirio a Cirta in Numidia; la data del martirio è posta fra l’anno 258 e 259, il 4 maggio deve essere stato inserito per avvicinare precedendola, la data certa del 6 maggio 659, quando furono martirizzati Giacomo e Mariano; in realtà fra le due esecuzioni dovettero passare dei mesi.
Infine la ‘Passio’ al capitolo X, fa menzione di numerosi martiri laici, caduti prima e dopo i quattro ecclesiastici ricordati, riportando alcuni nomi e fra loro c’erano anche dei bambini: Floriano, Secondino, Gabro, Postumo, Gaiano, Mommino, Quintiano, Cassio, Fasilo, Fiorenzo, Demetrio, Gududo, due Crispino, Donato, e Zeone.
Il culto dei martiri di Lambase dovette essere molto diffuso, se s. Agostino tenne un celebre sermone in loro onore (Sermo, 380); le vicissitudini politiche che nei secoli investirono il Nord Africa, fecero sì che le reliquie di alcuni dei martiri di Lambesa, dalla Numidia, furono trasferite dai profughi verso l’Italia dove si diffuse il loro culto.
Le reliquie dei santi Giacomo e Mariano, approdarono in un primo tempo ad Amelia (Terni), e poi forse tra il V e il VI secolo furono trasferite a Gubbio e deposte nella cattedrale a loro intitolata.
Il culto per i due santi, in parallelo con l’importanza assunta dalla città, ebbe larga diffusione e intensità in tutto il Medioevo, tanto che s. Pier Damiani (1007-1072) vescovo e cardinale, ne scisse, fra le tante sue opere, una narrazione approfondita di due episodi (due visioni) della loro ‘Passio’, in occasione della solennità annuale dei due martiri.
Ad ogni modo il gruppo dei martiri africani di Lambesa, fu sempre inserito in tutti i ‘Martirologi’ e negli ‘Acta Sanctorum’ editi lungo i secoli; le date della ricorrenza però furono varie e diverse da un testo all’altro; nel Martirologio Geronimiano i martiri sono commemorati in parte il 30 aprile e in parte il 6 maggio, mentre precedenti edizioni del Martirologio Romano li celebravano il 29 e 30 aprile; ma come già detto, i due gruppi subirono il martirio in giorni diversi e solo per Giacomo e Mariano, il Calendario Cartaginese indica con certezza il 6 maggio.


Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:40

Beate Angela Isabella e Angela Bartolomea dei Ranzi Agostiniane

4 maggio

XV-XVI secolo

Due sorelle vercellesi, che si chiamavano Isabella e Bartolomea, ambedue furonomonache agostiniane con il nome di Angela nel convento agostiniano della BeataMichela.La prima morì nel 1492; la seconda ne scelse per sé il nome in suo ricordo.Costei morì nel 1515, dopo molto soffrire, anche per l’amputazione di un braccio.Erano festeggiate il 4 maggio.


Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:41

Sant' Antonina di Nicea Martire

4 maggio

Nel Martirologio Romano questa santa è menzionata tre volte: il 1 marzo, il 4 maggio e il 12 giugno, e ogni volta in maniera diversa, come se si trattasse di tre persone distinte. Si tratta invece della stessa persona, il cui "dies natalis" è il 4 maggio, come appare nel Martirologio Siriaco del IV secolo. Gli elogi del Martirologio Romano rispecchiano un'antica "passio" perduta. Secondo queste fonti Antonina, cristiana di Nicea in Bitinia, durante la persecuzione di Diocleziano arrestata per ordine del prefetto Priscilliano, fu battuta con le verghe, sospesa al cavalletto, dilaniata ai fianchi e infine arsa viva. Qualche codice del Geronimiano aggiunge che Antonina fu uccisa di spada. Alcuni documenti dicono che fu rinchiusa in un sacco e gettata in una palude; sembra, però, che queste circostanze non appaiano nei documenti più antichi. Secondo il Martirologio Siriaco e molti codici del Martirologio Geronimiano il martirio sarebbe avvenuto a Nicomedia, mentre altri codici lo pongono a Nicea in Bitinia. Questo dato sembra essere abbastanza certo. (Avvenire)

Etimologia: Antonina (come Antonia) = nata prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal gre

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Nicea in Bitinia, nell’odierna Turchia, santa Antonina, martire, che, crudelmente torturata e sottoposta a vari supplizi, dopo essere rimasta appesa per tre giorni e rinchiusa in carcere per due anni, fu da ultimo arsa nel fuoco dal governatore Priscilliano mentre professava la sua fede nel Signore.

Nel Martirologio Romano questa santa è menzionata tre volte: il 1° marzo, il 4 maggio e il 12 giugno, e ogni volta in maniera diversa, come se si trattasse di tre persone distinte. Il Baronio, sulle tracce dei menologi e dei sinassari greci, che commemorano la santa alle stesse date, non si rese conto che le diverse celebrazioni riguardavano sempre la medesima persona, il cui dies natalis è il 4 maggio, come appare nel Martirologio Siriaco del IV sec. Gli elogi del Martirologio Romano, dipendenti dai sinassari e dal Geronimiano, rispecchiano un'antica passio perduta. Secondo essi Antonina, cristiana di Nicea in Bitinia, durante la persecuzione di Diocleziano arrestata per ordine del prefetto Priscilliano, fu battuta con le verghe, sospesa al cavalletto, dilaniata ai fianchi e infine arsa viva.
Qualche codice del Geronimiano aggiunge che Antonina fu uccisa di spada. I sinassari al 1° marzo dicono che fu rinchiusa in un sacco e gettata in una palude; sembra, però, che queste circostanze siano estranee alla primitiva redazione della passio. Secondo il Martirologio Siriaco e molti codici del Martirologio Geronimiano il martirio sarebbe avvenuto a Nicomedia, mentre tutti i sinassari e alcuni codici del Geronimiano stesso lo pongono a Nicea in Bitinia. E questa lezione, secondo il Delehaye, è da preferire.



Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:42

San Cassiano di Novellara Vescovo e martire

4 maggio

San Cassiano vescovo, martire sotto Diocleziano imperatore, il 26 marzo 303 d.C., con i suoi fedeli: Dionisio, Damiano, Apollo, Bono, Vespasiano, Castoro, Poliano, Tecla, Teodora, Lucilla e Leonida.
Le sue reliquie sono venerate parrocchiale omonima di Novellara (RE) dal 1603. La sua festa è celebrata, con sagra, il 4 maggio.
E' probabile che si tratti di un "corpo santo".



Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:43

San Ciriaco di Gerusalemme Vescovo e martire

4 maggio

Data di nascita e morte incerte

Originario, secondo una tradizione, della Palestina. Un testo apocrifo racconta che, ebreo di nome Giuda , assunse il nome di Ciriaco dopo essersi convertito. Divenuto vescovo di Gerusalemme, subì il martirio insieme alla madre Anna, sotto Giuliano l’Apostata. Secondo un’altra tradizione, appena convertito Ciriaco sarebbe venuto in Italia, ad Ancona, dove è venerato fin dall’Alto Medioevo. Dopo un lungo episcopato, durante un pellegrinaggio sui luoghi santi, sarebbe stato martirizzato, sembra, verso il 135. Una terza tradizione racconta invece che egli non sarebbe mai giunto in Italia e che le sue reliquie furono trasportate ad Ancona nel secolo V, per volontà di Galla Placidia.

Patronato: Ancona

Etimologia: Ciriaco = padrone, signore, dal greco

Emblema: Bastone pastorale, Palma

In greco, Ciriaco significa “dedicato al Signore”. Così si chiamano vari santi, e tra essi quello che si ricorda qui, il patrono di Ancona, titolare della cattedrale che dal monte Guasco domina la città e il porto. Qui il culto per lui dura da un millennio e mezzo. Ma non c’è una storia certa della sua vita. Abbiamo solo tradizioni incomplete, discordi, e se ne tenta qui una succinta rassegna. Secondo una di esse, egli era un dotto ebreo di nome Giuda; e si fece poi cristiano (chiamandosi Ciriaco) dopo aver visto disseppellire nella zona del Calvario quella che fu ritenuta la vera Croce di Gesù. (Aveva promosso la ricerca, nella prima metà del IV secolo, Elena, madre dell’imperatore Costantino). Questa tradizione aggiunge che Ciriaco fu poi vescovo di Gerusalemme, e che morì martire sotto l’imperatore Giuliano, detto dai cristiani “l’Apostata” per il suo conflitto con la Chiesa.Una seconda tradizione dice che Ciriaco il convertito venne in Italia, fu vescovo di Ancona, e trovò poi morte violenta in Palestina, dove era tornato in visita. Però non c’è alcun indizio di un suo ministero episcopale ad Ancona; qui il primo vescovo sicuro è san Marcellino (V secolo), di cui si conserva tuttora un prezioso codice liturgico.Ma in base alla tradizione anconetana registrata anche dal Martirologio Romano, e a giudizio di studiosi moderni come Mario Natalucci, un altro scenario pare più attendibile: Ciriaco è venuto sì ad Ancona; ma solo da morto, avendo trascorso tutta la vita in Palestina, onorato come testimone del ritrovamento della Croce. A quel tempo gli anconetani insistevano per ricevere da Gerusalemme i resti del primo martire cristiano, santo Stefano (che erano stati ritrovati nel 415), per collocarli in una chiesa a lui dedicata. La richiesta non fu accolta, pur essendo “appoggiata” da un personaggio potentissimo: Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio I, sorella degli imperatori Onorio e Arcadio, moglie poi di Costanzo III e madre di Valentiniano III. Si volle tuttavia venire incontro a lei e agli anconetani, donando loro le spoglie di Ciriaco, anch’egli venerato e in fama di martire.Così incomincia la storia autentica del legame tra Ancona e Ciriaco: quelle spoglie arrivate nel V secolo si trovano oggi nell’alta cattedrale, dove Ciriaco e Stefano sono raffigurati in due plutei marmorei dell’XI secolo. La città farà di lui il suo patrono principale, incidendo poi la sua immagine nelle monete. Anche oggi, nel giorno della sua festa, continua a vivere un’amabile tradizione: si distribuiscono ai fedeli mazzolini di giunchi benedetti. È un richiamo alla leggenda secondo cui la cassa con i resti di Ciriaco arrivò galleggiando sulle onde; e poi, grazie appunto a una corda fatta di giunchi attorcigliati, a forza di braccia raggiunse la terra anconetana.

Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:44

Sant' Etelredo Re di Mercia, abate

4 maggio

+ Monastero di Bardney, 716

Figlio del pagano Penda, re di Mercia, Etelredo succedette a Wulfhere nel 674. Durante la guerra contro il re del Kent, distrusse chiese, monasteri e la città di Rochester, ma in seguito, il leone, divenuto agnello, amaramente si pentì dei suoi eccessi. In seguito alla uccisione della moglie Osthryth, avvenuta nel 697, Etelredo, nel 704, dopo un regno di vent’anni, abdicò in favore del nipote Coenred ed entrò nel monastero di Bardney, dove divenne abate e morì nel 716. E’ ricordato il 4 maggio.


Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:45

San Floriano di Lorch Martire

4 maggio

m. 4 maggio 304

La notizia più antica su questo santo si trova in un atto di donazione dell'ottavo secolo. Verso la metà dello stesso secolo fu composta una «Passio», che ricalca quella di sant'Ireneo vescovo di Sirmio, ma che ha delle particolarità proprie; poco dopo il suo nome fu inserito nei codici del Martirologio Geronimiano e nel Martirologio di Lione. Attraverso quindi i martirologi storici la sua festa è passata anche nel Romano, in cui è ricordata il 4 maggio, data tradizionale della sua morte. Secondo il racconto della passio, Floriano era un veterano dell'esercito romano che viveva a Mantem presso Krems. Avendo saputo che Aquilino, preside del Norico Ripense, durante la persecuzione di Diocleziano, aveva arrestato a Lorch quaranta cristiani, desiderando di condividerne la sorte si recò in quella città. Prima di entrarvi, però, si imbatté in alcuni soldati, ai quali manifestò di essere cristiano; fu perciò arrestato e condotto dal preside, il quale non riuscendo a farlo sacrificare agli dei, lo fece flagellare e quindi lo condannò a essere gettato nel fiume Enns con una pietra al collo: la sentenza fu eseguita il 4 maggio 304. I1 corpo del martire fu, in seguito, ritrovato e seppellito da una certa Valeria. (Avvenire)

Emblema: Palma, Macina, Brocca d'acqua, Vessillo

Martirologio Romano: A Lorch nel Norico ripense, nell’odierna Germania, san Floriano, martire, che sotto l’imperatore Diocleziano, per ordine del governatore Aquilino, fu precipitato da un ponte nel fiume Ens con un sasso legato al collo.


La più antica notizia di lui si trova in un atto di donazione del sec. VIII, con il quale il presbitero Reginolfo offriva ad una chiesa alcune possessioni site "in loco nuncupante ad Puoche ubi preciosus martyr Florianus corpore requiescit". Verso la metà dello stesso secolo fu composta una passio, che ricalca quella di s. Ireneo vescovo di Sirmio (v.), ma che ha delle particolarità proprie; poco dopo il suo nome fu inserito nei codd. del Martirologio Geronimiano (seconda redazione della fine del sec. VIII) e nel Martirologio di Lione. Attraverso quindi i martirologi storici la sua festa è passata anche nel Romano, in cui è ricordata il 4 maggio, data tradizionale della sua morte.
Secondo il racconto della passio, Floriano era un veterano dell'esercito romano che viveva a Mantem presso Krems. Avendo saputo che Aquilino, preside del Norico Ripense, durante la persecuzione di Diocleziano, aveva arrestato a Lorch quaranta cristiani, desiderando di condividerne la sorte si recò in quella città. Prima di entrarvi, però, si imbatté in alcuni soldati, ai quali manifestò di essere cristiano; fu perciò arrestato e condotto dal preside, il quale non riuscendo a farlo sacrificare agli dei, lo fece flagellare e quindi lo condannò ad essere gettato nel fiume Enns con una pietra al collo: la sentenza fu eseguita il 4 maggio 304. I1 corpo del martire fu, in seguito, ritrovato e seppellito da una certa Valeria.
Sul sepolcro fu costruita una chiesa che, affidata dapprima ai Benedettini, passò poi ai Canonici Regolari Lateranensi ed è ora il centro di una fiorente Congregazione. Nel 1183 alcune reliquie di Floriano furono portate dal vescovo Egidio di Modena a Cracovia dove il duca Casimiro di Polonia edificò in onore del martire una splendida basilica. Il suo culto è molto popolare in Austria e in Baviera ed egli è invocato contro le inondazioni e gli incendi.

Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:46

San Fortunato Lettore e martire

4 maggio

m. 303

Il 24 febbraio del 303, l’imperatore Diocleziano pubblicò un editto che ordinava la distruzione delle chiese e dei libri dei Cristiani, ne scioglieva le comunità, ne confiscava i beni, proibiva le riunioni, escludeva dalle cariche pubbliche e dalla cittadinanza romana i sudditi che appartenevano alla religione di Cristo e rimetteva nella schiavitù i liberti se non ritornavano al paganesimo. Il magistrato di una località non molto lontana da Cartagine, Thibiuca, oggi Zoustina, obbedendo alle disposizioni imperiali, nel giugno del 303, convocò in giudizio il presbitero Afro ed i lettori Cirillo e Vitale.
Alla pretesa di consegnare i libri sacri, Afro rispose che erano in possesso del vescovo Felice, in quel giorno lontano dalla città. Il giorno successivo furono convocati il vescovo, i presbiteri Adautto e Gennaro con i lettori Fortunato e Settimio i quali anch'essi, alla richiesta del magistrato di consegnare i libri sacri, opposero un deciso rifiuto. Furono concessi tre giorni per riflettere, passati i quali il vescovo Felice con i suoi compagni furono inviati a Cartagine al proconsole Anulino. Dopo quindici giorni di permanenza in prigione furono sottoposti ad interrogatorio e gli furono richiesti un'altra volta i libri sacri che gli ardimentosi eroi della fede non vollero consegnare, e di conseguenza furono trasferiti in Italia.
Dopo aver soggiornato ad Agrigento, Taormina, Catania e Messina raggiunsero finalmente Venosa dove il prefetto Maddelliano li decapitò il 24 ottobre.
Le spoglie del luminoso martire e lettore Fortunato sono degnamente onorate e custodite nella Chiesa Parrocchiale Maria SS.ma Addolorata in Bari e la sua festività è stata stabilita dal fu Arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Mariano Andrea Magrassi, il 4 maggio in memoria della traslazione delle sante reliquie dalla Cattedrale di Bari alla Chiesa Parrocchiale.
È considerato il patrono dei lettori istituiti della Parola di Dio della Diocesi di Bari-Bitonto.


Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:48

Beato Giovanni Haile Sacerdote e martire

4 maggio

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+ Londra, Inghilterra, 4 maggio 1535

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, santi sacerdoti martiri Giovanni Houghton, Roberto Lawrence e Agostino Webster, priori delle certose di Londra, Bellavalle e Haxholmie, e Riccardo Reynolds, dell’Ordine di Santa Brigida, che, avendo professato senza paura la fede dei padri, sotto il re Enrico VIII furono trascinati a Tyburn al supplizio dello squartamento. Insieme a loro anche il beato Giovanni Haile, sacerdote, parroco di Isleworth, sobborgo della città, fu impiccato allo stesso patibolo.

Cinque sacertodi inglesi furono i primi martiri ad essere uccisi per aver professato la fede cattolica sotto il regno di Enrico VIII, fautore dello scisma anglicano: i certosini Giovanni Houghton, Roberto Lawrence e Agostino Webster, il brigidino Riccardo Reynolds ed il parroco Giovanni Haile. Tutti beatificati da Papa Leone XIII il 29 dicembre 1886, solamente i primi quattro sono stati anche canonzzati da Paolo VI il 25 ottobre 1970, mentre Giovanni Haile è ancora oggi venerato solo come beato. A quest’ultimo è dedicata in particolare la presente scheda agiografica.
Quasi nulla sappiamo circa la vita e le attività svolte da John Haile prima della sua eroica morte: già titolare di un beneficio presso Chelmsford nell’Essex, passò poi il 13 agosto 1521 ad Isleworth nel Middlesex, in qualità di vicario. Il matrimonio illegittimo tra il re Enrico VIII ed Anna Bolena scatenò l’ira del sacerdote cattolico, che non esitò ad elargire copiose accuse nei confronti del sovrano, ritenuto eretico, responsabile dei danni causati all’unità della Chiesa inglese, nonché uno dei peggiori uomini mai seduti sul trono d’Inghilterra.
Seppur John Haile fosse assai stimato per la sua vasta cultura e la santità della sua vita, a causa di uno scritto che testimoniava la sua avversione alla condotta di Enrico VIII redatto da un giovane prete, un certo Feron di Teddington, entrambi furono arrestati. Insieme ai tre priori certosini ed al monaco brigidino, anche Haile e Feron vennero chiamati a rispondere all’accusa di alto tradimento per aver rifiutato di riconoscere l’atto di supremazia promulgato dal re il 18 novembre 1534, volto a disconoscere l’autorità pontificia sulla Chiesa inglese. In un primo momento, il 28 aprile 1535, i due vennero riconosciuti innocenti, ma poi furono volutamente incolpati e condannati all’esecuzione capitale. Il giovane Feron fu però graziato.
Il 4 maggio 1535 i tre certosini, Padre Reynolds ed il parroco di Isleworth, indossati gli abiti religiosi furono legati stesi su delle stuoie e trascinati per le vie sassose e fangose che portavano dalla Torre di Londra al Tyburn, famigerato luogo delle esecuzioni capitali. Dalla finestra della sua cella il cancelliere Thomas More poté constatare assieme a sua figlia, in visita da lui, la felicità di questi santi uomini che si apprestavano ad essere i primi martiri di questa nuova persecuzione.
John Houghton, priore di Londra, salì per primo il patibolo e collaborò con il boia per l’impiccagione proferendo parole di perdono e di fiducia in Dio. Non era ancora morto soffocato, che uno dei presenti tagliò la corda ed il padre cadde a terra, il boia lo denudò e gli cavò ancora vivo le viscere per poter mostrare il cuore ai consiglieri del re. Seguì poi l’esecuzione degli altri quattro.
John Haile fu così il primo sacerdote secolare ad essere ucciso in odio alla fede cattolica in questa feroce persecuzione che ebbe inizio sotto Enrico VIII. I corpi dei martiri furono fatti a pezzi ed esposti al popolo per incutere terrore ai ‘papisti’, ma la Chiesa, che mai si dimentica dei suoi servitori più fedeli, li ha glorificati concedendo loro l’onore degli altari.


Stellina788
00martedì 4 maggio 2010 09:51
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