5 giugno

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Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:41

Beato Adamo Arakava Laico giapponese, martire

5 giugno

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Arima, Giappone, ca. 1551 – Shiki, Giappone, 5 giugno 1614

Laico della diocesi giapponese di Funai, coniugato, catechista, Adamo Arakava subì il martirio nella sua patria nel contesto di feroci ondate persecutorie contro i cristiani. In seguito ad un rapido processo iniziato con il Nulla Osta della Santa Sede concesso in data 2 settembre 1994, è stato riconosciuto il suo martirio il 1° luglio 2007 ed è stato beatificato il 24 novembre 2008, sotto il pontificato di Papa Benedetto XVI, unitamente ad altri 187 martiri giapponesi.

Etimologia: Adamo = nato dalla terra, dall'ebraico



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:42

Ascensione

5 giugno (celebrazione mobile)

Martirologio Romano: Solennità dell’Ascensione del Signore nostro Gesù Cristo, in cui egli, a quaranta giorni dalla risurrezione, fu elevato in cielo davanti ai suoi discepoli, per sedere alla destra del Padre, finché verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti.

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L’Ascensione di Gesù al Cielo, è la grandiosa conclusione della permanenza visibile di Dio fra gli uomini, preludio della Pentecoste, inizia la storia della Chiesa e apre la diffusione del cristianesimo nel mondo.

Senso biblico del termine ‘Ascensione’
Secondo una concezione spontanea e universale, riconosciuta dalla Bibbia, Dio abita in un luogo superiore e l’uomo per incontrarlo deve elevarsi, salire.
L’idea dell’avvicinamento con Dio, è data spontaneamente dal monte e nell’Esodo (19, 3), a Mosè viene trasmessa la proibizione di salire verso il Sinai, che sottintendeva soprattutto quest’avvicinamento al Signore; “Delimita il monte tutt’intorno e dì al popolo; non salite sul monte e non toccate le falde. Chiunque toccherà le falde sarà messo a morte”.
Il comando di Iavhè non si riferisce tanto ad una salita locale, ma ad un avvicinamento spirituale; bisogna prima purificarsi e raccogliersi per poter udire la sua voce. Non solo Dio abita in alto, ma ha scelto i luoghi elevati per stabilirvi la sua dimora; anche per andare ai suoi santuari bisogna ‘salire’.
Così lungo tutta la Bibbia, i riferimenti al ‘salire’ sono tanti e continui e quando Gerusalemme prende il posto degli antici santuari, le folle dei pellegrini ‘salgono’ festose il monte santo; “Ascendere” a Gerusalemme, significava andare a Iavhè, e il termine, obbligato dalla reale posizione geografica, veniva usato sia dalla simbologia popolare per chi entrava nella terra promessa, come per chi ‘saliva’ nella città santa.
Nel Nuovo Testamento, lo stesso Gesù ‘sale’ a Gerusalemme con i genitori, quando si incontra con i dottori nel Tempio e ancora ‘sale’ alla città santa, quale preludio all’”elevazione” sulla croce e alla gloriosa Ascensione.

I testi che segnalano l’Ascensione
I Libri del Nuovo Testamento contengono sporadici accenni al mistero dell’Ascensione; i Vangeli di Matteo e di Giovanni non ne parlano e ambedue terminano con il racconto di apparizioni posteriori alla Resurrezione.
Marco finisce dicendo: “Gesù… fu assunto in cielo e si assise alla destra di Dio” (XVI, 10); ne parla invece Luca: “Poi li condusse fin verso Betania, e alzate le mani, li benedisse. E avvenne che nel benedirli si staccò da loro e fu portato verso il cielo” (XXIV, 50-51).
Ancora Luca negli Atti degli Apostoli, attribuitigli come autore sin dai primi tempi, al capitolo iniziale (1, 11), colloca l’Ascensione sul Monte degli Ulivi, al 40° giorno dopo la Pasqua e aggiunge: “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
Gli altri autori accennano solo saltuariamente al fatto o lo presuppongono, lo stesso s. Paolo pur conoscendo il rapporto tra la Risurrezione e la glorificazione, non si pone il problema del come Gesù sia entrato nel mondo celeste e si sia trasfigurato; infatti nelle varie lettere egli non menziona il passaggio dalla fase terrestre a quella celeste.
Ma essi ribadiscono l’intronizzazione di Cristo alla destra del Padre, dove rimarrà fino alla fine dei secoli, ammantato di potenza e di gloria; “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove Cristo sta assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra; siete morti infatti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!” (Colossesi, 3, 1-3).

I dati storici dell’Ascensione
Luca, il terzo evangelista, negli “Atti degli Apostoli” specifica che Gesù dopo la sua passione, si mostrò agli undici apostoli rimasti, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio; bisogna dire che il numero di ‘quaranta giorni’ è denso di simbolismi, che ricorre spesso negli avvenimenti del popolo ebraico errante, ma anche con Gesù, che digiunò nel deserto per 40 giorni.
San Paolo negli stessi ‘Atti’ (13, 31) dice che il Signore si fece vedere dai suoi per “molti giorni”, senza specificarne il numero, quindi è ipotesi attendibile, che si tratti di un numero simbolico.
L’Ascensione secondo Luca, avvenne sul Monte degli Ulivi, quando Gesù con gli Apostoli ai quali era apparso, si avviava verso Betania, dopo aver ripetuto le sue promesse e invocato su di loro la protezione e l’assistenza divina, ed elevandosi verso il cielo come descritto prima (Atti, 1-11).
Il monte Oliveto, da cui Gesù salì al Cielo, fu abbellito da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino con una bella basilica; verso la fine del secolo IV, la ricca matrona Poemenia edificò un’altra grande basilica, ricca di mosaici e marmi pregiati, sul tipo del Pantheon di Roma, nel luogo preciso dell’Ascensione segnato al centro da una piccola rotonda.
Poi nelle alterne vicende che videro nei secoli contrapposti Musulmani e Cristiani, Arabi e Crociati, alla fine le basiliche furono distrutte; nel 1920-27 per voto del mondo cattolico, sui resti degli scavi fu eretto un grandioso tempio al Sacro Cuore, mentre l’edicola rotonda della chiesa di Poemenia, divenne dal secolo XVI una piccola moschea ottagonale.

Il significato dell’Ascensione
San Giovanni nel quarto Vangelo, pone il trionfo di Cristo nella sua completezza nella Resurrezione, e del resto anche gli altri evangelisti dando scarso rilievo all’Ascensione, confermano che la vera ascensione, cioè la trasfigurazione e il passaggio di Gesù nel mondo della gloria, sia avvenuta il mattino di Pasqua, evento sfuggito ad ogni esperienza e fuori da ogni umano controllo.
Quindi correggendo una mentalità sufficientemente diffusa, i testi evangelici invitano a collocare l’ascensione e l’intronizzazione di Gesù alla destra del Padre, nello stesso giorno della sua morte, egli è tornato poi dal Cielo per manifestarsi ai suoi e completare la sua predicazione per un periodo di ‘quaranta’ giorni.
Quindi l’Ascensione raccontata da Luca, Marco e dagli Atti degli Apostoli, non si riferisce al primo ingresso del Salvatore nella gloria, quanto piuttosto l’ultima apparizione e partenza che chiude le sue manifestazioni visibili sulla terra.
Pertanto l’intento dei racconti dell’Ascensione non è quello di descrivere il reale ritorno al Padre, ma di far conoscere alcuni tratti dell’ultima manifestazione di Gesù, una manifestazione di congedo, necessaria perché Egli deve ritornare al Padre per completare tutta la Redenzione: “Se non vado non verrà a voi il Consolatore, se invece vado ve lo manderò” (Giov. 16, 5-7).
Il catechismo della Chiesa Cattolica dà all’Ascensione questa definizione: “Dopo quaranta giorni da quando si era mostrato agli Apostoli sotto i tratti di un’umanità ordinaria, che velavano la sua gloria di Risorto, Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore, che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto”.

La celebrazione della festa liturgica e civile
La prima testimonianza della festa dell’Ascensione, è data dallo storico delle origini della Chiesa, il vescovo di Cesarea, Eusebio (265-340); la festa cadendo nel giovedì che segue la quinta domenica dopo Pasqua, è festa mobile e in alcune Nazioni cattoliche è festa di precetto, riconosciuta nel calendario civile a tutti gli effetti.
In Italia previo accordo con lo Stato Italiano, che richiedeva una riforma delle festività, per eliminare alcuni ponti festivi, la CEI ha fissato la festa liturgica e civile, nella domenica successiva ai canonici 40 giorni dopo Pasqua.
Al giorno dell’Ascensione si collegano molte feste popolari italiane in cui rivivono antiche tradizioni, soprattutto legate al valore terapeutico, che verrebbe conferito da una benedizione divina alle acque (o in altre regioni alle uova).
A Venezia aveva luogo una grande fiera, accompagnata dallo ‘Sposalizio del mare’, cerimonia nella quale il Doge a bordo del ‘Bucintoro’, gettava nelle acque della laguna un anello, per simboleggiare il dominio di Venezia sul mare; a Bari la benedizione delle acque marine, a Firenze si celebra la ‘Festa del grillo’.

L’Ascensione nell’arte
Il racconto scritturale dell’Ascensione di Gesù Cristo e la celebrazione liturgica di questo mistero, ispirarono numerose figurazioni, che possiamo trovare in miniature di codici famosi, fra tutti l’Evangeliario siriano di Rabula nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, e in mosaici ed avori a partire dal sec. V.
Il tema dell’Ascensione, si adattò bene al ritmo verticaleggiante dei timpani, sovrastanti le porte delle chiese romaniche e gotiche; esempio insigne il timpano della porta settentrionale della cattedrale di Chartres (XII sec.).
Ma la rappresentazione, raggiunse notevole valore artistico con Giotto (1266-1337) che raffigurò l’Ascensione nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Si ricorda inoltre un affresco di Buffalmacco (XIII sec.) nel Camposanto di Pisa; una terracotta di Luca Della Robbia (1400-1482) nel Museo Nazionale di Firenze; un affresco di Melozzo da Forlì († 1494) ora nel Palazzo del Quirinale a Roma; una tavola del Mantegna (1431-1506) a Firenze, Galleria degli Uffizi; una pala del Perugino († 1523) ora nel Museo di Lione; il noto affresco del Correggio († 1534) nella cupola della Chiesa di S. Giovanni a Parma; l’affresco del Tintoretto († 1594) nella Scuola di S. Rocco a Venezia; ecc.
In un’ampolla del tesoro del Duomo di Monza, Cristo ascende in cielo, secondo una tipica iconografia orientale, assiso in trono; in altre raffigurazioni Egli ascende al Cielo fra uno stuolo di Angeli, di fronte agli sguardi estatici degli Apostoli e della Vergine.


Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:42

Beato Bartolomeo Placido di Recanati Religioso

5 giugno

m. 1473


Il Beato Bartolomeo da Fermo o Placido da Recanati, come viene comunemente chiamato, nacque a Fermo nei primi anni del secolo XV, divenne Apostolino nella chiesa di S. Maria Piccola di Fermo. Dal 1432 risulta presente a Recanati, dove si stava costituendo, nella chiesa di San Giovanni in Pertica, una comunità Apostolina. Il Beato, dopo il 1452, diventa Vicario o Padre spirituale della comunità religiosa, che nel 1496 verrà riunita alla Congregazione di S. Barnaba di Milano. Il Beato Bartolomeo fu religioso di grande santità. Morì nei primi mesi del 1473. Al suo sepolcro avvennero numerosi miracoli, registrati in regolari rogiti notarili, i quali nel complesso costituiscono un regolare processo di canonizzazione.
Il corpo del Beato ebbe varie traslazioni ed in seguito ad una ricostruzione della chiesa, dopo il 1529 il nome fu mutato in quello di Placido, e con tale nome è stato sempre successivamente chiamato.
Sulla personalità del Beato Bartolomeo-Placido il primo documento che dà certezza del culto che si iniziava, è la lapide sistemata sulla seconda tomba del Beato: “ Se c’era nel nostro tempo alcun apostolo venerato dopo gli antichi Apostoli di Cristo, questo era Bartolomeo. E faceva il corpo umato grandi miracoli, la pietà non ha voluto che il Padre rimanesse indecoroso. Danaro raccolto secondo i suoi meriti fece questo tumulo. Qui il popolo pronunci pubblicamente i suoi voti piamente. Anno del Signore 1474.
La festa liturgica ricorre il 5 giugno. Pio VII, concesse l’ufficio e la messa.


Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:43

San Bonifacio Vescovo e martire

5 giugno

672/73 - 5 giugno 754

Senza l'opera missionaria di Bonifacio non sarebbe stata possibile l'organizzazione politica e sociale europea di Carlo Magno. Bonifacio o Winfrid sembra appartenesse a una nobile famiglia inglese del Devonshire, dove nacque nel 673 (o 680). Professò la regola monastica nell'abbazia di Exeter e di Nurslig, prima di dare inizio all'evangelizzazione delle popolazioni germaniche oltre il Reno. Dopo le prime difficoltà in tre anni percorse gran parte del territorio germanico. Convocato a Roma, ebbe dal papa l'ordinazione episcopale e il nuovo nome di Bonifacio. Prima di organizzare la Chiesa sulla riva destra del Reno pensò alla fondazione, tra le regioni di Hessen e Turingia, di un'abbazia, che divenisse il centro propulsore della spiritualità e della cultura religiosa della Germania. Nacque così la celebre abbazia di Fulda. Come sede arcivescovile scelse la città di Magonza. Morì nel 754. (Avvenire)

Etimologia: Bonifacio = che ha buona fortuna, dal latino

Emblema: Ascia, Bastone pastorale, Spada con infilzato il libro del vangelo

Martirologio Romano: Memoria di san Bonifacio, vescovo e martire. Monaco di nome Vinfrido, giunto a Roma dall’Inghilterra fu ordinato vescovo dal papa san Gregorio II e, preso il nome di Bonifacio, fu mandato in Germania ad annunciare la fede di Cristo a quelle genti, guadagnando moltitudini alla religione cristiana; resse la sede di Magonza e da ultimo a Dokkum tra i Friosoni, nell’odierna Olanda, trafitto con la spada dalla furia dei pagani, portò a compimento il martirio.

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Senza l'opera missionaria di S. Bonifacio non sarebbe stata possibile l'organizzazione politica e sociale europea di Carlo Magno. Bonifacio o Winfrid sembra appartenesse a una nobile famiglia inglese del Devonshire, dove nacque nel 673 (o 680). Professò la regola monastica nell'abbazia di Exeter e di Nurslig, prima di dare inizio all'evangelizzazione delle popolazioni germaniche oltre il Reno. Il suo primo tentativo di raggiungere la Frisia andò a vuoto per l'ostilità tra il duca tedesco Radbod e Carlo Martello. Winfrid compì allora il pellegrinaggio a Roma per pregare sulle tombe dei martiri e avere la benedizione del papa. S. Gregorio II ne assecondò lo slancio missionario e Winfrid ripartì per la Germania. Sostò nella Turingia, quindi raggiunse la Frisia, appena assoggettata dai Franchi, e vi operò le prime conversioni. In tre anni percorse gran parte del territorio germanico.
Anche i Sassoni risposero con entusiasmo alla sua predicazione. Convocato a Roma, ebbe dal papa l'ordinazione episcopale e il nuovo nome di Bonifacio. Durante il viaggio di ritorno in Germania in un bosco di Hessen fece abbattere una gigantesca quercia alla quale le popolazioni pagane attribuivano magici poteri perché ritenuta sede di un dio. Quel gesto fu ritenuto una vera sfida alla divinità e i pagani accorsero per assistere alla vendetta del dio offeso. Bonifacio ne approfittò per recare loro il messaggio evangelico. Ai piedi della quercia abbattuta eresse la prima chiesa dedicata a S. Pietro.
Prima di organizzare la Chiesa sulla riva destra del Reno pensò alla fondazione, tra le regioni di Hessen e Turingia, di un'abbazia, che divenisse il centro propulsore della spiritualità e della cultura religiosa della Germania. Nacque così la celebre abbazia di Fulda, paragonabile per attività e prestigio alla benedettina Montecassino. Come sede arcivescovile scelse la città di Magonza, ma espresse il desiderio di essere sepolto a Fulda.
Già vecchio, eppur infaticabile, ripartì per la Frigia. Lo accompagnavano una cinquantina di monaci. Il 5 giugno 754 aveva dato l'appuntamento presso Dokkum a un gruppo di catecumeni. Era il giorno di Pentecoste; all'inizio della celebrazione della Messa i missionari vennero assaliti da un gruppo di Frisoni armati di spade. "Non temete - disse Bonifacio ai compagni - tutte le armi di questo mondo non possono uccidere la nostra anima". Quando la spada di un infedele si abbatté sul suo capo, cercò di ripararsi coprendosi con l'Evangeliario. Ma il fendente sfregiò il libro e mozzò il capo del martire.
Fu il fondatore dell'abbazia di Fulda (Germania), dove è sepolto.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:43

Santi Domenico Toai e Domenico Huyen Martiri

5 giugno

Martirologio Romano: Nella città di Tang Gia sempre nel Tonchino, santi Domenico Toại e Domenico Huyên, martiri, che, padri di famiglia e pescatori, benché sottoposti al tempo dell’imperatore Tự Đức a vari generi di tortura durante la loro lunga prigionia, con grande forza d’animo esortarono i compagni di carcere a conservare la fede, concludendo poi sul rogo il proprio martirio.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:44

San Doroteo di Gaza Asceta

5 giugno

Sec. VI

Monaco di Gaza e scrittore ascetico del VI secolo. Nacque ad Antiochia all'inizio del VI sec. da famiglia benestante e veramente cristiana. L'unica passione della sua gioventù fu quella per lo studio. Verso il 525 decise di abbracciare la vita religiosa ed entrò nel monastero fondato e diretto dall'abate Seridos nei pressi di Gaza dove si trovavano i celebri Barsanufio e Giovanni il Profeta, grandi maestri di vita spirituale. Verso il 540, dopo la reclusione totale di Barsanufio e il trapasso dell'abate Seridos e di Giovanni il Profeta, Doroteo lasciò il monastero e poco dopo ne fondò un altro tra Gaza e Maiuma, ove trascorse il resto della vita


Monaco di Palestina e fecondo scrittore ascetico del VI secolo, nacque ad Antiochia nei primi anni del secolo, da famiglia facoltosa e molto cristiana, crebbe con la passione per gli studi, ricevendo un’eccellente educazione.
Decise per una vita di perfezione, quindi verso il 525 entrò nel monastero fondato e diretto dall’abate Seridos, nell’oasi di Thawata a poca distanza da Gaza, nel Meridione della Palestina.
Venne affidato dall’abate a due grandi asceti del monastero: s. Giovanni detto il Profeta e s. Barsanufio, che da maestri di vita spirituale, spinsero il giovane al distaccamento progressivo da ogni cosa, all’ubbidienza, all’umiltà, alla mortificazione interiore, aiutandolo a superare gravi tentazioni e crisi di scoraggiamento.
Doroteo venne esonerato dalle tremende mortificazioni corporali in uso nel monachesimo orientale, a causa delle sue precarie condizioni di salute, debilitato dall’intenso lavoro intellettuale.
Ebbe vari incarichi nel monastero, sia in portineria che in foresteria, dietro ordine dei due asceti sopra menzionati “i gerontes”, costruì un nosocomio per i monaci, che quando si ammalavano non avevano assistenza, usufruendo dell’aiuto finanziario del proprio fratello.
Fu incaricato anche della direzione spirituale dei monaci ed ebbe come novizio e discepolo Dositeo, santo monaco famoso in Oriente; in seguito fu messo al servizio di s. Giovanni il Profeta che assistette fino alla di lui morte.
Morti l’abate Seridos e i due “gerontes”, Doroteo lasciò il monastero, non si sa bene il perché, andando a fondarne un altro tra Gaza e Maiuma che porterà il suo nome e dove trascorse il resto della sua vita.
Morì tra il 560 e il 580; del suo corpo, della sua tomba e del suo monastero non è rimasto più nulla, probabilmente tutto fu distrutto dagli arabi, quando presero Gaza nel 634. Di lui rimane la vasta raccolta di scritti, conferenze spirituali, omelie, Istruzioni ascetiche, esortazioni scritte dirette ai monaci.
La ‘Vita di s. Dositeo’ può considerarsi come il capolavoro di Doroteo perché fu scritta da un discepolo sotto sua ispirazione.
Questi scritti ascetici ebbero un enorme successo, che dura tuttora, soprattutto fra i monaci del Sinai nel secolo VII e poi da Costantinopoli mediante s. Teodoro Studita e tramite i monaci basiliani italo-greci, l’opera spirituale di s. Doroteo fu portata alla conoscenza del monachesimo occidentale, determinando un influsso vasto e benefico anche nella spiritualità della Compagnia di Gesù.
La bibliografia che riguarda le sue opere è molto vasta, essa va dai manoscritti greci, alle innumerevoli opere librarie, raccolte, ristampe ed edizioni che dalla invenzione della stampa ad oggi, sono state pubblicate in varie Nazioni.
I menei slavi riportano al 5 giugno la celebrazione di un s. Doroteo egumeno, che è senz’altro Doroteo di Gaza, mentre in quelli greci non vi è traccia del suo nome.


Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:45

San Doroteo di Tiro Vescovo e martire

5 giugno

San Doroteo, vescovo di Tiro in Fenicia, non appena ordinato presbitero, subì innumerevoli sofferenze al tempo dell’imperatore Diocleziano ed infine, sopravvissuto fino al tempo di Giuliano, poté coronare in Tracia col martirio la sua veneranda vecchiaia, all’età di centosette anni compiuti.

Martirologio Romano: A Tiro in Fenicia, oggi Libano, san Doroteo, vescovo, che già da sacerdote patì molto sotto l’imperatore Diocleziano e, sopravvissuto fino ai tempi di Giuliano, sotto l’impero di quest’ultimo, all’età di centosette anni, si dice abbia onorato la sua veneranda vecchiaia con il martirio in Tracia.


È ricordato nel Martirologio Romano al 5 giug. come colui che, dopo avere molto sofferto sotto Diocleziano, subì il martirio a centosette anni (verso il 362?) sotto Giuliano l'Apostata. Ma tale personaggio costituisce, in realtà, un piccolo enigma dell'agiografia antica e davvero non si sa come giungere a conferirgli una consistenza sicura. Eusebio (Hist. Eccl, VII, 32) parla di un Doroteo prete di Antiochia, dotto e aprezzato, nominato (sembra) amministratore della tintoria della porpora a Tiro; però, pur avendolo conosciuto di persona, mai afferma che si tratta di un martire. Ancora Eusebio parla di un Doroteo che non dice né vescovo né prete, bensì dignitario di corte, messo a morte sotto Diocleziano a Nicomedia, non identificabile dunque, col precedente.
Tardivamente e malamente, sembra, Teofane (Chronographia, ed. Boor, I, 24) nel sec. IX riecheggia Eusebio parlando di un Doroteo vescovo di Tiro che soffrì sotto Diocleziano e in tarda età fu martirizzato sotto l'Apostata. Ma come accettare per certo un vescovo di Tiro di nome Doroteo mentre per il sec. IV la lista episcopale della città lo ignora e lo ignorano parimenti Eusebio e Girolamo? I compilatori del Martirologio Romano preferiscono Eusebio a Teofane, dando a Doroteo il titolo di presbitero; ma, l'abbiamo visto, Eusebio non li conforta, poiché, pur parlando d'un presbitero, non afferma ch'egli fosse martire. Non è perciò da meravigliare che gli studiosi al presente siano divisi in due correnti: una, di quelli che ritengono verisimile l'esistenza di Doroteo vescovo; l'altra, di quelli che propendono a negarla. Tra i primi sono da enumerare i Bollanditsi e G. Bareille ; tra i secondi, specialmente P. Batiffol e G. Bardy.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:45

Santi Eobano, Adelario e nove compagni Martiri

5 giugno

m. 754

Martirologio Romano: A Dokkum tra i Frisoni, nell’odierna Olanda, santi Eobáno, vescovo, Adelario e nove compagni, martiri, che ricevettero la corona insieme a san Bonifacio nel suo stesso glorioso combattimento.


Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:46

Sant' Eutichio di Como Vescovo

5 giugno

m. 539

Martirologio Romano: A Como, sant’Eutichio, vescovo, insigne per la dedizione alla preghiera e per amore della solitudine con Dio.


Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:47

San Franco da Assergi Eremita

5 giugno

Nato a Roio (L'Aquila) tra il 1154 e il 1159, san Franco entrò nel monastero benedettino di San Giovanni Battista a Lucoli, nel quale rimase venti anni. Poi si diede alla vita eremitica, cibandosi di quello che la terra offriva nei boschi presso Lucoli. In seguito cominciò a errare sulla catena centrale dell'Appennino abruzzese. Infine, visse sui monti di Assergi. Nel luogo in cui avrebbe miracolosamente fatto scaturire acqua da una roccia esiste ancora una fonte detta "l'acqua di san Franco", che i devoti bevono. Ma non solo. Con essa si aspergono, infatti, per curare le malattie della pelle. Volendo isolarsi ulteriormente, il santo fu guidato a una grotta da un'orsa con tre piccoli. A lui sono attribuiti miracoli, come l'aver salvato un bimbo in fasce dalle grinfie di un lupo. Nel 1757 il vescovo dell'Aquila ottenne l'estensione del culto a tutta la diocesi. (Avvenire)

Martirologio Romano: Presso Assergi in Abruzzo, san Franco, eremita, che si costruì una stretta cella in una grotta tra le rocce, dove condussse una vita aspra e umile.


Nacque a Roio (L'Aquila), sotto il pontificato di Adriano IV (1154-1159) da famiglia di contadini benestanti. Sotto la guida di un sacerdote del paese, Palmerio, fece i primi studi. Entrò poi nel monastero benedettino di San Giovanni Battista di Lucoli, dove rimase venti anni, dopo i quali si allontanò per vivere da eremita. Il primo periodo lo passò nei boschi di Lucoli, cibandosi "herbulis, glandulis et agrestibus pomulis". Nel secondo, il più incerto, errò qua e là sulla catena centrale dell'Appennino abruzzese, che culmina nella vetta del Velino; poi passò alla catena del Gran Sasso. Il terzo periodo lo passò sui monti di Assergi: cinque anni al Vasto, quindici sui monti Sabini. Al Vasto si scelse un luogo erto e pittoresco, ma arido e privo di rifugi, si costruì una capanna secondo il sistema tradizionale dei pastori e alle sue preghiere zampillò l'acqua dalla rupe; ancora oggi la sorgente, a circa milleottocento metri sul mare, è detta "l'acqua di s. Franco"; i pellegrini la bevono devoti e vi si lavano per ottenere la guarigione dalle malattie, specie della pelle. Passò ai monti Sabini per sfuggire ai visitatori, e si fermò in località più vicina ad Assergi, ma più impervia, dove, secondo la leggenda, un'orsa con tre orsacchiotti lo guidò ad una grotta e gli fece a lungo compagnia. Nelle feste principali dell'anno si recava ad Assergi per ricevere la Comunione, forse nella chiesa di S. Maria in Silice.
Qui avvenne l'episodio del bambino in fasce salvato dalla bocca di un lupo; l'agiografo riferisce il fatto in termini assai moderati e realistici; pure la fantasia degli artisti, pittori e scultori, vi si è ispirata fin dai tempi più antichi ed il santo viene sempre rappresentato con accanto un lupo che tiene un bambino in bocca.
Quando l'eremita per la malferma salute presentì prossima la sua fine, volle ricevere gli ultimi sacramenti, poi fu lasciato solo con le braccia incrociate. La notte, le campane di S. Maria in Silice suonarono da sole prima dell'ora consueta ed i galli del paese cantarono insolitamente. La popolazione si svegliò, immaginò, guardò in direzione della grotta e vide una luce: accorse e trovò l'eremita morto. Con grande venerazione la sua spoglia fu portata al paese e sepolta nella cripta della chiesa del monastero.
Per la sua intercessione avvennero numerosi miracoli. In tutti i secoli folle di pellegrini, specialmente dall'aquilano e dal teramano, si sono recate a pregare sul suo sepolcro ed i pellegrinaggi continuano ancora, benché in forma più ridotta. I resti mortali del santo, furono raccolti in un tumulo di pietra, da cui passarono nel 1480-81 all'artistica urna d'argento, pregevole lavoro del maestro Giacomo di Paolo da Sulmona. Anche la festa liturgica venne presto; un calendario manoscritto dei monaci di S. Maria in Silice, dei primi anni del Trecento, già portava la festa di Franco. Verso quell'epoca il monastero di Assergi scomparve e subentrò ad esso un capitolo secolare, ma la devozione continuò, tanto che la chiesa di S. Maria in Silice nei primi del sec. XV si arricchì di una facciata in pietra, che è un gioiello di arte romanica. Nella sua vita c'è più di un elemento per concludere che Franco fu sì monaco ed eremita, ma non sacerdote: tuttavia la figura medievale di un monaco non sacerdote presto non fu più compresa e la tradizione pofigura medievale di un monaco non sacerdote. Nel 1757 il vescovo dell'Aquila, Sabatini, otteneva dalla S.Congregazione dei Riti l'estensione della festa liturgica a tutta la diocesi.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:55

San Gregorio di Lilibeo Vescovo e martire

5 giugno

Emblema: Bastone pastorale, Palma


Nella Vita di s. Gregorio di Agrigento scritta da Leonzio abate di S. Saba in Roma, verso la fine del sec. VII, si legge che questo vescovo « fu carcerato in quello stesso luogo in cui era stato rinchiuso un s. Gregorio vescovo di Lilibeo, il quale ivi subì il martirio condannato al taglio della testa da Tircano tiranno » (Lanzoni, p. 643).
Questo martire vescovo di Lilibeo, antica diocesi della Sicilia, oggi Marsala, non è conosciuto da altre fonti, né può essere indicato il tempo in cui visse. La sua festa si celebra il 5 giugno.


Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:56

Sant' Igor di Russia Monaco

5 giugno

Etimologia: Igor = Gregorio, in russo


Pronipote di s. Vladimiro, che introdusse il Cristianesimo in Russia, ascese al trono di Kiev nel 1146. Il popolo che non amava la dinastia degli Oljgovici, tradí Igor e lo consegnò al principe di Perejaslavlj, Izjaslav Mstislavic, che diventò dopo di lui granduca di Kiev. Igor fu prima incarcerato nella città di Perejaslavlj, poi, con il permesso di Izjaslav, poté farsi monaco. Fu trasferito dai superiori nel monastero di S. Teodoro di Kiev, dove fu ammesso al grande schima (professione solenne dei voti per la seconda volta).
Il 19 settembre 1147 la folla entrata nella chiesa dove Igor pregava davanti alla icona della Madonna, lo portò via e lo uccise crudelmente, trascinando il suo corpo per le vie della città. Il 5 giugno 1150 il fratello, principe di Cernigov, ne fece trasportare il corpo da Kiev dove riposa nella chiesa della Trasfigurazione. Da questo momento cominciarono i miracoli e la venerazione di Igor presso il popolo.
Igor viene chiamato nella Chiesa russa col nome di Strastoterpec, cioè martire che non fu ucciso per la fede, ma per ragioni politiche, sopportando tuttavia le sofferenze con la pazienza di Cristo morente.
Il suo martirio è descritto nel libro Stepennaja.
Igor viene menzionato in cinque menologi di epoca piú recente (secc. XVII e XIX). Nei libri liturgici cattolici non è ancora inserito, ma potrebbe esserlo nonostante sia morto dopo la data ufficiale dell'inizio dello scisma (perché sopportò una ingiusta morte con lo spirito del "re dei martiri"), e tenendo anche presente che lo scisma si propagò in Russia assai lentamente.
La sua festa si celebra il 5 giugno.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:56

San Luca Vu Ba Loan Martire

5 giugno

m. 1840

Decapitato ad Hanoi in Vietnam, nella persecuzione dell'imperatore Minh Mang.

Martirologio Romano: Ad Hanoi nel Tonchino, oggi Viet Nam, san Luca Vũ Bá Loan, sacerdote e martire, decapitato per Cristo sotto l’imperatore Minh Mạng.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:57

Santi Marciano, Nicandro, Apollonio e compagni Martiri

5 giugno

sec. III

Martirologio Romano: In Egitto, santi Marciano, Nicandro, Apollonio e compagni, martiri, che come si tramanda, per aver professato la fede cristiana, dopo atroci supplizi, furono rinchiusi in un recinto murario ed esposti al sole ardente, morendo infine estenuati dal calore, dalla sete e dalla fame.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:58

San Pietro Spanò (Spina) Eremita

5 giugno

sec. XII

Martirologio Romano: A Ciano vicino a Mileto in Calabria, san Pietro Spanò, eremita, insigne per povertà e spirito di compunzione.


Incerto è il luogo di nascita: si indicano Arena, Ciano (diocesi di Mileto) o anche Torre Spatola (dioc. di Squillace). Asceta basiliano vissuto tra la metà del sec. XI e la metà del sec. XII, si distinse nella pratica delle virtù proprie del monachismo cala-bro-greco: vita solitaria, povertà assoluta, spirito accentuato di mortificazione, preghiera.
Pietro in cambio della miracolosa guarigione di Giovanni Conclubet, conte di Arena, ebbe diverse concessioni, con le quali fondò il monastero di Ciano, che poi fu intitolato al suo nome.
Morì non il 15 genn. del 1105, come asserisce il Menniti, ma in un anno imprecisato del sec. XII, ed ebbe culto pubblico nella chiesa abbaziale, con la festa liturgica al 5 giug.
D. Martire visitò questa chiesa nel 1691 e vide l'altare sormontato dall'immagine del santo in grandezza naturale. In quell'occasione l'abate Cesare Ruiz gli mostrò un libro greco, custodito accanto al detto altare, « sopra il quale chi anti­camente giurava il falso era dalla lebbra assalito ».



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:58

Beato Rodolfo Sanz Mercedario

5 giugno

+ 1310

Gentiluomo originario di Morella (Spagna), il Beato Rodolfo Sanz, fu uno dei religiosi mercedari più eminenti del suo secolo.
Prese l’abito dell’Ordine nel convento di San Lazzaro in Saragozza dove condusse una vita crocifissa al seguito del Figlio di Dio. Scrisse molti libri sulla fede e dopo una lunga esistenza consumata nell'ardore della carità, famoso per i miracoli si addormentò nel Signore nell'anno 1310 sotto il generalato del Beato Arnaldo di Rossinol, lasciando alla sua morte un soave profumo di santità.
L'Ordine lo festeggia il 5 giugno.



Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 09:59

San Sancio Martire di Cordova

5 giugno

+ Cordova, Spagna, 5 giugno 851

Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, beato Sancio, martire, che adolescente, condotto prigioniero dalla cittadina di Albi e istruito alla corte del re, durante la persecuzione dei Mori non esitò a patire il martirio per la fede in Cristo.


Sancio, laico, era originario della Gallia Comata, dove fu fatto prigioniero e portato a Cordova. Liberato, entrò a far parte della guardia di palazzo e lo Stato si occupò della sua educazione. In seguito, divenne discepolo di s. Eulogio. Non sappiamo altro sulla sua vita né sulle circostanze che lo condussero al martirio subito per spada, ancora dolescente, il 5 giugno 851. Il suo cadavere rimase appeso ad un palo per qualche giorno, infine bruciato e le ceneri furono buttate nel Guadalquivir.
Fino alla scoperta e pubblicazione delle opere di s. Eulogio di Cordova Sancio era sconosciuto. Il suo culto incominciò nella diocesi di Cordova nel 1601, e la festa venne celebrata nel diesa natalis, 5 giugno, data in cui è anche iscritto nel Martirologio Romano.


Stellina788
00sabato 4 giugno 2011 10:00

Sante Valeria e compagne Martiri di Cesarea di Palestina

5 giugno

Etimologia: Valeria = che sta bene, forte, robusto, dal latino

Emblema: Palma


Nel ‘Martirologio Romano’ al 5 giugno sono commemorate le sante Zenaide, Ciria, Valeria e Marcia martiri a Cesarea di Palestina, esse subirono molte torture culminate poi nella loro gloriosa morte.
Gli antichi Sinassari raccontano che Ciria, Valeria e Marcia conosciuta la religione cristiana, lasciarono il paganesimo e dopo una opportuna iniziazione, ricevettero il Battesimo. L’adesione alla Fede cristiana le trasformò e la loro vita trascorreva in digiuni, preghiera e penitenze.
Furono denunziate durante una delle persecuzioni, processate e condannate a morte dopo vari supplizi; l’epoca del martirio comunque non è riportata dai Sinassari. Invece i Sinassari bizantini contrariamente a quanto riportato dal Martirologio Romano non accomunano a queste tre martiri Zenaide ma la indicano a parte con altre cinque martiri che non sono le precedenti tre.
Bisogna inoltre dire che Zenaide è ricordata da sola al 5 giugno nel celebre Calendario marmoreo di Napoli.


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