5 marzo

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Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 11:55

Sant' Adriano di Cesarea Martire

5 marzo

m. 309

Etimologia: Adriano = nativo di Adria - Rovigo

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Cesarea in Palestina, sant’Adriano, martire, che, durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, nel giorno in cui gli abitanti erano soliti celebrare la festa della Fortuna, per ordine del governatore Firmiliano, fu per la sua fede in Cristo dapprima fu gettato in pasto a un leone e poi sgozzato con la spada.

Ascolta da RadioRai:
  

Subì il martirio con Eubulo il 5 o 7 marzo 309, «sesto anno della persecuzione», secondo la testimonianza di Eusebio. Essendo venuti ambedue a Cesarea in Palestina per aiutare i martiri di quella città, i due santi furono scoperti e, per aver confessato la loro fede, furono condannati alle belve. Adriano, dopo essere stato gettato in pasto ad un leone, fu finito con la spada. Nei sinassari greci il giorno 7 o 8 maggio è celebrata la festa dei ss. mm. Eubulo e Giuliano, ma è chiaro, come ha acutamente osservato il Delehaye, che sotto questo secondo nome si nasconde una corruzione del nome di Adriano. Qualche cosa di analogo è accaduto nel Martirologio Geronimiano, dove fra i santi ricordati il 5 marzo sono menzionati Adriano ed Euvolo, il cui nome appare corrotto nei codd. secondo la pronunzia bizantina.



Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 11:56

San Ciarano (Kieran) Vescovo

5 marzo

Martirologio Romano: A Saighir nella regione dell’Ossory in Irlanda, san Chierano, vescovo e abate.




Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 11:57

San Conone l'ortolano Martire in Panfilia

5 marzo

m. c. 250

Martire in Panfilia o, secondo altri, a Cipro, vittima della persecuzione di Decio. Rispose al prefetto romano che era originario di Nazaret e apparteneva alla famiglia di Cristo. Gli fu dato il soprannome di Ortolano perchè, conducendo forse una vita di eremita, coltivava per il suo sostentamento un campicello di legumi.

Martirologio Romano: In Panfilia, nell’odierna Turchia, san Conone, martire, che, giardiniere, sotto l’imperatore Decio, fu costretto a correre, con i piedi trafitti da chiodi, davanti ad un carro e, caduto in ginocchio, pregando rese lo spirito a Dio.


San CONONE l'Ortolano, detto il Taumaturgo

Il Martirologio Romano commemora al 6 marzo il martirio a Cipro di Conone, vittima della persecuzione di Decio (249-251). Con i piedi trapassati da chiodi fu costretto a correre davanti a un carro; infine, estenuato, cadde in ginocchio e, mentre levava a Dio un'ultima preghiera, rese lo spirito.
Questa breve notizia non è altro che il riassunto dell'elogio dedicato al martire Conone l'Ortolano nei sinassari bizantini, in cui è festeggiato il 5 marzo. Oriundo di Nazareth, in Galilea, Conone si sarebbe trasferito in Panfilia nelle vicinanze di Magydos, dove condusse una vita molto semplice, forse di eremita. Coltivava un orto e si nutriva dei legumi che vi crescevano. Poi nei  sinassari sono descritti il supplizio e il martirio ordinati dal prefetto Publio o Pollione).
E' assai probabile che per una corruzione del  testo  il nome greco "ortolano" sia stato malamente inteso come  "cipriota". Si può, inoltre, sollevare un dubbio sulla sua origine palestinese: questa, infatti, può essere fondata esclusivamente su una risposta di Conone al prefetto, in cui il martire afferma: «Sono di Nazareth, la mia famiglia è quella di Cristo». Questa risposta non può essere considerata indicativa del luogo di origine del martire, così come attesta invece la sua intrepida fede.
I sinassari bizantini commemorano al 5 marzo (alcuni al 6) un altro Conone, martire in Isauria, provincia situata tra la Panfilia e la Cilicia. Questo Conone era oriundo della città di Binada, distante solo diciotto stadi da Seleucia e, figlio di Nestore e Nada, visse al tempo degli Apostoli.
Costretto dai genitori a sposarsi, sebbene fosse suo proposito conservare il celibato, riuscì a far condividere il suo parere alla sposa Anna e i coniugi vissero nello stato di perfetta castità. Conone fu celebrato soprattutto per il suo potere sui demoni, da cui gli venne l'appellativo di «taumaturgo». Tradotto davanti al prefetto Magnus, fu flagellato crudelmente perché non aveva cessato di predicare la sua fede, ottemperando agli editti imperiali. Secondo la stessa fonte, anche il padre di Conone, Nestore, morì martire.
È importante notare che nei sinassari bizantini, alla data del 28 febbraio, è celebrato Nestore, vescovo di Magydos, martirizzato proprio a Perge in Panfilia durante la persecuzione di Decio e sotto il prefetto Publio (o Pollione). Tutti questi particolari storici e geografici ci ricordano quelli del martirio di Conone l'Ortolano; ma qualche perplessità nasce dal fatto che i dati cronologici non coincidono con il «tempo degli Apostoli».
Nel Martirologio Romano troviamo alla data del 26 febbraio la commemorazione a Perge di Nestore, vescovo e martire e, sempre nella stessa città, il ricordo di un gruppo di quattro martiri: Papias, Diodoro, Conone e Claudiano, morti (dice la notizia) prima del vescovo Nestore.
Per quanto sia molto difficile darne una dimostrazione apodittica, non sembra tuttavia improbabile che nel Conone di Binada, figlio del martire Nestore, si possa vedere lo stesso martire Conone l'Ortolano, che testimoniò la sua fede in Panfilia (verisimilmente a Perge), ad una distanza di tempo non eccessiva da quella in cui subì il martirio il vescovo Nestore.
Notiamo, infine, che il Calendario palestinogeorgiano del Sinaiticus 34 (sec. X) commemora, ma senza nessuna precisazione, Conone al 6 marzo.



Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 11:57

Beato Cristoforo Macassoli da Milano Francescano

5 marzo

Milano, 1415? - 5 marzo 1485

Etimologia: Cristoforo = portatore di Cristo, dal greco

Martirologio Romano: A Vigevano in Lombardia, beato Cristoforo Macassoli, sacerdote dell’Ordine dei Minori, insigne per la predicazione e la carità verso i poveri.


La nuova famiglia dei Francescani Osservanti di cui s. Bernardino da Siena era un fervente promotore, annoverò tra i suoi aderenti anche il beato Cristoforo Macassoli; nacque a Milano dalla nobile famiglia dei Macassoli verso il 1415 ed a vent’anni entrò nell’Ordine Francescano; si sa di lui che era un valente predicatore e faro di santità, la sua fama si estese in modo impressionante sia per le numerose conversioni che operò, sia per i prodigi che gli venivano attribuiti considerandolo un taumaturgo.
Intorno al 1475 fondò il convento di S. Maria delle Grazie di Vigevano, insieme al confratello beato Pacifico da Cerano, la chiesa del convento di incomparabile bellezza fu costruita da Galeazzo Sforza e consacrata nel 1478. Ed in questo luogo, dopo una vita dedicata all’apostolato, morì il 5 marzo 1485.
Fu sepolto nella succitata chiesa dove rimase fino al 1810, per poi essere traslato nella cattedrale di Vigevano, a seguito dei decreti di soppressione di Napoleone.
Nella chiesa di S. Maria delle Grazie vi è la più antica testimonianza del culto, che gli venne quasi subito riservato, si tratta della pala d’altare datata 1503, nella quale il beato Cristoforo è raffigurato insieme con s. Bernardo a fianco della Vergine.
Nel 1588 e nel 1743 vi furono due ricognizioni delle reliquie accompagnate da solenni manifestazioni religiose. Il 1° luglio 1890 il Vaticano concesse la celebrazione a tutto l’Ordine Francescano ed alla città di Vigevano e nel 1899, il 29 luglio lo stesso papa Leone XIII ne confermò il culto e il titolo di beato per la Chiesa Cattolica.


Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 11:58

San Foca l'Ortolano Martire

5 marzo

Accanto ai grandi martiri dei primi anni del secondo secolo come Ignazio di Antiochia e Simeone di Gerusalemme, ultimo dei parenti immediati di Gesù, troviamo anche un ortolano, di nome Foca, abitante a Sinope, nel Ponto Eusino. Era apprezzato e benvoluto da tutti per la sua generosità e la sua ospitalità e di queste sue virtù diede una commovente dimostrazione agli stessi carnefici, incaricati di eseguire la sentenza capitale pronunciata contro di lui. Evidentemente i carnefici non lo conoscevano di persona, perchè, entrati in casa sua per avere delle indicazioni, furono generosamente invitati a pranzo dall'ortolano. Mentre i due si rifocillavano, Foca andò nell'orto a scavarsi la fossa; quindi tornò in casa e dichiarò la propria identità ai carnefici, pregandoli di non porre indugi all'esecuzione della sentenza. Fu accontentato e pochi istanti dopo il suo corpo cadeva nella fossa appena scavata. (Avvenire)

Patronato: Agricoltori, Giardinieri, Naviganti

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Sinópe nel Ponto, nell’odiena Turchia, san Foca, martire, che fu giardiniere e patì molti tormenti per il nome del Redentore.

Ascolta da RadioMaria:
  

L’ospitalità, si sa, è dovere di ogni buon cristiano; l’amore vicendevole ed il perdono fraterno anche. Ma arrivare al punto da preparare cena, prestare il proprio letto e fornire lenzuola di bucato ai propri assassini è eroismo puro. Che ci viene insegnato oggi da un santo dal nome strano ma dalla storicità certa, che gode di una vastissima devozione tanto in Oriente come in Occidente, al punto che c’è chi lo festeggia a marzo, chi a luglio e chi il 22 settembre. Addirittura hanno provato ad “inventare” altri santi con lo stesso nome, ma l’unico autentico è proprio quello dal mestiere più umile e dalla testimonianza più coraggiosa, San Foca il giardiniere. La sua vicenda umana si colloca nei primi secoli dell’era cristiana, sicuramente non oltre il quarto secolo; le prime testimonianze su di lui arrivano da un panegirico del V secolo, così stringato, documentato e presentato con tono di rapida sequenza, come di cronaca giornalistica, da non lasciare dubbio alcuno sull’autenticità del personaggio celebrato. Dicevamo: Foca è giardiniere, forse anche benestante, dato che è famoso presso i suoi contemporanei per la sua generosità verso i poveri e per l’ospitalità che offre a tutti nella sua casa. Vive a Sinope, un grande porto sul Mar Nero ed è cristiano, il che, all’epoca in cui vive, non è certo una scelta di comodo o una semplice tradizione di famiglia, visto che continuamente i cristiani sono perseguitati e uccisi dall’imperatore di turno, che in questa maniera si illude di spegnere la nuova religione che sta prendendo piede. Foca, oltre che generoso ed ospitale, è forse anche un personaggio in vista; oppure la sua testimonianza è così limpida e convincente da rappresentare un pericolo per l’autorità politica. Così viene condannato a morte senza processo e mandano due sicari sulle sue tracce, con il preciso incarico di eseguire immediatamente la condanna capitale. Per ironia della sorte i due sicari, giunti nei pressi di Sinope, bussano proprio alla porta di Foca per avere informazioni sul “pericoloso cristiano” di cui sono alla ricerca e si vedono spalancare la porta di quella casa, tradizionalmente ospitale, offrire un pasto sostanzioso e un buon letto su cui riposare. Non hanno nessun problema a rivelare a quell’uomo così cortese il motivo del loro viaggio e non si fanno scrupoli nel chiedergli consiglio sul modo migliore per giungere in fretta a mettere le mani su quel tal Foca e così portare a termine la loro missione. Invitati a trascorrere la notte in quella casa con la promessa di ricevere dal loro ospite utili indicazioni il mattino successivo, quale non è, al risveglio, la loro sorpresa nel trovarlo di buon mattino già in giardino, dove ha appena finito di scavare una fossa. Ma alla sorpresa si aggiunge un più che comprensibile problema di coscienza, nello scoprire che è proprio lui quel Foca di cui sono alla ricerca. Che li invita a compiere il loro dovere, dato che non ha voluto, anche se avrebbe potuto mentre dormivano, sfuggire ai suoi carnefici, ai quali anzi ha risparmiato anche la fatica di scavargli la fossa. E in quella lo seppelliscono dopo averlo trapassato con la spada, in mezzo ai fiori ed agli ortaggi del suo giardino, umile seme di autentica testimonianza cristiana. Giardinieri, ortolani e i marinai orientali lo venerano loro patrono. Viene invocato contro il morso dei serpenti: secondo la tradizione, chiunque, dopo il morso, aveva la possibilità di toccare la porta della basilica del martire veniva immediatamente risanato.



Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 11:59

San Gerasimo Anacoreta

5 marzo

m. Giordania, 475

San Gerasimo, anacoreta in Palestina presso il fiume Giordano al tempo dell’imperatore Zenone, fu riportato alla vera fede da Sant’Eutimio e si prodigò in grandi penitenze. A tutti coloro che scelsero la vita monastica sotto la sua guida, offrì una dura disciplina ed una razione di cibo. Il Martyrologium Romanum lo commemora in data odierna.

Martirologio Romano: In Palestina sulle rive del Giordano, san Gerásimo, anacoreta, che, al tempo dell’imperatore Zenone, ricondotto alla retta fede da sant’Eutimio, fece grande opera di penitenza, offrendo a tutti coloro che sotto la sua guida si esercitavano nella vita monastica, un modello irreprensibile di disciplina e di vita.



Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 11:59

San Giovan Giuseppe della Croce (Carlo Gaetano Calosirto) Francescano Alcantarino

5 marzo

Ischia, 15 agosto 1654 - S. Lucia al Monte, 5 marzo 1734

Carlo Gaetano Calosirto nacque a Ischia nel 1654. A 15 anni entrò come Giovan Giuseppe della Croce tra i Francescani scalzi della riforma di san Pietro d'Alcantara, detti anche alcantarini, nel convento napoletano di Santa Lucia al Monte, dove condusse vita ascetica. Insieme a 11 frati fu mandato, poi, nel santuario di Santa Maria Occorrevole di Piedimonte d'Alife, dove fece costruire un convento. Poi fu contemporaneamente a Napoli come maestro dei novizi e a Piedimonte come padre guardiano. Quando agli inizi del Settecento ramo spagnolo e italiano dell'ordine si divisero (fino al 1722), lui guidò il secondo come ministro generale. Morì nel 1734. Fu canonizzato nel 1839 con Alfonso Maria de'Liguori e Francesco de Geronimo, dei quali era stato consigliere. Le sue spoglie riposano nel convento di Santa Lucia al Monte. (Avvenire)

Martirologio Romano: Sempre a Napoli, san Giovanni Giuseppe della Croce (Carlo Gaetano) Calosirto, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, sulle orme di san Pietro di Alcántara, ripristinò la disciplina religiosa in molti conventi della provincia napoletana.


Le doglie colgono donna Laura Gargiulo il 15 agosto 1654, mentre sta passeggiando nel borgo di Ischia, ad una certa distanza dal signorile e fortificato palazzo in cui abita. Così Carlo Gaetano, il suo terzo figlio, viene alla luce nella modesta stanzetta di una donna del popolo che generosamente e prontamente accoglie la partoriente. Quasi un segno che, quel bambino, non è destinato ad abitare a lungo nel palazzo dei Calosirto, una delle famiglie più in vista a facoltose di Ischia. Sarà per inclinazione naturale, sarà per “colpa” della famiglia profondamente religiosa in cui si prega molto, si digiuna a pane ed acqua in ogni vigilia di festa comandata, e dove si respira una grande devozione alla Madonna, ma quel bambino sembra davvero portato alla vita religiosa, complici anche i padri agostiniani cui i genitori affidano la sua preparazione culturale e religiosa. Ma non è da questi che il ragazzino si rivolge, a 15 anni appena compiuti, per realizzare la sua vocazione: ha conosciuto nel frattempo i frati alcantarini e si sente attratto dall’austerità di vita di questi Francescani che si ispirano alla riforma attuata da san Pietro d’Alcantara. A 16 anni entra così nel loro convento napoletano di Santa Lucia al Monte; qui, insieme al nuovo nome di Giovan Giuseppe della Croce, riceve una forte spinta verso la vita ascetica, grazie ad un Maestro dei novizi particolarmente ispirato. Dopo la professione religiosa, insieme a 11 confratelli si trasferisce a Piedimonte d’Alife, per costruire un nuovo convento nelle vicinanze del santuario di Santa Maria Occorrevole. E’ giovanissimo, ed è qui che si innamora: del silenzio abitato da Dio, della preghiera lunga e fervorosa, della meditazione prolungata e trasformatrice. Che però, come sempre avviene per i santi autentici, non riescono ad estraniarlo dal mondo, ma gli donano una sensibilità maggiore per scoprire, soprattutto fra le pieghe della sua Napoli, le mille contraddizioni e le tante miserie, nelle quali egli si muove perennemente scalzo, anche e ben al di là della sua Regola, con qualsiasi tempo e malgrado ogni intemperie. Tanto che una volta si ammala, così gravemente da temere per la sua vita; appena guarito, eccolo nuovamente per strada, instancabile tra un malato da curare ed un moribondo da assistere. Perché Padre Giovan Giuseppe, non aspetta che i poveri arrivino a lui, preferisce andarseli a cercare direttamente nei tuguri e nelle soffitte. Cadono su di lui le responsabilità della sua famiglia religiosa: umilmente le svolge, e anche con successo, come dimostra la delicata situazione che porta alla spaccatura tra gli Alcantarini di Spagna e quelli d’Italia. Di questi ultimi egli diventa superiore, ma continuando a lavorare per la riunificazione della famiglia alcantarina che riesce ad attuare dopo vent’anni, durante i quali colleziona critiche e calunnie capaci di smontare chiunque. Ma non lui, che nel silenzio al quale si è votato trova il suo più prezioso alleato per non rispondere male per male e per generosamente perdonare anche il più accanito calunniatore. Sulla sua strada fioriscono miracoli: parlano di bilocazioni, lievitazioni, profezie, guarigioni, moltiplicazioni, addirittura della risurrezione di un bambino: ma prima di ogni cosa è autenticamente prete, ricercato per la confessione e la direzione spirituale anche da santi autentici, come S. Alfonso Maria de’ Liguori e San Francesco de Geronimo, insieme ai quali (quando si dice scherzi della Provvidenza!) Padre Giovan Giuseppe della Croce Calosirto verrà canonizzato nel 1839. Ma santo nel cuore della gente lo era già da vivo e soprattutto da quel 5 marzo 1734 in cui, ottantenne, aveva chiuso gli occhi, nello stesso convento napoletano in cui era entrato 65 anni prima.

Autore: Gianpiero Pettiti





Nacque ad Ischia con il nome di Carlo Gaetano Calosirto, il 15 agosto del 1654 nel borgo di Ponte, figlio del nobile Giuseppe e di donna Laura Gargiulo. Frequentò nell’isola i padri agostiniani da cui ricevette la prima formazione umanistica e religiosa; a 15 anni scelse la vita religiosa per la grande attrazione che esercitava sul suo animo, aderendo ai Francescani scalzi della Riforma di s. Pietro d’Alcantara, detti anche alcantarini, per la loro vita austera, dipendenti dal convento di S. Lucia al Monte in Napoli.
Cambiò il nome in quello di Giovan Giuseppe della Croce e fece il noviziato sotto la guida ascetica di padre Giuseppe Robles. Nel gennaio 1671 fu inviato insieme ad altri 11 frati, di cui egli era il più giovane, presso il santuario di s. Maria Occorrevole a Piedimonte d’Alife, dove grazie alla sua fattiva opera fu costruito un convento, divenne sacerdote il 18 settembre 1677.
Durante la sua permanenza a Piedimonte, fece costruire in una zona più nascosta del bosco un altro piccolo conventino detto “la solitudine”, ancora oggi meta di pellegrinaggi, per poter pregare più in ritiro; per parecchi anni guidò contemporaneamente il noviziato a Napoli come maestro, e il convento a Piedimonte come padre guardiano, adoperandosi tra l’altro in forma molto attiva per la costruzione del convento del Granatello in Portici (Napoli).
Agli inizi del 1700 il Movimento Francescano subì una tempesta organizzativa dovuta ai forti dissensi sorti fra gli alcantarini provenienti in gran parte dalla Spagna e fra quelli italiani, che provocò, con l’approvazione pontificia, la separazione dei due gruppi per le loro nazionalità; gli spagnoli ottennero il convento di S. Lucia al Monte e del Granatello.
Padre Giovan Giuseppe, nominato capo e guida del gruppo italiano, dovette barcamenarsi in tutte le difficoltà che venivano poste dai potenti confratelli spagnoli, richiamò i circa 200 frati ad un rispetto più conforme alla Regola, riordinò gli studi.
Scaduto il suo mandato, ebbe dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Francesco Pignatelli, l’incarico di dirigere settanta fra monasteri e ritiri napoletani, uguale incarico l’ebbe anche dal cardinale Innico Caracciolo per la diocesi di Aversa.
Essendo qualificato direttore di coscienze, a lui si rivolsero celebri ecclesiastici, nobili illustri, persino s. Alfonso Maria de’ Liguori e s. Francesco de Geronimo; il Signore gli donò vari carismi, come la bilocazione, la profezia, la lettura dei cuori, la levitazione, apparizioni della Madonna e di Gesù Bambino, i miracoli come quello della resurrezione del marchesino Gennaro Spada, fu visto passare per le strade di Napoli sollevato di un palmo da terra in completa estasi.
Il 22 giugno 1722 con decreto pontificio i due rami alcantarini, furono riuniti di nuovo e quindi anche il convento di S. Lucia al Monte ritornò ai frati italiani ed è lì che Giovan Giuseppe della Croce, dopo averci vissuto per altri dodici anni, morì il 5 marzo 1734; la sua tomba posta nel convento è stata ed è tuttora centro di grande devozione dei napoletani che lo elessero loro compatrono nel 1790.
Beatificato da papa Pio VI il 24 maggio 1789, fu poi elevato agli onori degli altari come santo da papa Gregorio XVI il 26 maggio 1839, insieme ad altri quattro santi: Francesco de Geronimo, Alfonso Maria de’ Liguori, Pacifico di S. Severino e Veronica Giuliani.
L’isola d’Ischia, che da sempre l’ha venerato e amato come suo carissimo e grande figlio, ha fatto richiesta affinché le spoglie del santo vengano trasferite da S. Lucia al Monte in Napoli al convento francescano dell’isola, fra la sua originaria gente.


Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 12:00

Beata Giovanna Irrizaldi Vergine mercedaria

5 marzo

Era monaca mercedaria, la Beata Giovanna Irrizaldi, nel monastero di San Giuseppe in Nalan, cittadina delle Asturie in Spagna, dove visse testimoniando in modo esemplare la sua fede in Cristo. Nota per il miracolo compiuto, dovendo essa dirigersi altrove, in mancanza di un’imbarcazione distese un candido velo sulle onde del mare e salitavi sopra, fu trasportata dalle acque senza che le si bagnassero nemmeno i piedi. Terminata la sua vita terrena il corpo fu sepolto nel suo monastero.
L’Ordine la festeggia il 5 marzo.



Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 12:01

Beato Guglielmo Giraldi Mercedario

6 marzo

Ottavo priore del convento di Barcellona, il Beato Guglielmo Giraldi, fu un religioso mercedario santissimo e zelantissimo. Due volte andò in terra d’africa per redenzioni, una in Algeria l’altra in Marocco e liberò dalle catene dei mussulmani 453 schiavi. Morì santamente a Barcellona.
L’Ordine lo festeggia il 6 marzo.




Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 12:01

San Lucio I Papa

5 marzo

m. 254

(Papa dal 25/06/253 al 05/03/254)
Romano. Non appena eletto venne arrestato e mandato in esilio, dal quale, "per volere di Dio, restò incolume", come si legge nei documenti ufficiali.

Etimologia: Lucio = luminoso, splendente, dal latino

Martirologio Romano: A Roma sulla via Appia nel cimitero di Callisto, deposizione di san Lucio, papa, che, successore di san Cornelio, subì l’esilio per la fede in Cristo e, insigne testimone della fede, affrontò le difficoltà del suo tempo con moderazione e prudenza.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Assurse al soglio pontificale il 25 giugno del 253, pochi giorni dopo la morte del suo predecessore Cornelio.
Non è dato sapere come ma nonostante il suo brevissimo pontificato riuscì ad emanare il decreto per il quale: "... ogni presbitero doveva essere accompagnato da due preti e tre diaconi... a testimonianza del comportamento di tutti".
Il suo papato, dopo la morte dell'imperatore Treboniano Gallo e l'evento di Valeriano, fu da considerarsi abbastanza tranquillo sul fronte delle persecuzioni.
Dopo un breve esilio a Lucio fu concesso di ritornare a Roma. Morì di morte naturale e fu sepolto nella cripta di san Callisto o forse di santa Cecilia.Dapprima dichiarato santo per il suo martirio, Lucio fu successivamente cancellato dal Calendario Universale della Chiesa.



Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 12:02

San Teofilo di Cesarea di Palestina Vescovo

5 marzo

Etimologia: Teofilo = amico di Dio, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Commemorazione di san Teofilo, vescovo di Cesarea in Palestina, che, sotto l’imperatore Settimio Severo, rifulse per sapienza e integrità di vita.

Ascolta da RadioRai:
  

S. Teofilo vescovo di Cesarea di Palestina, viene menzionato da Eusebio di Cesarea (Historia Ecclesiastica, V) nella cronologia dei più importanti capi delle Chiese locali al tempo di papa Vittore I (200 d.C.).
Si sa poco di lui, lo stesso Eusebio lo cita altre due volte e cioè in merito ad un sinodo riunito in Palestina e poi per aver preso parte alla disputa dei vescovi dell’epoca sulla questione della celebrazione della Pasqua; una parte di vescovi asiatici del periodo preconsolare e quelli di origine Ebraica, volevano celebrarla il 14 del mese di aprile, mentre i vescovi delle Chiese occidentali compresa Roma e lo stesso Teofilo si opponevano volendo celebrarla la domenica (giorno del Signore).
Non risulta che negli antichi calendari vi fosse un culto particolare del santo; il primo ad introdurlo nella lista dei santi fu P. de Natalibus seguito poi da C. Baronio che dopo un breve elogio in cui lo apprezza per la saggezza e l’integrità della sua vita, lo introdusse nel Martirologio Romano al 5 marzo.


Stellina788
00venerdì 4 marzo 2011 12:03

San Virgilio di Arles Vescovo

5 marzo

Martirologio Romano: Ad Arles in Provenza, in Francia, san Virgilio, vescovo, che ospitò sant’Agostino e i monaci che, su mandato del papa san Gregorio Magno, erano in viaggio per l’Inghilterra.



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