7 novembre

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Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:06

Sant' Amarando (Amaranto) Martire

7 novembre

Martirologio Romano: Presso Albi in Aquitania, ora in Francia, commemorazione di sant’Amaranto, martire.


Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:07

Beato Antonio Baldinucci Sacerdote gesuita

7 novembre

Sec. XVII

Martirologio Romano: Nel villaggio di Pofì nel Lazio, beato Antonio Baldinucci, sacerdote della Compagnia di Gesù, che si dedicò interamente alla predicazione delle missioni al popolo.

Mai disperare, anche quando le circostanze della vita ci sono avverse e i grandi desideri che portiamo in cuore sono inversamente proporzionali alla salute che ci è toccata in sorte. Perché per Dio si possono fare cose grandi anche con quel poco di cui siamo dotati. Lui, per esempio, è di statura inferiore alla media, è gracile di salute, si ammala spesso e volentieri. Basta un piccolo sforzo mentale per mandarlo in tilt, e anche solo un maggior impegno nell’insegnamento è sufficiente a metterlo a letto per giorni e giorni. Suo padre, famoso Accademico della Crusca, non sembra lesinare nell’educazione cristiana dei suoi cinque figli e neppure si dimostra avaro con il Signore, quando di questi gliene chiede ben tre: uno entra nei Domenicani, l’altro diventa sacerdote secolare, mentre il più piccolo e malaticcio si fa Gesuita, sognando di andare missionario in Cina, in Giappone o nelle Indie. Sogni proibiti, visto la salute che si ritrova e le tante indisposizioni che lo perseguitano. Incredibile a dirsi, riescono a curarlo con il tabacco, che era il massimo che potesse offrire la medicina del tempo, quando ancora lo si utilizzava più per le sue virtù medicamentose che per il piacere di una fumata. Così ristabilito, ma pur sempre inadatto per le missioni, gli chiedono di fare il missionario in patria e di trasformarsi in predicatore itinerante, che non è propriamente un incarico di assoluto riposo, ma di cui non ha più bisogno il gracile gesuita, alto appena un soldo di cacio, che ha acquistato uno slancio inaspettato e una vitalità strabiliante, diventando capace di percorrere anche 70 chilometri al giorno. Comincia a girare i paesi dell’Italia centrale come un saltimbanco, dotato di un armamentario rustico e inquietante: un teschio sotto il braccio per richiamare a tutti il destino ultimo, la felicità o la dannazione eterna; uno “svegliarono”, cioè una composizione poetica che lui stesso ha composto e un confratello musicato, per richiamare i suoi ascoltatori alla conversione; parole semplici che vanno dritto al cuore e che risvegliano la fede. Certamente, la sua, è una predicazione figlia del suo tempo (siamo agli inizi del Settecento), che ha come contorno pubbliche flagellazioni, penitenze estenuanti, terrificanti presentazioni della dannazione eterna. Perfino la natura sembra dare forza alla sua predicazione, come quel giorno d’estate in cui, volendo spiegare che il numero delle anime che cadono nell’inferno è pari alle foglie che d’autunno cadono dagli alberi, invita il suo uditorio ad osservare l’albero all’ombra del quale sta predicando. Proprio in quel momento arriva una folata di vento che spoglia quasi completamente l’albero, al punto che le foglie rimaste attaccate ai rami si possono facilmente contare. Alcuni suoi consigli sono tuttavia ancora buoni per oggi: “Di tutto ciò che capita, prendete il buono e lasciate andare il cattivo….Vivete con un cuore grande e libero da ogni strettezza…..Non pensate a tutti i mali possibili, ma solo a quelli che hanno bisogno di un rimedio immediato…”. ”Paradiso, o paradiso, o bella patria” è l’esortazione che non manca mai nelle sue prediche, neanche in quella del 7 novembre 1717, pronunciata a Pofi (Frosinone). Sono le ultime parole di Padre Antonio Baldinucci, dopo le quali si accascia: stroncato da un infarto, ma soprattutto consumato dalle fatiche, ad appena 52 anni. Leone XIII lo ha proclamato beato nel 1893.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:08

Sant' Atenodoro Vescovo nel Ponto

7 novembre

Martirologio Romano: A Neocesaréa nel Ponto, nell’odierna Turchia, sant’Atenodóro, vescovo, fratello di san Gregorio Taumaturgo, che tanto progredì nella predicazione delle Sacre Scritture da essere ritenuto degno di svolgere il ministero episcopale, nonostante la giovane età.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:08

San Baudino (Baldo) Vescovo di Tours

7 novembre

† Tours, 552 ca.

Martirologio Romano: A Tours in Neustria, ora in Francia, san Baldo, vescovo, che distribuì in elemosina ai poveri l’oro lasciato dal suo predecessore.

Ascolta da RadioRai:
  

Sedicesimo vescovo di Tours, dopo Ingiurioso e Guntario. Secondo le scarne ma preziose notizie lasciate da s. Gregorio di Tours (538-594) storico francese, Baudino (Baldo, Baudin, Baud), era stato ‘domestico’ e ‘referendario’ del re Clotario I (497-561), ed aveva avuto moglie e figli.
Eletto vescovo nel 546, forse era vedovo, distribuì ai poveri l’oro lasciato dal suo predecessore e istituì la “mensa canonicarum”, per il clero della sua cattedrale di Tours.
Dopo cinque anni e dieci mesi di episcopato, Baldo morì verso il 552 e fu sepolto nella Basilica di San Martino di Tours.
Le sue reliquie, furono in seguito trasferite, una prima volta nell’XI secolo, nella chiesa di Verneuil-sur-Indre, poi una seconda volta a Loches nella Chiesa della Madonna, oggi di Sant’Orso; dove è venerato ed invocato per ottenere la pioggia.
Il Martirologio Romano, lo celebra il 7 novembre con il nome latino di Baldus.


Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:09

San Cungaro Abate

7 novembre

Martirologio Romano: In località poi chiamata Congresbury in Inghilterra, san Cungáro, abate, di origine bretone, del cui nome si gloriano molti luoghi e chiese.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:10

Beata Eleonora di Portogallo Regina, mercedaria

7 novembre

Regina di Portogallo, la Beata Eleonora, disprezzò le ricchezze terrene e beneficò abbondantemente l’Ordine Mercedario. Ornata della santità della vita, di doni celesti e famosa per i meriti migrò in cielo; il suo corpo fu composto in un sepolcro dignitoso vicino all’altar maggiore nella chiesa del convento di Sant’Antolino in Valladolid (Spagna).
L’Ordine la festeggia il 7 novembre.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:11

Sant' Engelberto di Colonia Vescovo

7 novembre

Martirologio Romano: A Colonia in Lotaringia, in Germania, sant’Engelberto, vescovo, che, sorpreso per strada da alcuni sicari e crudelmente percosso, morì per aver difeso la giustizia e la libertà della Chiesa.




Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:11

Sant' Ercolano di Perugia Vescovo e martire

7 novembre

† 7 novembre 547

Visse nel VI secolo. Nei suoi «Dialoghi» papa Gregorio Magno scrive che faceva vita monastica nel monastero dei Canonici Regolari di sant'Agostino. Chiamato alla cattedra episcopale di Perugia dopo la morte del vescovo Massimiano, si oppose all'invasione dei Goti di re Totila che combattevano i bizantini. Dopo tre anni di assedio, verosimilmente nel 547, le truppe guidate dal sovrano ostrogota penetrerano a Perugia. Ercolano fu catturato, scorticato e poi decapitato davanti a Porta Marzia, per ordine dello stesso Totila, impegnato nell'assedio di Roma. Il suo corpo fu gettato fuori delle mura cittadine. Come per gli antichi martiri cristiani, anche il suo corpo però fu ricomposto per poi essere seppellito insieme a un bambino trovato morto nello stesso luogo. Una quarantina di giorni dopo, i profughi perugini ebbero dal comandante dei Goti, il permesso di ritornare in città. Allora ricordando il loro vescovo Ercolano, morto martire per mano dei barbari, ne ricercarono il corpo sepolto, per trasferirlo nell'antica cattedrale di San Pietro. Trovarono il suo corpo intatto con il capo unito al corpo, come se non fosse mai stato tagliato. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Perugia, sant’Ercolano, vescovo e martire, decapitato per ordine di Totila, re dei Goti.


Del santo compatrono di Perugia, vi sono poche notizie della vita, ma qualcosa in più di dopo la morte. Visse nel VI secolo, e papa s. Gregorio Magno, che compilò i famosi “Dialoghi” (III, 13), scrisse che Ercolano faceva vita monastica nel monastero dei Canonici Regolari di sant’Agostino, prima di essere chiamato alla cattedra episcopale di Perugia, come successore del defunto vescovo Massimiano.
Verso il 547, dopo tre anni di assedio, i Goti di Totila (re degli Ostrogoti dal 541 al 552), in guerra con i bizantini nella penisola italiana, penetrarono nella città di Perugia, favoriti dalla delazione di un chierico, che informò i nemici sui piani di difesa della città; il vescovo Ercolano, che aveva resistito eroicamente con i concittadini, fu catturato, scorticato vivo, e poi decapitato davanti a Porta Marzia, per ordine di Totila, impegnato nell’assedio di Roma; il suo corpo fu gettato senza alcuna pietà, fuori delle mura cittadine.
Come per gli antichi martiri cristiani, anche per il vescovo Ercolano, ci furono mani pietose di fedeli, che raccolsero e ricomposero il suo corpo e lo seppellirono insieme a quello di un bambini trovato morto nello stesso luogo.
Una quarantina di giorni dopo, i profughi perugini ebbero dal comandante dei Goti, il permesso di ritornare in città, allora ricordando il loro vescovo Ercolano, morto martire per mano dei barbari, ne ricercarono il corpo sepolto, per trasferirlo nell’antica cattedrale di San Pietro.
Quando fu aperta la primitiva sepoltura, trovarono il corpo del bambino in avanzata fase di decomposizione, mentre quello del vescovo era intatto, quasi fosse morto quel giorno stesso.
Ma la meraviglia fu maggiore, quando si poté costatare che il capo era unito al corpo, come se non fosse mai stato tagliato, né vi erano cicatrici al collo, né segni delle torture e scorticature subite sul corpo.
Gli antichi martirologi storici, come quelli di Floro, Adone, Usuardo, considerano il martirio, avvenuto il 7 novembre. Ma il santo vescovo compatrono, Ercolano, nei secoli successivi, fu confuso anche con un omonimo santo martire del I secolo, ricordato a Perugia il 1° marzo.
Lo sdoppiamento va ricercato in una famosa quanta romanzesca leggenda, conosciuta sotto il nome di “Leggenda dei 12 Siri”, riportata per tutto il Medioevo con altri nomi. E fra i 12 leggendari santi, tutti parenti fra loro, venuti in Umbria dalla Siria, al tempo dell’imperatore Giuliano, vi era appunto un sant’Ercolano.
Questo sdoppiamento resisté nella storia, giungendo fino al 1940, quando il vescovo di allora, mons. Giovan Battista Rosa, con l’approvazione della Sacra Congregazione dei Riti, riportò ordine nella liturgia della diocesi perugina, stabilendo il 7 novembre come festa liturgica di s. Ercolano, vescovo e martire, e il 1° marzo la memoria della prima traslazione delle sue reliquie, avvenuta nel 723.
Il culto di s. Ercolano a Perugia, è testimoniato anche dalla bellissima chiesa a lui dedicata, emblema dell’autonomia municipale della città, eretta alla fine del sec. XIII nel luogo fuori delle antiche mura della città, che la tradizione indicava come quello della prima sepoltura del martire “defensor civitatis”.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:12

Sant' Ernesto di Zwiefalten Abate

7 novembre

Etimologia: Ernesto = severo o valoroso come aquila, dal tedesco

Ascolta da RadioRai:
  

Nel 1140 era abate del monastero fondato a Zwiefalten (Wùrttemberg) nel 1089 dai conti Kuno e Liutold von Achalm, ma nel 1146 diede le dimissioni e si unì all'esercito crociato del re Corrado III. Sulla sua attività come abate si sa poco, meno ancora sulla sua fine. Secondo la leggenda cadde nelle mani dei Saraceni e fu crudelmente martirizzato; viene venerato, infatti, nel suo monastero di Zwiefalten come santo martire. La sua festa è celebrata il 7 novembre. Talvolta fu confuso con l'omonimo prevosto di Neresheim, il quale prese parte alla prima crociata.
Nella chiesa abbaziale di Zwiefalten si conserva sull'altare di S. Stefano una statua di Ernesto, raffigurato anche in due pitture.


Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:13

San Fiorenzo di Strasburgo Vescovo

7 novembre

Etimologia: Fiorenzo = che fiorisce, fiorente, dal latino

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Strasburgo in Burgundia, nell’odierna Francia, commemorazione di san Fiorenzo, vescovo, succeduto a sant’Arbogasto.

Settimo vescovo di Strasburgo, pontificò verso la fine del sec. VI (il suo successore Ansoaldo assistette al concilio di Parigi del 614). Secondo la leggenda scritta al principio del sec. XI, Fiorenzo sarebbe un irlandese venuto in Alsazia per condurvi vita eremitica. Essendo stato raggiunto da alcuni discepoli, costruì per loro il monastero di Nieder-Haslach.
Succedette a s. Arbogasto sul seggio di Strasburgo e durante il suo episcopato elevò o restaurò per i suoi compatrioti "scoti" il monastero di S. Tommaso dove fu sepolto. Nell'810 il suo corpo fu trasferito a Nieder-Haslach.
Un conflitto terminato solo con la Riforma, oppose, dal sec. XII, i monasteri di S. Tommaso e di Nieder-Haslach, pretendendo ciascuno di possedere le sue reliquie.


Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:14

Santi Giacinto Castaneda e Vincenzo Le Quang Liem Martiri

7 novembre

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1731 c. - 1773

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nella città di Ket Chợ nel Tonchino, ora Viet Nam, santi Giacinto Castañeda e Vincenzo Lê Quang Liêm, sacerdoti dell’Ordine dei Predicatori e martiri, che coronarono con l’effusione del sangue le loro fatiche per il Vangelo sotto il regime di Trịn Sâm.


San Vincenzo Le Quang Liem
Nato nel villaggio di Tra-Lu, in Vietnam, ricevette dalla madre, fervente cattolica, una profonda educazione religiosa che fece ben presto sorgere il desiderio di consacrarsi al Signore: entrò così nell'Ordine domenicano. Compì gli studi a Manila nelle Filippine e dopo l'ordinazione sacerdotale ritornò in Vietnam per svolgere l'attività missionaria. Il 1° ottobre 1773, mentre stava celebrando la festa del s. Rosario in un villaggio, fu catturato, per delazione di un malvagio, dalle autorità che perseguitavano i cristiani. Dopo essere stato incitato, invano, ad abiurare la sua fede, ricevette la gloria del martirio venendo decapitato il 7 novembre insieme al confratello s. Giacinto Castaneda.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:14

Santi Ierone e compagni Martiri

7 novembre

Sant’Ierone ed i suoi numerosi compagni morirono martiri presso Melitene in Armenia. Particolare menzione meritano tra i compagni i santi Eugenio e Teodoto, dei quali si venerano le rispettive icone, oltre a quella del capogruppo Sant’Ierone.

Martirologio Romano: A Melitene nell’antica Armenia, santi Gerone e moltissimi suoi compagni, martiri.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:15

San Lazzaro il Galesiota Stilita

7 novembre

Martirologio Romano: Sul monte Galesio vicino a Efeso, nell’odierna Turchia, san Lazzaro, stilita, che per molti anni visse in diverse località su di una colonna, appesantito dal carico di pesanti ferrami e catene e contentandosi solo di pane e acqua, e seguendo questo severo tenore di vita attrasse a sé moltissimi fedeli.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:16

Beata Lucia da Settefonti Vergine

7 novembre

sec. XII

Lucia, vergine bolognese, denominata da Settefonti per il luogo, non lontano da Bologna in comune di Ozzano Emilia, dove sorgeva il monastero di santa Cristina, con altre compagne professò la Regola Camaldolese. Visse nel secolo XII in fama di santità. Intorno alla sua figura di monaca e badessa si divulgarono narrazioni popolari che, attestando il valore della sua intercessione e carità fraterna, incrementarono il suo culto particolarmente nella chiesa di santa Cristina in Bologna. Di lì, il 7 novembre 1573, il card. Paleotti traslò le reliquie nella chiesa di sant'Andrea di Ozzano, dove sorgeva un altro monastero dello stesso ordine. Pio VI nel 1779 ne confermò il culto e ne fissò la memoria al 7 novembre.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:17

San Mamante e compagni Martiri a Melitene

7 novembre

Melitene in Armenia † 303 ca.


Con il nome di Mamante, conosciamo tre martiri tutti orientali, fra i quali il più celebre è il grande santo conosciuto anche con il nome di Mama, martire di Cesarea di Cappadocia, la cui festa è il 17 agosto e il cui culto si estese ampiamente in Oriente e in Occidente, con reliquie sparse in tutta Europa.
Un secondo Mamante è accomunato nel martirio ai ss. Tecla e Basilisco, martiri in un villaggio palestinese e la cui festa è riportata dal Calendario Palestino-georgiano al 21 giugno.
Il terzo Mamante, fa parte di un numeroso gruppo di martiri di Melitene in Armenia, catalogati come s. Gerone e compagni martiri, e la cui celebrazione, secondo il Sinassario Costantinopolitano è il 7 novembre, riportata anche dal Martirologio Romano.
Procopio di Gaza, raccontò che quando a Costantinopoli, al tempo di Giustiniano imperatore, si fecero gli scavi per gettare le fondamenta della Basilica di S. Irene, vennero alla luce le reliquie di non meno di quaranta martiri, con un’iscrizione che li qualificava come soldati romani della XXII Legione, di stanza a Melitene.
Nella prima metà del VII secolo, fu creata la prima leggenda letteraria sui martiri di Melitene, che qui se ne racconta la trama: Al tempo degli imperatori Diocleziano (243-313) e Massimiano (250-310), dopo una dura sconfitta subita dai romani ad opera dei Persiani avvenuta nel 296, si cercò di reclutare nuovi soldati per ricompattare l’esercito.
Un funzionario imperiale Agricolao, fu inviato in Cappadocia per arruolare con forza tutti cristiani che non volevano rinunciare alla loro fede, ma risaputa la notizia, tutti gli uomini validi fuggirono dalla città; Agricolao saputo della presenza di un vignaiolo di nome Gerone, inviò degli uomini per arruolarlo, ma egli, dotato di forza eccezionale, si difese bene prendendo a scudisciate i soldati che fuggirono.
Anche un secondo tentativo dei soldati di stanarlo da dentro una grotta, dove si era rifugiato con altri 32 compagni, risultò vano. Alla fine un suo fratello lo convinse a desistere e così Gerone ed i suoi amici si arruolarono nell’esercito imperiale ed inviati a Melitene in Armenia.
Qui Gerone ebbe in sogno un vecchio misterioso, che lo incoraggiò a restare saldo nella fede, perché l’attendeva la prova del martirio; avvertì di ciò i suoi compagni cristiani e tutti proposero di non partecipare al solenne sacrificio agli dei, in programma il giorno seguente e a cui dovevano essere tutte presenti le reclute.
Nel racconto ambientato al tempo dell’editto imperiale del 303 contro i cristiani, segue l’interrogatorio e l’opera di persuasione a desistere del preside Lisia, con promesse, minacce, supplizi e fustigazioni, uno di loro Vittore non resisté e rinunciò fuggendo insieme ad un altro; a Gerone fu amputata la mano che aveva colpito i soldati romani.
Alla fine tutti i 31 arrestati rimasti furono decapitati, questi i loro nomi: Gerone, Mamante, Nicandro, Esichio, Baraco, Massimiano, Callinico, Atanasio, Teodoro, Ducezio, Eugenio, Teofilo, Valerio, Teodoto, Callimaco, Santico, Ilario, Giganzio, Longino, Temelio, Eutichio, Diodato, Castricio, Teogene, Nicone, Teodolo, Bostrichio, Doroteo, Claudiano, Epifanio, Aniceto.
Studiosi agiografi hanno fatto notare che questa leggenda ricalca in più punti la ‘Passio’ dei XL Martiri di Sebaste.


Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:17

Santi Melasippo, Cassina (Carina) ed Antonio Genitori e figlio, martiri

7 novembre

+ Ancira, Galazia, IV secolo


Questi santi sono commemorati dai sinassari bizantini con una notizia piuttosto lunga, probabilmente ispirata alla loro “passio” andata poi perduta. Antonio, un ragazzo appena tredicenne, con i genitori Melasippo e Cassina subì il martirio presso Ancira di Galazia al tempo dell’imperatore Giuliano l’Apostata e del governatore della città Agrippino, cioè nella seconda metà del IV secolo. La notizia ci tramanda in stile eccessivamente epico i vari tormenti cui i tre martiri furono sottoposti. Il Cardinal Baronio, venuto a conoscenza di questi martiri dal menologio redatto dal Cardinal Sirleto, li introdusse nel Martyrologium Romanum nell’ordine di Melasippo, Antonio e Cassina, mutando però il nome di ques’ultima in Carina. L’esistenza di questi santi è così avvolta dal mistero che l’ultima edizione del martirologio cattolico ha preferito non più riportare i loro nomi.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:18

San Pietro Wu Guosheng Martire

7 novembre

Nel prendere contatto con i missionari, abbracciò la Fede, abbandonò la sua professione di locandiere e diventò catechista. Rifiutatosi di apostatare, fu il primo martire cinese della persecuzione imperiale.

Martirologio Romano: In località Zunyi nella provincia del Guizhou in Cina, san Pietro Wu Guosheng, catechista e martire, strangolato per Cristo.


Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:19

San Prosdocimo di Padova Protovescovo

7 novembre

Sec. II

Viene onorato, dalla tradizione, come il primo vescovo di Padova, patrono della città euganea, e anche, secondo la opinione di vari studiosi, probabile evangelizzatore di tutta la Venezia occidentale. Anche la più bella immagine di San Prosdocimo venne dipinta da un padovano, il grande quattrocentista Andrea Mantegna. Fa parte di un polittico intitolato a Santa Giustina, altra celebre martire di Padova, che si trova attualmente nella Pinacoteca di Brera, a Milano. In questo, san Prosdocimo appare con il tipico attributo della brocca, simbolo della sua infaticabile attività di battezzatore. Inviato dallo stesso san Pietro, Prosdocimo a Padova avrebbe compiuto prodigi e miracoli. Dopo la sua morte si trova citata, fuori dalle mura di Padova, una «Ecclesia Sancti Prosdocimi», nota più tardi come basilica di Santa Giustina. Il vescovo, infatti, avrebbe convertito proprio Giustina, e la donna cristiana seppe mantenere intatta la sua fede, affrontando il martirio nella persecuzione di Nerone. (Avvenire)

Etimologia: Prosdocimo = l'atteso, l'aspettato, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Padova, san Prosdocimo, che si ritiene sia stato il primo vescovo di questa città.


Ci sono nomi che suonano familiari e addirittura tipici in certe città d'Italia, mentre altrove sono considerati insoliti, strani, addirittura inauditi. Sono nomi legati al culto di un Santo locale, in molti casi un antico Vescovo, in altri un Martire.
Non molto tempo fa abbiamo parlato di Lecce, e del suo tipico Sant'Oronzo. Potremmo aggiungere Brescia, con San Giovita; Cagliari, con San Lucifero; Carrara, con San Ceccardo. E finalmente Padova, con San Prosdocimo.
Il nome di Prosdocimo per quanto oggi poco frequente, denunzia immediatamente una provenienza veneta, e in particolare patavina. E questo perché il Santo viene onorato, dalla tradizione, come il primo Vescovo di Padova, Patrono della città euganea, e anche, secondo la opinione di vari studiosi, probabile evangelizzatore di tutta la Venezia occidentale.
Anche la più bella immagine di San Prosdocimo venne dipinta da un padovano, il grande quattrocentista Andrea Mantegna. Fa parte di un polittico intitolato a Santa Giustina, altra celebre Martire di Padova, che si trova attualmente nella Pinacoteca di Brera, a Milano. In questo, San Prosdocimo appare con il tipico attributo della brocca, simbolo della sua infaticabile attività di battezzatore.
Il significato etimologico del nome di Prosdocimo è molto bello, perché in greco significa " atteso ". Si può dire che San Prosdocimo, primo Vescovo di Padova, fu veramente l'atteso di quella città ancora pagana, nella quale sarebbe stato inviato dallo stesso San Pietro, dopo la consacrazione episcopale.
Nella dolce plaga euganea, San Prosdocimo avrebbe compiuto prodigi e miracoli, che una tardiva Leggenda descrisse con evidente libertà d'immaginazione. Chi si occupa di agiografia è abituato a certe letture che, nella pia intenzione degli autori, dovrebbero essere edificanti, ma che, per eccesso di zelo, finiscono con l'essere ingenue.
Fortunatamente, una certa ingenuità conferisce spesso una nota di poesia anche ai testi più stanchi a causa delle ripetizioni e dei ricalchi. A volte, però, gli scarni documenti sono più eloquenti delle ridondanti leggende. E' il caso di San Prosdocimo, per il quale, dopo la morte, si trova citata, fuor delle mura di Padova, una Ecclesia Sancti Prosdocimi, nota più tardi come basilica di Santa Giustina, una delle più belle della città.
La gloria di San Prosdocimo sarebbe stata infatti Santa Giustina, festeggiata il 7 ottobre. San Prosdocimo l'avrebbe convertita, e la donna cristiana seppe mantenere intatta la sua fede, affrontando il martirio nella persecuzione di Nerone.
Il Vescovo di Padova, invece, fu risparmiato, non si sa bene né come né perché. Giunse al termine naturale della sua vita, carico di meriti e di anni, amato come padre, venerato come Santo: San Prosdocimo, che in greco vuol dire " l'atteso ".



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:20

Tutti i Santi dell'Ordine Domenicano

7 novembre

 

L’istituzione di questa festa, dedicata a tutti i Santi Gusmani, risale al 1674. Essa fu richiesta dal Cardinale Domenicano Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, al Pontefice Clemente X, da cui aveva ricevuto la porpora, e che fu Protettore specialissimo dell’Ordine Domenicano. Questa solennità parve molto opportuna al Pontefice, perché, osservava “se volessimo dare ad ognuno dei suoi santi figli il giorno proprio, bisognerebbe formare per loro soli un nuovo calendario”. Il Santo Patriarca Domenico, in una magnifica visione che svelò a lui le arcane bellezze del cielo, poté vedere i suoi figli e le sue figlie, Beati e Santi, sotto il manto di Maria, facendo sussultare di gioia il suo cuore di padre. I suoi figli hanno magnificamente attuato il santo ideale da lui attinto al cuore stesso del Redentore, nelle lunghe notti insonni: ideale fatto di contemplazione, amante della prima Verità, per parteciparne poi in sovrabbondanza alle anime prive di luce e d’amore. Dottori, Apostoli. Martiri, Vergini meravigliose. Ed oltre a questi figli aureolati dalla Chiesa, tanti altri, impossibile da numerare, il cui nome nessuna cronaca ci ha tramandato, che però seppero gioiosamente camminare sulla via da lui tracciata e raggiungere la stessa gloria dei loro grandi confratelli e che insieme con loro indicano a noi, quaggiù, la via.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:21

San Villibrordo Vescovo

7 novembre

Northumbria, 658 - Echternach (Lussemburgo), 7 novembre 739

A trent’anni ricevette l’ordinazione sacerdotale, dopo di ché insieme a undici compagni si dedicò all’evangelizzazione della Frisia (Paesi Bassi) e di una parte della Germania. Anversa fu la prima residenza e il centro dell’apostolato di Villibrordo, fu l’avamposto e forse il Seminario delle fondazioni di Utrecht. La consacrazione episcopale, ricevuta a Roma, avvenne la domenica 24 novembre 695, antivigilia della festa di S. Clemente. In quella occasione il papa dette al nuovo arcivescovo il nome di Clemente. Per parecchi anni, senza un attimo di tregua, percorse la Frisia, la Fiandra, il Lussemburgo e le rive del Reno predicando e costruendo conventi. Dopo una vita dedicata alla preghiera e all’introduzione di vescovi ausiliari la malattia e la vecchia rallentano e interrompono la sua attività. Morì all’età di ottantuno anni. Qualche giorno dopo il suo corpo viene deposto in sarcofago nei monasteri di Echternach.

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Echternach in Austrasia, nel territorio dell’odierno Lussemburgo, deposizione di san Villibrordo, che, di origine inglese, ordinato vescovo di Utrecht dal papa san Sergio I, predicò il Vangelo tra le popolazioni dell’Olanda e della Danimarca e fondò sedi episcopali e monasteri, finché, gravato dalle fatiche e logorato dall’età, si addormentò nel Signore in un cenobio da lui fondato.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

L'evangelizzazione della Germania transrenana ebbe inizio nel VII secolo, sul finire dell'epoca merovingia, per opera dei monaci irlandesi e anglosassoni, e raggiunse il massimo sviluppo nel secolo seguente con l'azione missionaria di S. Bonifacio. Il primo a sbarcare in Frisia, nei Paesi Bassi, fu Vilfrido di York. Poi l'abate Egberto, un maestro di vita spirituale dell'epoca, vi mandò Villibrordo (Willibrord), oriundo della Northumbria, dov'era nato nel 658, il cui zelo per la diffusione del regno di Dio sarà l'unico incentivo della sua movimentata esistenza.
Questo monaco, che i biografi descrivono piccolo di statura, nero di capelli, di delicata costituzione, con occhi profondi e vivi, incarna il tipo ideale del monaco occidentale: un lavoratore che non conosce pause né crisi di scoramento, austero, prudente, leale, tenace, devoto al papa. Formatosi nell'abbazia inglese di Ripon, all'età di vent'anni si era recato in Irlanda per perfezionare la sua cultura teologica sotto la guida dell'abate Egberto, che a trent'anni lo consacrò sacerdote.
Dopo l'insuccesso della missione di Vilfrido, fu mandato con undici compagni in Frisia. La vittoria di Pipino di Heristal sul re Radbod nel 689 rese più facile l'impresa. Sbarcati all'imbocco dell'Escaut, una regione di terre acquitrinose, i missionari si diressero all'interno, accolti con grandi onori dal duca Pipino. Ma Villibrordo, prima di dare inizio alla sua opera di evangelizzazione, volle recarsi a Roma per avere il beneplacito del papa. Da Sergio I ebbe approvazione e incoraggiamento. Al rientro, il monaco scelse Anversa come centro del suo apostolato e come avamposto delle future fondazioni, tra cui la più celebre fu quella di Utrecht.
Per l'erezione della nuova diocesi in Frisia, Villibrordo si recò nuovamente a Roma, dove il papa Sergio I il 21 novembre 695 lo consacrò vescovo, col nome di Clemente (24 anni dopo Gregorio Il farà altrettanto col monaco sassone Vinfrido-Bonifacio). Da questo momento sarebbe arduo elencare tutti i viaggi dell'infaticabile missionario, dalle rive del Reno fino alla Danimarca. Fondato a Echternach (Lussemburgo) un piccolo convento, vi morì il 7 novembre 739 a ottantun anni di età.
Fu un uomo di azione e di preghiera e soprattutto un grande organizzatore con uno spiccato senso del comando, che gli consentì, grazie anche alla formazione di vescovi ausiliari (una novità per l'Occidente), di evitare il frazionamento delle varie Chiese con la conseguente dispersione dell'attività pastorale.



Stellina788
00sabato 6 novembre 2010 11:22

Beato Vincenzo Grossi Sacerdote

7 novembre

Pizzighettone, Cremona, 9 marzo 1845 - 7 novembre 1917

Il beato Vincenzo Grossi nacque il 9 marzo 1845 a Pizzighettone (CR): penultimo di sette fratelli. Nel 1866 entrò nel Seminario di Cremona e fu ordinato sacerdote il 22 maggio 1869. Dapprima ebbe l’incarico di vicario cooperatore in alcune parrocchie, poi nel 1873 parroco a Regona e nel 1883 a Vicobellignano.
"Fu... per tutti illustre esempio di povertà, di spirito di abnegazione, di vita austera, di totale ossequiente obbedienza verso il Sommo Pontefice e il suo Vescovo. Così con la mitezza, unita ad una abituale buon umore e giovialità - che raccomandava caldamente alle sue suore - si conquistava facilmente la fiducia di molti per guadagnarli a Gesù Cristo".
Nel 1885 fonda l’Istituto delle Figlie dell’Oratorio, dandogli regole secondo lo spirito di S. Filippo Neri e il carisma dell’educazione cristiana dei giovani.
Morì il 7 novembre 1917, data in cui si celebra la memoria liturgica.

Etimologia: Vincenzo = vittorioso, dal latino

Martirologio Romano: Presso Cremona, beato Vincenzo Grossi, sacerdote, che, mentre attendeva al suo ufficio di parroco, fondò l’Istituto delle Figlie dell’Oratorio.


Il Beato don Vincenzo Grossi nacque a Pizzighettone (Cremona) il 9 marzo 1845. Ricevette il battesimo lo stesso giorno della nascita. Dalla mamma imparò a vivere di fede e preghiere, mentre dal papà l’impegno e la serietà nel lavoro.
Avrebbe desiderato entrare presto in seminario, ma il papà – anche per esigenze familiari – volle provare la vocazione del figlio. Solo a 19 anni potè realizzare il suo desiderio.
Don Vincenzo celebrò la sua prima messa nella cattedrale di Cremona il 22 Maggio 1869.
La Messa sarà sempre il centro della sua vita: da essa attingerà luce e forza per se e per l’apostolato. Dirà alle sue Suore: "il Prete è obbligato ad esprimere quaggiù la vita augusta di Gesù in cielo ed a continuare quaggiù quella vita che Gesù avrebbe condotto, se fosse stata volontà del Padre che in terra vivesse sempre".
Dopo aver perso il padre, la madre gli rimase accanto per parecchio tempo, intervenendo con le sue segrete elemosine per saldare i debiti parrocchiali di suo figlio. Nel 1872 diventò economo spirituale di Ca’ de Soresini. L’anno dopo gli fu affidata la sua prima parrocchia: Regola. Ai fedeli, specie ai ragazzi e ai giovani, non solo aprì il suo cuore, ma anche la sua casa.
Riordinò la Chiesa, predispose una catechesi sistematica; fu magnanimo nella carità verso tutti. Regola divenne “il conventino della diocesi”.
Sua costante preoccupazione fu la gioventù. Era felice di avere attorno tanti giovani. Anche alle Figlie dell’Oratorio insegnerà ad amare molto la gioventù: anzi le voterà alla sua educazione cristiana. La sua linea pastorale può essere riassunta in un pensiero da lui pronunciato in una predica domenicale: "il nostro cuore, quando è pieno d’amore di Dio, non sa cosa farne degli altri amori. Capite? All’opera, dunque!".
L’insistenza del vescovo Bonomelli gli fece accettare il 28 dicembre 1882 la parrocchia di Vicobellignano, dove rimarrà per 34 anni. La parrocchia era in forte disagio per il lavoro dei protestanti. Il vescovo, infatti, gli scriveva: "Quella parrocchia ed in generale quelle parti domandano parroci pieni di zelo, disinteressati, esemplari, di carità grande, di somma prudenza e istruiti: queste doti io le ravvedo in voi e sono certo di non ingannarmi… io spero che in 10 anni rialzerete quella parrocchia e farete scomparire l’errore."
Fu profeta. Con intensa preghiera e con dedizione generosa, il Beato trasformò il paese in una vera comunità spirituale: fu pastore zelante, guida del proprio gregge con la parola e con l’esempio.
Don Vincenzo non era uomo dai molti libri, ma piuttosto di profondo studio. Si ritirava spesso a leggere ed a scrivere. Preparava diligentemente tutte le sue prediche per il popolo e più tardi le lezioni alle sue suore. La sua predicazione era frutto della preghiera e della meditazione.
La sua Messa quotidiana era preceduta da lunga preparazione. La celebrazione era semplice, ordinata, profondamente esemplare nelle parole e nei gesti. La sua anima era tutta tesa al Signore.
Spesso era richiesta dai sacerdoti delle diocesi e di fuori, dove si portava come predicatore delle “missioni al popolo”. Non aveva esigenze particolari, gli bastava una povera borsa da viaggio, con il breviario e l’orologio da contadino.
Nel 1885 fondò la prima comunità delle Figlie dell’Oratorio per la gioventù femminile. Scrisse le regole in ginocchio davanti al Tabernacolo. Il Beato alle suore dirà di non distinguersi che nella santità e nella gioia: affiderà loro come patrono S. Filippo Neri, il santo della letizia spirituale.
Morì il 7 novembre 1917, pronunciando le parole: "la via è aperta: bisogna andare". Pochi giorni prima, alla Maestra delle Novizie, disse: "Procurate di non lamentarvi mai; cercate anzi di gioire quando le cose vanno all’opposto dei vostri desideri". La sua morte, serena e totalmente offerta a Dio, chiudeva una vita esemplare e generosa.
Il primo novembre 1975 Paolo VI lo beatificava additandolo come esempio a tutti i sacerdoti ed ai parroci del mondo. Le sue reliquie riposano presso la Casa Madre di Lodi.



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