7 ottobre

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scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:04

Beata Vergine Maria del Rosario

7 ottobre

Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell'impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla perghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. (Mess. Rom.)

Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Martirologio Romano: Memoria della beata Maria Vergine del Rosario: in questo giorno con la preghiera del Rosario o corona mariana si invoca la protezione della santa Madre di Dio per meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida di lei, che fu associata in modo tutto speciale all’incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio.

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Il Rosario è, nato dall'amore dei cristiani per Maria in epoca medioevale, forse al tempo delle crociate in Terrasanta. L'oggetto che serve alla recita di questa preghiera, cioè la corona, è di origine molto antica. Gli anacoreti orientali usavano pietruzze per contare il numero delle preghiere vocali. Nei conventi medioevali i fratelli laici, dispensati dalla recita del salterio per la scarsa familiarità col latino, integravano le loro pratiche di pietà con la recita dei "Paternostri", per il cui conteggio S. Beda il Venerabile aveva suggerito l'adozione di una collana di grani infilati a uno spago. Poi, narra una leggenda, la Madonna stessa, apparendo a S. Domenico, gli indicò nella recita del Rosario un'arma efficace per debellare l'eresia albigese.
Nacque così la devozione alla corona del rosario, che ha il significato di una ghirlanda di rose offerta alla Madonna. Promotori di questa devozione sono stati infatti i domenicani, ai quali va anche la paternità delle confraternita del Rosario. Fu un papa domenicano, S. Pio V, il primo a incoraggiare e a raccomandare ufficialmente la recita del Rosario, che in breve tempo divenne la preghiera popolare per eccellenza, una specie di "breviario del popolo", da recitarsi la sera, in famiglia, poiché si presta benissimo a dare un orientamento spirituale alla liturgia familiare.
Quelle "Ave Maria" recitate in famiglia sono animate da un autentico spirito di preghiera: "E mentre si propaga la dolce e monotona cadenza delle "Ave Maria", il padre o la madre di famiglia pensano alle preoccupazioni familiari, al bambino che attendono o ai problemi che già pongono i figli più grandi. Questo insieme di aspetti della vita familiare subisce allora l'illuminazione del mistero salvifico del Cristo, e viene spontaneo affidarlo con semplicità alla madre del miracolo di Cana e di tutta quanta la redenzione" (Schillebeeckx).
La celebrazione della festività odierna, istituita da S. Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta turca (inizialmente si diceva "S. Maria della Vittoria"), il giorno 7 ottobre, che in quell'anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X nel 1913. La "festa del santissimo Rosario", com'era chiamata prima della riforma del calendario del 1960, compendia in certo senso tutte le feste della Madonna e insieme i misteri di Gesù, ai quali Maria fu associata, con la meditazione di quindici momenti della vita di Maria e di Gesù.


scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:05

Sant' Adalgiso di Novara Vescovo

7 ottobre

Etimologia: Adalgiso = nobile freccia, dal tedesco

Emblema: Bastone pastorale


Fu il trentaduesimo della serie, come si può leggere nei dittici della chiesa novarese, conservati l'uno nella Basilica di S. Gaudenzio (1070?) e l'altro nella Cattedrale (1123 ca.). Più sobrio il primo, più ampio il secondo, attestano tuttavia concordemente che A. fu vescovo di Novara per diciotto anni, dall'830 (o 831) all'849 (o 850) secondo alcuni, dall'834 all'852-3 (?) secondo altri.
Il Bascapè parla di A. nella sua Novaria, dopo aver descritto l'epoca in cui visse il santo, quella delle vittorie di Carlo Magno sui Longobardi, seguita dall'incoronazione dell'imperatore e dalla costituzione del Sacro Romano Impero, che dà origine alla dominazione carolingia in Italia.
Adalgiso è ritenuto costantemente dalla tradizione di origine longobarda, forse della stessa famiglia dell'ultimo re Desiderio, anzi, addirittura nipote di lui. Ma nulla si sa esattamente dei suoi anni giovanili. Si pensa fosse canonico della chiesa di S. Gaudenzio, essendosi più tardi dimostrato larghissimo dei suoi beni verso il Capitolo di questa chiesa. Neppure risulta se sia stato nominato vescovo per le sue virtù piuttosto che per l'alto lignaggio. Nel1'854 non era più tra i vivi, come si rileva dal diploma di Ludovico II imperatore, diretto al successore di Adalgiso, Dodone o Ottone e datato precisamente il 7 giugno di quell'anno.
Oltre che "santissimo vescovo" (le quali parole, scritte in rosso in segno d'onore, sono quanto di più caloroso si legga nei dittici della Cattedrale), gli si attribuisce anche l'elogio rarissimo di "gemma dei sacerdoti", mentre si accenna alle sue "specchiatissime opere".
Si può invece affermare con sicurezza storica la notizia delle sue generose elargizioni ai canonici della Cattedrale, conservate già nell'Archivio vescovile e ora perdute. Le donazioni riguardavano anche i canonici di S. Giulio e di Gozzano, oltre che quelli della Cattedrale di S. Gaudenzio. Sono tre documenti distinti, probabilmente tutti del 19 febbraio 840, ottenuti dall'imperatore su richiesta di Adalgiso.
Dalla stessa lettera risulta che Adalgiso pose al servizio della chiesa di Santa Maria circa quaranta chierici per la celebrazione dei divini Uffici, assegnando loro un congruo beneficio. Arricchì la Cattedrale anche del mirabile mosaico, che ancora oggi si vede dinanzi all'altare maggiore. Da un altro insigne documento, conservato nella biblioteca capitolare di S. Gaudenzio, che porta la data del 30 gennaio 848, si rileva che Adalgiso donò ai canonici di S. Gaudenzio il possedimento di Cesto e altre terre del Basso Novarese, provvedendo loro perfino "le vestimenta e le calzature".
Quando morì, le sue spoglie furono portate dapprima nella chiesa di S. Gaudenzio fuori le mura, poi traslate in città nel 1533, dopo la distruzione di quella chiesa e delle case esterne ad opera di Carlo V. Dal 1927 esse riposano, insieme con le venerate reliquie di altri vescovi novaresi, in S. Gaudenzio, dentro un'artistica urna, sotto l'altare dedicato al suo nome. La sua festa secondo gli Acta Sanctorum ricorre il 7 ottobre, mentre oggi la chiesa novarese la celebra il 5 dello stesso mese.



scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:05

Beate Agnese, Maddalena, Caterina, Bianca e Marianna Monache mercedarie

7 ottobre

Le Beate: Agnese, Maddalena, Caterina, Bianca e Marianna, onorarono il monastero mercedario dell’Assunzione in Siviglia (Spagna), con la loro vita di osservanza e contemplazione. Furono premiate con le consolazioni divine, veramente sapienti e dello stesso numero delle vergini prudenti, anch’esse prepararono le loro lampade con le virtù e portarono con se l’olio delle buone opere così all’arrivo dello Sposo Divino entrarono con Lui alle nozze eterne. L’Ordine le festeggia il 7 ottobre.




scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:06

Sant' Augusto di S. Sinforiano Abate

7 ottobre

m. 560

Guarito miracolosamente, secondo Gregorio di Tours, grazie all'intercessione di s. Martino, Augusto si diede alla vita monastica, insieme con alcuni compagni. Il vescovo di Bourges, Probiano, lo nominò abate di S. Sinforiano, monastero da lui fondato nei dintorni della città, e Augustoattese al suo compito con rara prudenza e saggezza. Una visione gli fece conoscere il luogo ove era sepolto il corpo di s. Orsino, primo vescovo di Bourges.

Etimologia: Augusto = consacrato agli auguri

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Presso Bourges in Aquitania, in Francia, sant’Augusto, sacerdote e abate, che aveva le mani e i piedi così contratti da non potersi sostenere se non con le ginocchia e i gomiti; sanato per intercessione di san Martino, radunò intorno a sé dei monaci e attese initerrottamente alla preghiera.


Il Calendario della Chiesa segna per oggi la ricorrenza della Madonna del Rosario: una festa la cui origine risale al Papa San Pio V, che con questa intese festeggiare la vittoria della flotta cristiana contro quella turca, a Lepanto, nel 1571.
Non molti Santi di chiara fama sono nominati oggi dal Martirologio Romano. Abbastanza popolare, un tempo, era la coppia dei Santi Sergio e Bacco, ma le loro figure appartengono quasi totalmente alla leggenda.
Sant'Augusto, ci attira subito per la celebrità del nome, che, prima di diventare proprio di persona, fu aggettivo e attributo dei romani Imperatori, a cominciare dal primo e maggiore, Ottaviano Augusto, successore di Cesare: sovrano giusto e pacifico, sotto il cui scettro nacque, nella lontana Betlemme, Gesù. Ci sono nel Calendario tre o quattro santi di nome Augusto: quello di oggi è il più celebre, anche se la sua devozione è stata piuttosto limitata. Fu francese, e visse a Bourges nel VI secolo: almeno nei suoi tratti fisici non ebbe nulla in comune con l'Imperatore di cui ripeteva il nome - e il cui aspetto ci è noto, con sufficiente esattezza, dalle pagine degli scrittori e soprattutto dalle opere d'arte. San Gregorio di Tours lo dice infatti anchilosato ai piedi e alle mani. Per muoversi, si trascinava faticosamente e penosamente sui gomiti e sulle ginocchia. Ma l'infermità delle membra non lo scoraggiò, né rese anchilosata la sua anima, che restò sana e integra, di cristiano ricco di buona volontà.
Aiutato dalle elemosine dei fedeli, Sant'Augusto si propose di costruire una chiesa dedicata al grande Vescovo francese San Martino. Riuscì infatti a compiere quell'impresa che sembrava tanto superiore alle sue forze. E quando la chiesa fu terminata, a Bourges, egli vi fece portare alcune preziose reliquie del Santo titolare.
Si narra che proprio per la virtù taumaturgica di queste reliquie, lo storpio che non si era arreso davanti alla sua infermità riacquistasse l'uso delle membra. Ma non approfittò per allontanarsi: restò presso la chiesa da lui costruita, in una piccola comunità monastica. Se da infermo aveva superato le menomazioni del suo corpo rattrappito, risanato seppe soggiogare il corpo vigoroso. Rifiutò le gambe a vani movimenti, le mani a indegne occupazioni. Stette fermo e tranquillo, in preghiera e in penitenza.
Il Vescovo della città lo creò Abate del monastero di San Sinforiano, e Sant'Augusto, senza abbandonare i suoi monaci penitenti, governò di lì, saggiamente, tanto l'una quanto l'altra comunità. E in tale incombenza santamente morì, si crede verso il 560, in circostanze che non conosciamo.




scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:06

San Geroldo di Colonia Pellegrino

7 ottobre

Sec. XIII


Nel nostro tempo, dominato dalla velocità, è difficile rendersi conto delle difficoltà, ma anche - ammettiamolo - delle soddisfazioni incontrate dai viaggiatori del tempo passato, e specialmente di quel passato remoto che è costituito dai secoli del Medioevo.
Oggi si viaggia per lavoro, cioè per necessità, o almeno per convenienza, oppure per piacere, o svago, o come si dice per turismo. I viaggi di lavoro o di affari sono sempre esistiti: compiuti da mercanti, soldati, uomini politici, uomini d'affari. In questo senso, ben poco è cambiato nella storia, se non la velocità negli spostamenti.
Il caso è diverso se si parla dei moderni spostamenti turistici, fatti di svago, curiosità, e anche desiderio di cultura. E' un fenomeno tipico del nostro tempo, ma che anche nel passato ebbe un precedente quasi simile: quello di viaggiare per fede, di compiere cioè i famosi, numerosi e soprattutto faticosi pellegrinaggi.
La sappiamo abbastanza lunga, oggi, per immaginare che non tutti i pellegrini medioevali fossero mossi da puri intenti spirituali o da preoccupazioni soltanto devote. C'entrava anche, e spesso in larga parte, una vera e propria moda, con il piacere di nuove compagnie e l'umana vanità di credersi migliori degli altri.
Basterebbe, a questo proposito, rileggere le storie dei pellegrini e delle pellegrine diretti a Canterbury, e narrate da Chaucer, il padre della letteratura in lingua inglese.
Ma nonostante ciò, fa ancora una certa impressione sapere di uomini che si santificavano pellegrinando, cioè viaggiando a piedi da santuario a santuario e da paese a paese, in mezzo a mille pericoli, ma nella certezza di una giusta scelta e di una meritoria fatica. E' il caso di San Rocco, uno dei più celebri pellegrini, e di questi Patrono; ed è anche il caso di un Santo oggi ricordato, sotto il nome poco comune di Geroldo.
Questi veniva dalla Germania, come germanico era il suo nome, ed era nato a Colonia. città mèta anch'essa di pellegrinaggi, per la devozione di Sant'Orsola e delle sue favolose undicimila compagne, e per le reliquie dei Re Magi, conservate nella celebre cattedrale.
Geroldo fu, per così dire, un pellegrino di professione, che allungò progressivamente la portata dei suoi viaggi, sempre più lunghi e difficoltosi, come un atleta migliora via via le sue prestazioni.
Fu a Roma, percorrendo la strada dei Romei, per pregare nelle Basiliche e venerare il lino della Veronica. Giunse a San Giacomo di Compostella, bordone in mano e conchiglia sul petto, per rendere omaggio al " barone "della Galizia, San Giacomo. Finalmente salpò, impugnando la palma, per la lontana Terrasanta, il paese del Signore.
Chi andava pellegrino a Gerusalemme, faceva testamento prima di partire, perché le probabilità di tornare erano piuttosto scarse. San Geroldo, invece, fu tra quelli che tornarono dall'Oriente in Italia.
Ma per lui, la strada più insicura fu quella di casa. Traversando le Alpi, venne aggredito dai rapinatori, che lo lasciarono morto, nel 1241. La spoglia fu raccolta da alcuni passanti, e portata a Cremona, dove si accese, a voce di popolo, il culto per il devoto pellegrino.



scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:07

Beato Giovanni Hunot Martire

7 ottobre

Martirologio Romano: Nel mare di Rochefort prospicente la costa francese, beato Giovanni Hunot, sacerdote e martire, che, gettato in una galera durante la rivoluzione francese a causa del suo sacerdozio, terminò il corso della sua prigionia nella piena fedeltà a Dio.




scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:40

Santa Giulia di Augusta Vergine e martire

7 ottobre


Fondandosi sulla notizia del Martirologio Geronimiano al 7 ottobre: «alibi Tulliae Sigibarci mar.» (variante Iuliae), Floro ha dato ai martiri Sergio e Bacco (= Sigibarci) una compagna di nome Giulia e, dopo di lui, anche Adone la conservò nel suo Martirologio, collocandola ad Augusta sull'Eufrate, come i suoi due compagni, aggiungendo però che essa aveva subito il martirio sotto il prefetto Marciano; costui era stato infatti il persecutore della martire Barbara accanto alla quale appare una vergine Giulia, che Adone identificò con la supposta compagna di Sergio e Bacco. Risulta quindi di poca consistenza storica la notizia che si legge allo stesso giorno nel Martirologio Romano.




scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:40

Beato Giuseppe Llosa Balaguer Diacono e martire

7 ottobre

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Martirologio Romano: Nel villaggio di Benaguacil nel territorio di Valencia in Spagna, beato Giuseppe Llosá Balaguer, religioso del Terz’Ordine di San Francesco degli Incappucciati della beata Vergine Addolorata e martire, che subì il martirio durante la persecuzione contro la fede.




scri789
00giovedì 7 ottobre 2010 20:41

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