8 settembre

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Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 11:57

Beati 22 Martiri di Nagasaki

8 settembre

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+ Nagasaki, Giappone, 8 settembre 1628

Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, beati Antonio da San Bonaventura, dell’Ordine dei Frati Minori, Domenico Castellet, dell’Ordine dei Predicatori, sacerdoti, e venti compagni, martiri, alcuni dei quali laici e molti bambini: tutti subirono il martirio per Cristo con la spada o sul rogo.


Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 11:58

Beato Adamo Bargielski Sacerdote e martire

8 settembre

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Kalinowo, Polonia, 7 gennaio 1903 – Dachau, Germania, 8 settembre 1942

Il beato Adamo Bargielski, sacerdote diocesano, nacque a Kalinowo (Lomza) il 7 gennaio 1903 e morì a Dachau, Germania, l'8 settembre 1942. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Etimologia: Adamo = nato dalla terra, dall'ebraico

Martirologio Romano: Vicino a Monaco di Baviera in Germania nel campo di prigionia di Dachau, beato Adamo Bargelski, sacerdote e martire, che, durante la guerra, si consegnò spontaneamente ai nemici della fede al posto del suo parroco e, dopo aver patito in carcere crudeli torture, raggiunse invitto la gloria eterna.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 11:59

Santi Adriano e Natalia Sposi e martiri

8 settembre

+ Nicomedia, Bitinia, IV secolo

I santi coniugi Adriano e Natalia subirono insieme il martirio presso Nicomedia in Bitinia, ma il Martyrologium Romanum commemora in data odierna solamente Adriano, in onore del quale il papa Onorio I tramutò in chiesa la curia del Senato Romano

Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di sant’Adriano, martire, che a Nicomedia in Bitinia, nell’odierna Turchia, subì il martirio e in suo onore il papa Onorio I trasformò in chiesa la curia del Senato Romano.


L' unica notizia certa è che esisteva un culto antico e molto forte di un Adriano, martire di Nicomedia, sia in oriente che in occiden­te. II nuovo Martirologio Romano ricorda il santo in questo giorno senza commenti ulteriori. Il resto è supposizione e leggenda.
I bollandisti e l'antico Martirologio Romano affermavano l'esistenza di due diversi Adriani di Nicomedia, entrambi morti martiri, ma in persecuzioni diverse e i cui resti vennero portati ad Argiropoli. Quanto segue è un riassunto di questi racconti.
Si dice che un Adriano fosse un ufficiale pagano alla corte imperia­le a Nicomedia. Assistette al maltrattamento di ventitré cristiani e di­chiarò che anch'egli era cristiano e voleva unirsi a loro. Venne impri­gionato. La sua giovane moglie, Natalia, una cristiana a cui era stato sposato per tredici mesi, fu informata dell'accaduto e corse alla prigio­ne, baciò le sue catene e lo curò. Egli la mandò a casa, promettendo­le di tenerla informata. Quando seppe che stava per essere ucciso, Adriano pagò il guardiano della prigione perché lo lasciasse andare a salutare la moglie, ma ella quando lo vide, pensando che avesse rinne­gato la sua fede, gli sbatté la porta in faccia. Egli le spiegò che gli altri prigionieri erano stati presi in ostaggio fino al suo ritorno, ed essi ritor­narono alla prigione insieme. Natalia bendò le ferite dei prigionieri e si prese cura di loro per una settimana. Adriano fu portato davanti al­l'imperatore ma rifiutò di sacrificare agli idoli, allora .venne frustato e riportato in cella. Altre donne seguirono l'esempio di Natalia, ma l'imperatore impedì loro di entrare in prigione. Allora Natalia si tagliò i capelli, indossò abiti maschili ed entrò in prigione come al solito.
I martiri furono condannati alla morte per spezzamento degli ani. Natalia chiese che il marito potesse essere ucciso per primo, così da ri­sparmiargli la vista dell'agonia degli altri. Ella gli mise le gambe e le braccia nei ceppi, e rimase inginocchiata sul posto mentre il marito veniva ucciso, riuscendo a nascondere una sua mano nei vestiti. Quan­do i corpi vennero bruciati, dovettero trattenerla per impedirle di get­tarsi nel fuoco. La pioggia spense le fiamme e i cristiani poterono con­servare delle reliquie dei martiri, che furono portate e seppellite ad Argyropolis, sul Bosforo vicino a Bisanzio.
Un ufficiale imperiale iniziò a tormentare Natalia con offerte di ma­trimonio, così ella portò la mano del marito ad Argyropolis, dove mori in pace poco dopo il suo arrivo. Ella fu considerata martire per associa­zione, perché il suo corpo fu seppellito con i resti degli altri uccisi.
Questo racconto di chiara invenzione si dimostrò molto commo­vente, rendendo Adriano un martire molto popolare in passato. Di­versi quadri ricordano in maniera raffinata, a volte splendida, la sua morte e l'intervento di Natalia. Era il patrono dei macellai e dei solda­ti e veniva invocato contro la peste.
L'antico Martirologio Romano indicava il 4 marzo come il giorno della sua morte, e l'1 dicembre per quella di Natalia e l'8 settembre per il trasporto dei loro resti a Roma. La festa comune dei santi Adria­no e Natalia, martiri, era l'8 settembre.
Tuttavia un altro Adriano (5 mar.) ricordato da Eusebio come un martire di Cesarea sotto Diocleziano, a volte confuso con il primo Adriano, ha una tradizione più affidabile e molto diversa.
Si dice che sia stato ucciso a Nicomedia sotto Licinio, che fosse il figlio dell'imperatore Probo, che aveva rimproverato Licinio per le sue persecuzioni contro i cristiani. L'imperatore ordinò che venisse ucciso. Suo zio Domizio, vescovo di Bisanzio, seppellì il corpo nei sobborghi della città chiamata Argyropolis. L'antico Martirologio Ro­mano fissa la memoria di questo Adriano il 26 agosto. Il racconto è ugualmente inaffidabile, e meno accattivante degli altri.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 11:59

Beato Alano de la Roche Domenicano bretone

8 settembre

Bretagna, Francia, 1428 - Zwolle; Olanda, 8 settembre 1475

Il domenicano Alano de la Roche fu apostolo della diffusione del Rosario, preghiera mariana che lui preferì chiamare “Salterio della Vergine”. Fissò il numero di 150 Ave Maria, divise a decadi, intercalate da 15 Pater Noster; inoltre stabilì i temi di meditazione che oggi chiamiamo “misteri gaudiosi, dolorosi, gloriosi”. Tradizionalmente venerato come beato in tutta Europa e nell’Ordine Domenicano, non è mai stato ufficialmente beatificato.

Etimologia: Alano = dal latino Alanus, dal nome della popolazione degli alani


Nato nel 1428 in Bretagna, entrò giovanissimo nel convento domenicano di Dinan, a 31 anni nel 1459 ebbe l’incarico di insegnare a S. Giacomo di Parigi, dove aveva completato gli studi di teologia e filosofia, ma poté adempiere a questo compito solo nel 1461, perché nel 1460 era impegnato a Lilla nel tentativo di ricondurre i conventi alla regolare osservanza e si deve proprio in gran parte ai suoi sforzi, l’adesione dei conventi domenicani di Lilla e di Parigi alla Congregazione Riformata Olandese (1464).
Oltre che a Parigi, insegnò poi a Lilla, a Douai (1464), a Gand (1468), a Rostock dove divenne maestro di teologia nel 1473.
Alano de la Roche, scrisse anche nel 1475 l’Apologia del Salterio, che dedicò al vescovo di Cluny Ferrico. Morì a Zwolle l’8 settembre 1475 in Olanda.
Già dal 25 maggio 1476 il Capitolo domenicano olandese di Haarlem, ordinò di raccogliere gli scritti di Alano che sono tanti e che vennero pubblicati nel 1498 a Stoccolma, mentre avvenivano negli anni successivi, traduzioni in varie lingue e pubblicate in varie edizioni.
Fu un apostolo della diffusione del Rosario, preghiera mariana che lui preferì chiamare “Salterio della Vergine”, all’uso corrente della recita di 50 Ave Maria, fissò il numero in 150, divise a decadi, intercalate da 15 Pater Noster; inoltre fissò a cinque i temi di meditazione che oggi chiamiamo “misteri gaudiosi, dolorosi, gloriosi”.
In definitiva diede una regola generale a una forma di preghiera mariana già praticata; fondò nel contempo le Confraternite del Salterio della Vergine, con statuti speciali con l’intento di diffondere la devozione a Maria; la prima fu fondata nel 1470 a Douai e poi per merito dei suoi eredi spirituali Sprenger, van Sneck e Michele François, questo Movimento di pietà mariana si diffuse in tutto il mondo, ancora oggi esistono le Confraternite del S. Rosario.
Nonostante sia tradizionalmente venerato come beato in tutta Europa e nell’Ordine Domenicano, stranamente non risulta una conferma ufficiale del culto.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:00

Beato Antonio da San Bonaventura Sacerdote francescano, martire

8 settembre

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+ Nagasaki, Giappone, 8 settembre 1628

Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, beati Antonio da San Bonaventura, dell’Ordine dei Frati Minori, Domenico Castellet, dell’Ordine dei Predicatori, sacerdoti, e venti compagni, martiri, alcuni dei quali laici e molti bambini: tutti subirono il martirio per Cristo con la spada o sul rogo.


Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:01

Beata Apollonia del Santissimo Sacramento (Lizarraga Ochoa de Zabalegui) Vergine e martire

8 settembre

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Lezáun, Spagna, 18 aprile 1867 – Barcellona, Spagna, 8 settembre 1936

Madre Apollonia del Santissimo Sacramento (al secolo Apollonia Lizarraga Ochoa de Zabalegui),superiora generale delle Suore Carmelitane della Carità, cadde in odio alla fede durante la sanguinosa Guerra Civile Spagnola. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto il suo martirio il 22 giugno 2004 ed è stata beatificata il 28 ottobre 2007 con altre 497 vittime della medesima persecuzione.


Lizarraga, Apollonia (Apollonia del SS. Sacra­mento), nacque a Lezàun (Navarra) il 18 apr. 1867, in una famiglia profondamente cristiana e numero­sa - i genitori ebbero undici figli - nella quale ap­prese l'abnegazione e la carità verso il prossimo, virtù che esercitò in tutta la vita. Il 16 lug. 1886 en­trò nel noviziato di Vitoria delle Carmelitane della Carità, istituto nel quale si consacrarono altre tre sue sorelle. Al nome di battesimo aggiunse quello di Sacramento, in ricordo del fatto che era nata di giovedì santo. Emessi i primi voti il 27 lug. 1888, dopo una breve pausa nel collegio di Madrid, partì per l'Estremadura. Svolse l'attività di insegnante nel collegio di Trujillo (Càceres), e successivamen­te fu superiora delle comunità di Villafranca de los Barros (Badajoz) e di Siviglia, lasciando ovunque l'esempio edificante di educatrice preparata, di re­ligiosa osservante e caritatevole. Nel 1909, durante la «settimana tragica» di Barcellona, fa chiamata alla casa madre di Vic (Catalogna), dove nel 1911 venne nominata membro del consiglio dell'istituto. Durante il decimo Capitolo generale, celebrato a Vic nel 1923, fu eletta superiora generale con voto L'attività da lei svolta nei 13 anni di governo fu straordinaria. Si registrarono ben venti nuove fon­dazioni dell'istituto, fondato dalla beata Gioacchina de Vedruna. La preoccupazione maggiore della serva di Dio fu la formazione spirituale e culturale delle suore. Nel governare si distinse per il suo spirito soprannaturale e per il completo abbandono alla divina Provvidenza, eroicamente vissuto so­prattutto negli anni di turbolenza politica (1930-36). Era animata da una forte sensibilità ecclesiale, unita ad un amore particolare per il Papa. Moltiplicò i suoi viaggi a Roma, dove seguì la causa di beatificazione della fondatrice e di altre due religiose dell'istituto. Nel difficile periodo che prece­dette la persecuzione religiosa del 1936, nelle lettere che inviava alle sue suore insisteva perché si at­tenessero in tutto alle istruzioni impartite dai ri­spettivi vescovi. Lei stessa, fino allo scoppio della persecuzione, consultava il vescovo di Barcellona. Le tappe delle settimane precedenti il suo mar­tirio sono le seguenti. Il 21 lug. 1936 i miliziani tentarono di introdursi nella casa madre di Vic, e il 2 ago. la Lizarraga fu costretta a rifugiarsi a Barcellona in ca­sa delle cugine. Per timore di un'ispezione, tre giorni dopo si trasferì presso la famiglia Darner. Il 3 set. si recò dal vescovo di Barcellona e il giorno 6 la casa dei Darner fu sottoposta ad un'ispezione dei miliziani. Per non compromettere la famiglia, ritornò presso le cugine; ma in una seconda perquisizione in casa Darner (8 set. 1936) i miliziani notarono la sua assenza, e la famiglia fu costretta a denunciare il suo nuovo rifugio. Arrestata insieme alle cugine e rinchiusa nella sede del comitato rivoluzionario, detta «Torre della morte», dopo vari interrogatori, quella stessa notte, sentendo chiamare il suo nome si fece avanti con passo sicuro e uscì con i miliziani, in silenzio. Fu barbaramente martirizzata: il suo cadavere, fatto a pezzi, fu portato in un allevamento di maiali, in località S. Elias, oggi cripta della parrocchia di S. Inés.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:02

San Corbiniano Vescovo, missionario in Baviera

8 settembre

m. 8 settembre 725

Secondo il vescovo di Frisinga, Arbeone, Corbiniano nasce a Castrum nel territorio di Melun, (oggi Arpajon in Francia), ma gli studiosi sono diffidenti. La sua vita e l'opera da lui svolta rientrano nel quadro delle missioni irlandesi sul continente e per questo Corbiniano è ritenuto un monaco insulare. Dopo aver trascorso un periodo di vita ascetica, Corbiniano si porta a Roma, presso Gregorio XI al quale sta a cuore l'evangelizzazione della Baviera. Arrivato in Baviera, è bene accolto dal duca Teodone e dal figlio Grimoaldo, residenti a Frisinga, e gli viene concesso di esercitare il suo apostolato di vescovo missionario. Si stabilisce prima a Maia presso Merano, per la devozione a san Valentino, antico vescovo della Rezia, e di lì passa a Frisinga. È detto primo vescovo di Frisinga, ma erroneamente perché la diocesi è eretta san Bonifacio non prima del 739. Muore l'8 settembre del 725 e viene sepolto a Maia, presso la tomba di san Valentino. Verso il 765 il vescovo Arbeone ne fa trasportare il corpo a Santa Maria di Frisinga.  <I> (Avv.)</i>

Emblema: Orso

Martirologio Romano: A Frisinga nella Baviera, in Germania, san Corbiniano, che, ordinato vescovo e mandato a predicare il Vangelo in Baviera, raccolse frutti copiosi.


La fonte più importante su Corbiniano è la sua Vita scritta da Arbeone, vescovo di Frisinga (m. 783), su richiesta di Virgilio, vescovo di SalisbUrgo, in occasione della traslazione del corpo del santo, avvenuta nel 765. Eccellente testimonianza per quanto riguarda i rapporti di Corbiniano con i duchi di Baviera, essa è però meno sicura per quel che concerne l'origine e l'inizio della sua opera missionaria.
Secondo Arbeone, Corbiniano nacque a Castrum nel territorio di Melun, località identificata con Chátres (oggi Arpajon), ma gli studiosi sono diffidenti verso questi dati. La sua vita e l'opera da lui svolta rientrano nel quadro delle missioni irlandesi sul continente e per questo Corbiniano è ritenuto un monaco insulare. Anche la duchessa Pilitrude, che egli aveva richiamato all'osservanza delle leggi canoniche, lo dice: "Britannorum genere ortus". Dopo aver trascorso un periodo di vita ascetica, Corbiniano si portò a Roma, presso Gregorio 11, al quale stava molto a cuore l'evangelizzazione della Baviera. Neppure tale notizia è sicura, in quanto il biografo sembra anticipare in favore di Corbiniano i rapporti di s. Bonifacio con Roma, anzi lo Schneider e il Krusch non accettano il viaggio di Corbiniano alla volta di tale città. Lo Schneider, poi, attribuisce all'immaginazione fertile del biografo i sentieri segreti che il santo avrebbe seguito per passare i monti. Corbiniano, arrivato in Baviera, fu bene accolto dal duca Teodone e dal figlio Grimoaldo, residenti a Frisinga, e gli fu concesso di esercitare il suo apostolato di vescovo missionario. Egli si stabilì prima a Maia presso Merano, per la devozione a s. Valentino, un antico vescovo della Rezia, e di lì passò a Frisinga dove venne in urto con Grimoaldo il quale, contro i sacri canoni, aveva sposato Pilitrude, vedova di suo fratello Teobaldo. C. tornò nuovamente a Maia e in seguito a Frisinga, quando a Grimoaldo succedette Ucperto. Ivi, secondo l'usanza celtica, dimorava in un monastero, S. Maria, diventato poi cattedrale della diocesi. E' detto primo vescovo di Frisinga, ma erroneamente perché tale diocesi fu eretta da s. Bonifacio non prima del 739. Il nome di Corbiniano vescovo appare la prima volta nel libro delle confraternite di S. Pietro di Salisburgo, risalente al 784.
Morì l'8 settembre del 725, o poco dopo, e fu sepolto a Maia, presso la tomba di s. Valentino, secondo il suo desiderio, e verso il 765 il vescovo Arbeone ne fece trasportare il corpo a S. Maria di Frisinga. Un breviario della stessa città, dei secc. XIII-XIV, ricorda la traslazione delle reliquie al 20 novembre. Da allora il santo riposa nella cripta della cattedrale. Il suo giorno abituale passò nel Martirologio di Beda del cod. ora Monacense 15518 e, da questo, nel Martirologio Romano. In una litania di Frisinga, conservata in un manoscritto della seconda metà del sec. X, il nome di Corbiniano è scritto in lettere maiuscole. Nel 1710, una reliquia insigne fu inviata a Chátres-Arpajon. Ad Hótting, nei pressi di Innsbruck, in una cappella eretta in suo onore, si venerava il sangue uscito dal naso del santo durante il trasporto da Frisinga a Maia; raccolto in una ampolla era stato inumato, ma durante la traslazione del 765 era stato ritrovato e onorato nella cappella. Poiché il giorno anniversario della morte di Corbiniano era dedicato alla natività della Vergine, la festa del santo era stata spostata al giorno seguente, 9 settembre.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:03

Beato Domenico Castellet Martire

8 settembre

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1592 - 1628

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, beati Antonio da San Bonaventura, dell’Ordine dei Frati Minori, Domenico Castellet, dell’Ordine dei Predicatori, sacerdoti, e venti compagni, martiri, alcuni dei quali laici e molti bambini: tutti subirono il martirio per Cristo con la spada o sul rogo.


Nato in Catalogna, entrò giovanissimo nel convento di Barcellona. Nel 1615 raggiunse le Filippine dove per sei anni profuse le sue energie per l'evangelizzazione delle popolazioni locali. Nel 1621 si trasferì in Giappone e svolse con entusiasmo il suo apostolato, nonostante fa persecuzione anticristiana. Entrava persino nelle prigioni per confortare i destinati al martirio. Nel giugno del 1628 fu scoperto e condotto nelle carceri di Omura: la prigionia, sebbene dura, era consolata dalla facoltà concessagli di celebrare ogni giorno la s. Messa e di distribuire la comunione. L'8 settembre del 1628 partecipò alla gloria del martirio, insieme ad altri ventidue compagni, venendo arso vivo.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:03

Santi Fausto, Dio (Divo) e Ammonio Martiri

8 settembre

Martirologio Romano: Ad Alessandria d’Egitto, santi Fausto, Dio e Ammonio, sacerdoti e martiri, che nella persecuzione dell’imperatore Diocleziano ricevettero la corona del martirio insieme al vescovo san Pietro.


Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:04

Beato Federico Ozanam

8 settembre

Milano, 23 aprile 1813 - Marsiglia (Francia), 8 settembre 1853

Il francese Federico Ozanam, fondatore della Società di San Vincenzo, è un esempio di carità e santità laicale. Nato a Milano nel 1813 (il padre era nell'esercito napoleonico), dopo Waterloo rientrò in patria. A Parigi si legò ai circoli intellettuali cattolici intorno al fisico André-Marie Ampère e a Emmanuel Bailly. Nel 1833 diede vita alle «conferenze» che insieme, formano la «Società di San Vincenzo de' Paoli», un'istituzione «cattolica, ma laica; povera, ma carica di poveri da sollevare; umile, ma numerosa» secondo una definizione che ne diede lo stesso fondatore. Federico Ozanam si laureò in Legge e Lettere, insegnò alla Sorbona, fu accademico della Crusca di Firenze. Nel 1841 si sposò ed ebbe una figlia. Sempre in viaggio per l'Europa, però, trovava sempre tempo da dedicare al suo mondo povero, alla Società di San Vincenzo, che seguì e stimolò nel suo sviluppo. Morì a Marsiglia nel 1853. È stato proclamato beato da Papa Giovanni Paolo II a Parigi il 27 agosto 1997. (Avvenire)

Etimologia: Federico = potente in pace, dal tedesco

Martirologio Romano: A Marsiglia in Francia, transito del beato Federico Ozanam, che, uomo di insigne cultura e pietà, difese e propagò con la sua alta dottrina le verità della fede, mise la sua assidua carità a servizio dei poveri nella Società di San Vincenzo de’ Paoli e, padre esemplare, fece della sua famiglia una vera chiesa domestica.


Sono presenti in 130 Paesi del mondo con centinaia di migliaia di volontari, in lotta da un secolo e mezzo contro la povertà, quella palese e quella che si nasconde. Sono gruppi detti “conferenze” di parrocchia, di paese, di quartiere, di azienda. Insieme, formano la “Società di San Vincenzo de’ Paoli”, che è istituzione "cattolica, ma laica; povera, ma carica di poveri da sollevare; umile, ma numerosa". Così ne parla Federico Ozanam, uno dei fondatori dell’Opera a Parigi, il 23 aprile 1833.
Nato in Italia quando il padre era ufficiale medico nell’esercito napoleonico, dopo Waterloo torna con la famiglia a Lione. E’ il secondo di tre fratelli, uno dei quali diventerà sacerdote e l’altro medico. Dopo il liceo, va a Parigi per studiare legge, ed è ospite in casa di André-Marie Ampère, il grande esploratore dell’elettrodinamica (anche ora si chiama ampere l’unità di misura per l’intensità della corrente elettrica).
Pilotato dallo scienziato, che è grande uomo di fede, Ozanam si unisce ai giovani intellettuali cattolici raccolti intorno a Emmanuel Bailly, un capofila della riscossa culturale cattolica. Si laurea in legge nel 1836 e in lettere nel 1839, con una tesi sulla filosofia in Dante Alighieri: "Il poeta", così lo chiama, "del nostro presente come lo fu del suo tempo; il poeta della libertà, dell’Italia e del cristianesimo". La sua tesi viene subito pubblicata anche in inglese, tedesco e italiano, e Ozanam ottiene una cattedra alla Sorbona. Ma resta sempre l’uomo della “San Vincenzo”. E continua a metterci l’anima, per stimolare e orientare; spiega che l’Opera agisce sotto piena responsabilità dei laici, e non si dedica a pura beneficenza; essa vive la carità innanzitutto con la vicinanza fisica e regolare con i poveri, nelle loro case. L’aiuto materiale soccorre sì una necessità immediata, ma ha il fine di strappare il povero alla sua condizione: "La terra si è raffreddata, tocca a noi cattolici rianimare il calore vitale che si estingue!".
Si sposa nel 1841 con la concittadina Amalia Soulacroix, da cui ha una figlia. Amico dell’intellettualità parigina più illustre, viaggiatore di continuo attraverso l’Europa, sempre però ritorna al suo mondo povero, alla Società di San Vincenzo, che segue e stimola nel suo irradiarsi. E torna al singolo povero, alla singola famiglia, con la visita personale che è il contrassegno dell’Opera e anche della vita sua privata: quando sta con i poveri, Ozanam parla con Dio. Per lui non c’è responsabilità o carica che dispensi il confratello dalla visita e dall’immaginare novità per meglio aiutare i poveri, per meglio camminare sulla via della promozione umana: (La cosa, per opera sua, precede il nome, di cui farà variamente uso il XX secolo).
Federico Ozanam muore a Marsiglia tornando dalla Toscana, dove è stato accolto nell’Accademia della Crusca con Cesare Balbo. Il 27 agosto 1997, Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato a Parigi.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:05

Beati Giovanni Tomachi e figli Martiri giapponesi

8 settembre

+ Nagasaki, Giappone, 8 settembre 1628


Molti cristiani giapponesi, durante la persecuzione scoppiata contro di loro nel terzo decennio del sec. XVII, furono imprigionati sotto l'imputazione di aver aiutato od ospitato missionari cattolici stranieri. Il Tomachi, terziario domenicano, nonostante i rischi che comportava l'aiuto dato ai missionari, aveva coadiuvato, assieme all'amico Giovanni Imamura, i padri domenicani nel loro apostolato. Scoperto in questa attività fu portato, assieme ai suoi figli Domenico di sedici anni, Michele di tredici, Tommaso di dieci e Paolo di sette, nelle prigioni di Omura ove la presenza di Domenico Castellet fu loro di grande conforto. Poi l'8 settembre 1628, su ordine del governatore Cowachindono, furono scelti ventidue, fra i molti prigionieri cristiani, per essere uccisi nella vicina Nagasaki. Fra questi il Tomachi ed i suoi quattro figli. Il padre assistette con fermezza d'animo alla decapitazione dei figli, le cui teste furono poi gettate ai suoi piedi perché bruciassero nel rogo con lui. Le ceneri furono disperse in mare affinché non fosse possibile ai cristiani la venerazione. Beatificati da Pio IX il 6 luglio 1867, la loro festa si celebra l'8 settembre.


Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:06

Beate Giuseppa di S. Giovanni di Dio Ruano Garcia e Maria Addolorata di S. Eulalia Puig Bonany Vergini e martiri

8 settembre

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+ Buñol, Spagna, 8 settembre 1936

Beatificate l'11 marzo 2001 da Papa Giovanni Paolo II.

Martirologio Romano: Nella città di Buñol vicino a Valencia sempre in Spagna, beate Giuseppa di San Giovanni di Dio Ruano García e Maria Addolorata di Santa Eulalia Puig Bonany, vergini della Congregazione delle Suore degli Anziani Abbandonati e martiri, che, nella stessa persecuzione contro la fede, versando il proprio sangue ricevettero la corona della gloria.


Giuseppa Ruano Garda nacque a Berja (Almeria, Spagna) il 9 lug. 1854 e fu battezzata nella parrocchia dell'Assunzione due giorni dopo; rice­vette la cresima il 1° set. 1877. Entrò nella congre­gazione delle Piccole Sorelle degli Anziani Abban­donati l'8 dic. 1877, a 23 anni. Vestì l'abito a Va­lencia il 19 mar. 1880, dove fece anche la profes­sione temporanea un anno dopo, quella perpetua il 15 ott. 1885. Fu superiora a Cascante (Navarra) dal 1916 al 1922; a Requena (Valencia) dal 1922 al 1928; ad Alcira (Valencia) dal 1928 al 1934, e di nuovo a Requena dal 1922 al 1928; ad Alcira (Va­lencia) dal 1928 al 1934, e di nuovo Requena dal 1934 fino alla morte.
All'inizio della Guerra civile nel 1936, il comita­to comunista di Requena occupò l'asilo del paese, nella cui comunità c'erano otto religiose, tra cui la Ruano Garcia, che era la superiora, e la Puig Bonany, la portinaia. Ben presto i rivoluzionari obbligarono le suore a spo­gliarsi degli abiti religiosi, e la vita di comunità nel­l'asilo si fece impossibile. Perciò, vedendo il peri­colo che correvano, la superiora dispose che le re­ligiose tornassero alle proprie case con i familiari. Così fecero tutte, meno tre che speravano di an­darsene in un secondo momento: la Ruano Garcia, la Puig Bonany e una terza di nome Gregoria Perez. L'8 set. 1936 i mem­bri del comitato rivoluzionario fecero salire le tre religiose a forza su un camionetta per portarle alla città di Alcira. Durante il viaggio si raccomandaro­no a Dio, certe dell'imminente martirio. Giunti al paese di Bunol (Valencia) furono fatte scendere dal camion e fucilate. Le prime due morirono subito, e i loro corpi restarono abbandonati nel luogo del crimine. La terza, suor Gregoria Perez, che aveva 33 anni, restò ferita, ma potè salvare la vita e fu poi in grado di raccontare tutti questi particolari. I re­sti mortali furono seppelliti nel cimitero di Bunol e nel 1939 trasferiti in quello di Requena, dove tra i loro familiari e conoscenti godono fama di santità per il martirio subito.
Il 28 giu. 1995 si è aperto il processo diocesano di canonizzazione nella curia arcivescovile di Va­lencia, che si è concluso il 17 ott. 1997.
Dolores Puig Bonany nacque a Berga (Barcello­na) 11 lug. 1857. Battezzata nella parrocchia na­tale lo stesso giorno della nascita, ricevette la cresi­ma il 29 apr. 1867. Entrò nella congregazione delle Piccole Sorelle degli Anziani Abbandonati il 25 set. 1886. Vestì l'abito a Valencia il 27 gen. 1887, e l'an­no dopo fece la professione temporanea. Destinata il 29 gen. 1889 alla casa di Villena (Alicante), ven­ne nel 1890 trasferita a quella di Yecla (Murcia). Il 9 mar. 1892 fece la professione perpetua a Valencia e, fino alla sua uccisione, il 12 mar. 1892 fu desti­nata alla casa di Requena, dove restò, svolgendo l'ufficio di portinaia. Del suo martirio parla la bio­grafìa della Ruano Garcia, che morì insieme a lei.
Dopo il nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi, in data 21 ago. 1995, si è celebra­to a Valencia il processo diocesano, i cui atti sono stati approvati dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 19 giu. 1998. La Positio super martyrio è stata depositata l'11 mar. 1999.



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:06

Beati Giuseppe Cecilio (Bonifacio) Rodriguez Gonzalez, Teodomiro Gioacchino (Adriano) Sainz ed Evenzio Ric Martiri

8 settembre

Martirologio Romano: Ad Almería sulla costa andalusa in Spagna, beati Giuseppe Cecilio (Bonifacio) Rodríguez González, Teodemiro Gioacchino (Adriano) Sáinz Sáinz ed Evenzio Riccardo (Eusebio Alfonso) Urjurra, martiri, che, Fratelli delle Scuole Cristiane, conseguirono la palma del martirio nella persecuzione contro la religione durante la guerra civile.


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00mercoledì 8 settembre 2010 12:07

Sant' Isacco Vescovo in Armenia

8 settembre

Martirologio Romano: Nella città di Bagrevand nell’antica Armenia, sant’Isacco, vescovo, che per promuovere la vita cristiana del suo popolo tradusse in armeno la Sacra Scrittura e la liturgia; aderì alla fede approvata nel Concilio di Efeso, ma fu poi scacciato dalla sua sede e morì in esilio.


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00mercoledì 8 settembre 2010 12:08

Beato Ismaele Escrihuela Esteve Padre di famiglia, martire

8 settembre

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Ismael Escrihuela Esteve, nacque a Tabernes de Valldigna (Valencia) il 20 maggio 1902 e fu battezzato la domenica seguente alla sua nascita. Cresimato nel 1907, ricevette la prima comunione nel 1909, nella chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo. Di famiglia contadina studiò fino ai 9 anni e dopo lavorò nella campagna. Si sposò con la sig.na Josefa Grau ed ebbero tre figli. Portò sempre un crocifisso all’occhiello della giacca e perciò fu nominato “soldatino di Cristo”. Responsabile degli aspiranti di Azione Cattolica, durante la persecuzione religiosa fu espressamente minacciato e imprigionato in odium fidei il 21 luglio 1936. Dopo una prigionia trascorsa in preghiera, l’8 settembre 1936 a Paterna (Valencia) subì il martirio. La sua beatificazione è stata celebrata da Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.

Martirologio Romano: Nella città di Paterna nel territorio di Valenza ancora in Spagna, beato Ismaele Escrihuela Esteve, martire, che, padre di famiglia, attraverso il martirio fu reso partecipe della vittoria di Cristo.



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:08

Beato Ladislao (Wladyslaw) Bladzinski Sacerdote e martire

8 settembre

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My_latycze, Ucraina, 6 gennaio 1908 - Gross-Rosen, Germania, 8 settembre 1944

Il beato Wladyslaw Bladzinski, sacerdote della Congregazione di San Michele Arcangelo, nacque a My_latycze, Ucraina, il 6 gennaio 1908 e morì a Gross-Rosen, Germania, l'8 settembre 1944. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: In località Gross-Rosen in Germania, beato Ladislao Bladzinski, sacerdote della Congregazione di San Michele e martire, che nello stesso periodo i nemici della Chiesa deportarono dalla sua Polonia in una cava di pietra, dove fu poi ucciso.




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00mercoledì 8 settembre 2010 12:10

Beata Luisa (Lucia) di Omura Martire

8 settembre

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Nagasaki, Giappone, 1548 circa - 8 settembre 1628

Vedova, terziaria domenicana, avendo ospitato il Beato Domenico Castellet fu bruciata viva per la fede l’8 settembre 1628, all’età di ottant’anni. Fu beatificata il 6 luglio 1867.

Emblema: Palma


Giapponese di nascita, fu vedova e terziaria domenicana. Durante la persecuzione anticristiana ospitò generosamente il padre domenicano, il b. Domenico Castellet. Ma il 15 giugno 1628 furono scoperti e furono condotti con alcuni catechisti nelle carceri di Omura. Dopo alcuni mesi di prigionia, l'8 settembre 1628, fu condotta a Nagasaki e bruciata viva all'età di ottant'anni: in quel giorno ventidue cristiani, giapponesi ed europei, ricevettero la gloria di morire testimoniando la propria fede e il proprio amore per Gesù Cristo.



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:10

Beato Marino Blanes Giner Padre di famiglia, martire

8 settembre

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Marino Blanes Giner, fedele laico, nacque ad Alcoy (Alicante) il 17 settembre 1888. Fu battezzato il 19 settembre 1888 e cresimato l’8 agosto 1902 nella chiesa parrocchiale Santa Maria. Impiegato di banca, catechista, consigliere comunale, si sposò il 26 settembre 1913 con la sig.na Julia Jordá Llovet, nella chiesa di San Mauro e San Francesco di Alcoy. Ebbero cinque figli. Fedele alla vita cristiana, pieno di fervore apostolico fu arrestato in odium fidei il 21 luglio 1936. Dopo una penosa prigionia, nella notte dal 7 all’8 settembre, donò la vita per Cristo. La sua beatificazione è stata celebrata da Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.

Martirologio Romano: Nel villaggio di Alcoy vicino ad Alicante sempre in Spagna, beato Marino Blanes Giner, martire, che, padre di famiglia, nel corso della stessa persecuzione ricevette dagli uomini la morte, da Dio la vita eterna.



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:11

Natività della Beata Vergine Maria

8 settembre

Questa celebrazione, che ricalca sul Cristo le prerogative della Madre, è stata introdotta dal papa Sergio I (sec VII) nel solco della tradizione orientale. La natività della Vergine è strettamente legata alla venuta del Messia, come promessa, preparazione e frutto della salvezza. Aurora che precede il sole di giustizia, Maria preannunzia a tutto il mondo la gioia del Salvatore. (Mess. Rom.)

Martirologio Romano: Festa della Natività della Beata Vergine Maria, nata dalla discendenza di Abramo, della tribù di Giuda, della stirpe del re Davide, dalla quale è nato il Figlio di Dio fatto uomo per opera dello Spirito Santo per liberare gli uomini dall’antica schiavitù del peccato.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

La celebrazione odierna - leggiamo nel brano dei Discorsi di S. Andrea di Creta proclamato nell'odierno Ufficio delle Letture - onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è, l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio". E’ questo del resto il motivo per cui di Maria soltanto (oltre che di S. Giovanni Battista e naturalmente di Cristo) non si festeggia unicamente la " nascita al cielo ", come avviene per gli altri santi, ma anche la venuta in questo mondo. In realtà, il meraviglioso di questa nascita non è in ciò che narrano con dovizia di particolari e con ingenuità gli apocrifi, ma piuttosto nel significativo passo innanzi che Dio fa nell'attuazione del suo eterno disegno d'amore. Per questo la festa odierna è stata celebrata con lodi magnifiche da molti santi Padri, che hanno attinto alla loro conoscenza della Bibbia e alla loro sensibilità e ardore poetico. Leggiamo qualche espressione del secondo Sermone sulla Natività di Maria di S. Pier Damiani: “Dio onnipotente, prima che l'uomo cadesse, previde la sua caduta e decise, prima dei secoli, l'umana redenzione. Decise dunque di incarnarsi in Maria”.
"Oggi è il giorno in cui Dio comincia a mettere in pratica il suo piano eterno, poiché era necessario che si costruisse la casa, prima che il Re scendesse ad abitarla. Casa bella, poiché, se la Sapienza si costruì una casa con sette colonne lavorate, questo palazzo di Maria poggia sui sette doni dello Spirito Santo. Salomone celebrò in modo solennissimo l'inaugurazione di un tempio di pietra. Come celebreremo la nascita di Maria, tempio del Verbo incarnato? In quel giorno la gloria di Dio scese sul tempio di Gerusalemme sotto forma di nube, che lo oscurò. Il Signore che fa brillare il sole nei cieli, per la sua dimora tra noi ha scelto l'oscurità (1 Re 8,10-12), disse Salomone nella sua orazione a Dio. Questo nuovo tempio si vedrà riempito dallo stesso Dio, che viene per essere la luce delle genti.
"Alle tenebre del gentilesimo e alla mancanza di fede dei Giudei, rappresentate dal tempio di Salomone, succede il giorno luminoso nel tempio di Maria. E’ giusto, dunque, cantare questo giorno e Colei che nasce in esso. Ma come potremmo celebrarla degnamente? Possiamo narrare le gesta eroiche di un martire o le virtù di un santo, perché sono umane. Ma come potrà la parola mortale, passeggera e transitoria, esaltare Colei che diede alla luce la Parola che resta? Come dire che il Creatore nasce dalla creatura?".



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:12

Nostra Signora della Salute di Vailankanni

8 settembre

 

Sulla costa del Golfo del Bengala, 250 km a sud della città di Madras, c’è un luogo assai singolare, un piccolo paese di appena cinquemila abitanti che ogni anno oltre venti milioni di pellegrini, da ogni angolo dell’India e da altri paesi della terra, vengono devotamente a visitare. Questo ridente paesino indiano ricco di palmizi si chiama Vailankanni e a noi occidentali il suo nome probabilmente non dice molto, ma nell’immaginario religioso dell’immenso continente asiatico è conosciuto e venerato come la “Lourdes d’Oriente”.
La Madonna, secondo la tradizione, avrebbe scelto proprio questo sperduto paese del Bengala per mostrare la sua sollecitudine materna, operando miracoli e apparendovi diverse volte. Una tradizione orale ben fondata parla di tre apparizioni di Maria. La prima risalirebbe al sedicesimo secolo. Un ragazzo indù stava andando a consegnare il latte a un cliente; mentre riposava sotto un albero, vicino a un laghetto, gli apparve la Madonna chiedendogli un po’ di latte per il Bambino. Il ragazzo acconsentì prontamente per poi rimettersi in cammino. Arrivato alla casa del cliente chiese scusa del ritardo e anche per il latte che mancava. Controllando invece il recipiente del latte si accorse che non mancava niente. Lo stesso signore, anche lui un indù, incuriosito dal racconto del ragazzo, si recò con lui al laghetto. E lì la Madonna apparve di nuovo. Il fatto si diffuse tra la comunità cattolica vicina che chiamò quel laghetto Matha Kalum, cioè il Laghetto di Nostra Signora.
Alcuni anni più tardi la Madonna apparve di nuovo, questa volta a un ragazzo disabile che vendeva burro in una piazza dello stesso villaggio di Vailankanni. A lui la Madonna domandò un po’ di burro per il suo Bambino. Il ragazzo glielo diede. Poi la Madonna gli disse di parlare dell’accaduto ad un facoltoso cattolico di una città vicina. Il ragazzo non si accorse subito di essere guarito alla sua gamba. Si alzò immediatamente e si recò da quel signore per eseguire la commissione. Anche lui, il giorno prima, aveva avuto una visione, in cui la Madonna gli chiedeva di edificarle una cappella. Subito dopo, insieme, si recarono al luogo dove Nostra Signora era apparsa. E proprio qui fu costruita una piccola cappella (una capanna), che ben presto divenne un luogo di culto alla Madonna, chiamata “Arokia Matha” cioè “Madre della Buona Salute”.
Il terzo miracolo riguarda invece dei mercanti portoghesi che, per intercessione della Madonna, furono salvati dal naufragio. Essi furono poi condotti dai pescatori del luogo a quella capanna-cappella. Questi mercanti, tornati dal loro viaggio, fecero costruire una vera cappella, dedicandola a Nostra Signora nel giorno della sua natività. Era l’8 settembre. In questo modo volevano ricordare il giorno del loro prodigioso salvataggio dalla tempesta al largo di Vailankanni.
Da alcuni anni, l’11 febbraio, giorno in cui la Chiesa commemora l’apparizione di Nostra Signora a Lourdes, è stato significativamente associato a un evento importante: la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato. Nell’anno 2002, in cui se n’è celebrato il decimo appuntamento, questa ha avuto luogo proprio presso il noto centro di pellegrinaggio mariano dell’India meridionale, il Santuario della “Madonna della Salute” di Vailankanny. E, di certo, non a caso. Da diversi secoli, infatti, con fiducia e profonda devozione, milioni di uomini e donne raggiungono il santuario situato sulle coste del Golfo del Bengala, certi dell’aiuto celeste della Madre di Dio per tutte le loro necessità, soprattutto guarigioni dalle sofferenze corporali che li affliggono.
Ci sono molte chiese in diverse parti dell’India dedicate alla Madonna, sotto vari titoli, uno dei quali, molto amato dalla gente, è proprio Nostra Signora della Salute, che si venera presso il Santuario di Vailankanni. Nel settembre del 1771, Vailankanni che era stato fino ad allora sotto la parrocchia di Nagapattinam, viene elevato al rango di parrocchia. Attorno alla piccola cappella viene costruita una grande chiesa, consacrata nel 1933, che Papa Giovanni XXIII ha quindi elevato alla condizione di Basilica il 3 novembre 1962, sotto la giurisdizione della diocesi di Thanjavur.
Questo santuario dedicato a Nostra Signora della Salute, un vero gioiello dell’India che merita certamente di essere visitato, attira molti più pellegrini di ogni altro santuario nell’India cattolica. Ancora oggi, a distanza di secoli, si celebra con grande partecipazione la sua festa annuale, la quale dura ben nove giorni, dal 29 agosto all’8 settembre, richiamando centinaia di migliaia di pellegrini. Per significare la protezione della Madonna della Buona Salute su tutta l’India, durante i nove giorni del pellegrinaggio annuale vengono celebrate Messe nelle varie lingue regionali indiane.
La statua-simbolo del Santuario di Nostra Signora della Buona Salute mostra la Madonna vestita nel caratteristico sari indiano, per farla apparire proprio “indiana”, nei tratti somatici come nel vestiario. In una terra dall’antica e profonda religiosità come l’India, questo santuario dedicato alla Madre di Dio è veramente un punto di incontro per i membri delle più diverse confessioni religiose ed un magnifico esempio di possibile armonia e concordia fra le religioni e i popoli del mondo.
Vailankanny, infatti, non attira soltanto i pellegrini indiani di fede cattolica, ma anche tantissimi seguaci di altre religioni, in particolare indù, che vedono nella Madonna della Salute la Madre premurosa e compassionevole dell’umanità sofferente. Vailankanni è perciò conosciuta affettuosamente come ‘la Lourdes d’Oriente’ perché, proprio come accade a Lourdes in Francia, tanti pellegrini visitano il Santuario durante l’anno, pregano Nostra Signora della Salute per i loro più svariati bisogni, e poi vengono a ringraziarla per i favori strappati dalla sua materna intercessione a Gesù, il Divino Taumaturgo, che è venuto perché tutti “abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:13

Beato Pasquale (Pascual) Fortuno Almela Sacerdote e martire

8 settembre

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Villarreal, Spagna, 3 marzo 1886 – Castellón-Benicasim, Spagna,

Martirologio Romano: A Villa Real nel territorio di Castellón de la Plana sempre in Spagna, beato Pasquale Fortuño Almela, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire, che per aver testimoniato Cristo fu coronato dal martirio.


Pascual Fortuño Almela nacque il 3 marzo 1886 a Villarreal, nella provincia spagnola di Castellón ed in territorio dell’allora diocesi di Tortosa (odierna diocesi di Segorbe-Castellón). Fu battezzato il giorno seguente con il nome di Pascual. La sua famiglia non si distingueva che per la pietà, le virtù cristiane e per la sua laboriosità. Pascual frequentò le scuole primarie presso il collegio francescano di Villarreal. All’età di soli dodici anni entrò nel seminano minore francescano di Balaguer, nei pressi di Lérida.
Pascual vestì l’abito francescano il 18 gennaio 1905 mantenendo il nome di battesimo, emise poi la professione semplice il 21 gennaio 1906 ed infine la professione solenne il 24 gennaio 1909. Frequentò gli studi filosofici e teologici nello Studentato Francescano di Onteniente, vicino a Valencia. Ordinato sacerdote a Teruel il 15 agosto 1913, fu poi inviato dai superiori nel seminario minore di Benisa, nei pressi di Alicante. Quattro anni dopo fu destinato al servizio della Custodia di Sant’Antonio in Argentina, che dipendeva dalla Provincia di Valencia, dove esercitò esemplarmente il suo ministero sacerdotale.
Rientrato in Spagna, fu nuovamente impegnato nella formazione. Nel 1931 fu nominato vicario del convento di noviziato di Santo Spirito del Monte, presso Gilet-Valencia, ove lo colse lo scoppio della guerra civile nel 1936.
Da tutti stimato, Padre Pascual fu sempre un esemplare discepolo di San Francesco, fedele ai suoi doveri religiosi e pedagogo modello, abituato a vivere per primo ciò che insegnava agli altri. Nonostante il suo carattere sanguigno, sapeva comunque dominarsi e mostrarsi sempre amabile e accogliente con chiunque. Obbligato dagli eventi politici ad abbandonare il convento, il 18 luglio 1936 si rifugiò presso i suoi familiari a Villarreal. Ai familiari preoccupati per la sua sorte, Pascual assicurava: “Sarà quel che Dio vorrà”, mentre alla nonna diceva: “Non ti preoccupare, avrai un figlio in cielo”.
Il 7 settembre 1936 Padre Pascual fu arrestato ed il giorno seguente fu ucciso sulla strada tra Castellón e Benicasim. Condotto alla fucilazione, le pallottole rimbalzavano sul suo petto e cadevano per terra e l’imputato replicò: “E’ inutile che spariate; se volete uccidermi usate un’arma bianca”. Gli venne perciò affondata una baionetta nel petto. Gli esecutori della sentenza di morte rimasero impressionati a tal punto da esclamare: “Abbiamo fatto male a ucciderlo: era un santo”, “Se è vero che ci sono dei santi, questi è uno di quelli”.
Le sue spoglie furono collocate provvisoriamente nel cimitero di Castellón, sino a quando, liberato il suo paese natale il 3 novembre 1938, vennero ivi traslate. Qui il 12 giugno 1967 vennero esumate e, effettuato il riconoscimento, il giorno seguente trasferite dal cimitero alla chiesa dei francescani, ove trovarono degna collocazione di fronte al presbiterio sul lato destro.
Pascual Fortuño Almela e tre suoi confratelli appartenenti all’Ordine dei Frati Minori furono beatificati l’11 marzo 2001 da Papa Giovanni Paolo II con un gruppo composto complessivamente di ben 233 martiri della medesima persecuzione.



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:13

San Pietro di Chavanon Sacerdote

8 settembre

+ 8 settembre 1080/1085

Martirologio Romano: A Pébrac nel territorio di Puy-en-Vélay in Francia, san Pietro da Chavanon, sacerdote, che, aspirando a una vita più perfetta, si ritirò in questo luogo, dove edificò un cenobio di Canonici regolari, di cui fu anche guida.


Su questo santo siamo bene informati grazie ad una Vita scritta una quarantina d'anni dopo la sua morte da un canonico della sua fondazione di Pébrac, e dall'elenco delle donazioni fatte al momento della fondazione di questa casa.
Pietro nacque nella prima metà dell'XI sec. (tra il 1003 e il 1007) a Langeac (Haute-Loire) in Alvernia, nella diocesi di St-Flour. Apparteneva a una famiglia nobile di Chavanon, numerosi membri della quale a dire del biografo, compirono miracoli: " de stirpe eius plurimi exstitisse feruntur, quorum vitam Deus per miracula saepissime declaravit ".
Dopo una pia educazione divenne arciprete (cioè parroco) del suo villaggio natale: "in praetaxato oppido Langiacensi... ad archisacerdotium... sublimatus est". Oltre ai suoi compiti pastorali, doveva anche assicurare il servizio religioso nel monastero femminile di St-Pierre-Les-Chases sito nei pressi (comune di St-Pierre-Les-Chases, HauteLoire). In quest'ultima sua funzione diede esempio di notevole virtú, respingendo gli assalti di una religiosa impudica (" sanctimonialis femina, quae potius daemonialis dicenda est ").
Questa avventura, ampiamente romanzata dall'agiografo, ci fornisce un'interessante scena di vita quotidiana: il santo accompagnava a cavallo la badessa e alcune religiose che si recavano a sorvegliare la battitura del grano nei possedimenti del monastero; durante una sosta notturna, mentre il santo dormiva in un carro di fieno, la sua virtú fu messa alla prova.
In seguito Pietro diede le dimissioni dall'arcipretura di Langeac e fondò a Pébrac (Haute-Loire) una casa di Canonici Regolari posta sotto la regola di s. Agostino. Si assisteva in quel tempo agli inizi di un movimento canonicale che tendeva a sottomettere i canonici ad una regola più severa di quella dell' 816 ed in particolare ad imporre loro la vita in comune e la povertà individuale. La fondazione di Pébrac, che deve collocarsi intorno al 1060, si ispirava direttamente a questi principi che erano stati proclamati in particolare al concilio di Roma del 1059 e costituivano uno degli aspetti della riforma gregoriana. E' per questa ragione che la biografia sottolinea il fatto che i primi canonici di Pébrac seguivano "victum apostolicum secundum edictum augustinicum, nihil habentes in hoc mundo proprium ".
Questi canonici ricevettero in dono dai signori del vicinato numerose chiese, donazioni confermate in seguito dal vescovo. Queste chiese erano fonti di reddito, ma forse i canonici di Pébrac assicuravano il ministero parrocchiale in alcune di esse.
Pietro morì in età molto avanzata, un 8 sett. tra il 1080 e il 1085. Già da vivo aveva compiuto numerosi miracoli e il suo culto si affermò presto; la sua festa fu fissata al 9 sett. E' interessante notare i procedimenti usati dai fedeli per ottenere i miracoli. Una donna cieca riacquista la vista lavandosi gli occhi con l'acqua delle abluzioni della Messa celebrata dal santo "aquam de manibus illius sancti hominis post consecrationem Corporis et Sanguinis Jesu Christi defluentem ". Presso la sua tomba si veniva soprattutto a sollecitare la guarigione dalle febbri. Un malato trattenuto in casa dalla febbre, manda un messaggero per riportargli "exiguum de vino quo sacerdotis tumulus superfundebatur ".
Nel sec. XVII altri racconti di miracoli fanno menzione del rito della incubazione: malati di febbri riottengono la salute dopo aver dormito una notte presso la tomba del santo. Il suo culto, dunque, era in quell'epoca ancor vivo.


Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:14

Beata Serafina Sforza (Sveva Feltria) Clarissa

8 settembre

Urbino, 1434 - Pesaro, 8 settembre 1478

Martirologio Romano: A Pesaro, beata Serafina Sforza, che affrontò nella vita coniugale molte avversità e, rimasta vedova, trascorse in grande umiltà i restanti anni della sua vita seguendo la regola di santa Chiara.

Scorrendo le alterne vicende della vita della beata Serafina Sforza, si evidenzia soprattutto un’ampia panoramica partecipativa della nobiltà italiana del Quattrocento, tante sono le Casate e dinastie coinvolte.
Sveva Feltria, appartenne all’illustre famiglia dei conti di Montefeltro, signori di Urbino dal 1234 al 1508 e che proprio negli anni in cui visse Sveva, divenne ducato sotto il fratello Oddantonio (1443). Nacque ad Urbino nella prima metà del 1434, ultima dei figli di Guidantonio e di Caterina Colonna nipote di papa Martino V.
Divenne orfana della madre nel 1438 e del padre nel 1443, essendo una bambina di nove anni, rimase per qualche tempo ad Urbino, prima sotto la tutela del fratello Oddantonio e poi dopo la tragica morte di questi, ucciso nel 1444 in una congiura, del fratello Federico di Montefeltro (1422-1482), celebre condottiero e mecenate dell’arte.
Nel marzo 1446 a 12 anni, lasciò Urbino, andando a vivere per più di un anno a Roma, presso lo zio materno cardinale Prospero Colonna, della celebre famiglia patrizia romana.
Lo zio, secondo gli usi del tempo, trattò il matrimonio della giovanissima nipote, con il quarantenne Alessandro Sforza, signore di Pesaro, che Sveva sposò per procura il 9 gennaio 1448, raggiungendolo solo il 1° settembre successivo.
Ma ben presto Sveva Feltria Sforza rimase sola; per gli impegni militari del marito chiamato nella guerra di Lombardia, a sostenere il fratello Francesco I Sforza (1401-1466) nella conquista del ducato di Milano, possesso poi riconosciutagli con la pace di Lodi del 1454.
Sveva, in sua assenza fu impegnata nei doveri dello Stato a Pesaro, assistita dalla zia Vittoria Colonna, dalla cugina Elisabetta Malatesta dei signori di Rimini, e inoltre nell’educazione dei figliastri Battista e Costanzo Sforza, figli di suo marito e della defunta prima moglie, Costanza Varano dei signori di Camerino.
La lunga lontananza e l’incuria del maturo consorte, impegnato solo nelle guerre e dedito ai facili amori, misero a dura prova i sentimenti e la fedeltà coniugale di Sveva.
Probabilmente cedette alle lusinghe di un cortigiano, per cui fu accusata di adulterio dal marito Alessandro Sforza, nel contempo fu incolpata anche di tentato avvelenamento del marito e di tramare contro di lui con la connivenza della zia Vittoria Colonna, dietro istigazione di Sigismondo Malatesta (1417-1468), al quale si cercava di restituire la signoria di Pesaro.
A parte le accuse formulate ingiustamente contro la moglie, Alessandro sempre più deciso di sbarazzarsene, tentò varie volte di avvelenarla e una notte cercò persino di strangolarla; soliti intrighi e delitti di corte, di cui sono pieni i resoconti storici della vita e delle successioni nelle varie corti europee, specie del Medioevo e secoli successivi.
Nonostante le difese dei parenti, l’infelice Sveva fu costretta dal marito e dal cognato Francesco duca di Milano, ad entrare fra le Clarisse del monastero “Corpus Christi” di Pesaro, dove dopo aver ottenuta la necessaria dispensa da papa Callisto III, fece la sua professione religiosa alla fine di agosto del 1457, prendendo il nome di suor Serafina.
Ritirarsi oppure far ritirare in un convento, era pratica abbastanza usuale fra le nobili, vedove, decadute, perseguitate, ecc., ma questo stato forzato di religiosa, fu per suor Serafina Sforza il trampolino di lancio verso una santità di vita, riscattando l’errore in cui era caduta per la giovanile inesperienza, ma ancor più a causa dell’ambiente corrotto, dove per sua sventura era capitata ancora adolescente.
Visse fra le clarisse di Pesaro 21 anni, nei quali seppe essere di esempio alle consorelle nella pratica delle virtù cristiane, nella carità, nell’umiltà e nell’assistenza agli infermi, tanto che nel 1475 a 41 anni venne eletta badessa.
Ebbe la consolazione di vedere il marito Alessandro, giungere al monastero del “Corpus Christi” per riconciliarsi con lei, riconoscendo i propri torti e tornare in seguito più volte a conversare con lei per la sua redenzione spirituale; Alessandro morì nel 1473.
Cinque anni dopo, l’8 settembre 1478, suor Serafina Sforza morì nel suo monastero di Pesaro a 44 anni, fra il cordoglio generale e pianta profondamente da tutte le clarisse, che ormai da anni la ritenevano una santa e che presero a tributarle quel culto, che poi fu confermato solennemente da papa Benedetto XIV il 17 luglio 1754, con il titolo di beata. La sua festa viene celebrata l’8 settembre.



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00mercoledì 8 settembre 2010 12:15

San Sergio I Papa

8 settembre

Nato a Palermo (?) - m. 701

(Papa dal 15/12/687 al 08/09/701)
Di origine sira, fu eletto mentre altri due candidati, Teodoro e Pasqale, erano stati nominati dalle proprie fazioni. Oppositosi alle pretese dell' imperatore Gustiniano II, fu difeso dal popolo Romano, che scacciò l'inviato dell'imperatore.

Etimologia: Sergio = che salva, custodisce, seminatore, dal latino

Martirologio Romano: A Roma presso san Pietro, deposizione di san Sergio I, papa, che, di origine sira, si adoperò con tutte le forze per l’evangelizzazione dei Sassoni e dei Frisoni e ricompose molte controversie e discordie, preferendo morire piuttosto che approvare gli errori.


Nell’anno 688 arriva a Roma dalla Britannia il re pagano Ceadwalla, sovrano del Wessex: vuole farsi cristiano, e riceve il battesimo (con il nome di Pietro) nella basilica del Laterano dal Papa in persona, Sergio I. Un Papa nativo di Palermo, ma di famiglia siriana, che è arrivato a Roma in gioventù, diventando famoso nella Schola cantorum. Ordinato poi sacerdote, la sua cura per le chiese ne fa un personaggio eminente nel clero. E quando muore papa Conone (687), viene eletto a succedergli, per un compromesso tra i sostenitori di due altri candidati, nessuno dei quali riusciva a prevalere. Su Sergio invece c’è accordo, perché è uomo di fede, di preghiera e di studio. Anche di testa dura, quando occorre.
E occorre spesso. Continuamente. Roma e buona parte dell’Italia appartengono all’impero d’Oriente (il resto è sotto il dominio dei Longobardi). E gli imperatori si considerano Isapostoli (uguali agli apostoli), non inferiori al Pontefice romano anche in tema di fede. Papa Martino I, che non si era piegato all’imperatore d’Oriente Costante II, è stato preso a Roma e portato a morire di maltrattamenti in Crimea, nel 655.
Ora ci riprova Giustiniano II, che vorrebbe imporre a Roma e a tutti i cristiani le norme disciplinari stabilite a Costantinopoli da un Concilio di soli vescovi d’Oriente: e manda i relativi decreti all’approvazione di papa Sergio. Lui vede che lì dentro c’è pure l’abolizione del celibato per i preti, tra l’altro; e non approva nulla, qualunque cosa dica l’imperatore. Ma questi spedisce subito a Roma un alto dignitario, Zaccaria, per arrestare il Papa portandolo a Costantinopoli: come accadde a Martino I.
Ecco Zaccaria al Laterano dal Papa, con quell’ordine. Ed ecco pure la sorpresa: dalla Romagna e dalle Marche arrivano truppe, ma non sono quelle d’Oriente, fedeli all’imperatore: sono milizie cittadine, italiane, accorse in aiuto di Sergio. E vi si aggiungono tanti romani, inferociti per le tassazioni imperiali. Circondano il Laterano. Venuto come cacciatore, Zaccaria si ritrova lepre in cerca di rifugio. Infine lo scovano, "acquattato sotto il letto del Papa", scrive lo storico tedesco Gregorovius. Sergio I lo salva, lo perdona e lo rimanda a farsi strapazzare dal suo imperatore.
Pagina storica del pontificato di Sergio I è la pace religiosa da lui riportata nel patriarcato di Aquileia (Veneto, Istria e terre d’Oltralpe) spaccato per 140 anni da contrasti, anche politici, a proposito della persona e delle nature del Cristo (questione dei Tre Capitoli). Per tutti i suoi 14 anni di pontificato, Sergio lavora con passione all’arricchimento della liturgia; si deve a lui anche l’istituzione del canto dell’Agnus Dei nella Messa. Alla morte, nel 701, viene seppellito nell’antica basilica costantiniana di San Pietro.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:16

San Tommaso da Villanova Vescovo

8 settembre

Villanueva, Spagna, 1486 - Valencia, 8 settembre 1555

Nacque a Fuenllana, Ciudad Real (Spagna) da genitori religiosi e caritatevoli dai quali ereditò uno sviscerato amore per i poveri. Laureato in filosofia entrò nella Comunità agostiniana. Ordinato sacerdote, fu nominato predicatore e, contro la sua volontà, fu superiore della comunità per tutta la vita. Eletto arcivescovo di Valencia diede al proprio Ordine una dimensione vasta, inviando missionari anche in Perù. Ispirandosi agli insegnamenti del Buon pastore, di san Paolo, e dei grandi vescovi, non volle abbandonare la sua diocesi neppure per il Concilio di Trento. Chiamato il San Bernardo spagnolo per la sua profondità teologica sulla Vergine, soccorse i bisognosi (creò perfino un brefotrofio nel palazzo vescovile), si occupò della gioventù, difese la diocesi dalla minaccia musulmana e fondò il Collegio seminario della Presentazione. Fu il più grande predicatore del suo tempo ma, più che con le parole, egli convinse con l'esempio della sua vita. Fu dichiarato beato nel 1618 e Alessandro VII lo canonizzò nel 1658. I suoi resti sono esposti nella cattedrale di Valencia. (Avvenire)

Etimologia: Tommaso = gemello, dall'ebraico

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Valencia in Spagna, san Tommaso da Villanova, vescovo: eremita sotto la regola di sant’Agostino, accettò per obbedienza l’ufficio episcopale ed eccelse, tra le altre virtù di pastore, per un amore per i poveri così ardente da dilapidare tutto per i bisognosi, senza lasciare per sé neppure un piccolo letto.

Ascolta da RadioMaria:
  

Nacque a Fuenllana, Ciudad Real (Spagna) da genitori religiosi e caritatevoli dai quali ereditò uno sviscerato amore per i poveri. Da Villanueva de los Infantes, città dove andò a vivere la famiglia e dalla quale prenderà poi il nome, a soli quindici anni fu mandato a studiare all'Università di Alcalà dove, nel 1509, ottenne il titolo di maestro di logica, fisica e metafisica. Per tre anni seguì il corso di teologia, interrompendolo per reggere la cattedra di logica (1512-1516). I 15 anni di permanenza ad Alcalà imprimeranno una profonda impronta umanistica al resto della sua vita.
Nel 1516 va a Salamanca per professare nell'Ordine agostiniano. Riceve il sacerdozio nel 1518. A 32 anni. I superiori ben presto scoprono le sue doti. Gli incarichi si succedono ininterrottamente: Priore di Salamanca (1519-21 e 1523-25), Visitatore della provincia di Castiglia (1525-27), Provinciale di quella andalusa (1527-29), Priore di Burgos (1531-34), Provinciale di Castiglia (1534-37), Priore di Burgos (1541-44) .
Carlo V, che nutre per lui una predilezione tale da considerarlo una delle persone chiave nella riforma dei suoi regni, lo nomina suo predicatore e consigliere e, rimasta vacante la sede di Valencia (1544), lo presenta come Arcivescovo di quella città.
Valencia si trovava in una condizione spirituale deplorevole: più di un secolo senza un vescovo residente, molti chierici in situazione irregolare, moreschi agitati. Tommaso, per prima cosa, dirige i suoi sforzi alla ricristianizzazione della diocesi. Per formare un clero capace di dare con la sua vita una testimonianza autentica, fonda il collegio-seminario della Presentazione (1550). Convoca un sinodo e visita tutte le parrocchie, agendo con mano energica e paterna. Tra le sue opere pastorali, due in particolare meritano di essere ricordate: l’assistenza ai poveri e l’evangelizzazione dei moreschi. La riuscita attività in favore del gregge che gli era stato affidato e la sua erudizione fecero di lui uno degli uomini più rispettati del tempo e l’immagine del vescovo ideale.
Morì nel 1555. Fu dichiarato beato nel 1618 e Alessandro VII lo canonizzò nel 1658.
I suoi resti sono esposti alla venerazione dei fedeli nella cattedrale di Valencia.



Stellina788
00mercoledì 8 settembre 2010 12:17

Beati Tommaso Palaser, Giovanni Norton e Giovanni Talbot Martiri

8 settembre

Martirologio Romano: A Durham in Inghilterra, beati martiri Tommaso Palaser, sacerdote, Giovanni Norton e Giovanni Talbot, che, condannati a morte sotto la regina Elisabetta I, il primo per essere ritornato in Inghilterra da sacerdote, gli altri per avergli dato aiuto, patirono il supplizio del patibolo.



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