9 dicembre

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Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:18

Beati 10 Padri Mercedari

9 dicembre

Questi 10 Beati padri mercedari: Arnaldo de Querol, Raimondo Binezes, Pietro Serra, Guglielmo Pagesi, Giovanni de Mora, Bernardo de Collotorto, Lorenzo da Lorca, Sancio de Vaillo, Berengario Pic e Domenico de Ripparia, fecero onore alla Chiesa e all’Ordine Mercedario con la santità e le virtù della vita. La loro memoria ed il loro nome vivono in eterno ed essi godono delle delizie del paradiso nella gloria di Cristo Signore. L’Ordine li festeggia il 9 dicembre.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:19

Beato Agostino de Revenga Mercedario

9 dicembre

+ 1569

Discendente da un'illustre famiglia, il Beato Agostino de Revenga, fu molto più illustre nell'Ordine Mercedario per la sua opera e le virtù della vita religiosa. Nel convento dell'Immacolata Concezione di Alcalà in Spagna, fu famoso dottore in Sacra Teologia e rettore dello stesso collegio dal 1545 fino alla morte. Grande penitente, digiunò quasi tutti i giorni astenendosi dalla carne per tutta la sua vita, dormiva in terra e passava quasi tutta la notte in orazione e contemplazione portando sempre un cilicio. Morì santamente nel 1569 ed il suo corpo fu sepolto nella chiesa dello stesso convento.
L'Ordine lo festeggia il 9 dicembre.

Etimologia: Agostino = piccolo venerabile, dal latino




Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:20

Sant’ Anna Madre di Samuele

9 dicembre

Dall'ebraico "Hannah", Anna significa "pietà". Più donne bibliche portano questo nome; quella di cui parleremo oggi è una delle due mogli di Elkana lo Zufita. Essendo sterile, andata pellegrina al Tempio di Silo, una vallata tra Sichem e Rama, la località dove abitava, implora il Signore di renderla madre, facendo voto di offrigli la sua creatura per per tutti i giorni della sua vita" (I Sam 1,12). Ottenuta la grazia, Anna impone al figlio agognato uno splendido nome che fa capire trattarsi di una vera e propria consacrazione: Samuele in ebraico vuoi dire infatti "il nome (di Dio) è EI" (Shem-EI) ma collegato anche al fatto che la madre lo ha lungamente e insistentemente richiesto, tale sarebbe il significato poiché in ebraico "shal'al" è come dire "domandare", logicamente in questo caso al Signore, (I Sam, 1-20). Sant'Anna è festegiata dai Greci all'8 e 9 dicembre.


Dall'ebraico "Hannah", Anna significa "pietà". Più donne bibliche portano questo nome; quella di cui parleremo oggi è una delle due mogli di Elkana lo Zufita. Essendo sterile, andata pellegrina al Tempio di Silo, una vallata tra Sichem e Rama, la località dove abitava, implora il Signore di renderla madre, facendo voto di offrigli la sua creatura per per tutti i giorni della sua vita" (I Sam 1,12). Ottenuta la grazia, Anna impone al figlio agognato uno splendido nome che fa capire trattarsi di una vera e propria consacrazione: Samuele in ebraico vuoi dire infatti "il nome (di Dio) è EI" (Shem-EI) ma collegato anche al fatto che la madre lo ha lungamente e insistentemente richiesto, tale sarebbe il significato poiché in ebraico "shal'al" è come dire "domandare", logicamente in questo caso al Signore, (I Sam, 1-20).
La nascita di Samuele (Sam 2,1-10) ispira ad Anna un cantico di ringraziamento che taluni hanno considerato il prototipo del Magnifìcat. Nel libro I di Samuele (2,1) leggiamo:
"Esulta il mio cuore nel Signore; per grazio del Signore si innalza la mia fronte. Si apre liberamente la mio bocca contro i miei nemici; perché io godo della vittoria che mi hai concesso. Non vi è alcuno santo come il Signore; perché non vi è alcuno fuori di lui; e non cè rocca come il nostro Dio. Non moltiplicate i discorsi superbi; dalla vostra bocca non escano arroganze; poiché il Signore è il Dio del sapere; e le opere sue sono rette. L'arco dei forti si è spezzato, ma i deboli sono stati rivestiti di vigore. Quei che erano sazi, per il pane andarono a giornata, mentre gli affamati hanno cessato di faticare. Colei che era sterile partorì sette figli e la madre di numerosa prole è sfiorita (...) Il Signore fa morire e vivere; conduce alla morte e ne richiama. Il Signore fa impoverire e arricchire, abbassa e anche esalta (...) Il Signore giudica i confini della terra; darà forza al suo re; ed eleverà la potenza del suo Messia".
Come costatiamo, c'è una certa analogia con il Magnificat di Maria, ma non pare possa esser messo sullo stesso piano del cantico esploso dall'animo di Maria Vergine Madre al sentire il saluto della cugina Elisabetta, quando dopo l'Annuncio dell'arcangelo Gabriele, si reca ad Ain Karim per portarle benedizione e aiuto.
Dopo avere svezzato il figlio, Anna grata al Signore e fedele al voto fatto, ritorna a Silo e consegnando il figlioletto nelle mani del sacerdote Eli, dice: "Per questo bambino ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Per questo in cambio lo offro in dono al Signore per tutti i giorni della sua vita" (1 Sam 1, 27-28).
Così Samuele cresce nel servizio del Signore, che avendo sul ragazzo particolari disegni, lo segue con "voci" e inequivocabili "messaggi": il figlio della fedele Anna è destinato a essere un grande profeta. E non vi è lettore della Bibbia che non ricordi la descrizione, molto bella, della triplice chiamata divina durante la notte; Samuele la ritiene come suggerimento di Eli, il quale gli ricorda di rispondere, qualora il "fenomeno" si ripetesse per la terza volta: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta". Ciò che difatti avviene.
Il giovane Samuele, sentendo che il Signore era con lui e chiamava lui non tralasciò di ascoltare e comprendere nessuna parola, perciò "acquistò autorità, e tutto Israele seppe che Samuele, da Dan fino a Bersabea, era stato costituito profeta dal Signore. In seguito Iddio, dopo che si era rivelato a Samuele in Silo, fece sì che quanto questi diceva giungesse a tutto Israele come parola del Signore" (I Sam 3, 19-21).
E Samuele fu riconosciuto come personaggio credibile e autorevole; fu ritenuto personaggio interessante e complesso per le funzioni che dovette ricoprire: non fu soltanto "profeta" bensì "giudice" e "guida" sicura per il suo popolo.
La storia di Samuele è importante soprattutto perché nel suo tempo (circa 1050-1000) Israele, era costretto a soffrire una fase storica quanto mai complicata mancando di una autentica guida politica nel suo interno, e si dibatteva in grandi difficoltà soprattutto all'esterno, per la minaccia dei popoli vicini, in modo speciale per le continue aggressioni da parte dei Filistei. Nello stesso tempo agiva soprattutto come profeta, mai stanco di trasmettere al popolo eletto il volere di Dio. Sicché non smetteva di ricordare che se si voleva la vittoria contro i Filistei, Israele e quanti lo guidavano dovevano assolutamente assegnare a Dio il "primato", di essere fedeli al loro unico vero Dio e respingere ogni tentazione di idolatria.
"Se è proprio di tutto cuore che voi tornate al Signore, eliminate da voi tutti gli dèi stranieri ... fate in modo che il vostro cuore sia indirizzato al Signore e seguite lui, lui solo, ed egli vi libererà dalle mani dei Filistei", (I Sam 7,3-5).
E così avviene.
Anna, una santa madre, ha avuto l'intuizione di volere un figlio non per sé ma per il Signore; e al Signore lo offre per tutta la vita. Anna ha visto giusto: dopo Samuele, avrà altri tre figli e due figlie (Sam 1, 20-21) ma sul primo, il Signore aveva disegni particolari. Sarà un grande profeta, e la sua azione risalterà specialmente durante il passaggio dal periodo dei Giudici a quello della Monarchia: è Samuele che ungerà i primi due re (Sam I 10,1-8; 16,1-13) ma di ciò parleremo quando tratteremo delle donne che hanno avuto importanza nella vita di Davide ed è lui che guiderà coloro che avranno il compito sociale di guidare il popolo.
Compiuta la sua missione, Samuele scompare dalla scena, e solo qualche tempo dopo si dà notizia della sua scomparsa: "Samuele morì e tutto Israele si radunò e lo pianse. Lo seppellirono presso la sua casa in Rama. Davide si alzò e scese al deserto di Paran" (I Sam 25-1).
La memoria di Samuele rimase viva in Israele, gli israeliti ne ebbero grande stima e continuarono a benedirlo, come si può leggere nel (Salmo 26,99-6 e in Geremia 15,1). Lo elogia pure il Siracide (46,13-20) collocandolo tra i grandi profeti del suo popolo: "Samuele, amato dal suo Signore, di cui fu profeta.
Lo ricorda anche il Nuovo Testamento, onorandolo come uno dei profeti che hanno preannunciato l'avvento del Messia. "I profeti a cominciare da Samuele e da quanti parlano di lui, in seguito annunciarono questi giorni" (At 3,24)
Ha ben meritato una pagina nel gran Libro, Anna, questa santa madre...



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:20

Beato Bernardo di Gesù Silvestrelli Passionista

9 dicembre

Roma, 7 novembre 1831 - Moricone (Roma), 9 dicembre 1911

Il beato passionista Bernardo di Gesù Silvestrelli nacque a Roma nel 1831. Di agiata condizione, studiò al Collegio Romano. Entrato nella congregazione di san Paolo della Croce, fu compagno di noviziato di Francescco Possenti, futuro san Gabriele dell'Addolorata. Divenuto superiore a Roma, visse con Pio IX i travagli seguiti alla breccia di Porta Pia. Fu eletto, poi, preposito generale della congregazione, che sotto la sua guida fiorì. A lui si deve la costruzione del santuario di Nettuno, dove riposa Maria Goretti. Ritiratosi nell'eremo di Moricone (Roma), vi morì cadendo dalle scale nel 1911. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Moricone in Sabina nel Lazio, beato Bernardo Maria di Gesù (Cesare) Silvestrelli, sacerdote della Congregazione della Passione, che, eletto preposito generale, si adoperò alacremente per la crescita e la diffusione dell’Ordine.


Cesare Pietro Silvestrelli nacque a Roma il 7 novembre del 1831, terzo di sette figli da Gian Tommaso Silvestrelli e dalla marchesa Teresa Gozzani; l’agiata condizione della famiglia, permise di avere in casa un precettore per i primi studi, proseguiti poi nel celebre Collegio Romano.
Crebbe nel clima di grande carità dei genitori, che accoglievano spesso i bisognosi di aiuto nel palazzo Silvestrelli. A 23 anni, dopo una sosta fortuita, fatta durante una battuta di caccia, nel ritiro passionista di S. Angelo sul Fogliano, colpito dalla spiritualità dei padri, decide di entrare nell’Ordine dei Passionisti, fondato da s. Paolo della Croce nel 1720.
Entrò nel noviziato dell’Argentario e nonostante la gracilità della salute, la sua genuina vocazione lo tenne fedele alla scelta, venendo ordinato sacerdote da mons. Molaioni Giuseppe vescovo passionista.
Nel noviziato di Morrovalle nelle Marche ebbe come compagno Francesco Possenti il futuro s. Gabriele dell’Addolorata (1838-1862); Cesare cambiò il nome in Bernardo di Gesù, ritrovò tutto se stesso e la pace interiore, con le sue virtù si impose all’attenzione di tutti.
Intanto la situazione politica a Roma si rabbuiava e il papa Pio IX era preoccupato; il 29 maggio 1869 padre Bernardo è a Roma come Superiore della Casa Generalizia dei Ss. Giovanni e Paolo al Celio e il 19 settembre del 1970 è al fianco di papa Pio IX a confortarlo e salendo con lui in ginocchio gli scalini della Scala Santa.
Il giorno dopo vi fu la breccia di Porta Pia e la caduta del potere temporale dei papi; Roma divenne capitale d’Italia e il re Vittorio Emanuele II si stabilì nel palazzo del Quirinale. Comunque dopo un’iniziale sbandamento e timore, dove padre Bernardo di Gesù si dimostrò un vero Superiore coraggioso, la vita della Chiesa e degli Ordini religiosi riprese in pieno; nel 1878 il Capitolo generale dei Passionisti lo proclamò Preposito Generale dell’Ordine, carica che tenne fino al 1888 e poi di nuovo dal 1893 al 1907.
Sotto la sua guida la Congregazione rifiorì, le sei province religiose che trovò, divennero nel 1905 dodici, i religiosi da 750 arrivarono a 1490; aprì nuove Case sia in Italia che all’estero, in Messico, Australia, Inghilterra, Francia, Olanda, Belgio, Stati Uniti, Irlanda, Spagna, Argentina.
Per la sua opera fu ritenuto giustamente un secondo s. Paolo della Croce, godé della stima di cardinali e vescovi, fu molto caro ai papi Leone XIII e s. Pio X, tuttavia con umiltà rifiutò la porpora cardinalizia, più volte offerta dai due pontefici.
Aiutò con il suo ricco patrimonio e con l’autorizzazione del papa, le Case ed i religiosi più bisognosi; diede impulso al carisma passionista con le missioni popolari. Nel 1907 volle ritirarsi da ogni carica e tornare nella più completa solitudine nel convento di S. Eutizio dove aveva conosciuto i Passionisti; qui però la gente, che aveva saputo che al convento c’era un santo, non lo lasciava libero e quindi fu costretto a spostarsi verso l’eremo di Moricone presso Roma, dove giunse il 16 giugno 1911.
Morì tragicamente il 9 dicembre 1911 cadendo all’indietro mentre saliva la scalinata del ritiro; fu inutile ogni soccorso e pregando morì; fu sepolto prima nel cimitero locale poi il 17 aprile 1931, il corpo incorrotto fu collocato solennemente in un monumento marmoreo, nella chiesa passionista di Moricone (Roma).
Alla sua opera si deve la costruzione del santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, ora consacrato a s. Maria Goretti e la Casa di studio attigua alla Scala Santa in Roma.
Scrisse e pubblicò molte biografie inedite di religiosi insigni della Congregazione, raccogliendole in due opere nel 1932 e nel 1938; scrisse l’alto trattato dei “Trattenimenti spirituali ad uso dei Novizi Passionisti” per formare le nuove generazioni di religiosi.
La causa per la sua beatificazione fu introdotta il 13 febbraio 1942 ed è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1988, insieme all’altro confratello passionista Carlo Houben; la sua festa liturgica è al 9 dicembre.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:21

San Cipriano di Genouillac Abate

9 dicembre

Martirologio Romano: Nel monastero di Genouillac presso Périgueux in Francia, san Cipriano, abate, insigne per la dedizione ai malati.


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00martedì 7 dicembre 2010 10:21

Beato Giuseppe Ferrer Esteve Martire

9 dicembre

Martirologio Romano: Nella cittadina di Llombay nel territorio di Valencia in Spagna, beato Giuseppe Ferrer Esteve, sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie e martire, fucilato in odio al suo sacerdozio.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:22

Santa Gorgonia Sorella di San Gregorio N.

9 dicembre

Martirologio Romano: A Nazianzo in Cappadocia, nell’odierna Turchia, santa Gorgonia, madre di famiglia, che fu figlia di santa Nonna e sorella dei santi Gregorio il Teologo e Cesario, le cui virtù celebrò lo stesso Gregorio.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:23

San Juan Diego Cuauhtlatoatzin Veggente di Guadalupe

9 dicembre - Memoria Facoltativa

1474 circa - Guadalupe, 1548

Nel dicembre 1531 la Madonna apparve a Guadalupe, in Messico, scegliendo come suo interlocutore un povero indio, Juan Diego, nato verso il 1474 e morto nel 1548, che prima di convertirsi al cattolicesimo portava un affascinante nome azteco, Cuauhtlotatzin, che sta a significare “colui che parla come un’aquila”. Cuauhtlotatzin fu tra i primi a ricevere il battesimo, nel 1524, all’eta’ di cinquant’anni, con il quale gli fu imposto il nuovo nome cristiano di Juan Diego, e con lui venne battezzata anche la moglie Malintzin, che prese a sua volta il nome di Maria Lucia. Rimasto vedovo dopo solo quattro anni di matrimonio, orientò tutta la sua vita a Dio. Dopo le apparizioni della S. Vergine sulla collina del Tepeyac visse santamente per 17 anni in una casetta che il vescovo Zumàrraga gli aveva fatto costruire a fianco della cappella eretta in onore della Vergine di Guadalupe. Giovanni Paolo II nel 1990 lo ha dichiarato beato, per proclamarlo infine santo nel 2002.

Martirologio Romano: San Giovanni Diego Cuauhtlatoatzin, che, di origine indigena, dotato di fede purissima, con la sua umiltà e il suo fervore fece sì che si edificasse il santuario in onore della Beata Maria Vergine di Guadalupe sul colle Tepeyac presso Città del Messico, dove ella apparve a lui ed egli si addormentò nel Signore.


Con lo sbarco degli spagnoli nelle terre del continente latino-americano aveva avuto inizio la lunga agonia di un popolo che aveva raggiunto un altissimo grado di progresso sociale e religioso. Il 13 agosto 1521 segno’ il tramonto di questa civiltà. Tenochtitlan, la superba capitale del mondo atzeco, fu saccheggiata e distrutta. L’immane tragedia che ha accompagnato la conquista del Messico da parte degli spagnoli, sancisce per un verso la completa caduta del regno degli aztechi e per l’altro l’affacciarsi di una nuova cultura e civiltà originata dalla mescolanza tra vincitori e vinti.
E’ in questo contesto che, dieci anni dopo, va collocata l’apparizione della Madonna a un povero indio di nome Juan Diego, nei pressi di Città del Messico. La mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la citta’, l’indio e’ attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere "la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio" e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l’indomani. Ma il giorno seguente Juan Diego non puo’ tornare: un suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo; giunto in vista del Tepeyac decide percio’ di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora. Ma la Signora è la’, davanti a lui, e gli domanda il perche’ di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio.
La Signora lo rassicura, suo zio e’ gia’ guarito, e lo invita a salire sulla sommita’ del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi "fiori di Castiglia": è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, e né la stagione nè il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale pero’ gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verita’ delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della S. Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti.
La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l’immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Vergine ha scelto come suo interlocutore un “povero indio”, Juan Diego, nato verso il 1474 e morto nel 1548 a Guadalupe, che prima di convertirsi al cattolicesimo portava un affascinante nome azteco, Cuauhtlotatzin, che sta a significare “colui che parla come un’aquila”. Varie fonti ci tramandano i dati biografici del veggente del Tepeyac: egli e’ un macehual, cioe’ un uomo del popolo, piccolo coltivatore diretto in un modesto villaggio: poco più di niente, nella società azteca complessa e fortemente gerarchizzata. Cuauhtlotatzin fu tra i primi a ricevere il battesimo, nel 1524, all’eta’ di cinquant’anni, con il quale gli fu imposto il nuovo nome cristiano di Juan Diego, e con lui venne battezzata anche la moglie Malintzin, che prese a sua volta il nome di Maria Lucia.
Il neoconvertito si distingueva in mezzo agli altri per la sollecitudine nel frequentare la catechesi e i sacramenti, senza badare ai sacrifici che questo richiedeva: si poneva in cammino fin dalle prime ore del giorno per raggiungere Santiago di Tlatelolco, dove i francescani radunavano gli indigeni per catechizzarli. Rimasto vedovo dopo solo quattro anni, Juan Diego orienta la sua vita ancora più decisamente verso Dio: trascorre tutto il suo tempo fra il lavoro dei campi e le pratiche della religione cristiana, fra cui l’ascolto della catechesi impartita agli indigeni convertiti dai missionari spagnoli. Conduce una vita esemplare che edifica molti. L'esperienza eccezionale vissuta sul Tepeyac s'inserisce in un’esistenza gia’ trasformata dalla grazia del battesimo e cementata dall’incontro con la Madre di Dio che ne potenzia in modo straordinario il cammino di fede, fino a spingerlo ad abbandonare tutto, casa e terra, per trasferirsi in una casetta che il vescovo Zumàrraga gli ha fatto costruire a fianco della cappella eretta in onore della Vergine di Guadalupe.
Qui Juan Diego vive per ben 17 anni in penitenza e orazione, assoggettandosi agli umili lavori di sagrestano, senza mai mancare al suo impegno di testimoniare quanto Maria ha fatto per lui e può fare per tutti quelli che con affetto filiale vorranno rivolgersi al suo cuore di Madre.
La morte lo coglie nel 1548, quando ha ormai 74 anni.La sua fama di santita’, che gia’ l’aveva accompagnato in vita, cresce nel tempo fino ai nostri giorni, finche’ nel 1984 si dette finalmente inizio alla sua causa di beatificazione e si pose mano all'elaborazione della Positio, orientata a comprovarne non solo il culto, da tempo immemorabile, ma anche a dimostrare le virtu’ del servo di Dio e a illustrarne la vita, separate il piu’ possibile dal fatto guadalupano. Attraverso una solida base documentale si voleva cioe’ dimostrare che Juan Diego, per i suoi soli meriti di cristiano, era degno di assurgere agli onori degli altari, finche’ – al termine di un complesso iter ecclesiastico - con il decreto Exaltavit humiles (6 maggio 1990), se ne e’ finalmente concessa la memoria liturgica, fissata al 9 dicembre, data della prima apparizione della “Morenita”. Giovanni Paolo II ha dichiarato beato il veggente Juan Diego nel 1990, per proclamarlo infine santo nel 2002.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:24

Santa Leocadia di Toledo Vergine e martire

9 dicembre

Martirologio Romano: A Toledo in Spagna, santa Leucadia, vergine e martire, insigne per la sua testimoniaza di fede in Cristo.


Esistono poche notizie su di lei. Il culto nacque presso il suo sepolcro nel cimitero romano di Toledo su cui, forse, nell'epoca bizantina, sorse un'edicola, sostituita, ai tempi di re Sisebuto e dell'arcivescovo Elladio (618), da un tempio a lei dedicato. In questo ambiente si riunirono alcuni concili tenuti nella città di Toledo, durante il sec. VII e vi ricevettero sepoltura gli ultimi arci­vescovi visigoti toledani, da s. Elladio a s. Giuliano.
La passio di Leocadia oggi conosciuta fu scritta nella metà del sec. VII, epoca a cui debbono attribuirsi i testi liturgici del suo culto. Secondo questa passio, Leocadia fu imprigionata come cristiana dal prefetto Daciano, inviato dagli imperatori Diocleziano e Massimiano; mentre aspet­tava, rinchiusa, la sentenza di Daciano, mori in modo incruento.
Il vescovo Cixila (sec. VIII) nella sua Vita di s. lldefonso, racconta che il giorno della festa di s. Leocadia (9 dic), quando l'arcivescovo e il re si trovavano con molti fedeli nel tempio della santa, si alzò la lastra del sepolcro e apparve Leocadia che parlò all'arcivescovo, lodandolo per i lavori com­piuti a glorificazione della Madre di Dio. L'arci­vescovo, ripresosi dalla sorpresa, riuscì a tagliare un pezzo del velo che ricopriva la santa, che rimase come una reliquia insigne della chiesa di Toledo.
Nella seconda metà del sec. VIII, durante la persecuzione di Abd-er-rahman, le spoglie di Leocadia vennero trasferite da Toledo a Oviedo, dove fu eretto un tempio in suo onore. Alla fine del sec. XI tali reliquie furono trasferite in Belgio da un conte di Hainaut e, fin dal sec. XII, si sa che erano vene­rate nell'abbazia di Saint-Ghislain. Mentre imper­versavano le guerre di religione del sec. XVI, essendo imminente il pericolo di profanazione, per metterle al sicuro, furono riportate al luogo d'ori­gine e giunsero a Toledo, dopo un viaggio pieno di peripezie, alla fine dell'apr. del 1587, e furono deposte nella cattedrale, dove ancora oggi sono venerate, in una ricchissima urna d'argento.
Nel Martirologio Romano la festa di Leocadia è iscritta alla data tradizionale del 9 dicembre.

Autore: Juan Francisco Rivera Recio

ICONOGRAFIA

Il culto di s. Leocadia è legato esclusi­vamente a Toledo, città di cui è patrona, e alla Spagna, anche se esso si diffuse in alcune regioni francesi: come a Soissons, dove si pretendeva di possedere sue reliquie nell'abbazia di Saint-Médard.
Nell'iconografia è rappresentata con la palma del martirio ed ha come attributi: la torre, in cui fu rinchiusa, le catene della prigionia e le verghe, con le quali fu torturata. In tale modo è raffi­gurata in un affresco dell'oratorio del Cristo de la Luz a Toledo, risalente al sec. XII; in una miniatura dei Miracles de Notre Dame, opera di Jean Pucelle (sec. XIV), ora alla Biblioteca Nazio­nale di Parigi; in una statua, opera del Berruguete. che si trova nella chiesa del Cristo de la Vega a Toledo (sec. XV) e in una tela di Pantoja de la Cruz (sec. XVII), nella cattedrale di Cordova.
La santa è anche legata al culto di s. Ildefonso, poiché, secondo la leggenda, sarebbe apparsa al santo nella cattedrale di Toledo ed egli avrebbe tagliato un lembo del suo velo per accertarsi della realtà della visione. Questa scena appare quindi in una miniatura della Vita Sancti Ildefonsi e in un'altra del codice dei concili di Toledo, ambedue alla Biblioteca Nazionale di Madrid e opere di anonimi miniaturisti del sec. XIII; nella pala d'altare con Storie del santo, opera di Fernando Gallego (sec. XV), nella cattedrale di Zamora e in una tela di Pedro Orrente (sec. XVII), nella sacrestia della cattedrale di Toledo.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:24

Beato Liborio Wagner Sacerdote e martire

9 dicembre

Mühlausen, Turingia, 5 dicembre 1593 - Schonungen, 9 dicembre 1631

Martirologio Romano: Presso il fiume Meno nella Baviera in Germania, beato Liborio Wagner, sacerdote e martire, che, uomo di insigne carità, coronò con l’effusione del sangue la sua cura pastorale resa a servizio tanto dei cattolici quanto dei fratelli separati.


Ecco un martire il cui nome va ad allungare la lista di quei cattolici, ecclesiastici o semplici fedeli, che hanno dato la vita per la fede, durante il periodo dell’affermarsi della Riforma Protestante.
Nacque in pieno protestantesimo il 5 dicembre 1593 a Mühlausen in Turingia nella Germania Orientale, si sa che nel 1613 a 20 anni lasciò la città natia per proseguire gli studi a Lipsia, Gotha e Strasburgo e nel 1617 conseguì il titolo di insegnante.
A 30 anni nel 1621 si recò a Würzburg dove frequentò la facoltà di teologia tenuta dai gesuiti e grazie a loro si convertì al cattolicesimo fino a diventare sacerdote, venendo ordinato il 29 marzo 1625.
Ebbe come primo incarico la cappellania ad Hardheim nel Baden e nel settembre 1626 fu nominato parroco di Altenmünster - Sulzdorf cittadina in prevalenza protestante, dove dovette impegnarsi con tutte le sue capacità e fede, per convertire i protestanti tra tante difficoltà e la freddezza degli stessi parrocchiani.
Dopo cinque anni di apostolato, nel 1631, arrivarono nella città gli svedesi a causa della guerra dei Trent’anni; padre Liborio Wagner dovette nascondersi rifugiandosi nella vicina cittadina cattolica di Reichmannhausen, distante circa quattro km da Altenmünster da cui non voleva comunque allontanarsi troppo.
In questi suoi tentativi di avvicinarsi, fu tradito e il 4 dicembre 1631 venne catturato e portato in un villaggio sul Meno distante 10 km, trascinato per tutto il percorso legato ad un cavallo con una lunga fune; seguirono nel castello di Mainberg, cinque giorni di continue torture e oltraggi da parte dei carnefici, con le loro richieste di apostatare con in cambio l’immediata liberazione, ma egli ripeteva sempre la stessa risposta: “Vivo, soffro e muoio da cattolico papista”.
Ormai ridotto senza forze, il 9 dicembre 1631 il parroco Liborio fu portato a dorso di cavallo in riva al Meno, vicino Schonungen, dove venne ucciso a colpi di arma da fuoco e di spada e dopo essere stato spogliato delle sue vesti di prete per non farlo riconoscere tale, il suo corpo fu gettato nel fiume.
Anonimi fedeli cattolici lo ripescarono, sotterrandolo in un primo tempo sulle rive del fiume stesso, poi trasferito in un vicino prato, dove rimase fino alla fine del dominio svedese della Franconia, quando per ordine del vescovo di Würzburg fu riesumato e trasferito temporaneamente nella cappella del castello di Mainberg e infine il 15 dicembre 1637, trasferito nella chiesa parrocchiale di S. Lorenzo in Heidenfeld dove riposa tuttora.
Ma già da tempo si veniva ad instaurare con l’afflusso di fedeli devoti, un culto di venerazione verso il valoroso campione della fede cattolica in Germania.
Nel 1931, tre secoli dopo la morte, venute meno tutte le difficoltà storiche ed ideologiche che si frapponevano, venne introdotta la causa di beatificazione, che si concluse con la solenne cerimonia, che lo elevava all’onore degli altari come beato, il 24 marzo 1974, proclamato da papa Paolo VI.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:25

San Pietro Fourier Sacerdote

9 dicembre

Mirecourt, Francia, 30 novembre 1565 - Gray, Francia, 8 dicembre 1640

Nasce da una famiglia di commercianti il 30 novembre 1565 a Mirecourt in Lorena, una regione indipendente e, in piena Riforma protestante, ancora fedele a Roma. Si presenta all’istituto superiore della Compagnia di Gesù fondato a Pont-à-Mousson, vicino alla capitale Nancy, nel 1579. Quattro anni dopo, ritorna a Pont-à-Mousson per farsi prete; verrà ordinato a Treviri (Germania) nel 1589. Dal 1597 è parroco a Mattaincourt, centro dedito al tessile e soffocato dall’usura. Proprio contro questa piaga si scaglia il nuovo parroco, che cera un fondo per i prestiti agli artigiani. Combatterà anche contro l’ignoranza aprendo delle scuole gratuite per bambini e bambine. Alle bambine si dedica una ragazza di Remiremont, Alessia Leclerq (ora beata Madre Teresa di Gesù). A lei si uniscono poi altre giovani, che daranno vita all’istituto religioso delle «Canonichesse di sant’Agostino». E così sarà per i maestri volontari: diventeranno i «Canonici regolari del Salvatore». Durante la Guerra dei 30 anni Fourier riceve minacce di morte e deve fuggire a Gray. Morirà qui nel 1640. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Gray in Burgundia, ora in Francia, dove si era rifugiato come esule, transito di san Pietro Fourier, sacerdote, che scelse la poverissima parrocchia di Mattaincourt in Lorena e la curò mirabilmente, istituì i Canonici regolari del Nostro Salvatore e fondò l’Istituto delle Canonichesse regolari di Nostra Signora per impartire un’istruzione gratuita alle fanciulle.


I suoi genitori commerciano in tessuti, che all’epoca sono una delle grandi risorse dei lorenesi, come le miniere di ferro e l’agricoltura. Il ducato di Lorena è uno Stato indipendente (sarà unito alla Francia solo nel 1766); nella grande crisi religiosa aperta dalla Riforma diMartin Lutero è rimasta unita alla Chiesa di Roma, diventando anziun luogo di nuova irradiazione cattolica, con centri di preparazione e di studio destinati a formare sacerdoti meglio preparati.
Nell’istituto superiore della Compagnia di Gesù fondato a Pont-à-Mousson, vicino alla capitale Nancy, si presenta nel 1579 il quattordicenne Pietro Fourier, mandato dai genitori per gli studi classici, fino al1585. Quattro anni dopo, ritorna aPont-à-Mousson per farsi prete. Ne escesei anni dopo, ben ferrato in teologia ein diritto, dopo aver ricevuto l’ordinazionea Treviri (Germania) nel 1589.
La scuola lo ha preparato a lavorareper la riforma cattolica, come l’ha delineatail Concilio di Trento. Può aspirarea mansioni importanti nella Chiesa. Maper lui l’importanza non sta più nei buoniposti, nelle cariche e nei titoli. Numerouno nella Chiesa, ai suoi occhi, èchiunque comunichi la fede. Numerouno è il parroco, dunque. Ed eccolo parroco,infatti, a partire dal 1597.
La parrocchia è quella di Mattaincourt(vicino a Mirecourt, suo luogo nativo),paese di uomini e di donne specializzatinelle cento manieredel filare, del tessere, del ricamare,maestri di panno edi merletto. Artigiani eccellenti,ma vittime dell’usura.Gli strozzini li inchiodano all’eternapovertà, e sinoranessuno li ha difesi.Ora li difendelui, il parroco Pietro,costituendo un banco di creditoche presta denaro agliartigiani senza interessi. Allalettera, padre Fourier ha creato unfondo per questi crediti, e riesce ad alimentarlocon lasciti ereditari, offerte occasionali,insistendo, alzando la voce inchiesa e fuori.
L’altro nemico pubblico è l’ignoranza.Secondo lui, un parroco degno dellasua missione dev’essere il primo a combatterla.E difatti la parrocchia di Mattaincourtvede nascere le scuole gratuiteper bambini e bambine, che funzionanocon l’aiuto di volontari. Alle bambinesi dedica una ragazza di Remiremont,Alessia Leclerq (ora beata MadreTeresa di Gesù), consigliata da padreFourier, che è il suo direttore spirituale.A lei si uniscono poi altre giovani, chedaranno vita all’istituto religioso delle“Canonichesse di sant’Agostino”, sviluppandovia via la loro attività e ottenendoi riconoscimenti ecclesiastici. Ecosì sarà per i maestri volontari: diventerannoi “Canonici regolari del Salvatore”.Due comunità presenti e attive anchenel terzo millennio.
Dal 1630 al 1648 si combatte in Europala guerra dei Trent’anni, con atrocitàinaudite, eccidi, saccheggi, torture. Cisono anche casi di cannibalismo per fame.C’è un cardinale di Santa RomanaChiesa (Richelieu) che sostiene e incoraggiaeserciti protestanti contro eserciticattolici. Anche la Lorena viene invasada truppe francesi, e il parroco Fourier,che dice la loro ai sovrani e ai porporati,riceve minacce di morte. Deveandarsene, e trova rifugio a Gray, nellaFranca Contea che all’epoca è sotto dominiospagnolo. E qui muore, ben primadi veder finire la guerra. Leone XIIIlo proclamerà santo nel 1897.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:26

Santi Pietro, Successo, Bassiano, Primitivo e compagni Martiri in Africa

9 dicembre


L'attuale lezione del Martirologio Romano al 9 dic. è opera del Baronio, il quale prese Pietro e Suc­cesso dal Geronimiano raggruppandoli con Bas­siano, Primitivo e compagni che attinse da altra ignota fonte. Infatti nel Martirologio Geronimiano alla stessa data si leggono questi nomi: Pietro, Successo, Turno (o Tonno, Tonino, o anche Basi­no), Puplicano (o anche Pugliciano o Publenzia o Publio) ed altri venti martiri. Su questi perso­naggi manca purtroppo ogni notizia.


Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:26

Beati Riccardo de los Rios Fabregat, Giuliano Rodriguez Sanchez e Giuseppe Gimene Sacerdoti salesiani e martiri

9 dicembre

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+ Picadero de Paterna, Spagna, 9 dicembre 1936

Martirologio Romano: Nel villaggio di Picadero de Paterna sempre nel territorio di Valencia, beati Riccardo de los Ríos Fabregat, Giuliano Rodríguez Sánchez e Giuseppe Giménez López, sacerdoti della Società Salesiana e martiri, che, durante la persecuzione contro la fede, portarono a termine la gloriosa prova per Cristo.


Recaredo de los Rios Fabregat
Bétera, Spagna, 11 gennaio 1893 - Picadero de Paterna, Spagna, 9 dicembre 1936
Era nato a Bétera (Valenza) l'11 gennaio 1893. La sua era una famiglia profondamente cristiana e la sua vocazione si manifestò già da piccolo. Fu allievo del Collegio di Valenza e fece la sua professione salesiana nel 1909; fu ordinato sacerdote nel 19 17. Figlio della sua terra, brillava per l'intelligenza, per capacità artistiche ed era anche un grande oratore. Già ad Alicante, nel 1931, fu minacciato da un gruppo che assalì la scuola. Anche se gli assalitori parlavano della necessità di ammazzarlo o meno, lui non perse mai il suo sorriso. Passò per le case di Sarria (Barcellona), Huesca, Campello, Villena, Alicante e Valenza. Appariva sempre sereno, anche durante l'assalto alla scuola e la sua permanenza in carcere. Accompagnò e sostenne il gruppo dei salesiani fino al momento della morte.

Julian Rodriguez Sanchez
Salamanca, Spagna, 16 ottobre 1896 - Picadero de Paterna, Spagna, 9 dicembre 1936
Nato a Salamanca il 16 ottobre 1896, diventò salesiano nel 1917 e fu ordinato sacerdote nel 1930. Si distinse per la sua generosità nelladedizione al lavoro, era pio, gentile e servizievole. Non volendo portar danno ai benefattori rifiutòdi rifugiarsipresso di loro, si presentò volontariamente alle autorità e fu messo in carcere.

José Giménez Lopez
Cartagena, Spagna, 31 ottobre 1904 - Picadero de Paterna, Spagna, 9 dicembre 1936
Nacque a Cartagena nel 1904. Orfano a cinque anni, studiò dai Salesiani di Alicante. Fece la sua professione Salesiana il 19luglio1925e fu ordinato sacerdote nel 1934. Di carattere buono e gioviale,fu un docente entusiasta. Lavorò soltanto in Alcoy (Alicante), dove fu molto ben voluto. La guerra civile lo sorprese a Valenza,in pieni Esercizi Spirituali. Fu arrestato insieme a Don Antonio Martin nella casa dove erano nascosti, tutti e due morirono poi in carcere.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:27

San Siro di Pavia Vescovo

9 dicembre

sec. IV

Nel giovinetto che porse a Gesù i pani e i pesci per il miracolo della moltiplicazione, una leggenda fiorita in Italia, identifica il primo vescovo di Pavia, san Siro. Tale leggenda sarebbe riferita dall'autore del «De laudibus Papiae», uno scritto del 1330. Dietro a questo scritto ci sarebbe la «Vita di san Siro», risalente all'ottavo secolo e con l'intenzione di vantare l'anzianità della Chiesa di Pavia nei confronti di quella di Milano, dalla quale la prima dipendeva. Secondo questa Vita le origini del vescovado pavese sono da collegarsi con Aquileia, il cui primo vescovo Ermagora venne consacrato dall'evangelista Marco. Ermagora a sua volta avrebbe consacrato vescovi Siro, giunto in Italia al seguito di Pietro e Marco, ed Evenzio, inviandoli ad evangelizzare Pavia. Giunto a Pavia Siro estense la sua attività missionaria dal Ticino all'Adige, predicando a Verona, Brescia, Lodi e anche a Milano, dove Evenzio, inviato da Siro, avrebbe dato sepoltura ai martiri Gervasio e Protasio, ponendo sulla loro tomba una pietra sepolcrale con l'epitaffio dettato dal vescovo di Pavia. Le reliquie di san Siro sono conservate nella cattedrale di Pavia. (Avvenire)

Patronato: Pavia

Etimologia: Siro = nativo della Siria, dal latino

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Pavia, san Siro, primo vescovo della città.

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Motivo di discussione, e di molteplici confronti fra Studiosi, è la presa di posizione di alcuni che ancora oggi identificano San Siro con quel giovinetto galileo che porse a Gesù Cristo i pani ed i pesci per il miracolo della moltiplicazione, facendo risalire ai tempi apostolici il transito terreno del Santo. In sintesi, e molti Documenti ne rendono ampia testimonianza, San Siro fu un Vescovo itinerante (e il Protovescovo di Pavia), che evangelizzò una vasta area dell’Italia settentrionale, vissuto nel IV secolo. Ad inquadrarlo cronologicamente nel IV secolo decine di fonti, le più autorevoli delle quali: Bibliotheca Hagiografica Latina, Bibliotheca Sanctorum, Le Diocesi d’Italia (Mons. Francesco Lanzoni), Storia Religiosa della Lombardia – Diocesi di Pavia (Mons. Vittorio Lanzani), Notizie appartenenti alla storia della sua Patria (G. Robolini). In breve e in risposta alle tesi che riportano la venuta di San Siro nella Nostra Penisola a seguito di San Pietro: “… la fondazione della diocesi è più tarda perché se il terzo vescovo di Pavia, Evenzio, visse, come è storicamente accertato, tra il 381 e il 397, il primo vescovo risale al massimo a metà del IV secolo” (Cattabiani A., Santi d’Italia, Milano: Bur Saggi, 2004, Vol. II, pp. 879 - 880). Il tentativo di fare apparire apostolica la fondazione della Chiesa di Pavia sono molteplici e ripetuti: escludendo testimonianze che troppo ci riportano indietro nel tempo e che utilizzavano come scusa la retrodatazione per tentare di separarsi da un vincolo ormai stretto che legava la Diocesi di Milano con quella di Pavia ad essa subordinata, si distinse sul finire del 1800 il Sacerdote Cesare Prelini di Pavia. Quest’ultimo, come si narra, scoprì sul pavimento, incise su una pietra della Chiesa dei SS. Gervasio e Protasio a Pavia (dove per secoli rimasero le spoglie mortali di San Siro, prima di essere traslate in Duomo), le lettere SURVS EPC (Siro Vescovo). Quella pietra, insieme con un’altra a questa complementare andarono a formare un’avello, subito identificato come prima sepoltura del Santo. A dar man forte al Prelini, il Principe degli archeologi cristiani: Giovanni Battista De’ Rossi, che assegnò all’inizio del II secolo la scritta SURVS e non la scritta EPC, considerata di mano più tarda (Vedi anche Bollettino di Archeologia Cristiana, Serie III, Anno I, N. 111, 1876). Confortato da ciò il Prelini compose tra il 1880 e il 1890 i due Volumi di: San Siro Primo Vescovo e Patrono della Città e Diocesi di Pavia – studio storico critico e riservò al De’ Rossi e alla sua dissertazione ampio spazio. Nonostante ciò negli anni a seguire altri studi assodarono che San Siro non era da considerarsi vissuto in epoca apostolica ma bensì nella prima metà del IV secolo e il De’ Rossi ritrattò la sua sentenza. Mons. Vittorio Lanzani, dal suo punto di vista inquadra l’avello sepolcrale di San Siro “come un sarcofago di reposizione successiva, quando ancora Siro non era venerato come santo. Il sarcofago vescovile pavese si impone comunque come una prova archeologica di alta antichità che tramanda il nome di SVRVS EPC e garantisce la continuità della sua memoria e della custodia delle sue reliquie” (Storia Religiosa della Lombardia – Diocesi di Pavia, p. 20). A dar manforte alle sopraccitate fonti si aggiungono quelle iconografiche, molto spesso poste in secondo piano, ma in questo caso assai efficaci, al fine di ancorare il Santo Patrono alla storia: Angelo Maria Raggi (Bibliotheca Sanctorum, Vol. XI, coll.1242-43) parla della più antica e nota figurazione di S.Siro, quale il bassorilievo che possiamo ammirare nella Chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio a Pavia sul pilastro antistante la cappella a lui dedicata: “In esso il Santo è figurato in abiti pontificali, con un pastorale ed un libro in mano, in una tipologia convenzionale ripresa anche in altre opere posteriori”. F. Gianani aggiunge: “Il bassorilievo era policromo, come se ne rilevano le tracce… Il Santo è rappresentato in abiti pontificali, anche col bastone pastorale, ma senza mitra. La sua casula (la pianeta) era dipinta di rosso, la dalmatia in verde, l’omophorion o pallio in giallo, il viso e le mani leggermente rosate” (Città di Pavia - La Basilica dei Santi Gervasio e Protasio nella Storia e nell’Arte, p.24). Ora l’importante scritto di Angelo Maria Raggi: “Sino a tutto il sec. XVI, come si nota, non esiste alcun riferimento alla pretesa identificazione di S. nel giovinetto galileo che porse a Gesù i pani ed i pesci per il miracolo della moltiplicazione… Questi compaiono solo dopo il 1600 (e spesso vennero arbitrariamente aggiunti anche a dipinti anteriori)”. (Bibliotheca Sanctorum, coll.1242-43).


Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:28

Santa Valeria di Limoges Martire

9 dicembre

Etimologia: Valeria = che sta bene, forte, robusto, dal latino

Emblema: Palma

Oggi il Calendario ci presenta tre nomi di donne, tre Sante, ognuna delle quali ha una figura chiara e ben individuata, se non nella storia, almeno nella leggenda.
La prima è Leucadia, vergine spagnola, Martire nella persecuzione di Diocleziano. Cadde a Toledo, e Toledo ancora l'onora Patrona.
La seconda è Gorgonia, che ha una qualifica insolita, anche se bellissima: Santa madre di famiglia. Madre di famiglia, così come altre sono Martiri, Vedove o Fondatrici. Madre di famiglia appartenente ella stessa ad una famiglia di Santi, quella che nel IV secolo, a Nazianzo, in Cappadocia, fiorì attorno a Gregorio il Vecchio, Santo, e a sua moglie Nonna, anch'ella Santa. Essi ebbero tre figli, e tutti e tre Santi: Gregorio il Giovane, famoso Dottore della Chiesa; Cesario, medico; e la primogenita Gorgonia.
Gorgonia seguì l'esempio di Santa Nonna, si sposò, ed ebbe tre figlie. Pare che si battezzasse soltanto a tarda età, come il fratello Cesario. Nonostante ciò, la sua vita fu di una virtù specchiata, di una pietà profonda; ed esemplare fu anche l'educazione impartita alle tre figliole.
Desiderò per lunghi anni il Sacramento che finalmente la fece cristiana, con una trepidazione e un ardore che ancora commuovono, ed il cui eco fu raccolto dal grande fratello Gregorio, quando, con mesto affetto, ne scrisse l’elogio funebre.
Oggi infine è festeggiata Valeria, anch'ella Martire, accanto al cui nome appare quello di un Santo francese, che visse a Limoges, in Francia. Si tratta di San Marziale, uno dei primi evangelizzatori delle Gallie. La tradizione lo fa vivere nel 1 secolo, e lo dice addirittura uno dei 72 discepoli che seguivano Gesù in Galilea, mentre, in realtà, è dei III secolo.
Di San Marziale, Santa Valeria non fu la sposa, ma piuttosto la figlia spirituale. Egli la convertì e versò l'acqua del Battesimo sul suo giovane capo e su quello, già grigio, della madre, Susanna. Susanna morì poco tempo dopo, lasciando al Vescovo Marziale molte ricchezze, terre e vigneti. Anche Valeria, fattasi cristiana, fece dono ai poveri della sua parte d'eredità e più che altro fece dono a Dio della propria verginità.
Torna il fidanzato dalla guerra, e Valeria, dice la tradizione, lo prega di dimenticare il suo affetto, confessando com'ella sia ormai promessa ad un altro e più potente Signore. Ma il geloso innamorato non le lascia terminare la spiegazione: trae la spada, e recide d'un colpo la testa della fanciulla.
Ed ecco, mentre la sua anima vola al cielo, il corpo di Valeria si rialza, raccoglie il capo mozzo, s'incammina, e va a deporlo ai piedi di San Marziale. Il fidanzato che vede ciò, si getta piangendo ai piedi del Vescovo, chiede perdono, compie un'amara penitenza, e finalmente anch’egli riceve il Battesimo. Si riunisce così, in una sorta di mistico fidanzamento, alla fanciulla amata e perduta.
Tale è la leggenda di Santa Valeria; Santa, però, non soltanto leggendaria, se le sue reliquie erano venerate, a Limoges e altrove, già prima del Mille. Santa non fantastica, ma realmente e compiutamente donna, che seppe amare e anche soffrire per amore terreno, e ancor più amare e morire di quell'Amore divino che è sempre corrisposto e privo di delusioni.



Stellina788
00martedì 7 dicembre 2010 10:28

San Vittore di Piacenza Vescovo

9 dicembre

Piacenza 300 ca. – 7 dicembre 375 ca.


Seguendo le congetture degli studiosi ed in mancanza di notizie certe, tenendo conto che s. Vittore fu vescovo di Piacenza, subito prima di san Savino, il quale governò la diocesi dal 376, si può dedurre che egli nacque verso l’anno 300 e iniziò il suo ministero episcopale nel 322, quindi abbastanza giovane, ma non era una novità per quei tempi.
Il più antico documento, che lo ricorda come primo vescovo di Piacenza, è un codice membranaceo, che lo definisce “confessoris episcopi”, il quale si trova nell’archivio piacentino di S. Antonino.
Vittore fece costruire fuori le mura della città, la chiesa che fece intitolare al martire s. Vittore e che successivamente si chiamò di S. Antonino martire, in omaggio al patrono della città. Seguendo la notizia, che l’imperatore Costantino diede aiuti concreti al vescovo Vittore, per la costruzione della chiesa, l’edificazione della stessa si può farla risalire al 325-337, quando Costantino, scomparso Licinio, governò da solo.
Vittore sarebbe stato presente al Concilio di Nicea del 325, al Sinodo di Roma del 324 ed a quello di Milano del 355 e inoltre al Concilio di Roma del 372, in cui sottoscrisse la lettera sinodica inviata dai vescovi d’Occidente ai vescovi d’Oriente, per mano del diacono Savino, che diverrà poi vescovo di Piacenza e successore di Vittore.
Combatté contro gli ariani che dilagavano nella vicina Milano, protetti dal vescovo Assenzio; si recò a Milano nel 374, per la consacrazione episcopale di s. Ambrogio. Lo stesso s. Ambrogio lodò l’opera apostolica di s. Vittore, dopo la sua scomparsa, sottolineando la sconfitta del paganesimo e l’entusiasmo con cui molte fanciulle piacentine, sceglievano di andare a Milano per condurre una vita di verginità.
Secondo antichi testi liturgici, risalenti al secolo X, Vittore morì a Piacenza dopo un lungo episcopato, il 7 dicembre 375 ca., giorno in cui poi venne celebrato; desiderò di essere sepolto nella chiesa da lui innalzata e nella quale il suo successore depose le reliquie di s. Antonino; nella stessa urna furono deposte anche quelle di s. Vittore.
I due santi da quel periodo ebbero un culto comune, sebbene quello per s. Antonino, essendo martire, fosse più antico. La basilica fu ricostruita intorno all’anno 1000, dal vescovo Sigifredo dopo che fu semidistrutta dai barbari invasori.
Sono state effettuate in tutti i secoli successivi, fino ai nostri giorni, molte ricognizioni delle reliquie, in occasione delle visite pastorali dei vescovi piacentini e nel 1879 esse furono sottoposte ad un’accurata esplorazione scientifica.
Nella seconda metà del Novecento la sua festa è stata spostata al 9 dicembre, forse per la concomitanza della ricorrenza al 7 dicembre della festa di s. Ambrogio, patrono della vicina metropoli milanese.


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