Omelia domenicale
Queste domeniche dopo Natale tornano con insistenza sulla manifestazione del Signore.
La sappiamo riconoscere?
"Venne tra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto".
È una lotta, in effetti, che il Vangelo deve compiere per farsi largo nelle nostre abitudini e nelle tenebre di questo mondo.
Il Natale è in realtà un conflitto, ben lungi da quel sentimento povero di forza, lontano dalla vita vera - ed è questa la vera responsabilità - cui abbiamo lo abbiamo ridotto.
È lotta della speranza in un mondo violento, povero di cuore, reso ignorante della vita dall’amore per sé.
Natale non è solo un’emozione spirituale per una generazione che non sa fermarsi ed andare in profondità.
Natale è una lotta, un’"agonia", come la vita vera: tra le tenebre e la luce, tra la vita stessa ed il suo nemico che la vuole spegnere e renderla vana.
Il Natale rivela da che parte stiamo.
Dobbiamo chiederci: abbiamo conservato l’annuncio del Natale?
Ci siamo fermati dai nostri affanni?
Abbiamo lasciato spazio alla proposta di ripartire da quel bambino, dalla debolezza dell’umanità, dei poveri?
Ci ha scandalizzato e commosso la sua povertà e quella di chi come lui non trova posto?
Lo abbiamo accolto nel nostro cuore tortuoso, pieno di calcoli e diffidenze?
Abbiamo creduto possibile che quella debolezza possa davvero cambiare il mondo?
Abbiamo confidato che chinandoci sulla debolezza e amandola, si può cambiare questo mondo?
Ci siamo fermati davvero accanto a lui?
Lo abbiamo invocato per liberarci dalla nostra freddezza?
Lo abbiamo amato per essere sciolti dal peccato?
Il libro del Siracide e il Vangelo di Giovanni, sebbene con angolature e accenti diversi, descrivono questo misterioso viaggio di Dio che esce da se stesso per venire incontro agli uomini.
La sapienza - leggiamo nella prima lettura - "esce dalla bocca dell’Altissimo" e, come una "nube" che fascia tutto il cosmo, sostiene ogni cosa.
È facile passare da queste parole a quelle del prologo di Giovanni: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio... Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto".
Nella pienezza dell’eternità di Dio risuona la parola divina, creatrice del mondo e rivelatrice del suo grande amore per gli uomini.
È il momento della creazione che possiamo immaginare come la prima tappa di questo viaggio di Dio oltre se stesso.
Tutto il creato respira l’amore del Signore:
"I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte ne trasmette alla notte notizia",
canta il salmo 19.
Ma il viaggio continua, sembra dire il testo sapienziale.
La sapienza riceve un ordine: "Fissa la tua tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele... E così mi sono stabilita in Sion. Nella città amata mi ha fatto abitare".
La piccola città di Sion e la modesta nazione di Giacobbe diventano la dimora di Dio sulla terra.
L’immagine della tenda, evocatrice del tempio di Gerusalemme, viene usata anche da Giovanni per descrivere l’ultima e la definitiva discesa di Dio in mezzo agli uomini.
La Lettera agli ebrei riassume con efficacia questa compagnia di Dio all’uomo: "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in molti modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb 1,1-2).
Il Verbo che era presso Dio è entrato nella nostra storia, prendendo la nostra stessa "carne", vivendo i nostri stessi giorni.
E tutto per amarci.
Come allora non ringraziare e benedire il Signore per il suo grande amore per noi?
L’apostolo Paolo, nell’inno di apertura della Lettera agli Efesini, quasi a nome di tutti i cristiani, benedice il Padre e il Figlio per l’amore assolutamente gratuito verso di noi; un amore senza dubbio immeritato, eppure pieno di una incredibile ambizione.
Sì, il Padre ha una grande ambizione su di noi; non è assolutamente rassegnato sulla nostra vita, né disposto ad accettare la nostra pigrizia e il senso avaro che abbiamo di noi stessi e delle nostre cose.
Scrive Paolo che il Padre "ci ha scelti in Lui (Cristo) prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità".
È una scelta alta, per nulla banale e modesta, che ci precede; è un prima assoluto che va al di là di ogni nostro merito.
Iddio Padre pensando Gesù, potremmo dire, aveva in mente anche noi, perché fossimo come lui "santi e immacolati".
Ma si badi bene che qui non si tratta semplicemente di una bontà morale, ossia di pensare a uomini e a donne che si comportano in modo corretto e onesto.
Paolo descrive un uomo nuovo, assolutamente diverso dall’uomo vecchio, Adamo, il quale confidava in se stesso e nelle sue forze, tanto da poter fare a meno di Dio.
Diventare "santi e immacolati" vuol dire anzitutto "essere figli", affidarsi a Dio e non a se stessi, vivere di Dio e della sua volontà e non di noi stessi e dei nostri capricci.
Figli, appunto, come Gesù.
È come una nuova creazione, una rinascita.
Possiamo rinascere quando siamo già vecchi, quando abbiamo visto tanti Natali e le speranze sembrano finite.
Possiamo rinascere quando le energie sono poche, quando sentiamo il peso del passato, quando non ci liberiamo dai rimorsi ed avvertiamo come i nostri sentimenti siano volubili ed incerti!
Sì, possiamo rinascere, perché non diventiamo nuovi da noi stessi e da soli.
Rinasce chi accoglie il Verbo, facendogli spazio.
Nessuno nasce da se stesso.
È il suo amore che ci rende nuovi.
Con il nostro amore rendiamo nuovo il mondo!
Accogliamo il Vangelo nella nostra vita, riprendiamolo in mano, leggiamolo un poco ogni giorno, perché cresca lui e diminuisca l’amore per noi stessi.
Il Vangelo c’insegnerà come essere buoni.
Facciamo diventare carne il Vangelo nella nostra vita.
Il Vangelo è il soffio della vita, dello Spirito, che pervade ciò che è vecchio e lo trasforma, può cambiarci.
Come figli, come bambini, cresciamo con lui.
Non sei l’unico: sei un figlio!
Non sei solo: hai un padre!
Si è fatto carne.
L’amore trasforma la carne.
Comunichiamo l’amore, rendiamolo gesti di pace, iniziando dai più poveri, da chi non trova un posto, da chi non è accolto.
Sarà la gioia del Natale che diventa luce per illuminare le tenebre del nostro cuore e di questo mondo.
E con l’apostolo lo preghiamo:
"Possa egli davvero illuminare gli occhi della nostra mente per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati".
AMEN!
Mamma Dolcissima
insegnaci tu ad amare
Gesu'
come tu lo hai amato
e a vivere
ogni giorno ringraziando
Dio Padre
che ci ha chiamati Figli!
Vieni Spirito Santo
ad infiammare d'Amore
i nostri cuori
Amen!
BUONA DOMENICA A TUTTI
NEL SIGNORE!
VVB!Anam