BUONA DOMENICA A TUTTI NEL SIGNORE ! - 12 luglio2009

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Anam_cara
00domenica 12 luglio 2009 04:44
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO



Antifona d'ingresso

Nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al mio risveglio mi sazierò della tua presenza.
(Sal 17,15)



Colletta

O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità,
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Prima Lettura


Dal libro del profeta Amos 7,12-15

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno».
Amos rispose ad Amasìa e disse:
«Non ero profeta né figlio di profeta;
ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro.
Il Signore mi prese,
mi chiamò mentre seguivo il gregge.
Il Signore mi disse:
Va’, profetizza al mio popolo Israele».

Parola di Dio



Salmo responsoriale


Salmo 84 (85)


Antifona

Ritorna a noi, o Dio, nostra salvezza.


Signore, sei stato buono con la tua terra,
hai ricondotto i deportati di Giacobbe.

Hai perdonato l'iniquità del tuo popolo,
hai cancellato tutti i suoi peccati.

Hai deposto tutto il tuo sdegno
e messo fine alla tua grande ira.

Rialzaci, Dio nostra salvezza,
e placa il tuo sdegno verso di noi.

Forse per sempre sarai adirato con noi,
di età in età estenderai il tuo sdegno?

Non tornerai tu forse a darci vita,
perché in te gioisca il tuo popolo?

Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con tutto il cuore.

La sua salvezza è vicina a chi lo teme
e la sua gloria abiterà la nostra terra.

Misericordia e verità s'incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.

La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo.

Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto.

Davanti a lui camminerà la giustizia
e sulla via dei suoi passi la salvezza.


Seconda Lettura


Dalla lettera di Paolo agli Efesini 1,3-14

Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro GesùCristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo. In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.

Parola di Dio.

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Anam_cara
00domenica 12 luglio 2009 08:07
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Lettura del Vangelo


 


Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia, alleluia.

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati
.
(Ef 1,17-18)

Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo di Marco 6,7-13


In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Parola del Signore

Omelia domenicale
(Mons. Vincenzo Paglia)

"Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due".

Così inizia il brano del Vangelo di Marco che ascoltiamo in questa domenica.

Gesù li chiamò e li mandò.

In questi due verbi (chiamare e mandare) si può dire che è racchiusa tutta l’identità del discepolo e di ogni comunità cristiana.

Queste parole, infatti, con quel che esse significano, non sono riservate a gruppi particolari o a persone privilegiate.

Tutti i cristiani sono chiamati e inviati a comunicare il Vangelo al mondo.

Il Concilio Vaticano II chiama con estrema chiarezza questa missione affidata a tutta la Chiesa: "La Chiesa peregrinante è per sua natura missionaria... e ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, per quanto gli è possibile, la fede".

Il cristiano pertanto è anzitutto un chiamato, un convocato da Dio.

Propriamente parlando, non si diviene cristiani per autonoma scelta; lo si diventa in risposta (ovviamente libera) ad una chiamata che ci precede.

Sì, c’è un amore che sta prima della nostra risposta.

Paolo, nello splendido inizio della Lettera agli Efesini, ce lo ricorda:

"In Cristo (il Padre) ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà" (Ef 1,4-6).

Tutta la tradizione del Primo Testamento, da Abramo in poi, pone Dio all’origine di ogni chiamata; l’iniziativa di avviare la storia della salvezza del popolo d’Israele è tutta del Signore.

"Abramo, chiamato da Dio, obbedì", scrive l’autore della Lettera agli Ebrei (11,8), indicando ad ogni cristiano il paradigma della fede.

Nelle narrazioni delle vocazioni profetiche emerge sempre il primato della chiamata divina.

Emblematica è la vicenda di Amos.
Non fu lui a scegliere.
E neppure fu lui ad andare.

Il Signore lo prese ("Il Signore mi prese di dietro al bestiame") e lo scaraventò in un aspro confronto con le ingiustizie del potere politico.

Dovette scontrarsi persino con le fredde considerazioni del "cappellano di corte", il sacerdote Amasia, che lo esortava, come spesso accade, ad un’egoistica prudenza.

Amos ribatte al sacerdote che alla radice delle sue parole non c’è una scelta personale legata a particolari prospettive.

È Dio stesso che lo ha costretto alla missione profetica:

"Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un pastore e un raccoglitore di sicomori; il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Va’, profetizza in mezzo al mio popolo Israele" (Am 7,14-15)
.

Potremmo dire che ognuno di noi era (e spesso lo siamo ancora) raccoglitore di sicomori.

E non di rado, nonostante la chiamata che Dio ci fa ogni giorno, ogni domenica, noi restiamo a coltivare i nostri personali sicomori.

Ma il Signore continua a chiamarci, e non una volta sola, strappandoci da un destino triste e scialbo.

La chiamata è sempre per svolgere il servizio di comunicare, con le parole e con la vita, il Vangelo di Gesù sino agli estremi confini della terra.

E qui ciascuno può trovare la propria santità.

Tutte le chiamate del Signore sono un invito ad accogliere la missione che fa sempre andare oltre se stessi, oltre i confini che ciascuno si traccia per la propria vita.

È anzi naturale per ciascuno di noi tracciare limiti, possibilmente chiari e definitivi, tra sé e gli altri, tra quello che riteniamo possibile fare e quello che pensiamo non lo sia.

Tale istinto a tracciare confini nasce dalla paura: vogliamo cioè essere tranquilli e certi, evitando l’ignoto e ciò che non ci è familiare.

Si rassodano così i confini che dividono gli uomini tra loro: quelli della cultura e delle affinità, dell’età e della classe sociale, della nazione e della appartenenza.

E altri ancora.

Sono tutti confini che separano gli uni dagli altri e spesso con violenza, ingiustizia e talora anche con la guerra.

E comunque portano sempre a sentire l’altro come un avversario, come un nemico.

Ciascuno cerca di stare solo con i propri simili, ossia con se stesso.

Per Gesù non è così.

Egli ha lasciato persino il cielo per venire in mezzo a noi, e non perché fossimo giusti, ma perché peccatori.

Per questa ragione Gesù non può accettare né limiti né particolarismi.

Del resto, anche il Padre che sta nei cieli
"fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt 5,45).

L’orizzonte di Gesù è il mondo intero.

Nessuno è estraneo alle sue preoccupazioni, neppure il peggiore dei nemici.

Per il Signore tutti sono da amare e tutti da salvare.

Egli per primo è stato mandato, ed ha obbedito:

"Andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il Vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità",
scrive Matteo (9,35).

Ancora oggi Gesù non cessa di commuoversi sulle folle stanche e sfinite di questo mondo, in particolare quelle più povere che vagano come pecore senza pastore.

E manda i suoi, "due a due", perché continuino la sua opera di comunicazione del Vangelo.

I discepoli di Gesù debbono essere liberi nello spirito e universali nel cuore, particolarmente oggi mentre le distanze tra le persone e i paesi si sono accorciate come non mai e tuttavia crescono a grande velocità nuovi muri e nuovi confini, reclamati dall’individualismo e dal particolarismo di singoli e di gruppi, di etnie e di nazioni.

Come Gesù non è venuto a salvare se stesso, così i cristiani non vivono per se stessi ma per salvare gli altri.

Gesù invita i suoi discepoli, di ieri e di oggi, a non prendere nulla con sé, né pane né bisaccia né denaro (e ciascuno deve interrogarsi su cos’è oggi per noi il pane, la bisaccia e il denaro).

Essi, muniti solamente del bastone del Vangelo e dei sandali della misericordia, debbono percorrere le vie degli uomini predicando la conversione del cuore e guarendo malattie e infermità.

Per entrare nelle case degli uomini, ossia nella dimora più intima e delicata che è il loro cuore, non occorrono armi particolari.

I discepoli, indifesi e poveri, debbono andare due a due perché la loro prima predicazione sia l’esempio del vicendevole amore.

Del resto Gesù aveva detto:

"Da come vi amerete riconosceranno che siete miei discepoli".

Ricchi pertanto solo della misericordia di Dio e del Vangelo, i cristiani potranno abbattere i muri di divisione e liberare il cuore degli uomini dai limiti e dai pesi che li opprimono.

Davanti a tale compito, affascinante e terribile, non possiamo tirarci indietro.

Assieme ai discepoli santi diciamo:
 
"Ecco, Signore, manda me!" (Is 6,8).

AMEN!


Signore Gesu',
ti chiediamo di mandare anche noi
a testimoniare con la nostra vita
il Tuo Amore Infinito
verso tutti gli uomini
Siamo consapevoli
delle nostre debolezze
ma con Te vicino sapremo vincerle 
e non temeremo alcun male!
Amen!



BUONA DOMENICA A TUTTI

NEL SIGNORE!




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