Benedetto XVI celebra i 60 anni di sacerdozio: grato a Dio per la sua chiamata a servirlo

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lazzaro2004
00mercoledì 29 giugno 2011 23:33
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Benedetto XVI celebra i 60 anni di sacerdozio nella Messa
per la Festa dei Santi Pietro e Paolo: grato a Dio
per la sua chiamata a servirlo

"Non vi chiamo più servi ma amici". A sessant'anni dal giorno
della mia Ordinazione sacerdotale sento ancora risuonare nel mio
intimo queste parole di Gesù..."

Lo ha confidato Benedetto XVI, nella sua omelia: le parole
evangeliche pronunciate dal cardinale Faulhaber nel giorno
della sua ordinazione, sono impresse nella sua mente:

"'Non più servi ma amici': io sapevo e avvertivo che, in quel
momento, questa non era solo una parola 'cerimoniale',
ed era anche più di una citazione della Sacra Scrittura".
"Ciò che avveniva in quel momento era ancora qualcosa di più",
ha osservato il Papa: "Egli mi chiama amico. Mi accoglie
nella cerchia di coloro ai quali si era rivolto nel Cenacolo".
"Nella cerchia di coloro che Egli conosce in modo del tutto particolare":
"Mi conferisce la facoltà, che quasi mette paura, di fare ciò che
solo Egli, il Figlio di Dio, può dire e fare legittimamente:
Io ti perdono i tuoi peccati".
Il Signore "si affida a me", ha proseguito il Santo Padre:
"Non siete più servi ma amici": questa è un'affermazione che reca
una grande gioia interiore e che, al contempo, nella sua grandezza,
può far venire i brividi lungo i decenni, con tutte le esperienze
della propria debolezza e della sua inesauribile bontà".

Nell'amicizia con Gesù "è racchiuso l'intero programma
di una vita sacerdotale." Ma "che cosa è veramente l'amicizia?",
si è chiesto Benedetto XVI:

"L'amicizia è una comunione del pensare e del volere".

Ma "oltre alla comunione di pensiero e di volontà"
- ha aggiunto il Papa - il Signore menziona un terzo,
nuovo elemento:

"Egli dà la sua vita per noi. Signore, aiutami a conoscerti
sempre meglio! Aiutami ad essere sempre più una cosa sola
con la tua volontà! Aiutami a vivere la mia vita non per me
stesso, ma a viverla insieme con Te per gli altri! Aiutami
a diventare sempre di più Tuo amico!".

E, "il primo compito dato ai discepoli -- agli amici
-- ha ricordato il Santo Padre -- è quello di mettersi
in cammino, di uscire da se stessi e di andare verso gli altri":

"Vogliamo seguire il Dio che si mette in cammino, superando
la pigrizia di rimanere adagiati su noi stessi, affinché
Egli stesso possa entrare nel mondo".

Ma Gesù chiede anche di portare frutto, "un frutto che rimanga!",
ha esclamato Benedetto XVI, richiamando l'immagine dell'uva,
frutto della vite, da cui si ottiene il vino:

"Perché possa maturare uva buona, occorre il sole ma anche
la pioggia, il giorno e la notte. Perché maturi un vino pregiato,
c'è bisogno della pigiatura, ci vuole la pazienza della fermentazione,
la cura attenta che serve ai processi di maturazione".

Non è questa -- si è domandato Benedetto XVI -- "un'immagine
della vita umana, e in modo del tutto particolare della nostra
vita di sacerdoti?":

"Volgendo indietro lo sguardo possiamo ringraziare Dio
per entrambe le cose: per le difficoltà e per le gioie, per le
ore buie e per quelle felici. In entrambe riconosciamo
la continua presenza del suo amore, che sempre di nuovo
ci porta e ci sopporta".

"È un giogo di amicizia e perciò un 'giogo dolce', ma proprio
per questo anche un giogo che esige e che plasma. È il giogo
della sua volontà, che è una volontà di verità e di amore".

Pallio che "significa molto concretamente -- ha sottolineato
Benedetto XVI - anche la comunione del Pastori della Chiesa
con Pietro e con i suoi successori"...

"...significa che noi dobbiamo essere Pastori per l'unità
e nell'unità e che solo nell'unità di cui Pietro è simbolo
guidiamo veramente verso Cristo".

Infine all'Angelus prima l'omaggio del Papa alla sua diocesi:

"O Roma felix!" si canta, oggi, nella solennità
dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di questa Città".

Poi il grazie di Benedetto XVI in questo giorno speciale
per lui e per tutta la Chiesa:

"Sono grato al Signore per la sua chiamata e per il ministero
affidatomi, e ringrazio coloro che, in questa circostanza,
mi hanno manifestato la loro vicinanza e sostengono la mia
missione con la preghiera, che da ogni comunità ecclesiale sale
incessantemente a Dio, traducendosi in adorazione a Cristo
Eucaristia per accrescere la forza e la libertà di annunciare il Vangelo".


Radio Vaticana 29 giugno 2011

 
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