CONTRO LE MAFIE PERSONE PERBENE

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lazzaro2004
00venerdì 12 dicembre 2014 22:52



 




Dottor Cantone, i politici accettano di stare al servizio dei boss per convenienza o per paura?
«Gli atti mostrano come sia stata superata la logica dell’intimidazione tipica delle vecchie mafie. In Calabria per la ’ndrangheta’ conta prima il controllo del territorio, poi la capacità di corrompere. Invece l’organizzazione di Carminati ha i metodi della consorteria: portano il politico dalla loro parte, lo mettono a libro paga, proprio come un clan fa con gli affiliati che vengono retribuiti perché sanno sparare e ricevono lo stipendio anche quando non c’è bisogno di usare le armi».

Nelle intercettazioni romane si usa lo stesso linguaggio dei casalesi: i boss chiamano i politici su cui investire “cavalli”, sperando che si mettano a correre e diventino vincenti.
«Infatti. La corruzione tradizionale è un accordo tra due soggetti per ottenere qualcosa. Qui invece si stipendiano le persone solo per avere la capacità di entrare in contatto con qualcuno, anche se in cambio dei soldi non c’è un atto o un appalto».

Un altro elemento chiave è la trasversalità: non si punta su un partito, ma su singoli esponenti di movimenti diversi.
«Gli atti registrano il disfacimento della politica. Non ci sono più i partiti. Ci sono gruppetti che operano per se stessi, si muovono in autonomia e sfruttano il partito solo per costruire la propria carriera. Come era accaduto per i casalesi, certi sistemi elettorali hanno finito per rendere più facile il rapporto tra clan e politici. Ognuno porta la sua dote di voti e fa il suo gioco. La grande operazione da fare è di trasparenza, che non riguarda più solo i bilanci dei partiti ma anche quello che gira intorno ai partiti: soprattutto le fondazioni create dai politici».

Gran parte dei politici corrotti a Roma intascano tangenti attraverso le loro fondazioni personali. Che sfuggono a ogni controllo.
«Le fondazioni in origine erano nate per altre finalità. Erano istituzioni pensate per gestire entità piccole, come una biblioteca, e per questo avevano criteri di contabilità banali perché non era previsto che maneggiassero fondi ingenti. Oggi sono diventate la chiave di volta del potere: gestiscono persino le banche. E tutto con trasparenza pressoché inesistente. Ora il paradosso è che nei partiti dietro le fondazioni oggi si nascondono le correnti, che hanno un’autonomia totale. Il proliferare delle fondazioni è la prova della fine dei partiti nazionali: sono quasi sempre espressione di un singolo, al massimo di un capocorrente, culturalmente il contrario di un partito. E lì che bisogna avere il coraggio di fare trasparenza».

espresso.repubblica.it/.../mafia-capitale-politici-gregari-dei-boss-parla-raffaele-cantone-1.191341





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