Fame e guerra in Somalia. Mons. Bruno Forte: senza solidarietà non c'è futuro per l'umanità

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lazzaro2004
00sabato 30 luglio 2011 00:50
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R. - Io credo che interroghi ogni uomo, perché questa
tragica carestia, siccità, in Somalia, in realtà, esprime
una situazione di grave necessità di tutto il pianeta Terra.
Sappiamo che esiste un problema di surriscaldamento dei mari,
specialmente nella fascia equatoriale, e questo problema
di carestia e siccità riguarda non solo la Somalia ma anche
fasce del continente americano. Chiudere gli occhi di fronte
a quello che sta avvenendo nel Corno d'Africa significa chiudere
gli occhi di fronte al futuro della casa comune, che è il pianeta
Terra. In un'epoca di globalizzazione questo non dev'essere
consentito a nessuno.

D. - A parte situazioni di emergenza, questi sono anni di crisi
economica e ora c'è la situazione degli Stati Uniti: per anni
abbiamo considerato Washington la prima potenza mondiale
e adesso sentiamo che trema per il possibile default a causa
del debito, peraltro soprattutto nei confronti della Cina...
In economia, dunque, ci sono davvero pochissime certezze,
piuttosto un'economia in bilico...

R. - Credo che stia venendo a galla quello che è il vero, grande
problema segnalato dalla "Caritas in veritate": il rapporto fra
globalizzazione e localizzazione, cioè fra questa rete globale
del pianeta e le identità locali, che spesso sono state in essa
mortificate. Nel momento in cui l'economia mondiale continua
ad essere governata dalla ricerca di un profitto sempre più grande
per quelli che se lo possono permettere, ciò che sta avvenendo
è soltanto la pallida ombra della tragedia che potrebbe profilarsi
a livello planetario. Siamo di fronte ad un campanello d'allarme
molto grave ed il Papa, nella "Caritas in veritate", lo ha voluto
segnalare con la pacatezza della sua riflessione e con la profondità
della sua analisi.

D. - Benedetto XVI, nel discorso di Pentecoste, ha parlato di "parti
della famiglia umana divise e disperse". Come tornare a riflettere
su queste parole?

R. - Queste parole sono tanto più gravi in quanto si collocano in un
contesto che è appunto quello delle globalizzazioni. Senza un'attenzione
ed un nuovo ordine economico-mondiale che si fondi non sul primato
del più forte ma su un'economia di solidarietà e di gratuità per i più deboli,
il futuro dell'umanità è un futuro a rischio. A me sembra che questa profezia
si stia realizzando in pieno nei confronti dei Paesi dell'Occidente che
- siamo onesti - sono quelli che finora hanno maggiormente beneficiato
degli squilibri del pianeta Terra. L'emergere dei Paesi del Terzo e Quarto
Mondo è certamente significativo, ma naturalmente potrà essere a rischio
se si faranno gli stessi errori commessi dall'Occidente. Penso, ad esempio,
alle economie della Cina e dell'India. Ecco perché questo è un momento
in cui occorrerebbe che i grandi ed i piccoli della terra si mettessero intorno
ad un tavolo per una riflessione comune. Sarebbe compito dell'Onu
sfidare tutti a pensare un nuovo ordine economico internazionale.
Il compito della Chiesa è segnalare la gravità e l'urgenza di queste
scelte ispirate all'etica.

D. - Sembra necessaria una parola, dopo tutte queste riflessioni:
"unità". Cristo chiama tutti e la sua Chiesa all'unità, ora in questo
mondo globalizzato e dunque con modalità e sfide nuove ed anche
con debolezze che emergono...

R. - Certamente. La parola "unità" ci richiama alla preghiera di Gesù:
che tutti siano uno. E ci richiama a quella che è la condizione fondamentale
dell'unità, cioè l'amore, l'agape del Nuovo Testamento. Può sembrare
paradossale e perfino ingenuo, ma la grande proposta che ci viene
dalla "Caritas in veritate" è che senza amore, senza un amore solidale
e responsabile fra i singoli e fra i popoli, non ci sarà un vero futuro
per l'umanità. Un'economia che mette l'amore da parte, come se fosse
una condizione superflua, è un'economia che si condanna al fallimento.
In altre parole, la carità è il principio che salverà il mondo. Anche in campo
economico, anche di fronte a sfide drammatiche come quelle che provengono,
in questo momento, dal Corno d'Africa. Senza carità e senza amore saremmo
tutti meno umani, meno felici e alla fine distruggeremmo questo giardino
da coltivare che Dio ci ha affidato. Con l'amore, quello che viene da Dio,
al di là dei nostri limiti e delle nostre incapacità, il pianeta Terra può
ancora cambiare, il giardino di Dio può rifiorire, il deserto può
trasformarsi in giardino.


Radio Vaticana 28 luglio 2011

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