Fecondazione eterologa: " Un figlio non è un diritto."

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lazzaro2004
00sabato 12 aprile 2014 13:28

 





 

La sentenza con la quale la Consulta ha dichiarato incostituzionale il divieto di ricorso alla fecondazione eterologa snatura il concetto di maternità e paternità. Ne è convinta la Conferenza Episcopale Italiana che ha sottolineato come “in questo modo si determina un pericoloso vuoto normativo nel quale rischia di essere legittimata ogni tecnica di riproduzione umana”. Duro il commento di Adriano Pessina, direttore del Centro di Ateneo di Bioetica: ”Con questa sentenza si prosegue lungo la strada che riduce la generazione ad un evento tecnologico, governato in primo luogo dal desiderio degli adulti, che vogliono un figlio a tutti i costi. Ma un figlio non è un diritto”. Sconcerto e perplessità anche dall’Associazione Medici Cattolici secondo la quale “la fecondazione artificiale eterologa lede la dignità e i diritti del nascituro e della coppia; depersonalizza l’identità della coppia e della famiglia e ha effetti a cascata su ambiti giuridici e sociali”

http://it.radiovaticana.va/news/2014/04/11/fecondazione,_il_figlio_non_è_un_diritto/105-790018

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali

Dichiarazione della Presidenza
in merito alla decisione della Corte costituzionale del 9 aprile 2014
in materia di fecondazione eterologa medicalmente assistita

La decisione della Corte Costituzionale, verso il cui operato si conferma il necessario rispetto, entra nel merito di una delicata esperienza umana. Il desiderio di avere un figlio è profondo ed indiscutibile e merita il massimo rispetto e la più delicata comprensione. In attesa di conoscere le relative motivazioni della Corte Costituzionale è peraltro doveroso segnalare alcuni nodi problematici che suscitano dubbi e preoccupazioni, sotto il profilo antropologico e culturale.
In primo luogo viene affermato un non meglio precisato “diritto al figlio” o “diritto alla genitorialità”, col rischio di confondere o, peggio, identificare il piano dei desideri con il piano dei diritti, sottacendo che il figlio è una persona da accogliere e non l’oggetto di una pretesa resa possibile dal progresso scientifico.
In secondo luogo si assume come parametro di valore un preteso diritto individuale, sganciato da qualsiasi visione relazionale; in questo modo si trascura, tra l'altro il diritto del figlio a conoscere la propria origine biologica.
Quindi, si cambia e si snatura il concetto e l’esperienza di paternità e di maternità, che sono elementi preziosi per l’unità profonda ed inviolabile della coppia.
Infine, si determina un pericoloso vuoto normativo nel quale rischia di essere legittimata ogni tecnica di riproduzione umana. La cultura giuridica non dovrebbe semplicemente avvalorare il dominio della tecnoscienza, ma porsi la questione del senso e anche quella del limite. Infatti, come la storia ha dimostrato, non tutto ciò che è fattibile giova al genere umano.

Roma, 10 aprile 2014

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