LA PRIMA SFIDA. Naturalmente la coincidenza della data non è ricordata per suggerire qualcosa di miracoloso, ma solo per dimostrare quanto il Pontificato sia stato inserito nella storia di quello che Wojtyla nell'Evangelium vitae ha chiamato “congiura contro la vita”, “guerra dei potenti contro i deboli”, “minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti dell'uomo”. Giovanni Paolo II ne ha avuto piena consapevolezza ed ha ritenuto sua specifica missione alzarsi in piedi contro la “cultura della morte”. Lo dichiarò apertamente quasi all'inizio del suo ministero papale, parlando al Collegio cardinalizio (22/12/1980): “Di fronte al disprezzo del valore supremo della vita, per cui si giunge a convalidare la soppressione dell'essere umano nel grembo materno; di fronte alle disgregazioni in atto dell'unità familiare, unica garanzia per la promozione completa dei fanciulli e dei giovani; di fronte alla svalutazione dell'amore limpido e puro, allo sfrenato edonismo, alla diffusione della pornografia, occorre richiamare alto la santità del matrimonio, il valore della famiglia, l'intangibilità della vita umana. Non mi stancherò mai di adempiere questa che ritengo missione indilazionabile, profittando dei viaggi, degli incontri, delle udienze, dei messaggi a persone, istituzioni, associazioni, consultori che si preoccupano del futuro della famiglia e ne fanno oggetto di studio e di azione”. Ognuno può constatare che Giovanni Paolo II non si è “mai stancato di proclamare alto l'intangibilità della vita umana”.
Perciò è doveroso riconoscere che Karol Wojtyla è stato il Papa della vita. “Grande”, anche per questo. Giustamente Egli è ricordato per il contributo potente dato al crollo del comunismo, per l'impegno ecumenico, l'attenzione ai giovani, il dialogo con tutti, la difesa della pace, ma non è accettabile che la “congiura contro la vita” cerchi di censurare, o anche soltanto di collocare su una linea secondaria il Suo “proclamare alto l'intangibilità della vita umana”.
In uno straordinario recentissimo impegnativo discorso rivolto il 10 gennaio 2005 al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede Giovanni paolo II ha guardato “con un solo colpo d'occhio, la grande scena dell'Umanità con i comuni gravi problemi che l'agitano, ma anche con le grandi e sempre vive speranze che l'animano” e si è rivolto, tramite gli ambasciatori a tutti i giovani del mondo elencando ed illustrando “le sfide dell'umanità d'oggi: la sfida della vita, la sfida del pane, la sfida della pace, la sfida della libertà, di religione”. Al primo posto la vita dell'uomo. Ecco le sue parole: “La prima sfida è la sfida della vita. La vita è il primo dono che Dio ci ha fatto, è la prima ricchezza di cui l'uomo può godere. La Chiesa annunzia “il Vangelo della Vita”. E lo Stato ha come suo compito primario proprio la tutela e la promozione della vita umana. La sfida della vita si va facendo in questi ultimi anni sempre più vasta e più cruciale. Essa si è venuta concentrando in particolare sull'inizio della vita umana, quando l'uomo è più debole e deve essere più protetto. Concezioni opposte si confrontano sui temi dell'aborto, della procreazione assistita, dell'impiego di cellule staminali embrionali umane a scopi scientifici, della clonazione. La posizione della Chiesa, suffragata dalla ragione e dalla scienza, è chiara: l'embrione umano è soggetto identico all'uomo nascituro e all'uomo nato che se ne sviluppa. Nulla pertanto è eticamente ammissibile che ne violi l'integrità e la dignità. Ed anche una ricerca scientifica che degradi l'embrione a strumento di laboratorio non è degna dell'uomo. La ricerca scientifica in campo genetico va bensì incoraggiata e promossa, ma, come ogni altra attività umana, non può mai essere esente da imperativi morali; essa può del resto svilupparsi con promettenti prospettive di successo nel campo delle cellule staminali adulte.
La sfida della vita ha luogo al contempo in quello che è propriamente il sacrario della vita: la famiglia. Essa è oggi sovente minacciata da fattori sociali e culturali che fanno pressione su di essa rendendone difficile la stabilità; ma in alcuni Paesi essa è minacciata anche da una legislazione, che ne intacca - talvolta anche direttamente - la struttura naturale, la quale è e può essere esclusivamente quella di una unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio. Non si lasci che la famiglia, fonte feconda della vita e presupposto primordiale ed imprescindibile della felicità individuale degli sposi, della formazione dei figli, e del benessere sociale, anzi della stessa prosperità materiale della nazione, venga minata da leggi dettate da una visione restrittiva ed innaturale dell'uomo. Prevalga un sentire giusto e alto e puro dell'amore umano, che nella famiglia trova un sua espressione veramente fondamentale ed esemplare. Vince in bono malum”.
“Proclamare alto”: cioé indicare tutto lo spessore della questione, collegandola con tutti i più importanti problemi dell'uomo di oggi. Nel pensiero di Giovanni Paolo II, il tema è unico, sia che si parli di pace, che di ecologia, di poveri, di libertà, di democrazia, di solidarietà: “ancora e sempre l'uomo”. Quante volte noi del Movimento per la vita siamo stati emarginati, guardati con sospetto, ridotti al silenzio da quelli che gridano “pace” come obiettivo fondamentale della presenza cristiana nel mondo! Che dolore constatare che proprio la pace, ansia profonda del nostro cuore, viene usata come ragione di divisione e di repulsa! Ma anche su questo Papa Wojtyla ci ha confortato con la sua visione globale del tema della vita. Il 22 maggio 2003, Egli ci ha detto: “Non può esserci pace autentica senza rispetto della vita, specie se innocente e indifesa qual'è quella dei bambini non ancora nati. Una elementare coerenza esige che chi cerca la pace difenda la vita. Nessuna azione per la pace può essere efficace se non ci si oppone con la stessa forza agli attacchi contro la vita in ogni sua fase, dal suo sorgere fino al naturale tramonto. Il vostro, pertanto, non è soltanto un movimento per la vita, ma anche un autentico movimento per la pace, proprio perché si sforza di tutelare sempre la vita”.
Giorgio La Pira, 26 anni prima, aveva espresso un identico concetto inviandoci, il 15 gennaio 1977, in occasione della prima manifestazione pubblica del Movimento un telegramma in cui affermava che “ogni impegno contro la guerra, contro le bombe atomiche, contro i razzismi, contro ogni forma di oppressione e persecuzione, riafferma con forza il valore primario dell'uomo e quindi il rispetto e la difesa dell'intera sua vita dal concepimento alla morte, perché indistruttibile e unica è ogni persona umana”. Perciò La Pira qualificò quella prima manifestazione del Movimento per la vita, come “manifestazione per la tutela del genere umano”. E' noto, del resto che Madre Teresa di Calcutta, nel ricevere il Premio Nobel per la Pace affermò che “l'aborto è il principio che mette in pericolo la pace nel mondo”. Wojtyla, in quel memorabile discorso del 22 maggio 2003, ricordò quel pensiero di madre Teresa nell'atto stesso in cui la riconosceva come “Presidente spirituale dei Movimenti per la vita del mondo”.
Giovanni Paolo II è giustamente riconosciuto come il Papa dei giovani, ma non bisogna dimenticare che nel momento stesso in cui egli ha attribuito ai giovani il nome di “sentinelle del mattino” in occasione della Gmg convocata a Tor Vergata per il Grande Giubileo del 2000, egli ha anche affidato loro il compito di difendere la vita: “Difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno”.
“Proclamare alto” significa non avere paura nel guardare fino in fondo e con coerenza le conseguenze del riconoscimento della pienezza di umanità presente fin dalla fecondazione nel concepito. Nell'ultimo libro di Karol Wojtyla, “Memoria e identità”, vi è una pagina impressionante (pag. 22): il Papa ricorda le tragedie prodotte nel secolo scorso da una vera e propria “filosofia del male”. Egli scrive: “Se l'uomo può decidere da solo, senza Dio, ciò che è buono e ciò che è cattivo, egli può anche disporre che un gruppo di uomini debba essere annientato. Decisioni di questo genere furono prese, ad esempio nel Terzo Reich da persone che, avendo raggiunto il potere per vie democratiche, se ne servirono per porre in atto i perversi programmi dell'ideologia nazionalsocialista che si ispirava a presupposti razzisti. Analoghe decisioni furono prese dal Partito comunista in Unione sovietica e nei Paesi soggetti all'ideologia marxista [...] fu perpretato lo sterminio degli Ebrei, e anche di altri gruppi, come delle etnie Rom, dei contadini in Ucraina, del clero ortodosso e cattolico in Russia, in Bielorussia e oltre gli Urali [...] A questo punto non si può fare a meno di toccare una questione oggi più che mai attuale e dolorosa. Dopo la caduta dei regimi costruiti sopra le ideologie del male, in quei Paesi le forme di sterminio nominate poc'anzi sono di fatto cessate. Permane tuttavia lo sterminio legale degli esseri umani concepiti e non ancora nati. E questa volta si tratta di uno sterminio legale deciso addirittura da Parlamenti eletti democraticamente, nei quali ci si appella al progresso civile delle società e dell'intera umanità [...] E' lecito e anzi doveroso porsi la domanda se qui non operi ancora una volta una nuova ideologia del male, forse più subdola e celata che tenta di sfruttare, contro l'uomo e contro la famiglia, perfino i diritti dell'uomo”.
Attualmente il parallelo tra le uccisioni di embrioni e feti umani e tra gli stermini di massa nazisti e marxisti ha suscitato polemiche, ma il pensiero e la coerenza del Papa sono un dato di fatto. Nessuno può ignorare la profondità e l'essenzialità del pensiero di Wojtyla riguardo al diritto alla vita. Del resto anche nel Suo testamento, aperto, letto e reso pubblico dopo la Sua morte traspare quanto acutamente e dolorosamente Egli avvertisse come drammatico segno dei tempi “la strage degli innocenti”. Nella parte scritta tra il 24 febbraio e il 1° maggio 1980 si legge: “I tempi nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile e tesa è diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi - tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori. In alcuni Paesi (come per esempio in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell'odio. Sanguis martyrum - semen christianorum. E oltre a questo - tante persone scompaiono innocentemente, anche in questo Paese in cui viviamo...”.
“Il paese in cui viviamo” non può essere che l'Italia. Quali persone “scompaiono innocentemente” in Italia? L'unica possibile allusione è ai “bambini non ancora nati” eliminati con l'aborto. Perciò il testo è ancora più impressionante della pagina ora citata del volume “Memoria e identità”, perché in quest'ultima il parallelo è proposto con gli stermini raziali, mentre nel testamento il confronto è effettuato con la persecuzione contro la Chiesa. Se la mia interpretazione è esatta nel pensiero del Papa l'aborto legale e di massa non è soltanto una discriminazione dell'uomo sull'uomo, è anche una moderna forma di persecuzione contro la Chiesa, in quanto protervo rifiuto di ascolto della sua insistente materna premura per i piccoli e i deboli, anzi quale soffocamento nel sangue dell'annuncio evangelico sulla dignità umana.
Vicino fino all'ultimo. Ho ripercorso la vicinanza affettuosa e incoraggiante di Giovanni Paolo II. Essa risulterà pienamente dai documenti che pubblichiamo in questo numero speciale di Sì alla vita. Sottolineo però, in modo particolare alcuni passaggi dell'enciclica Evangelium vitae, il documento più organico e autorevole sulla vita nel magistero di Wojtyla. In esso i Centri di aiuto alla vita e i Movimenti per la vita sono indicati tra i “segni anticipatori” della vittoria. “Purtroppo - Egli scrive - tali segni positivi faticano spesso a manifestarsi ed ad essere riconosciuti, forse anche perché non trovano adeguata attenzione nei mezzi di comunicazione sociale […] Non pochi Centri di aiuto alla vita o istituzioni analoghe sono promosse da persone e gruppi che, con ammirevole dedizione e sacrificio, offrono un sostegno materiale e morale a mamme in difficoltà, tentate di ricorrere all'aborto” (n. 26). “Di fronte a legislazioni che hanno permesso l'aborto e a tentativi, qua e là riusciti, di legalizzare l'eutanasia, sono sorti in tutto il mondo movimenti e iniziative di sensibilizzazione sociale in favore della vita. Quando, in conformità alla loro ispirazione autentica, agiscono con determinata fermezza, ma senza ricorrere alla violenza, tali movimenti favoriscono una più diffusa presa di coscienza del valore della vita e sollecitano e realizzano un più deciso impegno per la sua difesa”. (n. 27). “A servizio della vita nascente si pongono pure i Centri di aiuto alla vita e le case e i centri di accoglienza della vita. Grazie alla loro opera, non poche madri nubili e coppie in difficoltà ritrovano le ragioni e convinzioni e incontrano assistenza e sostegno per superare disagi e paure nell'accogliere una vita nascente o appena venuta alla luce”. (n. 88).
Ho riportato questi brani dell'enciclica Evangelium vitae, perché non mi sembra di poco rilievo il fatto che centri e movimenti siano citati in un documento solenne del Magistero. Sento peraltro il desiderio e il dovere di rendere noto un ultimo gesto di particolare attenzione del Santo Padre. Pochi giorni prima della Sua morte, il 29 marzo, mi è giunta una lettera in cui il sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Leonardo Sandri, ci ha fatto pervenire un dono a nome del Sommo Pontefice. Vi si dice: “Il santo Padre, mentre incoraggia a proseguire, con generosa dedizione l'impegno in favore della vita umana, accompagna il dono con la Sua speciale benedizione, che volentieri estende ai collaboratori ed a tutti i membri del Movimento”.
Ho risposto il 30 marzo, a tre giorni dalla morte del Papa, con queste parole: “Grande è la mia gioia nel considerare che anche in mezzo alle difficoltà più grandi e a non piccoli problemi di salute il Santo Padre si ricorda di noi! Noi non ci dimenticheremo mai di Lui e consacriamo la nostra vita a trasformare in azioni le sue parole chiare, forti, indimenticabili, suscitatrici di energie e di entusiasmi. Mi gratifica il pensiero che Lei possa riferire al Santo Padre questo mio e nostro pensiero insieme ai sentimenti di un affetto veramente grande, accompagnato da una costante preghiera”.
Suscita particolare commozione il fatto che Giovanni Paolo II, ormai allo stremo delle forze, abbia pensato ai bambini non ancora nati minacciati di morte, alla cultura della vita, al Movimento per la vita.
La lettera pervenutaci è il Suo ultimo saluto, il Suo ultimo incoraggiamento, la Sua ultima benedizione. Il dono (25mila euro) non richiesto in alcun modo ci è pervenuto senza che noi potessimo neppure immaginarlo, per una evidente spontanea iniziativa del Santo Padre. Lo destineremo a Progetto Gemma, la nota iniziativa del Movimento che “adotta” mamme che per ragioni economiche subiscono la soverchiante tentazione dell'aborto. 160 euro al mese per diciotto mesi erogati attraverso un Centro di aiuto alla vita non risolvono problemi gravi, ma sono una “carezza” per una donna che si sente sola. “Adotta una madre, salvi il suo bambino” è lo slogan proposto a famiglie a gruppi, a singoli, a comunità parrocchiali. Mi pare bello far sì che almeno otto bambini possano nascere perché le loro mamme, nel momento dell’angoscia e della solitudine, hanno sentito una carezza del Papa morente.
Ma più ancora ci conforta questo estremo messaggio, perché dimostra quanta stima Giovanni Paolo II abbia avuto per la linea sempre seguita dal Movimento per la vita. Egli non ci avrebbe fatto inviare quella lettera e quel dono se avesse avuto verso di noi riserve o distanze. In effetti ci aveva riconosciuto come suoi fedeli interpreti in due messaggi autografi: quello del 19/10/86 relativo ai Centri di Aiuto alla Vita e quello del 4 maggio 2000 che ci espresse “apprezzamento per l’opera svolta e per la linea seguita in questi anni con illuminata e generosa dedizione”. La lettera pervenuta il 29 marzo scorso è una ulteriore conferma anche di quanto Giovanni Paolo II ci disse il 22 maggio 2003 qualificandoci “una forza di rinnovamento e di speranza nella nostra società”.
LO PROMETTIAMO. Come essere all’altezza di tanta immeritata fiducia?
La voce potente che si è fatta sentire in ogni angolo del mondo, che il 13 maggio 1981 qualcuno ha tentato inutilmente di far tacere, è andata negl;i ultimi tempi progressivamente spegnendosi fino a diventare muta, faticoso gesto della mano benedicente. Ora che Karol Wojtyla non è più fisicamente con noi qualcuno deve continuare a far sentire l’accorato appello del Papa della vita? “Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico per mettere in atto una grande strategia in favore della vita”, egli ha scritto nell’Evangelium vitae (n. 95). “Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita”. Noi abbiamo già espresso la nostra promessa. Con tremore ed umiltà. Ma l’abbiamo ripetuta fino all’ultimo, anche per scritto. Sappiamo però che deve essere la promessa dell’intero “popolo della vita”.
(da Fatina)