Il Papa preoccupato per l'emergenza in Somalia. "Cor Unum" devolve un primo aiuto

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lazzaro2004
00venerdì 15 luglio 2011 23:31
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Il Pontificio Consiglio Cor Unum, facendosi interprete
della preoccupazione e dei sentimenti di solidarietà
con i quali Benedetto XVI sta seguendo la grave situazione
in cui versa la Somalia, ha disposto l'invio, a nome del Papa,
di un primo, piccolo aiuto di 50 mila euro. La somma è stata
affidata al vescovo di Gibuti e amministratore apostolico
di Mogadiscio, Giorgio Bertin. La notizia è stata comunicata
dallo stesso dicastero vaticano, che proprio oggi festeggia
i 40 anni dalla sua fondazione, ad opera di Paolo VI. Il servizio
di Alessandro De Carolis:

Fame e sete, due esigenze primarie per un essere umano.
Di automatica e rapida soddisfazione per tanti, drammaticamente
senza risposta per molti altri. Accade in Somalia, una terra diventata
inospitale come il peggiore dei deserti, le cui crepe aride e bruciate
dal sole sono il marchio della tragedia di un popolo che sta lentamente
morendo d'inedia. Tutto il Corno d'Africa in realtà è in ginocchio.
Dieci, undici milioni di persone -- tanti quanti gli abitanti del Portogallo
-- patiscono la siccità impietosa che uccide uomini e animali e secca
alla radice i raccolti, in un'area che comprende anche l'Etiopia e il Kenya
dove, nel nord, non piove da un anno. Il dramma è purtroppo antico
e lo sguardo di Benedetto XVI -- che ha sempre avuto tutta l'Africa
nel cuore -- tante volte si è posato sulla Somalia. Sei mesi dopo
la sua elezione a Pontefice, nel rivolgersi ai vescovi dell'Etiopia
e dell'Eritrea, uno dei suoi primi pensieri va alla gente di questo
martoriato Paese:

"Vi incoraggio a esprimere solidarietà in qualunque modo potete
ai vostri fratelli e alle vostre sorelle sofferenti in Somalia, dove
l'instabilità politica rende quasi impossibile vivere con la dignità
propria di ogni persona umana".
(Udienza ai vescovi di Etiopia
ed Eritrea, 17 ottobre 2005)

Nel 2007, la capitale della Somalia, Mogadiscio, è un campo
di battaglia. Si spara casa per casa, in una lotta intestina che
ha per premio la supremazia politica e come prezzo cumuli
di cadaveri abbandonati per le strade. Tra marzo e aprile,
si scatena il caos. Decine di migliaia di civili scappano o muoiono,
in una barbarie di violenza che fa da detonatore a una nuova catastrofe
umanitaria, che si prolunga nei mesi successivi
e che Benedetto XVI non ignora:

"Seguo con trepidazione l'evolversi degli eventi e faccio appello
a quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale,
affinché si trovino soluzioni pacifiche e si rechi sollievo a quella
cara popolazione. Incoraggio, altresì, gli sforzi di quanti, pur
nell'insicurezza e nel disagio, rimangono in quella regione
per portare aiuto e sollievo agli abitanti".
(Udienza generale, 21 novembre 2007)

In un mondo in cui la crescita dell'interdipendenza tra gli Stati
ha insegnato, sia pure a fatica, a globalizzare anche il concetto
di solidarietà, la Chiesa compare sempre e non di rado coordina,
con le strutture della Caritas, l'azione di sostegno nei casi di emergenze.
In particolare, il Papa -- grazie alla lungimiranza di Paolo VI che lo istituì
il 15 luglio del 1971 -- ha a disposizione il dicastero di Cor Unum
per far arrivare nell'epicentro del bisogno il segno della propria vicinanza.
Un segno di amore per l'uomo che vuole essere riflesso dell'amore divino
e che, proprio per questo, non prescinde da tutto ciò riguarda le condizioni
pratiche della vita umana:

"L'agire per migliorarle concerne la sua stessa vita e la sua missione,
poiché la salvezza di Cristo è integrale e riguarda l'uomo in tutte le sue
dimensioni: fisica, spirituale, sociale e culturale, terrena e celeste.
Proprio da questa consapevolezza sono nate, nel corso dei secoli,
molte opere e strutture ecclesiali finalizzate alla promozione delle
persone e dei popoli, che hanno dato e continuano a offrire un contributo
insostituibile per la crescita, lo sviluppo armonico e integrale
dell'essere umano".


Radio Vaticana 15 luglio 2011

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