La Settimana Santa con Benedetto XVI -- Gesù di Nazaret, Il discorso escatologico di Gesù

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lazzaro2004
00martedì 19 aprile 2011 19:46

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Gesù di Nazaret

CAPITOLO II – Il discorso escatologico di Gesù
1. La fine del Tempio
2. Il tempo dei Gentili
3. Profezia ed apocalittica nel discorso escatologico

Il secondo capitolo (pp. 35-64) si concentra sul discorso
escatologico di Gesù sulla distruzione del tempio,
«il testo più difficile in assoluto dei Vangeli» (p. 37).
«Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi
 quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere
i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto
le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa vi sarà lasciata
deserta» (Mt 23,37-38). L’avvento di Cristo Re comporta la fine
del vecchio sistema religioso incentrato sul tempio: «Dio se ne va.
Il tempio non è più il luogo dove Egli ha posto il suo nome.
Sarà vuoto; ora è soltanto la “vostra casa”» (p. 36).
In questo discorso il Pontefice distingue tre temi. Il primo è la profezia
della distruzione del tempio nel 70 d.C. Non si tratta solo di un grande
eccidio – qualche storico antico parla di un milione di morti, anche
se la storiografia moderna ritiene più realisticamente che le vittime
siano state circa ottantamila – ma di un fatto teologico. «Per il giudaismo,
la cessazione del sacrificio, la distruzione del tempio dovette essere
uno shock tremendo. Tempio e sacrificio stanno al centro della Torà.
Ora non c’era più nessuna espiazione nel mondo, niente che potesse
far da contrappeso al suo crescente inquinamento in conseguenza
del male. E ancora: Dio, che su questo tempio aveva posto il suo nome
e quindi, in modo misterioso, abitava in esso, ora aveva perso questa
sua dimora sulla terra. Dove era l’alleanza? Dove la promessa?
Una cosa è chiara: la Bibbia – l’Antico Testamento – doveva essere
letta in un modo nuovo» (p. 44).
Naturalmente, questa lettura nuova prende due strade molto diverse:
quella rabbinica, per cui il ruolo del tempio è preso almeno provvisoriamente
dalla scrupolosa osservanza della Legge, e quella cristiana, per cui del tempio
non c’è più bisogno perché il vero tempio è ormai la persona regale di Gesù Cristo.
«La cristianità nascente, molto prima della distruzione materiale del tempio,
era convinta che il ruolo di esso nella storia della salvezza era giunto al termine
 – come Gesù aveva preannunciato con la parola sulla “casa lasciata deserta”
e con il discorso sul nuovo tempio» (p. 49).« Gesù stesso ha preso il posto
del tempio, è Lui il nuovo tempio» (p. 50).

Il secondo tema del discorso è l’annuncio dei tempi dei pagani, in cui il Vangelo
deve arrivare non solo agli Ebrei ma a tutti i popoli. A questo serve il tempo
intermedio fra la distruzione del tempio e la fine del mondo. Quanto durerà
è oggetto di speculazioni infinite, ai tempi dei primi cristiani come oggi,
ma secondo Benedetto XVI «è in fin dei conti secondario» (p. 55). Quello
che conta è che «il Vangelo deve essere portato in tutto il mondo e a tutti
gli uomini: solo dopo, la storia può raggiungere la sua meta» (p. 58).
«Nel frattempo Israele conserva la propria missione. Sta nelle mani di Dio,
che al tempo giusto lo salverà “interamente”, quando il numero dei pagani
sarà completo» (ibid.).
 
Il terzo «elemento essenziale del discorso escatologico di Gesù è l’avvertimento
contro gli pseudo messia e contro le fantasticherie apocalittiche» (p. 60).
Il discorso della fine si concentra in Gesù: «il contesto cosmico diventa secondario
e anche la questione cronologica perde di importanza» (p. 62). Quasi condannando
in anticipo le tante speculazioni millenaristiche di cui sarà ricca la storia del
cristianesimo, Gesù vuole «distoglierci dalla curiosità superficiale» (p. 64)
su quando e come sarà la fine del mondo. Date e ore non sono più così importanti,
se la Parola definitiva di Dio è già stata detta in Gesù Cristo. «In questa persona
l’avvenire è ora presente. Il futuro, in fin dei conti, non ci porrà in una situazione
diversa da quella che nell’incontro con Gesù è già realizzata» (ibid.).

Sono così negate le speculazioni cosmiche di tipo più o meno esoterico o astrologico.

«Questa relativizzazione dell’elemento cosmico, o meglio: la sua centratura nella
sfera personale, si mostra con particolare chiarezza nella parola finale della parte
apocalittica: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mc 13,31).
La parola, quasi un nulla a confronto col potere enorme dell’immenso cosmo materiale,
un soffio del momento nella grandezza silenziosa dell’universo – la parola è più reale
e più durevole che l’intero mondo materiale. È la realtà vera ed affidabile: il terreno
solido sul quale possiamo appoggiarci e che regge anche nell’oscurarsi del sole
e nel crollo del firmamento. Gli elementi cosmici passano; la parola di Gesù è il vero
“firmamento”, sotto il quale l’uomo può stare e restare» (p. 63).

 
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