PAPA FRANCESCO: "Come non vedere in tutto ciò il frutto di quella “cultura dello scarto” che mette in pericolo la persona umana, sacrificando uomini e

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lazzaro2004
00lunedì 11 gennaio 2016 18:55

PAPA FRANCESCO: "Come non vedere in tutto ciò il frutto di quella “cultura dello scarto” che mette in pericolo la persona umana, sacrificando uomini e donne agli idoli del profitto e del consumo? È grave assuefarci a queste situazioni di povertà e di bisogno, ai drammi di tante persone e farle diventare “normalità”.



Come non vedere in tutto ciò il frutto di quella “cultura dello scarto” che mette in pericolo la persona umana, sacrificando uomini e donne agli idoli del profitto e del consumo? È grave assuefarci a queste situazioni di povertà e di bisogno, ai drammi di tante persone e farle diventare “normalità”. Le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani. Siamo diventati insensibili ad ogni forma di spreco, a partire da quello alimentare, che è tra i più deprecabili, quando ci sono molte persone e famiglie che soffrono fame e malnutrizione [5].


La Santa Sede auspica che il Primo Vertice Umanitario Mondiale, convocato nel maggio prossimo dalle Nazioni Unite, possa riuscire, nel triste quadro odierno di conflitti e disastri, nel suo intento di mettere la persona umana e la sua dignità al cuore di ogni risposta umanitaria. Occorre un impegno comune che rovesci decisamente la cultura dello scarto e dell’offesa della vita umana, affinché nessuno si senta trascurato o dimenticato e altre vite non vengano sacrificate per la mancanza di risorse e, soprattutto, di volontà politica.


Purtroppo, oggi come allora, sentiamo la voce di Giuda che suggerisce di vendere il proprio fratello (cfr Gen 37,26-27). È l’arroganza dei potenti che strumentalizzano i deboli, riducendoli ad oggetti per fini egoistici o per calcoli strategici e politici. Laddove è impossibile una migrazione regolare, i migranti sono spesso costretti a scegliere di rivolgersi a chi pratica la tratta o il contrabbando di esseri umani, pur essendo in gran parte coscienti del pericolo di perdere durante il viaggio i beni, la dignità e perfino la vita. In questa prospettiva, rinnovo ancora l’appello a fermare il traffico di persone, che mercifica gli esseri umani, specialmente i più deboli e indifesi. E rimarranno sempre indelebilmente impresse nelle nostre menti e nei nostri cuori le immagini dei bambini morti in mare, vittime della spregiudicatezza degli uomini e dell’inclemenza della natura. Chi poi sopravvive e approda ad un Paese che lo accoglie porta indelebilmente le cicatrici profonde di queste esperienze, oltre a quelle legate agli orrori che sempre accompagnano guerre e violenze.


Come allora, anche oggi si ode l’Angelo ripetere: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò» (Mt 2,13). È la voce che sentono i molti migranti che non lascerebbero mai il proprio Paese se non vi fossero costretti. Tra questi vi sono numerosi cristiani che sempre più massicciamente hanno abbandonato nel corso degli ultimi anni le proprie terre, che pure hanno abitato fin dalle origini del cristianesimo.


Infine, anche oggi ascoltiamo la voce del salmista che ripete: «Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion» (Sal136 [137],1). È il pianto di quanti farebbero volentieri ritorno nei propri Paesi, se vi trovassero idonee condizioni di sicurezza e di sussistenza. Anche qui il mio pensiero va ai cristiani del Medio Oriente desiderosi di contribuire, come cittadini a pieno titolo, al benessere spirituale e materiale delle rispettive Nazioni.


Gran parte delle cause delle migrazioni si potevano affrontare già da tempo. Si sarebbero così potute prevenire tante sciagure o, almeno, mitigarne le conseguenze più crudeli. Anche oggi, e prima che sia troppo tardi, molto si potrebbe fare per fermare le tragedie e costruire la pace. Ciò significherebbe però rimettere in discussione abitudini e prassi consolidate, a partire dalle problematiche connesse al commercio degli armamenti, al problema dell’approvvigionamento di materie prime e di energia, agli investimenti, alle politiche finanziarie e di sostegno allo sviluppo, fino alla grave piaga della corruzione. Siamo consapevoli poi che, sul tema della migrazione, occorra stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l’integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire lo sviluppo dei Paesi di provenienza con politiche solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate.
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