PAPA FRANCESCO GIOVEDI' SANTO 2015

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lazzaro2004
00giovedì 2 aprile 2015 21:29


PAPA FRANCESCO GIOVEDI' SANTO 2015

Vorrei ora condividere con voi alcune stanchezze sulle quali ho meditato.
C’è quella che possiamo chiamare “la stanchezza della gente, la stanchezza delle folle”: per il Signore, come per noi, era spossante – lo dice il Vangelo –, ma è una stanchezza buona, una stanchezza piena di frutti e di gioia. La gente che lo seguiva, le famiglie che gli portavano i loro bambini perché li benedicesse, quelli che erano stati guariti, che venivano con i loro amici, i giovani che si entusiasmavano del Rabbì…, non gli lasciavano neanche il tempo per mangiare. Ma il Signore non si seccava di stare con la gente. Al contrario: sembrava che si ricaricasse (cfrEvangelii gaudium, 11). Questa stanchezza in mezzo alla nostra attività è solitamente una grazia che è a portata di mano di tutti noi sacerdoti (cfr ibid., 279). Che bella cosa è questa: la gente ama, desidera e ha bisogno dei suoi pastori! Il popolo fedele non ci lascia senza impegno diretto, salvo che uno si nasconda in un ufficio o vada per la città con i vetri oscurati. E questa stanchezza è buona, è una stanchezza sana. E’ la stanchezza del sacerdote con l’odore delle pecore…, ma con il sorriso di papà che contempla i suoi figli o i suoi nipotini. Niente a che vedere con quelli che sanno di profumi cari e ti guardano da lontano e dall’alto (cfr ibid., 97). Siamo gli amici dello Sposo, questa è la nostra gioia. Se Gesù sta pascendo il gregge in mezzo a noi non possiamo essere pastori con la faccia acida, lamentosi, né, ciò che è peggio, pastori annoiati. Odore di pecore e sorriso di padri… Sì, molto stanchi, ma con la gioia di chi ascolta il suo Signore che dice: «Venite, benedetti del Padre mio» (Mt 25,34).
C’è anche quella che possiamo chiamare “la stanchezza dei nemici”. Il demonio e i suoi seguaci non dormono e, dato che le loro orecchie non sopportano la Parola di Dio, lavorano instancabilmente per zittirla o confonderla. Qui la stanchezza di affrontarli è più ardua. Non solo si tratta di fare il bene, con tutta la fatica che comporta, bensì bisogna difendere il gregge e difendere sé stessi dal male (cfr Evangelii gaudium, 83). Il maligno è più astuto di noi ed è capace di demolire in un momento quello che abbiamo costruito con pazienza durante lungo tempo. Qui occorre chiedere la grazia di imparare a neutralizzare - è un’abitudine importante: imparare a neutralizzare -: neutralizzare il male, non strappare la zizzania, non pretendere di difendere come superuomini ciò che solo il Signore deve difendere. Tutto questo aiuta a non farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi. La parola del Signore per queste situazioni di stanchezza è: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). E questa parola ci darà forza.
E per ultima – ultima perché questa omelia non vi stanchi troppo – c’è anche “la stanchezza di sé stessi” (cfr Evangelii gaudium, 277). E’ forse la più pericolosa. Perché le altre due provengono dal fatto di essere esposti, di uscire da noi stessi per ungere e darsi da fare (siamo quelli che si prendono cura). Invece questa stanchezza, è più auto-referenziale: è la delusione di sé stessi ma non guardata in faccia, con la serena letizia di chi si scopre peccatore e bisognoso di perdono, di aiuto: questi chiede aiuto e va avanti. Si tratta della stanchezza che dà il “volere e non volere”, l’essersi giocato tutto e poi rimpiangere l’aglio e le cipolle d’Egitto, il giocare con l’illusione di essere qualcos’altro. Questa stanchezza mi piace chiamarla “civettare con la mondanità spirituale”. E quando uno rimane solo, si accorge di quanti settori della vita sono stati impregnati da questa mondanità, e abbiamo persino l’impressione che nessun bagno la possa pulire. Qui può esserci una stanchezza cattiva. La parola dell’Apocalisse ci indica la causa di questa stanchezza: «Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore» (2,3-4). Solo l’amore dà riposo. Ciò che non si ama, stanca male, e alla lunga stanca peggio.

w2.vatican.va/…/papa-francesco_…

«Pregate perché Dio lavi le mie sporcizie». «Anche io ho bisogno di essere lavato dal Signore: e per questo pregate, durante questa messa, perchè il Signore lavi le mie sporcizie, perchè io diventi più schiavo di voi, più schiavo nel servizio alla gente, come è stato Gesù». È quanto ha detto papa Francesco ai detenuti di Rebibbia nell'omelia della messa col rito della lavanda dei piedi.

«Io laverò oggi i piedi di dodici di voi, ma in questi fratelli e sorelle ci siete tutti voi, tutti, tutti, tutti quelli che abitano qui. Voi rappresentate loro», ha detto il Papa. Durante l'omelia, Francesco ha spiegato quanto fece Gesù con i discepoli, «che non capivano», lavare loro i piedi. «In quel tempo - ha ricordato - questo era un'abitudine, perchè la gente quando arrivava ad una casa aveva i piedi sporchi di polvere del cammino. Non c'erano i sampietrini in quel tempo - ha scherzato - e c'era la povere del cammino e all'entrata della casa all'ospite gli si lavava i piedi». «Ma questo non lo faceva il padrone della casa - ha proseguito -, lo facevano gli schiavi, era lavoro di schiavi e Gesù lava come uno schiavo i nostri piedi, i piedi dei discepoli, e per questo dice a Pietro 'ciò che io faccio tu ora non lo capiscì. È tanto l'amore di Gesù che si è fatto schiavo per servirci, per guarirci, per pulirci».

«Oggi in questa messa - ha spiegato ancora il Papa - la Chiesa vuole che il sacerdote lavi i piedi di dodici persone, memoria dei dodici apostoli. Ma nel cuore nostro dobbiamo avere la certezza, dobbiamo essere sicuri che il Signore quando ci lava i piedi, ci lava tutti, ci purifica. Ci fa sentire un'altra volta il suo amore».

«Nella Bibbia - ha aggiunto - c'è una frase, nel profeta Isaia, tanto bella: "ma può una mamma dimenticarsi di un suo figlio? Se una mamma si dimenticasse del suo figlio io mai mi dimenticherò di te". Così è l'amore di Dio per noi». Il Pontefice ha anche ricordato che «Gesù ci amò, Gesù ci ama, ma senza limite, sempre fino alla fine. L'amore di Gesù per noi non ha limiti. Sempre di più, sempre di più. Non si stanca di amare, con nessuno, ama tutti noi, al punto di dare la vita per noi. Sì dare la vita per noi, sì dare la vita per tutti noi, dare la vita per ognuno di noi, e ognuno di noi può dire 'dà la vita per mè, ha dato la vita per ognuno con nome e cognome, e il suo amore è così, personale». «L'amore di Gesù non delude mai - ha concluso il Papa rivolto ai detenuti -. Perchè lui non si stanca di amare, come non si stanca di perdonare, non si stanca di abbracciarci».

www.ilmessaggero.it/…/1274901.shtml

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