Padre Pio: 20 settembre 1918

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lazzaro2004
00mercoledì 21 settembre 2011 22:01
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SECONDA LETTURA PER L'UFFICIO DELLE LETTURE
DEL BEATO PIO DA PIETRELCINA AD USO
DELLA FAMIGLIA FRANCESCANA

Dalle lettere del Beato Pio da Pietrelcina
(Epist. I, 1065; 1093-1095)

Era la mattina del 20 dello scorso mese in coro, dopo la celebrazione
della santa messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile al un
dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà
dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo
vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito
una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto
e una posa nella stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno.
E mentre tutto questo si andava operando, mi cidi dinanzi un misterioso
personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava
in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato
che grondava sangue.

La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell'istante in me non saprei
dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto
a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto.
La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato
erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che esperimentai
allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni.
La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal giovedì
a sera sino al sabato. Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio
e per la confusione susseguente che io provo nell'intimo dell'anima.
Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio
pocero cuore e col ritirare da me questa operazione. Mi farà questa
grazia Gesù che è tanto buono?

Toglierà almeno da me questa confusione che io esperimento per questi
segni esterni? Innalzerò forte la mia voce a lui e non desisterò dal scongiurarlo,
affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio, non il dolore perché
lo veggo impossibile ed io sento di volermi inebriare di dolore, ma questi
segni esterni che mi sono di una confusione e di una umiliazione indescrivibile
ed insostenibile.

Il personaggio di cui intendevo parlare nell'altra mia precedente non è altro che
quello stesso di cui vi parlai in un'altra mia, visto il 5 agosto. Egli segue la sua
operazione senza posa, con superlativo strazio dell'anima. Io sento nell'interno
un continuo rumireggiare, simile ad una cascata, che gitta sempre sangue.
Mio Dio! E' giusto il castigo e retto il tuo giudizio, ma usami al fine misericordia.
Domine, ti dirò sempre col tuo profeta: Domine, ne in furore tuo arguas me,
neque in ira tua corripias me!
Padre mio, ora che tutto il mio interno vi è noto, non isdegnate di fare giungere
sino a me la parola del conforto, in mezzo a sì fiera e dura amarezza.

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