Pietro Grasso: cristiani perseguitati, chi tace è colpevole

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lazzaro2004
00venerdì 10 aprile 2015 18:01



 

R. – Certamente, è un dovere imperativo parlare e agire in favore di chi è perseguitato per la propria fede, in favore di chi è umiliato, decapitato, crocifisso, privato della propria umanità. Quindi, sotto questo profilo il silenzio fa parte di quella generale indifferenza che spesso l’umanità ha verso le cose più grandi, verso i problemi globali. Parlare e agire, oggi, è un imperativo categorico perché oggi chi tace è colpevole.

D. – Presidente Grasso, sembra tuttavia che le Istituzioni, sia sovrannazionali – penso all’Unione Europea – che nazionali non siano così attive nel rispondere alla preoccupazione del Papa …

R. – Beh, penso che in Italia si è sempre fatto dei diritti della minoranza, della tutela dei cristiani uno dei punti più qualificanti della politica estera. Certo, sul piano internazionale l’Italia dovrà farsi interprete di questo messaggio e promuovere nel consesso internazionale proprio la protezione e la promozione della libertà di religione, della manifestazione del pensiero … insomma, dei diritti fondamentali delle persone.

D. – Come si può favorire una riflessione concreta nelle Istituzioni, secondo lei?

R. – Tutelare i diritti attraverso azioni come, ad esempio, curare l’informazione nel mondo o la salute dei bambini o gli ospedali, creare luoghi d’incontro, di conoscenza e sostenere quindi la comunità cristiana dovunque sia nel mondo: tutte le minoranze che sono spesso, in tanti Paesi, obbligate a nascondere le propria fede per paura.

D. –Alcuni ipotizzano anche l’uso della forza a difesa delle minoranze cristiane e non …

R. – Penso che bisogna affrontare questa sfida di inciviltà che oggi viene manifestata soprattutto dallo Stato Islamico e dal terrorismo, affrontarla in una maniera identica a quella che viene diffusa attraverso la comunicazione. Per esempio, questi esponenti dello Stato Islamico si servono abilmente dei mezzi di comunicazione per generare paura in Occidente; lanciano tanti messaggi per attrarre giovani musulmani e incitandoli a reagire alle ingiustizie e alla miseria con l’odio, con la violenza, con l’uso distorto della religione. Bene: questo è un punto che diventa un punto di vista geopolitico, non è più soltanto una questione etica; è una questione importante sotto il profilo geopolitico. E quindi dobbiamo contrapporre un’informazione intelligente che cerchi di evitare che alzino la voce contro l’uso della propria religione per giustificare violenze, e anche posizioni di potere che nulla hanno a che fare con la fede. Quindi, dobbiamo difendere assolutamente la libertà di fede e di religione. E in questo ci deve aiutare proprio l’islam.

D. – Lei pensa che questa persecuzione dei cristiani sia solo un problema di libertà religiosa?

R. – Diciamo che nella prospettazione sembrerebbe questo; in realtà, dietro ci sono interessi economico-militari, di conquista del territorio … Diciamo che dobbiamo agire militarmente per fermare lo Stato Islamico – questo sì – e ogni forma di terrorismo; ma soprattutto bisogna agire politicamente: creare, lì dove magari c’è stato un vuoto di politica, creare delle istituzioni – soprattutto nel Medio Oriente – per aiutare a risolvere i problemi in Siria, in Iraq, in Libia … Insomma, bisogna riempire i vuoti geopolitici che noi occidentali stessi abbiamo forse contribuito a determinare. Per cui dobbiamo chiedere – per esempio – al Pakistan, all’Egitto, a ogni Paese del mondo dovei cristiani, i copti soffrono e rischiano la vita per la fede proprio a causa del terrorismo, dobbiamo chiedere a questi Paesi e a tutti i Paesi in cui ci sono questi problemi, di adoperarsi per rispettare e assicurare il diritto di professare la propria fede e di vivere in pace.

it.radiovaticana.va/…/1135827


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