TERZA DOMENICA DI AVVENTO

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Anam_cara
00domenica 14 dicembre 2008 07:35
 


 
III DOMENICA DI AVVENTO

(ANNO B)



Nella terza domenica d'Avvento detta
 
" Gaudete " la candela è rosa,

colore simbolo dell'amore di Gesù che diventa uomo.


La terza candela è chiamata la
 
" Candela dei Pastori ",

 
candela della gioia,
 
poiché furono i pastori i primi ad adorare

il bambino Gesù

e a diffondere la buona novella
.


 

Antifona d'ingresso


 
"Rallegratevi sempre nel Signore

ve lo ripeto, rallegratevi
 

Il Signore è vicino !"
(Fil 4,4-5).

Non si dice il Gloria 

 
Sano di Pietro, particolare dell'"Annuncio ai pastori" (1450). Siena, Pinacoteca Nazionale

Colletta

Guarda, o Padre, il tuo popolo,
che attende con fede il Natale del Signore,
e fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza
il grande mistero della salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Prima Lettura


Dal libro del profeta Isaia 61,1-2.10-11


Lo spirito del Signore Dio è su di me
perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l'anno di misericordia del Signore,
un giorno di vendetta per il nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti,
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza,
mi ha avvolto con il manto della giustizia,
come uno sposo che si cinge il diadema
e come una sposa che si adorna di gioielli.
Poiché come la terra produce la vegetazione
e come un giardino fa germogliare i semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutti i popoli.

Parola di Dio


Salmo responsoriale


Magnificat (Lc 1, 46-55)


Antifona

L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore


L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.

Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre
".


Seconda Lettura


Dalla prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi 5,16-24


State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.

Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!

Parola di Dio
 



Anam_cara
00domenica 14 dicembre 2008 08:12

III DOMENICA DI AVVENTO

(ANNO B)

 


Lettura del Vangelo



Canto al Vangelo
(Is 61,1)


Alleluia, alleluia, alleluia

Lo Spirito del Signore è sopra di me,

mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio
.

Alleluia, alleluia, alleluia


 

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Dal vangelo di Giovanni

1,6-8.19-28


Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Chi sei tu?". Egli confessò e non negò, e confessò: "Io non sono il Cristo". Allora gli chiesero: "Che cosa dunque? Sei Elia?". Rispose: "Non lo sono". "Sei tu il profeta?". Rispose: "No". Gli dissero dunque: "Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?". Rispose:

"Io sono voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia". Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: "Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?". Giovanni rispose loro: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo". Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


Parola del Signore

Alleluia, alleluia, alleluia

Lo Spirito del Signore è sopra di me,

mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio
.

Alleluia, alleluia, alleluia

 



Omelia domenicale

(Mons.Vincenzo Paglia)


"Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi".

Con questo fermo invito dell’apostolo si apre la liturgia di questa domenica, chiamata gaudete, la domenica della gioia.

"State sempre lieti", raccomanda Paolo, "pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie a Dio".

"State lieti": perché?

Come bambini ci affidiamo a colui che vuole che la sua gioia sia in noi e che questa sia piena.

Questa è la volontà di Dio.

Ma non è troppo poco e troppo diretto per uomini complessi come amiamo sentirci noi, amanti e conoscitori attenti delle nostre tortuosità, affezionati al pozzo senza fondo di energie ed attenzioni che è l’amore per noi stessi?

È possibile per noi scegliere di essere sempre lieti, noi che assecondiamo i nostri umori, ci fidiamo di loro, li contrastiamo così poco?

Ed i nostri umori sono sovente così poco lieti, inclini al lamento, affannati, attratti dal pessimismo, nutriti di diffidenza!

La gioia, secondo questo invito così appassionato dell’apostolo, non è una congiuntura favorevole, ma una scelta cui siamo chiamati.

Sempre.

Lieti, gioiosi non perché imperturbabili o incoscienti, ma per la consapevolezza forte, vigorosa, dell’avvento di Dio.

È lui che libera dalla tristezza e spazza via dal cuore le numerose radici di amarezza.

"Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito con il manto della giustizia", canta il profeta.

Non gioiamo per noi stessi.

Anzi: per noi proviamo il senso del poco che siamo e della vanità del mondo.

Possiamo però gioire: siamo stati scelti, la nostra voce non si perde in se stessa ma indica colui che viene.

L’umile gioisce.

Il ricco insegue la propria tristezza, vuole possedere la felicità; l’orgoglioso non è mai sazio perché non si lascia amare e non si piega alle ragioni dell’altro.

Gli umili lasciano posto a qualcuno che viene. Impariamo a pregarlo "incessantemente", rendendogli grazie, come atteggiamento e scelta interiore nella vita ordinaria, per ogni cosa.

La letizia è il primo modo per non farsi scoraggiare dal male, per esserne liberi.

E quanto la letizia comunica amore, ci rende sensibili ed attenti alle vere tristezze del mondo e degli uomini!

Un volto lieto accoglie, sostiene, attrae.

Quanto è facile, al contrario, rattristare l’altro!

Siamo lieti, perché viene il perdono, che scioglie dal legame con il peccato.

Possiamo essere diversi da come siamo!

Nessun cambia solo per i suoi sforzi, ma perché viene associato, per grazia, all’avvento di questo regno che irrompe nella storia umana, allo spirito che ci solleva e ci cambia.

Siamo lieti, per iniziare da questo a dissociarci da un mondo che riduce tutto al cinismo, che pensa di conoscere tutto e giudica tutto ma senza amore, vittima del suo stesso pessimismo, alla ricerca di speranze, ma in fondo prigioniero dei calcoli.

Nel rarefarsi dei profeti - sono davvero pochi, nel nostro tempo! - con rinnovata attenzione ci poniamo in ascolto di questo grande profeta.

Non è lui il Salvatore, e lo dice chiaramente.

Giovanni non si è lasciato travolgere dalla gloria e dal successo nel vedere tanti che accorrono a lui.

Noi, per molto meno, ci sentiamo dei piccoli messia e, comunque, pretendiamo di stare sempre al centro dell’attenzione.

Nella sua umiltà, tuttavia, egli non si tira indietro, né si nasconde, anzi, nella coscienza della responsabilità che gli è stata affidata, afferma davanti a tutti: "Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore".

Alla lezione di umiltà segue quella sulla responsabilità; una particolare responsabilità: essere "voce".

Ogni cristiano dovrebbe applicare a se stesso le parole di Giovanni: "Io sono voce".

Per costituzione i credenti sono "voce", ossia annunciatori del Vangelo.

È qui la radice del compito di evangelizzazione che grava su ogni discepolo.

Paolo, consapevole di tale responsabilità, ammoniva se stesso: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1 Cor 9,16).

Il credente, prima che un cumulo di opere, è una voce, una testimonianza.

Questa è l’unica vera forza del Battista.

Ma è una forza debole.

Cos’è infatti una voce?

Poco meno che nulla: un soffio; basta davvero poco per non farci caso, né ha poteri esterni che possano imporla.

Eppure è forte, tanto che molti si accalcano attorno a quella parola.

La ragione sta nel fatto che quell’uomo non indica se stesso; non parla per attirare su di sé l’attenzione altrui; non blocca la gente desiderosa di guarigione e salvezza sulle sponde di quel fiume, anche se benedette.

Quella voce rimanda oltre, verso qualcuno ben più forte e potente: "In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali", dice Giovanni; e lo afferma ancora oggi.

Giovanni Battista ci riconduce a ciò che è essenziale, perché non ci smarriamo ed orientiamo tutto il nostro cuore verso il Signore.

Giovanni è una "voce".

"Chi sei tu?", domandano i giudei.

Che cosa dici di te stesso?

Ogni uomo è un mistero ed il mondo spesso viene a volgarizzarlo, deve definire, analizzare, catalogare.

Giovanni non moltiplica interpretazioni, non indulge nelle mutevoli e a volte contraddittorie parole su di sé.

Per dire chi è ha bisogno di un altro, che dia senso alla sua vita, a colui che è la parola, al verbo, la prima e l’ultima lettera di ogni nostra parola.

Giovanni è forte perché la sua vita ha senso se è utile a qualcun altro, a colui per il quale prepara la strada e rinnova i cuori!

Rende testimonianza.

La sua forza non è splendere per se stesso, ma perché la luce si veda.

E Dio è luce, che illumina anche le tenebre più fitte!

Grida. Annuncia il Vangelo.

Non attira l’attenzione su di sé, secondo un protagonismo così prepotente e normale.

La sua voce rimanda e indica qualcuno che è già "in mezzo a voi", "che non conoscete", "uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali".

La nostra voce può fare fiorire la vita nel deserto.

Noi, uomini così comuni, siamo chiamati a fare conoscere a tanti colui che sta in mezzo a noi.

Deboli, siamo forti.

Tristi, siamo lieti.

Perché il Signore viene, fa germogliare la terra, la rende di nuovo un giardino, il suo giardino.
 

Vieni presto Signore.

AMEN!




S.Paolo dice:
 

"Guai a me se non predicassi il Vangelo"

Signore Gesu'

aiutaci TU ad annunciare

la Tua Parola vivendola ogni giorno

aiutando tutti coloro

che ogni giorno ci metti davanti

chiedendoci di amarli

come Tu Ami ciascuno di noi

perche' solo vivendo il Vangelo
 
saremo Tuoi testimoni credibili.

Amen!

BUONA DOMENICA A TUTTI


NEL SIGNORE!


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