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Dall'indagine dei vescovi tedeschi (1974-1980) al documento vaticano del 1983


Mons. Josef Stimpfle


1. I primi tentativi di dialogo



L'incontro che si svolse l'8 aprile 1986 a Torino tra l'allora Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Armando Corona, ed il gesuita, socio del Rotary Club, Ferdinando Weber è solo uno degli episodi della lunga storia delle relazioni fra Chiesa cattolica e massoneria. Una storia poco nota, costellata nei due secoli XVIII e XIX per lo più da condanne pontificie; il primo pronunciamento papale si deve a Clemente XII che, il 28 aprile 1738 (appena ventuno anni dopo la nascita ufficiale della Libera Muratoria), promulga la Bolla In eminenti, con la quale sancisce l'inconciliabilità tra Chiesa e Loggia.

Il secolo XX è stato per la Chiesa il secolo del dialogo. Anche con la massoneria. L'inizio vero e proprio del dialogo tra la Chiesa e quella che l'allora Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, Jacques Mitterrand, definiva ancora nel 1962, la "Contro-Chiesa" o "Anti-Chiesa", reca la data del 22 giugno 1928. Quel giorno si incontrano privatamente, in una casa dei Gesuiti ad Aquisgrana (Aachen), tre alti dignitari massonici (Kurt Reichl, Eugen Lennhoff, Ossian Lang) ed un padre gesuita (Hermann Grüber) (1); in un'atmosfera di cordiale dialogo viene messo a verbale che nel conflitto fondamentale tra cattolicesimo e massoneria, se pure permane una contrarietà dei principi, la controversia deve essere libera da calunnie, menzogna e diffamazione. Lo stesso schema si ripete qualche anno dopo in Francia con il dialogo tra il gesuita Joseph Berteloot e Albert Lantoine, massone di alto grado. Quest'ultimo nel 1937 scrive una Lettre au Souverain Pontife, nella quale espone a Pio XI il comune atteggiamento cattolico e massonico rispetto al nazismo. Questa idea viene ribadita nel 1938 in una lettera aperta della Grande Loggia d'Olanda all'episcopato cattolico olandese.

Dopo la guerra i rapporti si intensificano notevolmente. Nell'agosto 1948 si incontrano a Bad Hofgastein il cardinale di Vienna, Theodor Innitzer, e il Gran Maestro austriaco Scheichelbauer; lo scopo del presule è quello di accertarsi delle convinzioni massoniche in materia di ateismo. Quattro anni più tardi si giunge addirittura a contatti tra la massoneria austriaca e la Nunziatura di Vienna. Pio XII, respingendo questa iniziativa, ribadisce tuttavia l'impossibilità di "armonizzare" Chiesa e massoneria.

Durante il pontificato di Giovanni XXIII, si assiste a una proliferazione di approcci da entrambe le parti. Nel 1961 il giurista cattolico Alec Mellor pubblica il libro Nos Frères séparés, les francs-maçons (2). Il libro fa scandalo per le tesi propugnate (la scomunica comminata dalla Chiesa ai massoni non avrebbe alcuna giustificazione teorica e sarebbe pertanto da annullare). Anche da parte massonica c'è chi ridimensiona i tentativi di pacificazione tra Chiesa e Loggia. Scrive su Le Monde l'intellettuale massone Selam-Voize: "Non siamo affatto fratelli separati, noi apparteniamo ad un'altra famiglia... Lo spirito della massoneria non è spirito di sottomissione né a un'antiquata gerarchia né a un'istituzione altrettanto superata". Ma ormai contatti più o meno ufficiali fioriscono un po' dovunque: il cappuccino olandese Wildiers tiene una relazione su Teilhard de Chardin davanti a una loggia di Amsterdam (1962). Negli Stati Uniti sono soprattutto i cardinali Cushing di Boston e Cody di Chicago a prodigarsi per porre fine al conflitto. Nel 1962 si apre il Concilio Vaticano II. In quella sede è il vescovo messicano Sergio Mendez Arceo a perorare più volte la causa della riconciliazione con i massoni: ma la parola "massoneria" non compare in alcun testo conciliare. Che cosa ne pensasse Papa Giovanni XXIII si evidenzia dal fatto che il Sinodo diocesano romano, celebrato sotto la sua direzione poco prima del Concilio, si espresse con parole molto negative verso la Libera Muratoria (3).

Ma in campo massonico si freme perché la Chiesa riveda il proprio giudizio. Così la Grande Loggia di Haiti si rivolge al Papa, il 26 maggio 1962, con una supplica; lo stesso fa il Gran Maestro della Gran Loggia austriaca, Helmke, che scrive al cardinale di Vienna, Franz König. La "strada della tolleranza" induce due Conferenze episcopali a sancire la possibilità dell'appartenenza alla massoneria per un fedele in pochi casi speciali: nell'ottobre 1966 è l'episcopato scandinavo a decretarla, seguito poco dopo dalla Conferenza episcopale dell'Inghilterra e del Galles.

Nel 1968 inizia in Austria un dialogo fittissimo, che durerà per quindici anni, tra il cardinale viennese Franz König e rappresentanti della Loggia, in particolare Kurt Baresch. Quest'ultimo, nel 1983, ha pubblicato un libro dal titolo Katholische Kirche und Freimaurerei. Il cardinale di Vienna riesce a formare una commissione mista cattolico-massonica, la quale approda, nel 1970, a un documento comune: la famosa Dichiarazione di Lichtenau, che originariamente era destinata ad essere conosciuta solo da Paolo VI e dal cardinale Seper, allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. In questo documento si ribadiva la proposta di abolire la condanna della massoneria (4).

Nel 1974 i massoni tedeschi premono per un dialogo diretto con l'episcopato cattolico della Germania, che si svolge dal 1974 al 1980. Il 12 maggio 1980 l'episcopato tedesco dopo un accurato studio durato sei anni, proclama l'inconciliabilità tra Chiesa e massoneria. È la svolta. Il resto è storia recente.

Nel 1983 viene promulgato il nuovo Codice di Diritto Canonico, in cui effettivamente la parola "massoneria" scompare, lasciando il posto all'espressione più generale "sette che cospirano contro la Chiesa". Il 26 novembre 1983 appare la chiarificazione finale: la Dichiarazione sulla massoneria, elaborata dalla Congregazione per la dottrina della fede, e approvata dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, che spiega che la condanna della massoneria da parte della Chiesa rimane inalterata.