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Salvatore Cuffaro: "Il carcere non è storia di corpi... ma è storia di anime."

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2016 15:36
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07/01/2016 15:36

Salvatore Cuffaro: "Il carcere non è storia di corpi... ma è storia di anime."



Lo Stato con la Legge e il Giudice, mette le persone che hanno sbagliato, e non solo queste, in carcere, facendole evadere dal mondo. Il carcere, però, non è storia di corpi ma di anime.
Il detenuto non può essere considerato e, peggio ancora trattato, come un animale da governare, un oggetto da sistemare, conservare e nascondere, uno sconfitto da castigare, a cui farla pagare.
È un uomo che va rispettato anche se non ha avuto rispetto, e forse ancora non ne ha.
È un uomo da capire soprattutto se nulla fa per essere capito, da aiutare anche se non vuole, o è riluttante a chiedere aiuto, é un uomo da indurre alla speranza se è disperato, da amare anche se sa solo odiare.
Il detenuto è uno sconfitto della vita, e come ogni sconfitto subisce il declino del suo destino, trascurato dallo stesso potere pubblico che lo ha condannato e condotto a espiare la pena in una immorale carcerazione, che lo porta a una degradazione psicologica e materiale, camuffata da false e illusorie prospettive di rieducazione sociale, o risocializzazione che dir si voglia.
La privazione della libertà, vissuta in condizioni e luoghi deprecabili, snaturati, miserevoli e inumani, senza possibilità di idonee e congrue soluzioni, se non di qualche inutile banale rappezzatura, mi spinge a ripensare alla validità della scelta del carcere come forma di espiazione della pena.
Se lo Stato pensa di aver vinto la sua guerra mettendo in carcere degli uomini che hanno sbagliato e che hanno perso, non ha vinto, ha perso anche lui insieme ai perdenti.
Vincerebbe se riuscisse a impedire la sfida, a rimuoverne le cause, e a essere clemente se non riuscisse a impedirla.


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