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3 aprile

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2011 12:01
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Santi Cresto e Pappo Martiri

3 aprile

Martirologio Romano: A Costanza in Scizia, nell’odierna Romania, santi Cresto e Pappo, martiri.


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Beati Ezechiele Huerta Gutiérrez e Salvatore Huerta Gutiérrez Laici e martiri

3 aprile

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+ Mezquitán, Messico, 3 aprile 1927


Nel contesto della persecuzione religiosa messicana, provocata dalla nuova costituzione promulgata nel 1917, parecchi cristiani subirono il martirio e tra essi rifulge questo gruppo comprendente otto fedeli laici dell’arcidiocesi di Guadalajara, tutti cristiani integerrimi attivamente impegnati nella difesa della libertà religiosa e della Chiesa, che furono uccisi per la loro fede cristiana tra il 1927 e il 1928. Il 3 aprile 1927 furono uccisi i due fratelli Ezequiel Huerta Gutiérrez e Salvador Huerta Gutiérrez. Il martirio di questi Servi di Dio fu riconosciuto il 22 giugno 2004 da Giovanni Paolo II e furono poi beatificati il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI.

José Luciano Ezequiel Huerta Gutiérrez Padre di famiglia
Magdalena, Messico, 7 gennaio 1876 - Mezquitán, Messico, 3 aprile 1927

José Luciano Ezequiel Huerta Gutiérrez nacque a Magdalena il 6 gennaio 1876. Sposo e padre esemplare di una numerosa prole, possedeva un magnifica voce da tenore drammatico. Era inoltre organista di professione. Assai devoto all’Eucaristia, riceveva spesso la Comunione. Molto caritatevole, condivideva i suoi beni con i più bisognosi.
Fu arrestato la mattina del 2 aprile 1927, poichè aveva due fratelli presbiteri, Eduardo e José Refugio, molto rispettati a Guadalajara ed aveva appena visitato la camera ardente allestita per Anacleto González Flores. Nelle celle del comando della polizia lo torturarono sino a fargli perdere conoscenza. Quando rinvenne, espresse il suo dolore cantando l’inno eucaristico “Che viva il mio Cristo, che viva il mio Re”.
All’alba del giorno seguente, fu portato insieme a suo fratello nel cimitero municipale. Lì si formò il plotone per l’esecuzione. Ezequiel disse a suo fratello Salvador: “Li perdoniamo, vero?”. “Sì, che il nostro sangue serva per la salvezza di molti”, rispose Salvador. Una scarica di proiettili pose fine al loro dialogo. La moglie di Ezequiel, vicinissima al luogo dell’esecuzione, udì gli spari senza però sapere chi fossero le vittime. Riunì comunque tutti i suoi figli e disse: “Figli miei, recitiamo il rosario per queste povere persone che hanno appena fucilato”.

José Salvador Huerta Gutiérrez Padre di famiglia
Magdalena, Messico, 18 marzo 1880 - Mezquitán, Messico, 3 aprile 1927

José Salvador Huerta Gutiérrez nacque a Magdalena il 18 marzo 1880. Meccanico tornitore per vocazione, si dedicò interamente a questo mestiere, divenendo uno dei più competenti meccanici di Guadalajara. Fervido amante di Gesù Sacramentato, partecipava quotidianamente all’Eucaristia ed all’adorazione. La sua condotta quale figlio, sposo e padre fu sempre esemplare. Possedeva un particolare intuito dinanzi al pericolo, che affrontava con singolare forza. Al principio del 1927, con la persecuzione religiosa, la situazione divenne insostenibile per i cattolici. I chierici vennero perseguitati senza tregua in quanto ritenuti istigatori della resistenza armata. Il 2 aprile 1927, consumato l’assassinio di Anacleto González e dei suoi tre compagni, Salvador andò al cimitero per rendergli l’estremo saluto.
Tornando alla sua officina, trovò ad attenderlo agenti di polizia che lo arrestarono. Nella caserma generale fu sottoposto a crudeli torture e lo appesero per i pollici. I carnefici volevano scoprire ove si trovavano i sacerdoti Eduardo e José Refugio. Esanime, fu gettato in una cella. All’alba del giorno seguente, fu condotto nel cimitero di Mezquitán con suo fratello Ezequiel. Di fronte al plotone di esecuzione chiese una candela accesa per illuminare il suo petto scoperto. Urlò: “Viva Cristo Re e la Vergine di Guadalupe! Sparate, muoio per Dio, che amo molto”.



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03/04/2011 11:52

Beato Gandolfo da Binasco

3 aprile

m. Polizzi Generosa, 3 aprile 1260

Martirologio Romano: A Polizzi in Sicilia, beato Gandolfo da Binasco Sacchi, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che condusse un’austera vita di solitudine e percorse le regioni limitrofe per predicarvi la parola di Dio.


Nato alla fine del sec XII o all'inizio del XIII dalla famiglia Sacchi ed entrato nell'Ordine Francescano, passò come concionator devotus dall'Italia settentrionale alla Sicilia, dove, sembra, predicò a Palermo, a Termini Imerese, a Castelvetrano e in altri luoghi. Morí a Polizzi Generosa il 3 aprile 1260.
Il vescovo Giacomo di Narni nel 1320 trovò una festa in onore del beato al 17 settembre ex antiqissima traditione. Dal processo di beatificazione del 1632 si ricava che per la Pentecoste si celebrava la festa dell'invenzione ed elevazione delle reliquie: l'una e l'altra con Ufficio proprio, processione col corpo del beato e, in occasione della seconda, con fiera. Il mercoledí di ogni settimana si canta una Messa votiva nel suo sacello; immagini ed ex voto vicino alla tomba attestano la diffusione in Sicilia del suo culto che è stato confermato nel 1881.



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03/04/2011 11:53

Beato Giovanni da Penna San Giovanni

3 aprile

Penna San Giovanni, 1193 circa – Penna San Giovanni, 1270

Martirologio Romano: A Penna nelle Marche, beato Giovanni, sacerdote, che fu tra i primi compagni di san Francesco e, mandato in Francia, vi propagò il modello di vita evangelica.


Seguace di san Francesco dal 1213, fu da lui inviato in Linguadoca, con altri frati, per la diffusione dell’ordine. Tornato in patria, fu guardiano di vari conventi.
Il suo culto, venne approvato nel 1806.
Festa il 3 aprile (nell’ordine francescano il 31 ottobre).


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San Giovanni I di Napoli Vescovo

3 aprile

m. 432

Martirologio Romano: A Napoli, san Giovanni, vescovo, che morì nella Santa Notte di Pasqua mentre celebrava i sacri misteri e, accompagnato da una folla di fedeli e neofiti, fu deposto nel giorno della solennità della Risurrezione del Signore.




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03/04/2011 11:54

San Giuseppe l’Innografo Monaco a Costantinopoli

3 aprile

Sicilia, 816 - Costantinopoli, 3 aprile 886

Nacque in Sicilia nell'816 e al tempo dell'invasione araba dell'827, con la sua famiglia si rifugiò nella Grecia Meridionale. Nell'831 si recò a Tessalonica nella Macedonia, entrando nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l'840 lo condusse a Costantinopoli. L'anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta contro l'eresia iconoclasta. La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani di pirati arabi che lo condussero a Creta; riscattato e liberato nell'843 tornò a Costantinopoli dove trovò il suo maestro morto. Coinvolto nella vicenda della deposizione del patriarca Ignazio, nell'858, fu esiliato a Cherson in Crimea, dove rimase probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell'867. L'imperatore Basilio I il Macedone (812-886) gli affidò la custodia di Santa Sofia a Costantinopoli. Morì nel 886. Sono celebri i suoi inni sacri da cui è derivato il nome «Innografo». (Avvenire)

Martirologio Romano: A Costantinopoli, san Giuseppe, detto l’Innografo, sacerdote e monaco, che, mentre imperversav la lotta contro le sacre immagini, fu mandato a Roma ad invocare la protezione della Sede Apostolica e, dopo aver patito grandi tribolazioni, ebbe infine l’incarico di custode dei vasi sacri della chiesa di Santa Sofia.


La ‘Vita’ di s. Giuseppe l’Innografo fu scritta dal suo discepolo e successore Teofano; nacque in Sicilia nell’816 e al tempo dell’invasione araba dell’827, con la sua famiglia si rifugiò nel Peloponneso (Grecia Meridionale).
A quindici anni nell’831 si recò a Tessalonica (odierna Salonicco) nella Macedonia, prendendo l’abito religioso nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l’840 lo condusse con sé a Costantinopoli, dove insieme ad altri discepoli vissero nella chiesa di S. Antipa.
L’anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta ingaggiata dal suo maestro e i discepoli, contro l’eresia iconoclasta, iniziata dall’imperatore Leone III l’Isaurico nel 726.
La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani dei pirati arabi che lo condussero a Creta; venne riscattato e liberato da persone caritatevoli e nell’843 tornò a Costantinopoli dove trovò il suo maestro Gregorio il Decapolita morto o moribondo.
Restò come eremita nella stessa chiesa di S. Antipa, poi per cinque anni fu nella chiesa di S. Giovanni Crisostomo, dove nell’850 fondò un monastero, diventando egumeno (abate), deponendovi anche le reliquie di Gregorio, del suo discepolo Giovanni e quelle di s. Bartolomeo, ottenute a Tessalonica.
Venne coinvolto nella vicenda della deposizione del patriarca Ignazio, avvenuta il 23 novembre 858 e perché amico e sostenitore del patriarca, fu esiliato dal potente cesare Bardas a Cherson in Crimea, dove rimase probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell’867.
L’imperatore Basilio I il Macedone (812-886) gli affidò la custodia di S. Sofia a Costantinopoli, in questa funzione ricevé gli inviati del papa Adriano II al Concilio di Costantinopoli, il 25 settembre 869.
Dopo una interruzione, ricoprì la carica di nuovo fino all’886, anno in cui morì il 3 aprile, giorno della sua attuale celebrazione liturgica. Sono celebri i suoi inni sacri, accolti nella liturgia greca, da cui è derivato il nome ‘Innografo’.



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San Luigi Scrosoppi Sacerdote

3 aprile

Udine, 4 agosto 1804 - Udine, 3 aprile 1884

Il miracolo che ha portato sugli altari il sacerdote friulano Luigi Scrosoppi è stato la guarigione da una malattia che ai suoi tempi nemmeno si immaginava: l'Aids. Il beneficiato, nel 1996, è un ragazzo sudafricano. Scrosoppi è divenuto così patrono dei malati di Aids. Nato a Udine nel 1804, terzo di tre fratelli, Luigi fu il terzo sacerdote della famiglia. Carlo, il primo, nato dal primo matrimonio della mamma Antonia Lazzarini con Francesco Filaferro morto esule a Klagenfurt, diventa sacerdote filippino. Giovanni Battista, nato dal matrimonio con Domenico Scrosoppi, diventa sacerdote diocesano. Luigi segue le orme dei fratelli, entra in seminario e viene consacrato nel duomo di Udine il 31 marzo 1827. Nella Regione, al tempo poverissima, provvede con alcuni preti e un gruppo di maestre all'educazione delle ragazze in difficoltà. Ne nasce la Congregazione delle Suore della Provvidenza. A 42 anni entra nell'Oratorio di san Filippo Neri. Morirà a Udine nel 1884. È stato canonizzato il 10 giugno 2001. (Avvenire)

Etimologia: Luigi = derivato da Clodoveo

Martirologio Romano: A Udine, san Luigi Scrosoppi, sacerdote della Congregazione dell’Oratorio, che fondò la Congregazione delle Suore della Divina Provvidenza per educare le giovani nello spirito cristiano.

Ascolta da RadioRai:
  

Luigi Scrosoppi nasce il 4 agosto 1804 a Udine, città del Friuli, nel nord d'Italia. Cresce in un ambiente familiare ricco di fede e carità cristiana. A dodici anni intraprende la via del sacerdozio, frequentando il seminario diocesano di Udine e nel 1827 è ordinato sacerdote; al suo fianco ci sono i fratelli Carlo e Giovanni Battista, entrambi sacerdoti.

L'ambiente poverissimo del Friuli dell'800, stremato da carestie, guerre ed epidemie, è per Luigi come un appello a prendersi curadei deboli: si dedica, con altri sacerdoti ed un gruppo di giovani maestre, all'accoglienza e all'educazione delle "derelitte", le ragazze più sole ed abbandonate di Udine e dintorni. Per loro mette a disposizione i suoi beni, le sue energie, il suo affetto; non risparmia niente di sé e quando le necessità sono più impellenti va a chiedere l'elemosina: egli ha fiducia nell'aiuto della gente e soprattutto confida nel Signore. La sua vita è infatti una manifestazione palpabile di grande fiducia nella Provvidenza divina. Così scrive, a proposito dell'opera di carità in cui è coinvolto: "La Provvidenza di Dio, che dispone gli animi e piega i cuori a favorire le opere sue, fu l'unica fonte dell'esistenza di questo Istituto...quella amorosa Provvidenza, che non lascia confondere chi confida in lei". Non trascura occasione per infondere questa fiducia e serenità nelle ragazze accolte e nelle giovani donne dedite alla loro educazione. Esse vengono chiamate "maestre" perché sono abili nei lavori di cucito e di ricamo, ma sono anche capaci di insegnare a "scrivere, leggere e far di conto", come si usava dire. Sono donne di età e di origini diverse, ed in ognuna di loro va maturando la decisione di mettere la propria vita nelle mani del Signore e di consacrarsi a lui, servendolo nella famiglia delle "derelitte". La sera del 1 febbraio 1837 le nove donne, come segno della decisione definitiva, depongono i loro "ori" e scelgono di vivere nella povertà e nella donazione totale di sé. È in questa semplicità che nasce la congregazione delle Suore della Provvidenza, la famiglia religiosa fondata da Padre Luigi. Alle prime maestre si uniscono altre. Ci sono le ricche e le povere, le colte e le analfabete, le nobili e quelle di origini umili: nella casa della Provvidenza c'è posto per tutte e tutte diventano sorelle.

Il fondatore le incoraggia al sacrificio e le esorta alla cura affettuosa delle ragazze, che devono considerare la "pupilla dei loro occhi".
Nel frattempo, Luigi va maturando il bisogno di una consacrazione più totale al Signore. È affascinato dall'ideale di povertà e di fraternità universale di Francesco d'Assisi, ma gli eventi della vita e della storia lo condurranno sulle orme di San Filippo Neri, il cantore della gioia e della libertà, il santo della preghiera, dell'umiltà e della carità. La vocazione "oratoriana" di Luigi si realizza nel 1846 e nella maturità dei suoi 42 anni, diventa figlio di San Filippo: da lui impara la mansuetudine e la dolcezza che lo aiuteranno ad essere più idoneo al compito di fondatore e padre della Congregazione delle Suore della Provvidenza.

Profondamente rispettoso e attento alla crescita umana delle suore e al loro cammino di santità, non risparmia né aiuti, né consigli, né esortazioni. Egli vaglia attentamente la loro vocazione, ne mette alla prova la fede perché diventino forti. Non è tenero di fronte alla vanità, al desiderio di apparire, ed è severo quando coglie atteggiamenti di ipocrisia e di superficialità. Ma quale tenerezza paterna sa usare di fronte alle fragilità e al bisogno di comprensione, di appoggio e di conforto!

Lentamente si delineano in Padre Luigi i tratti fondamentali di una vita spirituale centrata su Gesù Cristo, amato e imitato nell'umiltà e povertà della sua incarnazione a Betlemme, nella semplicità della vita laboriosa di Nazareth, nella completa immolazione della croce sul Calvario, nel silenzio dell'Eucaristia. E poiché Gesù ha detto: "Qualunque cosa avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatta a me", è a loro che Padre Luigi dedica la vita di ogni giorno con l'impegno concreto di "cercare prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia" sicuro che tutto il resto sarà dato in più, secondo la promessa evangelica.

Tutte le opere da lui avviate durante la sua vita riflettono questa scelta preferenziale verso i più poveri, verso gli ultimi, gli abbandonati. "Dodici caseCaveva profetizzatoCaprirò prima della mia morte", e fu così. Dodici opere in cui le Suore della Provvidenza si dedicano in un servizio umile, intraprendente e gioioso alle giovani in balìa di se stesse, agli ammalati poveri e trascurati, agli anziani abbandonati.

Tuttavia, profondamente interessato al compimento del bene, Padre Luigi non si occupa solo delle sue opere, nelle quali le suore collaborano con persone generose e disponibili a dare loro una mano. Offre con entusiasmo il suo sostegno spirituale ed economico anche ad iniziative intraprese in Udine da altre persone di buona volontà; sostiene ogni attività della Chiesa ed ha uno sguardo di particolare predilezione per i giovani del seminario di Udine, specialmente i più poveri.

Nella seconda metà del 1800 l'Italia, regione dopo regione, si va unificando. Le vicende politiche e militari di questa unificazione rappresentano un periodo particolarmente difficile per Udine e tutto il Friuli, terra di confine e luogo di facile passaggio tra il nord e il sud Europa, tra l'est e l'ovest. Una delle conseguenze di questa unificazione, avvenuta purtroppo in un clima anticlericale, è il decreto di soppressione della "Casa delle Derelitte" e della Congregazione dei Padri dell'Oratorio di Udine.

Inizia per Padre Luigi una dura lotta per salvare le opere a favore delle "derelitte" e vi riesce, ma non può far nulla per impedire la soppressione della Congregazione dell'Oratorio. La triste situazione politica riesce così a distruggere le strutture materiali della congregazione dell'Oratorio di Udine, tuttavia non può impedire a Padre Luigi di rimanere per sempre discepolo fedele di San Filippo.

Ormai anziano, con la sua abituale apertura di spirito, capisce che è venuto il momento di cedere il timone e lo cede alle suore con serenità e speranza. Mantiene tuttavia con tutte un rapporto epistolare che contribuisce a rinsaldare i legami di affetto e di carità e, nella sua sollecitudine paterna, mai si stanca di raccomandare la fraternità e la fiducia.

Attraverso la sua comunione profonda con Dio e i lunghi anni di esperienza, Padre Luigi ha acquisito saggezza ed intuito spirituale non comuni che gli permettono di leggere nei cuori; talvolta dimostra anche di conoscere situazioni interiori segrete e fatti noti solo alla persona interessata.

Alla fine del 1883 è costretto a sospendere ogni attività, le forze cominciano a diminuire ed è tormentato da una febbre costantemente alta. La malattia progredisce inesorabilmente. Raccomanda alle suore di non temere nulla "perché è Dio che ha fatto nascere e crescere la famiglia religiosa, e sarà ancora lui che la farà progredire".

Quando sente giungere la fine, vuole salutare tutti. Quindi rivolge le ultime parole alle Suore: "Dopo la mia morte, la vostra Congregazione avrà molte tribolazioni, ma dopo rinascerà a vita nuova. Carità! Carità! Ecco lo spirito della vostra famiglia religiosa: salvare le anime e salvarle con la Carità".

Nella notte di giovedì 3 aprile 1884, avviene il suo incontro definitivo con Gesù. Tutta Udine e la gente dei paesi vicini accorrono per vederlo un'ultima volta e chiederne la protezione dal cielo.

E' stato canonizzato da Giovanni Paolo II il 10 giugno 2001.

Nel Martirologio Romano la memoria è il 3 aprile. La diocesi di Udine e le Congregazioni da lui fondate lo celebrano al 5 ottobre.



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03/04/2011 11:56

San Niceta di Medikion Egumeno

3 aprile

Cesrea, Bitinia, 760 circa – Costantinopoli, 3 aprile 824

Martirologio Romano: Nel monastero di Medikion in Bitinia, nell’odierna Turchia, san Niceta, egúmeno, che patì il carcere e l’esilio sotto l’imperatore Leone l’Armeno per aver difeso le sacre immagini.


Niceta nacque a Cesarea di Bitinia verso il 760 e dopo soli otto giorni dalla nascita, rimasto orfano di madre, fu offerto dal padre a Dio quale novello Samuele ed affidato alle premurose cure della nonna. In gioventù fu attratto dalla vita solitaria ed il suo anziano padre spirituale lo iniziò all’ascetismo. Soddisfatto per gli ottimi risultati raggiunti, il suo maestro lo mandà al monastero di Medikion per completare la sua formazione. San Niceforo aveva appena fondato tale nuovo complesso religioso presso Triglia, sulla costa meridionale della Propontide che si affaccia sul Mar Nero, ed il numero ancora infimo di monaci gli permise di seguire al meglio Niceta per prepararlo alla vita religiosa. Lieto delle sue naturali inclinazioni e della sua docilità alle particolari esigenze della vita monastica, nel 790 gli fece conferire l’ordinazione presbiterale dal patriarca Tarasio e lo associò a sè nel governo della comunità.
Nel 813, alla morte del fondatore, Niceta gli succedette a pieno titolo alla guida della comunità e con l’aiuto del monaco Atanasio, esperto economo della casa, riuscì ad incrementare l’importanza del monastero sino a contare un centinaio di membri, che lo spinsero contro la sua innata umiltà ad acettare la dignità di egumeno. Nell’815 l’imperatore bizantino Leone V l’Armeno scatenò la persecuzione iconoclasta e Niceta fu una delle prime vittime: gettato in prigione, fu poi rinchiuso nel forte di Masalaeon in Asia Minore. L’imperatore lo richiamò poi a Costantinopoli per indurlo a cedere e riuscendo infine a fargli abbracciare le sue teorie eretiche. Niceta fu poi aiutato dagli amici, in particolare San Teodoro Studita, ad aprire gli occhi e tornare all’ortodossia, ma il sovrano si vendicò del tradimento esiliandolo nell’isoletta di Santa Gliceria, ove fu sottoposto a non poche torture per mano dell’eunuco Antimio, grande nemico dei minaci fedeli al culto delle sacre icone. Nella notte di Natale dell’820 Leone V fu assassinato e Niceta tornò così in libertà, preferendo però non tornare a Medikion ma ritirandosi a vita austera in una dipendenza del monastero presso Costantinopoli. Qui morì il 3 aprile 824.
Le spoglie del santo furono riportate al monastero di Medikion, ove furono ricevute trionfalmente. San Teodoro Studita, che a suo tempo aveva deplorato la sua defezione, pronunziò il suo elogio e lo proclamò insigne difensore delle immagini. La sua “Vita” fu scritta da uno dei suoi monaci, Teostericto, che con lui era vissuto, e perciò assume particolare valore.



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Beato Pietro Edoardo (Piotr Edward) Dankowski Sacerdote e martire

3 aprile

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Jordanów, Polonia, 21 giugno 1908 – Auschwitz, Polonia, 3 aprile 1942

Il beato Piotr Edward Dankowski, sacerdote diocesano, nacque a Jordanów il 21 giugno 1908 e morì ad Auschwitz, Germania (oggi Polonia), il 3 aprile 1942. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: Vicino a Cracovia in Polonia nel campo di sterminio di Auschwitz, beato Pietro Edoardo Dańkowski, sacerdote e martire, che, in tempo di sottomissione della patria ad un regime militare straniero, messo in carcere per la sua fede cristiana, ricevette tra le torture il martirio.




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San Riccardo di Chichester Vescovo

3 aprile

Wych (Worcester), 1197 – Dover, 3 aprile 1253

Nacque da modesti proprietari terrieri. Fu un uomo di grande carità, pieno di comprensione, e particolarmente sensibile per le sofferenze dei malati e degli anziani. Si battè per il celibato del clero, per l’amministrazione gratuita dei sacramenti e perché la messa fosse celebrata in condizioni dignitose. Si ammalò gravemente a Dover, mentre si adoperava per costruire una chiesa in questa città in onore del suo vecchio maestro Edmondo Rich e poco dopo morì. S. Riccardo è inaspettatamente venerato come patrono dei cocchieri, forse perché quando lavorava nella fattoria paterna guidava carri e cavalli.

Etimologia: Riccardo = potente e ricco, dal provenzale

Emblema: Bastone pastorale, Calice

Martirologio Romano: A Cichester in Inghilterra, san Riccardo, vescovo, che, esiliato dal re Enrico III e restituito poi alla sua sede, si dimostrò prodigo nel donare ai poveri.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioRai:
  

E’ conosciuto anche come s. Riccardo di Wych, perché nacque in questa città, odierna Droitwich nella contea di Worcester verso il 1197, figlio di modesti proprietari terrieri. Pur essendo molto attivo negli studi da ragazzo e giovane, da adulto dovette lavorare duramente nella fattoria, per le esigenze familiari.
Risoltisi i problemi economici, poté recarsi a studiare all’Università di Oxford (ca. 1200), sotto la guida degli insigni futuri vescovi Rich e Grosseteste. Proseguì gli studi prima a Parigi e poi per sette anni a Bologna in Diritto Canonico; in questa città per la seconda volta rifiutò la proposta di un allettante matrimonio.
A 38 anni nel 1235, tornò ad Oxford, dove fu subito nominato Rettore dell’Università, il suo antico maestro Edmondo Rich, che era divenuto arcivescovo di Canterbury, nel 1237 lo volle come cancelliere della importante diocesi; qui si distinse nella collaborazione data validamente per attuare la riforma del clero e nel contrastare le ingerenze del potere regale.
Accompagnò l’arcivescovo nel suo viaggio a Pontigny in Francia e gli fu accanto quando questi morì a Soissy nel 1240, Edmondo gli lasciò in eredità un calice e Riccardo in quell’occasione decise di farsi prete, prendendo a studiare teologia per due anni, presso i Domenicani di Orléans.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1242 a 45 anni, ritornò in Inghilterra e si dedicò come semplice parroco ai fedeli di Charing e Deal nel Kent.
Ma subito fu reintegrato come cancelliere della diocesi di Canterbury, dal nuovo arcivescovo Bonifacio di Savoia. Suo malgrado, nel 1244 si trovò al centro della controversa elezione del vescovo di Chichester; Riccardo era il candidato sostenuto dai vescovi e dal partito della Riforma; ma non del re Enrico III, che nominò invece Riccardo Passelewe, abile amministratore ma non colto in questioni teologiche.
L’arcivescovo di Canterbury, quale Primate non convalidò la nomina e il re di rimando confiscò i beni e le rendite della diocesi di Chichester; le due parti si rivolsero al papa Innocenzo IV, il quale confermando la scelta di Riccardo di Wych, lo consacrò vescovo nel 1245 a Lione.
Il nuovo vescovo, ritornato nella sua diocesi di Chichester, trovò tutti i beni sequestrati e dovette fissare la sua dimora in casa di un parroco a Tarring (Sussex), spostandosi a piedi in tutta la diocesi, per espletare il suo ministero e coltivando la terra nel tempo libero.
La situazione durò due anni, alla fine, il re Enrico III, minacciato di scomunica da parte del papa Innocenzo IV, restituì tutti i beni alla diocesi.
Riccardo fu un uomo di grande carità, generoso nell’ospitalità, comprensivo con i peccatori e soprattutto prodigo per i colpiti dalla carestia del 1247. Istituì gli Statuti Diocesani, che ancora sopravvivono, essi comprendono tutte le disposizioni per il celibato e la condotta del clero, dell’amministrazione gratuita dei sacramenti, per la celebrazione dignitosa della Messa; per la disciplina dei fedeli nell’osservare il precetto festivo e la conoscenza a memoria delle preghiere; inoltre diede grande carità ed assistenza agli ammalati ed ai sacerdoti anziani.
Fu grande predicatore per una nuova crociata, dopo la disastrosa spedizione di s. Luigi IX re di Francia, nel 1253; non aveva intenzioni politiche, ma solo lo scopo della riapertura ai pellegrini della Terra Santa.
Mentre si trovava a Dover per erigere una chiesa in onore del suo antico maestro e vescovo s. Edmondo Rich, si ammalò gravemente in questa città e dopo qualche giorno morì, era il 3 aprile 1253.
La sua santità era tale, che dopo nove anni appena, fu canonizzato da papa Urbano IV, il 22 gennaio 1262. Il 16 giugno 1276, alla presenza del re Edoardo I, di vescovi e dignitari, il suo corpo fu traslato dalla tomba, in un reliquiario dietro l’altare maggiore della cattedrale; detto reliquiario fu distrutto dallo scismatico Enrico VIII, il 20 novembre 1538 e delle sue reliquie si sono perse le tracce.
I pellegrinaggi alla sua tomba durarono tutto il Medioevo, la festa del 3 aprile divenne generale nei monasteri benedettini di tutta l’Inghilterra ed è ancora celebrata da cattolici ed anglicani.
È venerato come protettore dei cocchieri, forse perché quando lavorava nella fattoria paterna, guidava carri e cavalli.



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03/04/2011 11:59

Beati Roberto Middleton e Thurston Hunt Martiri

3 aprile

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+ Lancaster, Inghilterra, 3 aprile 1601

Il sacerdote gesuita Robert Middleton, nato a Yorkshire nel 1569 circa, ed il sacerdote secolare Thurston Hunt, nato a Carlton Hale nel 1555 circa, sono stati beatificati il 22 novembre 1987.

Martirologio Romano: A Lancaster in Inghilterra, beati Roberto Middleton, della Compagnia di Gesù, e Turstano Hunt, sacerdoti e martiri: il secondo fu arrestato per aver cercato di liberare il primo durante uno spostamento; condannati insieme a morte sotto la regina Elisabetta I per il loro sacerdozio, giunsero tra i tormenti alla destra di Cristo.



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03/04/2011 12:00

San Sisto I Papa

3 aprile

m. 125

(Papa dal 115 al 125).
Prete romano, fu eletto con i voti di tutto il clero. Fu lui a disporre che i calici e gli arredi sacri dell'altare potessero essere toccati solo dai sacerdoti.

Etimologia: Sisto = variante di Sesto

Martirologio Romano: A Roma, san Sisto I, papa, che, al tempo dell’imperatore Adriano, resse la Chiesa di Roma, sesto dopo il beato Pietro.

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Verso la fine del suo regno anche l'imperatore Traiano ritenne di dover mitigare la propria politica persecutoria nei confronti dei cristiani, anche perchè l' "infamia" di essere cristiano serviva più spesso a risolvere faide politiche e famigliari che non a dirimere questioni religiose.
Questo clima di pseudo tolleranza, che non cambiò comunque i metodi e le persecuzioni, proseguì anche sotto l'imperatore Adriano il quale scrisse al proconsole d'Asia: "Se uno fa le sue accuse e dimostra che i cristiani operano contro le leggi, allora la colpa deve essere punita secondo la sua gravità. Ma se qualcuno si avvale di questo pretesto per calunniare allora ? quest'ultimo che deve essere punito".

In questa realtà nacque Sisto I, figlio di pastori romani, si presume sia assurto al soglio intorno al 115.

A Sisto primo si deve l'introduzione di molte norme di culto, tra le quali il divieto ai laici di toccare il sacro calice e la patena (n.d.a : piattino di metallo dorato, argentato o di metallo nobile usato per la deposizione dell'Ostia consacrata) lasciando agli uomini di culto il privilegio di questi atti.
A Sisto I venne fatta risalire anche l'introduzione del triplice cantico "Sanctus" durante la celebrazione della messa (nda: tratto dal tardo latino mittere, mandare, inviare ... e soprattutto dalla formula finale del rito cristiano fondamentale della celebrazione eucaristica: ite missa est "andate, sei inviato!"), ma questo è dubbio, come è dubbia l' attribuzione, a Sisto, l'introduzione dell'acqua nella celebrazione del rito eucaristico e dell'acqua santa per le abluzioni ( n.d.a: queste ultime attribuite al suo predecessore, Alessandro I).

Viene celebrato come santo, ma dal Calendario Universale della Chiesa è stato depennato, perchè probabilmente non subì alcun martirio. La tradizione lo considera sepolto accanto al corpo di Pietro, come per altro tutti i predecessori ma, l'unica cattedrale dove ancora viene celebrato come santo è quella di Alatri (nda: cittadina in provincia di Frosinone). E' protettore anche di Alife (CE) che lo festeggia l'11 agosto.



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03/04/2011 12:01

Sant' Ulpiano di Tiro Martire

3 aprile

m. 306

Martirologio Romano: A Tiro in Fenicia, nell’odierno Libano, sant’Ulpiano, martire, che, ancora adolescente, durante la persecuzione dell’imperatore Massimino Daia, fu cucito in un sacco con un cane e un serpente e, gettato nel mare, concluse così il suo martirio.



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